Codice Civile art. 293 - Divieto d'adozione di figli 1 2 .[I]. I figli non possono essere adottati dai loro genitori 3.
[1] Articolo così sostituito dall'art. 131 l. 19 maggio 1975, n. 151. L'art. 67 l. 4 maggio 1983, n. 184 ha abrogato gli originari commi 2 e 3. [2] L'art. 37, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha soppresso dalla rubrica e dal primo comma, le parole «nati fuori del matrimonio». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a decorrere dal 7 febbraio 2014. [3] L'art. 37, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha soppresso dalla rubrica e dal primo comma, le parole «nati fuori del matrimonio». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a decorrere dal 7 febbraio 2014. InquadramentoLa ratio della norma è individuata dalla dottrina nell'esigenza di garantire una reale corrispondenza tra la verità di fatto dei rapporti familiari e la certezza formale degli status giuridici, evitando che il genitore di prole riconoscibile nata fuori dal matrimonio adotti il figlio allo scopo di evitare la procedura di cui agli artt. 250 e ss. o di mettersi al riparo da eventuali azioni di riconoscimento di paternità (Collura-Zatti, 980). Trattasi, quindi, di disposizione che mira a tutelare il figlio, garantendo che a quest'ultimo venga, appunto, riconosciuto lo status di figlio e non di adottato. Evoluzione normativaLa norma nella sua rubrica e nel suo testo originario parlava di divieto di riconoscimento dei figli “nati fuori dal matrimonio”, ma il relativo inciso è stato soppresso — con il mantenimento della sola dizione di “figli” — dall'art. 37 d.lgs. n. 154/2013, in vigore dal 7 febbraio 2014, che ha di fatto parificato i figli legittimi e quelli naturali anche a livello terminologico. Sempre nella sua formulazione originaria la norma aveva altri due commi: il primo stabiliva che non avrebbe potuto essere dichiarata la nullità della adozione se, al momento in cui questa avvenne, la qualità di figlio naturale dell'adottato non risultava da riconoscimento o da dichiarazione giudiziale; il secondo aggiungeva che sempre avrebbe potuto pronunciarsi la nullità dell'adozione qualora l'adottato fosse stato un figlio naturale non riconoscibile. Entrambi i commi, tuttavia, sono stati abrogati dalla riforma del diritto di famiglia operata con l. n. 184/1983. All'esito di tale abrogazione si è discusso in dottrina sulla possibilità di adozione dei figli incestuosi, rimasti non riconoscibili anche a seguito dell'entrata in vigore della l. n. 184/1983. Anche tale questione, però, ha perso ogni ragione di essere con la successiva riforma attuata con la l. n. 219/2012, che ha eliminato il generale divieto di riconoscimento dei figli incestuosi, alle condizioni stabilite dal novellato art. 251 (che richiede la previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare al medesimo qualsiasi pregiudizio). Rapporti con il diritto internazionaleSi è discusso in dottrina se esista un contrasto tra la norma in commento e l'art. 12 par. 3 della Convenzione di Strasburgo del 1967, in materia di adozione dei minori (convenzione ratificata dall'Italia con l. n. 357/1974). Ai sensi, infatti, della predetta disposizione “Non potrà essere vietata dalla legge a chicchessia l'adozione del proprio figlio illegittimo qualora tale adozione migliori la posizione giuridica del minore”. L'Italia risulta, comunque, essersi avvalsa della facoltà di non applicare la menzionata norma, in forza di riserva apposta all'atto della sottoscrizione della convenzione. Si è osservato, inoltre, che la Convenzione detta una disciplina uniforme per l'adozione dei minori, mentre l'art. 293 si riferisce all'adozione dei maggiorenni (Cendon). Peraltro, nel 2008 è stata adottata dal Consiglio d’Europa una nuova convenzione sull’adozione dei minori, sull’espresso presupposto che alcune delle disposizioni della Convenzione europea del 1967 dovevano considerarsi superate ed in contrasto con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (cfr. il preambolo della nuova convenzione). Il nuovo testo normativo non prevede una disposizione simile al citato art. 12, par. 3, della Convenzione del 1967. L’Italia non ha, tuttavia, ancora firmato né ratificato il nuovo trattato internazionale. Conseguenze del divieto e rimedi processualiL'adozione in violazione del divieto di cui all'art. 293 è nulla, date le ragioni di ordine pubblico che stanno a base della esaminata disciplina. La nullità può essere fatta valere in ogni tempo da chi ne abbia interesse mediante un'ordinaria azione di accertamento dinanzi al giudice competente ex art. 9 c.p.c. (Trib. Cuneo 27 febbraio 2004). L'errore dell'adottante circa la qualità di figlio dell'adottato è, invece, considerato errore essenziale ai fini dell'invalidazione del provvedimento di adozione, in quanto incidente su una delle condizioni soggettive poste dalla legge per la relativa pronuncia e cioè sul fatto che l'adottato non sia, appunto, un figlio dell'adottante nato fuori del matrimonio (Cass. n. 8575/1991). BibliografiaAstiggiano-Dogliotti, Le adozioni, Milano, 2014, 249 e ss.; Baviera, L'adozione speciale, Milano, 1982, 56); Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2014, 401 e ss.; Cendon, sub art. 293 c.c., in Commentario al codice civile, Milano, 2010; Collura-Zatti, Trattato di diritto di famiglia, 2, Milano, 2012; Jannuzzi, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 1984, 332. |