Codice Civile art. 457 - Delazione dell'eredità.

Mauro Di Marzio

Delazione dell'eredità.

[I]. L'eredità si devolve per legge [565 ss.] o per testamento [587 ss.].

[II]. Non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria.

[III]. Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari [536, 553 ss.].

Inquadramento

La norma in commento, al comma 1, si incentra sulla nozione di delazione o devoluzione («si devolve») dell'eredità, la quale si risolve nell'offerta del patrimonio ereditario al delato, chiamato alla successione ereditaria dal testamento, ovvero, in mancanza (comma 2), dalla legge, secondo le norme della successione legittima (artt. 565 ss.).

Detta nozione viene da una parte della dottrina distinta da quella di vocazione, ossia di chiamata ovvero designazione (per testamento o per legge) alla successione. Secondo un indirizzo vocazione e delazione potrebbero non coincidere, come ad esempio nel caso dell'istituzione di erede sotto condizione sospensiva (art. 633), dell'istituzione di nascituri (art. 643), di chiamata in subordine, di successione del legittimario pretermesso. Altri affermano che l'apertura della successione «determina sempre... la delazione e devoluzione dell'eredità» (Ferri, in Comm. S.B., 1997, 81).

A questa soluzione, pur rimanendo acceso il dibattito (Vidiri, 2517), sembra ormai aderire stabilmente la giurisprudenza, come emerge dalla soluzione data alla questione della decorrenza anche nei confronti dei chiamati in subordine del termine di prescrizione del diritto di accettare l'eredità (Cass. n. 2743/2014; Cass. n. 9286/2000), finanche nel caso di scoperta successiva del testamento (Cass. n. 264/2013).

La delazione dell'eredità, conseguente all'apertura della successione (art. 456), non determina però l'acquisto della qualità di erede in capo al chiamato, occorrendo a tal fine (diversamente da quanto accade per il legato che si acquista automaticamente salvo rinuncia: art. 649) l'accettazione dell'eredità (non è erede chi non vuole: art. 459), quantunque si versi in ipotesi di successione legittima (Cass. n. 5247/2018).

Il comma 3 non contempla una forma ulteriore di delazione (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 1977, 87). Anzi, il legittimario pretermesso non è chiamato all'eredità, salvo non eserciti con successo l'azione di riduzione (artt. 553 ss.). Proprio perciò, in caso di pretermissione, ipotesi che ricorre anche qualora il de cuius abbia distribuito tutto il suo patrimonio mediante disposizioni a titolo particolare inter vivos (Cass. n. 24836/2022), il legittimario non è tenuto (come nell'ipotesi di sola lesione della quota di riserva) ad accettare con beneficio di inventario (Cass. n. 16635/2013; Cass. n. 12496/2007).

Successione legittima testamentaria

Venuta meno la regola romanistica nemo pro parte testatus pro parte intestatus decedere potest, la successione legittima e quella testamentaria possono operare simultaneamente. Ciò accade quando il testatore non abbia disposto del patrimonio nella sua interezza, ovvero quando il testamento, senza recare istituzione di erede, contenga soltanto attribuzione di legati (Cass. n. 2968/1997;  Cass. n. 15239/2017); e cioè, la presenza di un testamento che contenga soltanto attribuzioni a titolo di legato idonee ad esaurire l'asse relitto non esclude la successione legittima, la quale sussiste anche quando è priva di un positivo contenuto patrimoniale, siccome destinata ad operare sia al fine di individuare la responsabilità per i debiti ereditari e per gli obblighi gravanti sull'erede, sia al fine di decidere sulla sorte dei beni appartenenti al de cuius, ma ignorati dalle disposizioni testamentarie, ovvero sopravvenuti alla data di redazione della scheda, i quali sono destinati a devolversi secondo le regole della successione ab intestato, una volta esclusa la possibilità di individuare una diversa istituzione di erede nelle previsioni di ultima volontà (Cass. n. 30802/2023); al contrario, ove il de cuius abbia disposto di tutto il patrimonio, non si apre la successione legittima (Cass. n. 6697/2002), la quale non viene in gioco neppure in caso di istitutio ex re certa (Cass. n. 12158/2015), atteso il suo carattere espansivo. Al contrario si apre la sola successione legittima in caso di perdita del diritto di accettare l'eredità (art. 481), giacché la delazione testamentaria diviene inefficace (Cass. n. 22195/2014).

Resta inteso che, anche in ipotesi di concorso di successione testamentaria e legittima, una è la delazione. Difatti l'ordinamento non contempla due distinti ed autonomi diritti di accettazione dell'eredità, derivanti l'uno dalla delazione testamentaria e l'altro dalla delazione legittima, ma un unico diritto di accettazione (Cass. n. 264/2013, in cui si conferma che la prescrizione del diritto di accettare l'eredità si prescrive in ogni caso nel termine di dieci anni dal giorno dell'apertura della successione). Ne discende che, ove l'erede abbia accettato l'eredità, la successiva scoperta di un testamento che modifichi le sue attribuzioni non gli consente di manifestare nuovamente la propria volontà in ordine al nuovo assetto successorio (Cass. n. 5666/1988; Cass. n. 1933/1993; Cass. n. 12575/2000).

Si discute (v. sul tema Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 1977, 75) se, alla stregua della norma in commento, il legislatore abbia inteso dare preminenza all'una o all'altra forma di successione, problema che nella pratica si pone qualora la disposizione testamentaria coincida con la disciplina delle successioni legittime. Secondo alcuni la successione legittima assorbirebbe quella testamentaria, dovendosi attribuire alla prima preminente valore. Secondo altri tale prevalenza va esclusa, operando la successione legittima solo sussidiariamente: sicché, in caso di chiamata testamentaria nella medesima quota spettante per legge, la delazione è per testamento (Mengoni, in Tr. C. M., 1961, 19).

In giurisprudenza si propende parimenti per la prevalenza della successione testamentaria, giacché il titolo primario della delazione ereditaria è il testamento, rispetto al quale la successione legittima opera solo in via suppletiva e quella cd. necessaria in via correttiva, subordinata all'iniziativa del riservatario preterito (Cass. n. 3220/1974). Ricorre pertanto una valida disposizione testamentaria anche nel caso in cui i beneficiari e la quantificazione delle assegnazioni siano rispettivamente indicati e determinate del testamento per relationem, mercé semplice richiamo alle norme sulla successione legittima (Cass. n. 1359/1978).

Si ammette la rinuncia alla vocazione testamentaria mediante la conclusione di un accordo tra tutti i coeredi, da redigersi a pena di nullità per atto scritto se nella successione siano compresi dei beni immobili (Cass. n. 12685/2014; Cass. n. 5666/1988; Cass. n. 697/1983; Cass. n. 38/1964)

Bibliografia

Albanese, Il tempo e il luogo di apertura della successione, in Vita not. II, 2008, 405; Ballarino, Il nuovo regolamento europeo sulle successioni, in Riv. dir. int. 2013, 1116; Bonilini (a cura di), Trattato di diritto delle successioni e donazioni. I. La successione ereditaria, Milano 2009; Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1991; Cuffaro e Delfini (a cura di), Delle successioni, I, in Comm. c.c. diretto da Gabrielli, Torino, 2010; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, I, L'amministrazione durante il periodo antecedente all'accettazione dell'eredità, Milano, 1968; Vidiri, La decorrenza del termine di prescrizione del diritto di accettazione dell'eredità: una problematica da sempre discussa, in Giust. civ. 2013, I, 2517

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