Codice Civile art. 476 - Accettazione tacita.InquadramentoL'accettazione tacita prevista dalla norma in commento considera non una qualsiasi manifestazione tacita della volontà di accettare l'eredità, vale a dire qualsiasi comportamento concludente dal quale si possa implicitamente ricavare quella volontà, ma solo l'atto compiuto dal chiamato che, in una duplice rinforzata prospettiva, «presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede». La formulazione adottata dalla legge non pone allora due distinti requisiti dell'accettazione tacita: piuttosto, con lo stabilire che l'accettazione tacita richiede un atto che il soggetto non potrebbe compiere se non nella qualità di erede, essa stabilisce che il nesso di necessaria implicazione tra il compimento dell'atto e la volontà di accettare sussiste soltanto se esso non possa giustificarsi in considerazione di una diversa veste dell'agente (Ferri, in Comm. S.B., 269), quale, anzitutto, quella di mero chiamato all'eredità (titolare, perciò, dei poteri previsti dall'art. 460), ovvero di esecutore testamentario od altro. Anche la giurisprudenza concorda nel sostenere che i due aspetti non sono in relazione di alternatività, ma si cumulano e si fondono (Cass. n. 2403/1988). Il fenomeno dell'accettazione tacita dell'eredità è oggetto di ricostruzioni profondamente diverse. Secondo l'orientamento maggioritario l'avverbio «necessariamente» starebbe ad escludere che l'accettazione tacita di eredità abbia a proprio fondamento una effettiva e reale volontà di accettare da parte del chiamato (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 275). Nondimeno, quella che la legge prenderebbe in considerazione come accettazione tacita si risolverebbe non già in una volontà di accettazione che si sia effettivamente formata nell'animo del chiamato: sarebbe cioè la legge ad attribuire l'effetto dell'acquisto dell'eredità agli atti che obiettivamente presuppongono acquistata l'eredità, senza che occorra né si possa indagare se una volontà di accettare vi fu o meno (Cicu, in Tr. C.M., 178). La considerazione della volontà del chiamato all'eredità nella sua oggettività ha anzi indotto la dottrina ad escludere che il verificarsi dell'accettazione tacita possa essere impedito finanche da una dichiarazione espressa e diretta in senso opposto, e ciò perché protestatio facto contraria nihil valet (per tutti Ferri, in Comm. S.B., 273). Sovente la giurisprudenza si è pronunciata in tal senso (Cass. n. 5275/1986; Cass. n. 7552/1986), emettendo decisioni in cui, per i fini della ricostruzione dell'accettazione tacita, prevale l'aspetto «oggettivista» (Cass. n. 881/1967). A fronte di tale orientamento, giustificato da esigenze di affidabilità del traffico giuridico, di certezza dei rapporti e di tutela dei terzi, si rinviene un diverso indirizzo secondo cui l'accettazione tacita di eredità richiederebbe la concreta ed effettiva volontà del chiamato di accettare l'eredità. Quest'ultimo, cioè, accetterebbe tacitamente l'eredità quando l'atto di disposizione dei beni ereditari sia compiuto dal medesimo con la volontà effettiva di acquistare l'eredità stessa, sicché l'interprete dovrebbe di volta in volta individuare nell'atto del chiamato l'intenzione del medesimo di accettare, dal momento che egli non potrebbe diventare erede contro la sua volontà (Giannattasio, 112). In tema di accettazione tacita di eredità, secondo la giurisprudenza, si dovrebbe allora avere riguardo «più all'animus dell'agente ed alla sua volontà, dalla quale l'atto procede, che all'atto stesso — trattandosi di interpretazione della volontà — senza e contro la quale non si diventa eredi» (Cass. n. 5688/1988; analogamente Cass. n. 8123/1986; Cass. n. 7552/1986). In quest'ottica l'accettazione tacita avrebbe dunque natura di negozio giuridico. CasisticaNel compiere un rapido esame casistico delle fattispecie in cui è stata riconosciuta o meno la ricorrenza di un'accettazione tacita, non può mancarsi di sottolineare come le decisioni appaiano di qualche caso condizionate dall'intento di impedire il riconoscimento, con conseguenze talora drammatiche, dell'intervenuta accettazione tacita. In generale, i criteri di valutazione si riassumono nella massima secondo cui l'accettazione tacita di eredità può desumersi soltanto dall'esplicazione di un'attività personale del chiamato tale da integrare gli dell'atto gestorio incompatibile con la volontà di rinunziare, e non altrimenti giustificabile se non in relazione alla qualità di erede, con la conseguenza che non possono essere ritenuti atti di accettazione tacita quelli di natura meramente conservativa che il chiamato può compiere anche prima dell'accettazione, ex art. 460 (Cass. n. 12753/1999). Si trova affermato che dà luogo ad accettazione tacita: i) la proposizione da parte del chiamato di azioni giudiziarie che non rientrano negli atti consentiti dall'art. 460 (Cass. n. 10060/2018; Cass. n. 13738/2005), come nel caso di proposizione domande che di per sé manifestino la volontà di accettare, qual è la domanda diretta a ricostituire l'integrità del patrimonio ereditario (Cass. n. 21288/2011); di azione nei confronti del debitore del de cuius per il pagamento di quanto al medesimo dovuto (Cass. n. 16002/2008); della costituzione volontaria, per la prosecuzione del processo da parte della vedova del de cuius (Cass. n. 12780/2003); della domanda giudiziale diretta a ottenere la divisione ereditaria (Cass. n. 1628/1985; Cass. n. 2091/1974); dell'azione di riduzione (Cass. n. 2200/1971); della domanda del figlio legittimo del de cuius di ammissione al gratuito patrocinio, contenente l'espressa dichiarazione di voler conseguire quanto a lui spettante sulla successione paterna (Cass. n. 1831/1971); dell'esperimento da parte del chiamato dell'azione di regolamento di confini (Cass. n. 11408/1998); dell'impugnazione del testamento da parte del chiamato (Cass. n. 7125/1993); ii) il compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche da quello civile (Cass. n. 11478/2021; Cass. n. 1079/2009; Cass. n. 5226/2002); iii) il compimento di un atto di transazione con cui i chiamati all'eredità, a seguito di una sentenza che abbia dichiarato decaduto l'erede testamentario dal diritto di accettare l'eredità, e che l'eredità è devoluta secondo le norme della successione legittima, abbiano rinunciato agli effetti della sentenza medesima a fronte dell'attribuzione in proprietà di un certo numero di immobili facenti parte dell'asse ereditario (Cass. n. 11213/2007); iv) la presentazione di un'istanza di condono fiscale, come tale assimilabile ad una proposta di transazione, per la definizione bonaria di una controversia pendente (Comm. trib. centr. 6 ottobre 1999, n. 5738); lo stesso dicasi per il ricorso alla commissione tributaria contro l'avviso di accertamento del maggior valore notificato dall'amministrazione finanziaria (App. Roma 24 febbraio 2012); v) la riscossione di un assegno rilasciato al de cuius in pagamento di un suo credito, da parte del chiamato (Cass. n. 12327/1999); vi) l'adesione alla divisione contrattuale dell'asse ereditario, ovvero, la non opposizione del chiamato, comparso nel procedimento di divisione giudiziale senza opporsi al progetto predisposto dagli altri coeredi (Trib. Roma 20 aprile 2000, la quale soggiunge che nessun valore può essere attribuito alla espressa manifestazione di una volontà contraria); anche Cass. n. 1585/1987, confermata da Cass. n. 19833/2019, ravvisa un atto di erede nella divisione amichevole; vii) l'attività indiretta o procuratoria od anche di gestione di altri soggetti incaricati di compiere atti correlati alla volontà del successibile di dare esecuzione alle disposizioni testamentarie, come nel caso dell'iscrizione catastale dei beni relitti eseguita per conto degli eredi dal notaio (Cass. n. 11813/1992; ); viii) Il conferimento della procura a vendere beni ereditari (Cass. n. 20699/2017), la concessione d'ipoteca su uno dei beni compresi nell'eredità, ove posta in essere in assenza di qualsiasi riferimento ad una delle circostanze che potrebbero giustificarne il compimento da parte del chiamato (Cass. n. 5569/2021). Non dà invece luogo ad accettazione tacita: i) il pagamento di un debito del de cuius, che il chiamato all'eredita effettui con danaro proprio (Cass. n. 497/1965; Cass. n. 3492/1974; Cass. II, n. 20878/2020); ii) la riscossione di canoni, le diffide e gli atti stragiudiziali compiuti dal chiamato, che successivamente abbia accettato l'eredità con beneficio d'inventario (Cass. n. 2663/1999); la richiesta di pagamento di una somma dovuta al de cuius (Cass. n. 8123/1987); la riscossione di un credito del de cuius da parte del soggetto esercente la patria potestà sull'erede minore, ostandovi il disposto dell'art. 471 (Cass. n. 5327/1981); iii) la denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta, trattandosi di adempimenti di contenuto prevalentemente fiscale diretti ad evitare l'applicazione di sanzioni, come tali non implicanti univocamente la volontà di accettare l'eredità (Cass. n. 4783/2007; Cass. n. 4756/1999); iv) la mera richiesta di trascrizione di un atto di acquisto relativo a una successione ereditaria (Cass. n. 5111/2009); v) la registrazione e trascrizione del testamento (Cass. n. 37/1964; Cass. n. 5275/1986, Cass. n. 5275/2019); vi) la richiesta di pubblicazione del testamento (Trib. Venezia 4 gennaio 1982, FI, 1982, I, 2342; GI, 1983, I, 2, 314); vii) l'immissione nel possesso dei beni ereditari, la quale non è di per sé sufficiente ad integrare l'accettazione tacita dell'eredità, potendo la stessa dipendere anche da un mero intento conservativo del chiamato o da tolleranza da parte degli altri chiamati (Cass. n. 20868/2005; Cass. n. 3018/2005; viii) il conferimento di procura da parte dei chiamati ad un loro congiunto per il compimento di tutti gli atti necessari e conseguenti al decesso del de cuius, fra cui la valutazione della opportunità e convenienza dell'accettazione e della rinuncia dell'eredità, trattandosi di mero atto di vigilanza o di amministrazione temporanea (Corte conti 22 marzo 1989, n. 56, Racc, 1989,2,116); ix) la prospettazione dell'esistenza di uno ius delationis in proprio favore (Cass. n. 4943/1981); x) il pagamento delle spese funerarie (Trib. Varese 31 ottobre 2011); xi) le condotte delittuose, compiute dal chiamato successivamente all'omicidio del de cuius, in quanto non hanno come fine il conseguimento della qualità ereditaria, bensì quello di assicurare al chiamato l'impunità (Trib. Parma 6 dicembre 2005). L'accettazione tacita di eredità può avvenire anche per mezzo di negotiorum gestio concernente i relativi beni, ove intervenga la ratifica del chiamato a norma dell'art. 2032 (Cass. n. 5227/1977). La S.C., infine, ritiene che la ricerca della sussistenza dell'accettazione tacita sia una questione di fatto non censurabile in cassazione (Cass. n. 12753/1999; Cass. n. 2663/1999). BibliografiaAndrioli, Fallimento (dir. priv. e dir. proc. civ.), in Enc. Dir, XVI, Milano, 1967, 405; Busani, L'accettazione ereditaria del fallito, in Fall. 1992, 1176; Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1991; D'Auria, Sull'atipicità dell'atto di fondazione istituita per testamento, in Riv. dir. civ. 2009, 737; De Nova, Novelle e diritto successorio: l'accettazione di eredità beneficiata degli enti non lucrativi, in Riv. not. 2009, 1; Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, Torino, 1961; Montanari, Fallimento e vicende successorie per causa di morte relative all'imprenditore assoggettato alla procedura, in Fam. pers. e succ. 2008, 833; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, I, L'amministrazione durante il periodo antecedente all'accettazione dell'eredità, Milano, 1968; Onofri, Riflessi di diritto successorio dell'amministrazione di sostegno, in Riv. not. 2005, 880; Padovini, Per l'abrogazione dell'art. 473 del codice civile: una proposta, in Riv. not. 2009, 737; Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm. c.c., diretto da De Martino, Roma, 1981; Ricci, Lezioni sul fallimento, II, Milano, 1998. |