Codice Civile art. 491 - Responsabilità dell'erede nell'amministrazione.

Mauro Di Marzio

Responsabilità dell'erede nell'amministrazione.

[I]. L'erede con beneficio d'inventario non risponde dell'amministrazione dei beni ereditari se non per colpa grave [789].

Inquadramento

L'erede beneficiato è il dominus dei beni ereditari, ma la sua amministrazione, pur essendo attuata in vista di un interesse proprio, è preordinata alla liquidazione e, così, è volta a soddisfare anche un interesse dei creditori ereditari e legatari. In ciò trova giustificazione l'art. 491, secondo cui l'erede beneficiato, che, di regola, ha interesse ad una buona amministrazione, non ne risponde se non per colpa grave.

Difatti, si è osservato che egli, «quale proprietario, non dovrebbe rispondere di nulla, in base al noto principio qui rem suam neglexit nulli querelae subiectus est, mentre quale amministratore dovrebbe rispondere della culpa levis, onde il legislatore ha creduto di adottare una via di mezzo, che lo rende soltanto responsabile per colpa grave» (Azzariti, Martinez e Azzariti, 98).

Si discute, in dottrina, in quale senso debba essere intesa la nozione di amministrazione. Secondo un'opinione, «la norma in esame, anche tenendo conto della più ampia accezione in cui il termine di amministrazione è usato nell'art. 496..., è riferibile... a qualsiasi atto di amministrazione, intesa in senso lato, per cui non sia già espressamente prevista la più grave sanzione della decadenza» (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 460). Ma, replica la dottrina prevalente, il meccanismo introdotto dall'art. 491 per l'amministrazione conservativa ordinaria non opera «né per quella conservativa straordinaria, né per quella di liquidazione, dove il mancato rispetto delle forme è di per sé sufficiente a provocare la responsabilità, senza che l'erede possa allegare la mancanza di colpa grave» (Natoli, 166; Cicu, in Tr. C. M., 284; Ferri, in Comm. S. B., 381).

La nozione di colpa grave va intesa «come carenza di qualsiasi diligenza, e non già come errore di valutazione o di decisione, tranne che essa non assuma l'aspetto macroscopico del non intelligere quod omnes intelligunt» (Ravazzoni, 5). La colpa grave può configurarsi tanto in una condotta commissiva, quanto in una condotta meramente omissiva.

In giurisprudenza si è così affermato che l'erede beneficiato risponde di colpa grave se non agisce in giudizio per far dichiarare la nullità delle ipoteche giudiziali iscritte dai creditori sui beni ereditari dopo l'apertura della successione (Cass. n. 3863/1958).

La legge non dice quale sia la sanzione imposta all'erede che incorra in colpa grave nell'amministrazione, ma è esclusa l'applicazione della decadenza dal beneficio, non prevista, restando l'erede tenuto al risarcimento dei danni (Cicu, in Tr. C. M., 285; Natoli, 167; Prestipino, 300; Ferri, in Comm. S. B., 380).

Legittimato attivo sarà il singolo creditore ereditario, mentre l'entità dei danni andrà commisurata alla differenza tra la somma che i creditori ereditari e i legatari avrebbero percepito se l'erede non fosse incorso in colpa grave nell'amministrazione e quella che, invece, è residuata (Cicu, in Tr. C. M., 285; Natoli, 167; Ravazzoni, 5).

Concordemente si esclude, invece, che i creditori e legatari o altri interessati, lamentando che l'erede beneficiato sia incorso in colpa grave nell'amministrazione, possano domandare la sostituzione dell'erede con altro amministratore (Cicu, in Tr. C. M., 285; Ferri, in Comm. S. B., 381).

Un particolare caso di responsabilità a carico dell'erede beneficiato è previsto dall'art. 94 c.p.c., il quale stabilisce che questo può essere condannato personalmente alle spese processuali o di singoli atti per motivi gravi che il giudice deve specificare nella sentenza. Di regola, dunque, «le spese di causa cui gli eredi accettanti con beneficio di inventario siano condannati vanno poste a carico delle eredità e non degli eredi, salvo gravi motivi» (App. Milano 19 settembre 1980).

I gravi motivi di cui parla la norma — si è osservato — finiscono per coincidere con la colpa grave menzionata dall'art. 491 e si possono configurare, ad esempio, «nel caso in cui l'erede instauri un giudizio senza un concreto fondamento, ma spinto soltanto dal suo carattere litigioso» (Prestipino, 301).

Difatti, pur riconoscendo il principio che la qualità di erede beneficiato comporta che per ogni debito di cui gli si può far carico come tale egli non è tenuto oltre il valore dei beni a lui pervenuti, con la precisazione che «tale limitazione intra vires afferisce cosi alla sorte capitale come agli interessi e, per regola (come può desumersi dall'art. 94 c.p.c.), il beneficio si estende anche alle spese del giudizio» (Cass. n. 3713/1977), la giurisprudenza ha chiarito che, tuttavia, l'erede beneficiato resta obbligato a corrispondere le spese conseguenti al suo comportamento litigioso, secondo il principio generale della soccombenza, e non inquadrabili, quindi, fra i debiti dell'eredità (Cass. n. 852/1972).

Bibliografia

Azzariti, Martinez e Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1973; Bianca, Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1991; Di Marzio, L'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, Milano, 2013; Ferrario Hercolani, L'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, in Tratt. dir. successioni e donazioni diretto da Bonilini, I, Milano, 2009; Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, Torino, 1961; Lorefice, L'accettazione con beneficio d'inventario, in Rescigno (a cura di), Successioni e donazioni, I, Padova, 1994; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, II, L'amministrazione nel periodo successivo all'accettazione dell'eredità, Milano, 1969; Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm. c.c. diretto da De Martino, Roma 1981; Ravazzoni, Beneficio di inventario, in Enc. giur., I, Roma, 1988; Zaccaria, Rapporti obbligatori e beneficio di inventario, Torino, 1994.

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