Codice Civile art. 529 - Obblighi del curatore.Obblighi del curatore. [I]. Il curatore è tenuto a procedere all'inventario dell'eredità [769 ss. c.p.c.], a esercitarne e promuoverne le ragioni, a rispondere alle istanze proposte contro la medesima, ad amministrarla, a depositare presso le casse postali o presso un istituto di credito designato dal tribunale il danaro che si trova nell'eredità o si ritrae dalla vendita dei mobili o degli immobili, e, da ultimo, a rendere conto della propria amministrazione [531; 782 c.p.c.] (1). (1) Comma così modificato dall'art. 144 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51. InquadramentoIl curatore dell'eredità giacente è in prevalenza considerato titolare di un ufficio di diritto privato (Prestipino, in Comm. De M. 1981, 494). Anche in giurisprudenza si afferma che il curatore è titolare di «poteri originari e autonomi più ampi di quelli conferiti al chiamato» (Cass. n. 727/1969) ed esplica «una funzione pubblica, dovendosi ritenere un ausiliario del giudice» (Cass. n. 1646/1978; Cass. n. 9240/1994; la qualità di ausiliare del giudice e confermata da Cass. S.U. n. 11619/1997). Dalla lettura dell'art. 460, comma 3, si desume che l'amministrazione del chiamato non possessore ha fine dal momento della nomina del curatore dell'eredità giacente. Immediato ed evidente riflesso del provvedimento di nomina, dunque, è la cessazione dei poteri del chiamato non possessore (Ferri, in Comm. S.B. 1970, 159). Altro effetto della nomina del curatore è il divieto di iscrivere ipoteche giudiziali (art. 2830). La ratio di tale disposizione risiede nell'intento legislativo di mantenere la par condicio creditorum (Cass. n. 2482/1966). Le funzioni del curatoreLa legge non definisce con esattezza le funzioni del curatore dell'eredità giacente, ma si limita ad enumerare, agli artt. 529 e 530, una serie di atti che egli deve compiere, aggiungendo, all'art. 531, che a lui sono comuni le regole dettate dagli artt. 484 ss. in tema di inventario, amministrazione e rendimento del conto da parte dell'erede beneficiato, esclusa la limitazione di responsabilità per colpa. Tra le diverse funzioni spettanti al curatore, la prima in ordine logico è la doverosa formazione dell'inventario, da erigersi nelle forme previste dagli artt. 769 ss. c.p.c. Scopo dell'atto, è l'accertamento della consistenza del patrimonio, non solo al fine di rendere concretamente programmabile l'amministrazione dell'eredità, ma anche al fine di prefissare l'ambito di responsabilità del curatore. Quando siano stati apposti, il curatore dell'eredità giacente, occorrendo erigere l'inventario, deve chiedere la rimozione dei sigilli. Per amministrare, il curatore deve prendere possesso dei beni ereditari ed esercitare le azioni possessorie che si rendano eventualmente necessarie (Ferri, in Comm. S.B. 1970, 165). Egli è tenuto ad amministrare l'eredità. Diversa, però, è la disciplina dell'amministrazione ordinaria e di quella straordinaria. Quanto alla prima, si ritiene, in genere, che il curatore goda di un'ampia autonomia, poiché, per l'amministrazione ordinaria non è richiesta autorizzazione giudiziale. Ciò si desume, a contrario, dall'art. 782, comma 2, c.p.c., secondo il quale gli atti di del curatore che eccedono l'ordinaria amministrazione debbono essere autorizzati dal giudice. Nell'ambito dell'amministrazione ordinaria si colloca la custodia delle somme di pertinenza dell'eredità. La disposizione in commento, in particolare, stabilisce che il curatore deve depositare presso le casse postali o presso un istituto di credito designato dal giudice il denaro che si trova nell'eredità o si ritrae dalla vendita dei mobili o degli immobili. Spetta al curatore di esercitare e promuovere le ragioni dell'eredità e di rispondere alle istanze proposte contro la medesima. La norma, dunque, attribuisce al curatore il potere-dovere di tutelare l'eredità sia in sede stragiudiziale, sia in giudizio. Sotto il primo profilo, il curatore è principalmente legittimato a fare il necessario per ottenere la riscossione dei crediti ereditari. Egli, a tale scopo, può e deve costituire in mora i debitori dell'eredità, far valere i possibili mezzi di conservazione delle garanzie patrimoniali dei crediti e, infine, ricevere il pagamento dei medesimi. Al curatore, inoltre, spetta la rappresentanza in giudizio dell'eredità. Si tratta « della più ampia legittimazione, attiva e passiva, a stare in giudizio » (Grosso-Burdese, in Tr. Vas. 1977, 210), «per qualsiasi causa che interessi il patrimonio ereditario ovvero la sua amministrazione» (Natoli, 274). Tra legittimazione attiva e passiva vi è da fare una distinzione. Difatti, si ritiene, in generale, che il curatore, per agire in giudizio, debba munirsi dell'autorizzazione giudiziale di cui all'art. 782, comma 2, c.p.c. In giurisprudenza, tuttavia, si è talora affermato il contrario (Cass. n. 367/1995; Cass. n. 12784/1998). Per quanto attiene alla legittimazione passiva, è opinione di alcuni che l'autorizzazione giudiziale non sia richiesta (Natoli, 277). Altri propendono per la stessa soluzione, sempre che, in relazione all'oggetto della lite, la resistenza in giudizio non ecceda i limiti dell'ordinaria amministrazione (Ferri, in Comm. S.B. 1970, 169; Prestipino, in Comm. De M. 1981, 500). Il curatore dell'entità giacente, inoltre, è legittimato a subentrare nei rapporti processuali pendenti alla morte del de cuius, a tutela dell'eredità (Cass. n. 2274/1972; Cass. n. 7076/1990). BibliografiaCapozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2009; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, I, L'amministrazione durante il periodo antecedente all'accettazione dell'eredità, Milano, 1968; Trimarchi, L'eredità giacente, Milano, 1954. |