Codice Civile art. 534 - Diritti dei terzi.Diritti dei terzi. [I]. L'erede può agire anche contro gli aventi causa da chi possiede a titolo di erede o senza titolo. [II]. Sono salvi i diritti acquistati, per effetto di convenzioni a titolo oneroso con l'erede apparente, dai terzi i quali provino di avere contrattato in buona fede [1189 1]. [III]. La disposizione del comma precedente non si applica ai beni immobili e ai beni mobili iscritti nei pubblici registri [2683], se l'acquisto a titolo di erede [2648] e l'acquisto dall'erede apparente non sono stati trascritti anteriormente alla trascrizione dell'acquisto da parte dell'erede o del legatario vero, o alla trascrizione della domanda giudiziale contro l'erede apparente [2652 n. 7]. InquadramentoLa disposizione in commento stabilisce i limiti entro cui l'erede può esercitare l'azione di petizione ereditaria contro i terzi aventi causa dal possessore a titolo di erede o senza titolo. Aventi causa sono gli acquirenti a titolo particolare di diritti su beni facenti parte del compendio ereditario. Egli, in particolare, può di regola agire contro costoro, salvo che abbiano acquistato in buona fede per effetto di convenzioni a titolo oneroso stipulate con l'erede apparente, ossia con colui che si comporta come l'erede e, cioè, come se l'eredità fosse a lui devoluta e da lui accettata (Cicu, in Tr. C. M. 1961, 248). La condizione di erede apparente, in altri termini, si fonda su una valutazione di carattere oggettivo, ossia su comportamenti tali da ingenerare la ragionevole opinione che l'agente sia stato chiamato all'eredità ed abbia accettato (Grosso-Burdese, in Tr. Vas. 1977, 426). In giurisprudenza si osserva parimenti che erede apparente è colui il quale figura e si comporta come erede. Tale non è l'istituito, invece, anche se alla disposizione testamentaria è apposta una condizione risolutiva, trattandosi di vero erede, almeno finché la condizione non si verifichi, ed a lui non possono applicarsi le norme di legge che regolano la posizione dell'erede apparente e dei terzi che con questo contrattano (Cass. n. 708/1964). La disciplina dell'acquisto dall'erede apparente neppure può essere invocata in ipotesi di convenzione stipulata dal terzo acquirente con un erede che, dopo aver sentito accogliere la propria domanda di attribuzione in natura di una quota dell'immobile donato dal de cuius ad altro erede, tenuto alla collazione, abbia alienato detta quota, prima del passaggio in giudicato della relativa sentenza (Cass. n. 8633/1987). Buona fede e trascrizionePer la salvezza degli acquisti dall'erede apparente occorre altresì che il terzo, oltre ad avere acquistato dall'erede apparente ed a titolo oneroso, provi altresì di aver contratto in buona fede. Rileva così la buona fede del terzo, non già quella dell'erede apparente. Non opera in proposito il principio stabilito dall'art. 1147, sicché la buona fede richiesta dall'art. 534 deve essere provata dal terzo. Nello stesso senso si esprime la giurisprudenza, la quale osserva che, ai fini della salvezza dei diritti acquistati dal terzo per effetto di convenzione a titolo oneroso contratta con l'erede apparente, è necessario che lo stesso terzo, ai sensi dell'art. 534, comma 2, assolva all'onere di provare la sua buona fede all'atto dell'acquisto, consistente nella dimostrazione dell'idoneità del comportamento dell'alienante ad ingenerare la ragionevole convinzione di trattare con il vero erede, nonché dell'esistenza di circostanze indicative dell'ignoranza incolpevole di esso acquirente circa la realtà della situazione ereditaria al momento dell'acquisto (Cass. n. 2653/2010; Cass. n. 4376/1980). Regole diverse trovano applicazione qualora la convenzione a titolo oneroso intercorsa tra il terzo e l'erede apparente abbia riguardato immobili o mobili registrati, occorrendo in tal caso che l'acquisto a titolo di erede e l'acquisto dall'erede apparente siano stati trascritti anteriormente alla trascrizione dell'acquisto da parte dell'erede o del legatario vero, ovvero della domanda giudiziale contro l'erede apparente. Perciò la vendita di bene ereditario da parte dell'erede apparente, ai sensi degli art. 534, comma 3, e art. 2652, n. 7, ove manchi l'anteriore trascrizione della sua accettazione ereditaria (pur se accettazione tacita, trascrivibile ex art. 2648, comma 3), non è opponibile all'erede vero che abbia trascritto l'accettazione posteriormente alla vendita stessa, né la mera trascrizione dell'atto traslativo del bene ereditario comprova, di per sé, un'accettazione ereditaria opponibile ai terzi o all'erede vero, potendo il bene essere pervenuto all'alienante in virtù di un titolo diverso (Cass. n. 11305/2012). Con riguardo al tema è stato inoltre evidenziato che l'art. 2652 n. 7 (che subordina ad alcune condizioni temporali in ordine alle trascrizioni la tutela del terzo di buona fede acquirente a qualsiasi titolo di beni dall'erede apparente) non integra l'art. 534, ma regola fattispecie diverse, applicandosi all'acquisto a titolo oneroso dall'erede in tutti i casi in cui non si rientra nella petitio haereditatis, all'acquisto a titolo gratuito dallo erede apparente ed agli acquisti dal legatario, e inoltre richiede un requisito specifico, consistente nell'inerzia del vero erede per cinque anni, idoneo da solo a giustificare una diversità di disciplina in ordine alla buona fede. Questa nel caso di cui all'art. 534 deve essere provata, mentre si presume nell'ipotesi prevista dall'art. 2652 n. 7, anche con riguardo all'acquirente a titolo gratuito in applicazione del principio generale enunciato dall'art. 1147, identicamente alle ipotesi considerate nei nn. 1, 4, 6 e 9 dello stesso art. 2652 (Cass. n. 1402/1989). BibliografiaMessineo, Manuale di diritto civile e commerciale, II, Milano, 1967; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, II, Milano, 1968. |