Codice Civile art. 550 - Lascito eccedente la porzione disponibile.Lascito eccedente la porzione disponibile. [I]. Quando il testatore dispone di un usufrutto [978 ss.] o di una rendita vitalizia [1872] il cui reddito eccede quello della porzione disponibile [556], i legittimari [536], ai quali è stata assegnata la nuda proprietà della disponibile o di parte di essa, hanno la scelta o di eseguire tale disposizione o di abbandonare la nuda proprietà della porzione disponibile. Nel secondo caso il legatario, conseguendo la disponibile abbandonata, non acquista la qualità di erede [588]. [II]. La stessa scelta spetta ai legittimari quando il testatore ha disposto della nuda proprietà di una parte eccedente la disponibile. [III]. Se i legittimari sono più, occorre l'accordo di tutti perché la disposizione testamentaria abbia esecuzione. [IV]. Le stesse norme si applicano anche se dell'usufrutto, della rendita, o della nuda proprietà è stato disposto con donazione [769]. InquadramentoLa disposizione in commento si inserisce nell'ambito delle norme poste a tutela dei legittimari e disciplina la c.d. cautela sociniana. Occorre in proposito rammentare che nell'art. 549 è contenuto il divieto di imporre pesi o condizioni alla porzione legittima, mentre non è espressamente contenuta in essa l'affermazione che tale quota di eredità è dovuta in piena proprietà, dal momento che ciò si desume dalle disposizioni poste a determinare la legittima stessa (Azzariti-Martinez-Azzariti, 221). Perciò, il testatore non soddisfa al voto della legge ogni qual volta attribuisce al legittimario una quota che non sia in piena proprietà, anche se di valore equivalente o maggiore rispetto a quella che gli compete a titolo di riserva. In tal caso la norma in esame attribuisce al legittimario un diritto di opzione, quello di scegliere tra la piena proprietà della sua quota o l'esecuzione della disposizione testamentaria. La stessa scelta (sicché non occorre esercitare l'azione di riduzione) spetta ai legittimari quando il testatore abbia disposto della nuda proprietà di una parte eccedente la disponibile. In tale contesto, per effetto dell'abbandono operato dal legittimario, il legatario beneficiato dalla disposizione, che viene in tal modo a concorrere sul compendio ereditario, non acquista però la qualità di erede. In altri termini, la legge considera la disposizione con cui il testatore attribuisce la sola nuda proprietà o il solo usufrutto al legittimario come se fosse formulata alternativamente, e dà al legittimario la scelta non tanto per la difficoltà di verificare l'eventuale lesione della riserva, ma per il fatto stesso che essa non è conferita in piena proprietà (Azzariti-Martinez-Azzariti, 222). Secondo altri non di scelta si tratterebbe, giacché legittimario che esegue la disposizione non opererebbe alcuna scelta ma si asterrebbe dal fare valere il proprio diritto alla legittima in piena proprietà (Mengoni, in Tr. C. M. 1999, 212). Anche in giurisprudenza è stato sottolineato che finalità della norma di cui all'art 550 è la salvaguardia del principio della intangibilità della legittima. Tale salvaguardia si attua o in via diretta, nel caso in cui il legittimario abbandoni la nuda proprietà o, rispettivamente, l'usufrutto della porzione disponibile o in via indiretta, quando egli preferisca eseguire la disposizione testamentaria, con ciò stesso ritenendo che il valore della legittima intaccata, unito a quello della nuda proprietà della disponibile o all'usufrutto sulla disponibile eguaglia o supera il valore della legittima (Cass. n. 2782/1970). Perciò, qualora il testatore abbia disposto a titolo particolare di tutti i suoi beni o di una parte eccedente la disponibile, legando al legittimario l'usufrutto universale e la nuda proprietà a un estraneo, il legittimario, privato in tutto o in parte della nuda proprietà della quota riservata, è chiamato ab intestato all'eredità; conseguentemente non si ha una figura di legato tacitativo ai sensi dell'art. 551 c.c., che suppone l'istituzione ex asse di altra o di altre persone, ma ricorre di regola l'ipotesi prevista dall'art. 550, comma 2, c.c., prospettandosi pertanto al legittimario la scelta o di eseguire la disposizione o di abbandonare la disponibile per conseguire la legittima (Cass. n. 28962/2023). La S.C. ha anche precisato che l'art. 550, che nell'ipotesi di legato di usufrutto eccedente il reddito della disponibile, regola la scelta del legittimario di eseguire la disposizione o di conseguire la legittima abbandonando la nuda proprietà della disponibile, si richiama, implicitamente, all'istituto dell'usufrutto regolato dagli artt. 978 e segg., onde la relativa normativa si applica sia nel caso di usufrutto disposto dal testatore per tutta la durata della vita dell'usufruttuario, sia nel caso di usufrutto disposto per una durata inferiore o a termine fisso, come consentito dallo art. 979 (Cass. n. 141/1985). In caso di pluralità di legittimari, secondo l'ultimo comma della norma, l'esecuzione della disposizione testamentaria richiede l'accordo di tutti. L'esercizio dell'opzioneL'atto con cui il legittimario esercita la scelta può avere carattere stragiudiziale ed ha natura di atto unilaterale ricettizio, che non richiede dunque la partecipazione volitiva del legatario. Il diritto di scelta può essere peraltro esercitato anche in via giudiziale. Tuttavia, la proposizione, da parte del legittimario al quale il de cuius abbia assegnato l'usufrutto sulla disponibile o su parte di essa, della domanda di divisione con attribuzione ad esso legittimario della quota di legittima in piena proprietà, può costituire esercizio della scelta di cui all'art. 550, comma 1, purché anteriormente alla proposizione di tale domanda l'attore non abbia manifestato, anche con un comportamento concludente, la volontà di dare esecuzione alla disposizione testamentaria lesiva della legittima (Cass. n. 3894/2012). Dunque, in caso di legato di usufrutto eccedente la porzione disponibile, ove il legittimario non intenda assecondare la volontà del de cuius, è da escludersi che la sua tutela si identifichi con l'azione di riduzione, estrinsecandosi piuttosto nel diritto potestativo di abbandono della disponibile ex art. 550 c.c. che, facendogli conseguire la sola legittima in piena proprietà, differisce dall'azione di riduzione in quanto impedisce il verificarsi di una lesione qualitativa della quota di riserva (Cass. n. 33011/2023). L'atto di opzione non richiede requisiti formali e, non dando luogo ad un negozio traslativo della proprietà o di altro diritto reale dal legittimario al legatario, il quale acquista direttamente mortis causa dal de cuius, non è neppure soggetto all'applicazione dell'art. 1350. È stato in proposito chiarito che la cautela sociniana, la quale, nell'ipotesi che il testatore abbia disposto di un usufrutto o di una rendita vitalizia il cui reddito eccede quello della porzione disponibile (comma 1) o della nuda proprietà di una parte eccedente la disponibile (comma 2), attribuisce al legittimario, al quale, rispettivamente, sia stata assegnata la nuda proprietà ovvero l'usufrutto della disponibile (o di parte di essa), il potere di incidere unilateralmente sulla successione, senza ricorrere all'azione di riduzione, la quale, impostata sul concetto di lesione quantitativa, non assicura al legittimario la qualità (piena proprietà), oltre che la quantità della legittima, configura, quale diritto potestativo, una scelta (per la legittima in piena proprietà, con abbandono del resto, cioè della nuda proprietà o dell'usufrutto della disponibile, ovvero per il conseguimento dell'oggetto della disposizione testamentaria) di cui la legge non determina la forma, con la conseguenza che essa, espressa o tacita, può essere provata anche per testimoni o per presunzioni, anche se è in questione l'usufrutto o la nuda proprietà di beni immobili. L'effettuazione di tale scelta è incompatibile con il successivo ricorso all'azione di riduzione per la diversità di presupposti, struttura e finalità delle norme di cui agli artt. 550 e 554 (Cass. n. 511/1995). D'altro canto, occorre aggiungere che l'atto di opzione in discorso non dà luogo, come pure sostenuto da alcuni autori, ad una rinuncia sia pur parziale all'eredità, e, dunque, non deve essere rivestito delle forme solenni previste dall'art. 519. Non trattandosi di atto di trasferimento immobiliare ovvero di rinuncia all'eredità neppure è prescritta la trascrizione. BibliografiaAmadio, Azione di riduzione e liberalità non donative (sulla legittima «per equivalente»), in Riv. dir. civ., 2009, I, 683; Andrini, Legittimari, in Enc. giur., XXXI, Roma, 1993; Azzariti-Martinez-Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1973; Bianca, La famiglia. Le successioni, Milano, 2001; Bianca, Invariabilità delle quote di legittima: il nuovo corso della cassazione e suoi riflessi in tema di donazioni e legati in conto di legittima, in Riv. dir. civ. 2008, 211; Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2006; Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 1983; Carnevali, Sull'azione di riduzione delle donazioni indirette che hanno leso la quota di legittima, Studi in onore di L. Mengoni, I, Milano, 1995; Ieva, La novella degli artt. 561 e 563 cod. civ.: brevissime note sugli scenari teorico-applicativi, in Riv. not. 2005, 943;Perego, I presupposti della nascita dei diritti di abitazione e di uso a favore del coniuge superstite, in Riv. dir. civ. 1980, 712; Tamburrino, Successione necessaria (dir. priv.), in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990, 1348. |