Codice Civile art. 563 - Azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione.Azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione. [I]. Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione (1), il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell'ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili [2652 n. 8]. [II]. L'azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l'ordine di data delle alienazioni, cominciando dall'ultima. Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta, entro il termine di cui al primo comma (2), la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede [1153]. [III]. Il terzo acquirente può liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro. [IV]. Salvo il disposto del numero 8) dell'articolo 2652, il decorso del termine di cui al primo comma e di quello di cui all'articolo 561, primo comma, è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa , un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione. Il diritto dell'opponente è personale e rinunziabile. L'opposizione perde effetto se non è rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione (3). (1) Le parole «trascrizione della» sono state inserite dall'art. 3 1 lett. a) l. 28 dicembre 2005, n. 263. Precedentemente l'art. 2 4-novies lett. a) n. 2 d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv., con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80 aveva inserito le parole «e non sono trascorsi venti anni dalla donazione». (2) Le parole «entro il termine di cui al primo comma,» sono state inserite dall'art. 24-novies lett. a) n. 3 d.l. n. 35, cit. (3) Comma aggiunto dall'art. 24-novies lett. a) n. 4 d.l. n. 35, cit. e modificato dall'art. 31 lett. b) l. n. 263, cit. che ha inserito le parole «e dei suoi aventi causa». InquadramentoLa disposizione in commento regola l'ipotesi in cui, esercitata con successo l'azione di riduzione nei confronti del donatario, questi abbia alienato a terzi il bene oggetto della disposizione ridotta: poiché la sentenza di riduzione non ha effetto nei confronti dei terzi aventi causa, il legittimario leso nella legittima deve agire contro di loro per ottenere la restituzione cui ha diritto. L'azione di restituzione persegue dunque il bene nei confronti di ogni subacquirente, ed ha cioè natura reale. Non possono in contrario invocarsi né la previsione della preventiva escussione dei beni del beneficiato, che si atteggia quale condizione dell'azione, né la facoltà del terzo di liberarsi pagando l'equivalente in denaro, che si traduce in un diritto di riscatto del bene (Mengoni, 314). La norma, nonostante la formulazione letterale, riferita ai soli donatari soggetti a riduzione, si applica non solo alle alienazioni compiute dai donatari, ma anche a quelle fatte da eredi testamentari o da legatari (Cattaneo, 467). Nello stesso senso si è osservato in giurisprudenza che, sebbene il codice preveda espressamente l'ipotesi della alienazione dei beni da parte del donatario e la proposizione dell'azione di restituzione contro i terzi acquirenti dei beni, soltanto dopo l'escussione dei beni del donatario, in virtù della medesima ratio, che è quella di predisporre i mezzi per integrare la quota di riserva, gli stessi principi e le stesse regole si applicano al caso non disciplinato dell'alienazione, da parte dell'erede o del legatario, dei beni, i quali hanno formato oggetto delle disposizioni testamentarie, che hanno leso la legittima. Pertanto, nel caso in cui, esercitata l'azione di riduzione, i beni siano stati alienati dagli eredi e dai legatari e l'escussione nei loro confronti si sia rivelata insoddisfacente, l'azione di restituzione può proporsi anche nei confronti dei terzi acquirenti (Cass. n. 4130/2001). Al fine di «agevolare la circolazione dei beni immobili già oggetto di atti di disposizione a titolo gratuito» la l. n. 80/2005 (di conversione del d.l. n. 35/2005) è intervenuta sia sulla norma in commento che sull'art. 561: per un verso è stato disposto in quest'ultima norma che i pesi e le ipoteche di cui il donatario o il legatario abbia gravato i beni immobili o mobili registrati poi restituiti in conseguenza del vittorioso esperimento dell'azione di riduzione, rimangano efficaci se la riduzione venga domandata dopo il decorso di un ventennio dalla trascrizione della donazione; per altro verso, nell'art. 563, è stata introdotta la previsione secondo cui solo entro il termine di venti anni dalla trascrizione della donazione (in precedenza questo termine non v'era) il legittimario che abbia esercitato con successo l'azione di riduzione può agire per la restituzione dei beni nei confronti dei terzi acquirenti. È stato in proposito affermato che, l'azione di simulazione di un contratto dissimulante una donazione di un bene immobile può essere esperita, dal coniuge o dal parente in linea retta del disponente, anche prima dell'apertura della successione di quest'ultimo, allo specifico scopo di consentire l'opposizione di cui all'art. 563, comma 4, c.c. e di rendere, in futuro, possibile l'esperimento della domanda di restituzione del bene donato di cui all'art. 563, comma 1, c.c. (Cass. n. 4523/2022). Inoltre, il coniuge o i parenti in linea retta del simulato alienante che, prima dell'apertura della successione dello stesso, intendano notificare un'opposizione alla donazione ai sensi dell'art. 563, comma 4 c.c., sono tenuti ad esperire previamente l'azione di simulazione, onde accertare che le parti abbiano inteso effettivamente realizzare una donazione, nei cui confronti soltanto l'opposizione è prevista: ad essi, in quanto terzi, non si applicano le limitazioni alla prova della simulazione (Cass. n. 27065/2022). Prima di dette modifiche il legittimario leso poteva chiedere al terzo acquirente la restituzione dei beni alienati dal donatario indipendentemente dal tempo trascorso dalla donazione: il legittimario leso il quale avesse trascritto la domanda di riduzione entro dieci anni dall'apertura della successione, quantunque successivamente alla trascrizione dell'atto di acquisto da parte del terzo acquirente, godeva di una tutela viene piena, sicché l'acquisto del terzo non si consolidava se non dopo il decorso del termine di dieci di cui all'art. 2652, n. 8. Disciplina dell'azione di restituzioneLegittimati passivi dell'azione di restituzione sono coloro che, nella serie dei trasferimenti del bene, ne sono proprietari o possessori al momento dell'esercizio dell'azione (Cass. n. 3243/1980; Cass. n. 2824/1960). La preventiva escussione dei beni del destinatario della disposizione ridotta non si ritiene necessaria se costui è nullatenente (Cass. n. 2824/1960). Presupposti dell'azione di restituzione sono, oltre al mancato decorso del termine di venti anni previsto dalla norma: i) il passaggio in giudicato della sentenza di riduzione pronunciata nei confronti del donatario, erede o legatario; ii) l'alienazione del bene dal beneficiario della disposizione ridotta; iii) la preventiva escussione dei beni beneficiario della disposizione lesiva della legittima. In concorso dei menzionati presupposti il legittimario leso può chiedere la restituzione dei beni ai terzi acquirenti, nel modo (artt. 560,561 e 748) e nell'ordine (artt. 555, comma 2 e 559) in cui potrebbe chiederla ai destinatari delle disposizioni ridotte (Cattaneo, 468). Ai sensi degli artt. 2652, n. 8, e 2690, n. 5, il diritto del terzo acquirente prevale su quello del legittimario se l'atto di acquisto del primo sia a titolo oneroso e sia stato trascritto dieci anni prima della trascrizione della domanda di riduzione (Mengoni, 309). La S.C. ha chiarito che, se la domanda di riduzione è successiva all'acquisto del terzo, il legittimario che ha agito in riduzione deve proporre contro l'acquirente una nuova domanda di restituzione; se la trascrizione della domanda di riduzione è precedente a quella dell'atto di acquisto si applica l'art. 111 c.p.c., sicché la sentenza pronunciata contro il donatario alienante ha effetto anche contro l'avente causa (Cass. n. 442/1966). Il terzo acquirente è tenuto alla restituzione dei frutti, che sono dovuti con decorrenza dal giorno della domanda di riduzione e non da quello della domanda di restituzione (Cass. n. 613/1961). Vale inoltre osservare che l'acquirente dal donatario, nei cui confronti sia efficace la sentenza che ha accolto l'azione di riduzione promossa nei riguardi del suo dante causa, deve considerarsi evitto di diritto della proprietà del bene o della porzione del bene alienatogli attribuita al legittimario leso ed ha, quindi, diritto al risarcimento dei danni nei confronti del venditore (Cass. n. 442/1966). Il comma 4 ha introdotto un congegno attraverso il quale il coniuge e i parenti del donante possono interrompere il corso del termine ventennale previsto dalla norma attraverso la notificazione e trascrizione, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, di un atto stragiudiziale di opposizione. Il diritto di interrompere il corso del detto termine è personale e può essere oggetto di rinuncia. Inoltre l'opposizione va rinnovata entro il ventennio, altrimenti perde efficacia. L'opposizione in discorso impedisce dunque, nei soli confronti dell'opponente, il decorso del termine ventennale, sicché egli conserva l'azione di restituzione nei confronti del terzo acquirente senza il limite temporale previsto: e ciò vuol dire in altri termini che, in caso di opposizione, si applica la disciplina dell'art. 563 nella formulazione previgente. Dibattuta è la questione dell'applicabilità della norma in commento alle donazioni simulate e indirette. Secondo alcuni la disciplina dettata dagli artt. 561 e 563 si applicherebbe anche in tali ipotesi, sia per l'espressa previsione normativa dell'art. 809, sia per identità di ratio (Ieva, 946). Secondo altri le vere e proprie donazioni e le liberalità non donative non potrebbero essere accomunate sullo stesso piano (v. Amadio, 683; Carnevali, 137). Anche la giurisprudenza ha affermato che alla riduzione delle liberalità indirette, non si applica il principio della quota legittima in natura. In tal caso, l'azione di riduzione non mette in discussione la titolarità dei beni donati e l'acquisizione riguarda il loro controvalore, mediante il metodo dell'imputazione: di guisa che non è esperibile l'azione di restituzione, prevista dall'articolo in commento, nei confronti degli aventi causa dei beneficiarî di una liberalità non donativa (Cass. n. 11496/2010). BibliografiaAmadio, Azione di riduzione e liberalità non donative (sulla legittima «per equivalente»), in Riv. dir. civ., 2009, I, 683; Andrini, Legittimari, in Enc. giur., XXXI, Roma, 1993; Azzariti-Martinez-Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1973; Bianca, La famiglia. Le successioni, Milano, 2001; Bianca, Invariabilità delle quote di legittima: il nuovo corso della cassazione e suoi riflessi in tema di donazioni e legati in conto di legittima, in Riv. dir. civ. 2008, 211; Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2006; Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 1983; Carnevali, Sull'azione di riduzione delle donazioni indirette che hanno leso la quota di legittima, Studi in onore di L. Mengoni, I, Milano, 1995; Ieva, La novella degli artt. 561 e 563 cod. civ.: brevissime note sugli scenari teorico-applicativi, in Riv. not. 2005, 943;Perego, I presupposti della nascita dei diritti di abitazione e di uso a favore del coniuge superstite, in Riv. dir. civ. 1980, 712; Tamburrino, Successione necessaria (dir. priv.), in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990, 1348. |