Codice Civile art. 602 - Testamento olografo.Testamento olografo. [I]. Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore [606, 684]. [II]. La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome e cognome [6], è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore [9]. [III]. La data deve contenere l'indicazione del giorno, mese e anno. La prova della non verità della data è ammessa soltanto quando si tratta di giudicare della capacità del testatore [591], della priorità di data tra più testamenti [682] o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento [651 2, 656, 657, 687]. InquadramentoLa disposizione contiene la disciplina del testamento olografo, ossia della forma di testamento ordinario di gran lunga più utilizzata. Essa pone anzitutto il requisito, proprio del solo testamento olografo, dell'autografia integrale: l'olografo deve essere redatto di pugno del testatore tanto nel testo quanto nella data e, naturalmente, nella firma. La norma, inoltre, si sofferma sui caratteri della sottoscrizione, da apporsi alla fine delle disposizioni, la quale è valida anche se non contiene l'indicazione del nome e del cognome del testatore, purché designi con certezza la persona di questi. La disposizione, infine, nel suo terzo ed ultimo comma, detta la disciplina della data, assegnando ad essa un rilievo secondario, giacché la prova della non verità della stessa è ammessa soltanto nei casi e per le finalità normativamente previste. La norma ha da essere letta, in primo luogo, in combinato disposto con l'art. 606, il quale pone la disciplina dell'invalidità del testamento per difetto di forma, ed altresì con l'art. 607, dettato in punto di validità del testamento segreto come olografo. Caratteri del testamento olografoIl testamento olografo è scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore. Questa, oltre ad essere la forma di testamento più semplice e di gran lunga più diffusa (Marmocchi 1998, 115), è anche la più segreta, in quanto il testatore può tenere nascosto «non soltanto il contenuto della disposizione, ma perfino il fatto che egli abbia testato, sottraendosi ad ogni eventuale pressione altrui» (Azzariti, Martinez e Azzariti 1973, 404). La segretezza del testamento olografo, tuttavia, possiede un rilievo soltanto extragiuridico, sicché la diffusione del contenuto della scheda testamentaria, ove pure posta in essere contro la volontà del testatore, non produce nullità del testamento, poiché la nullità non è comminata «da alcuna norma né è conforme ad alcun principio di diritto» (Cass. n. 735/1961). Dalla violazione del segreto, quindi, può soltanto derivare l'indegnità del colpevole. A fronte della segretezza, pur nei limiti detti, il testamento olografo presenta, per altro verso, a differenza del testamento per atto di notaio, il rischio dello smarrimento, della distruzione o della falsificazione della scheda. Il testamento olografo ha natura di scrittura privata (Cass. n. 1928/1974; Cass. n. 3833/1994; in dottrina Allara 1957, 86; Giannattasio 1961, 109; Liserre 1966, 137 ss.; Azzariti, Martinez e Azzariti 1973, 424; Caramazza 1982, 127; Capozzi 1983, 444; Branca 1986, 99; Fusi 1994b, 381; Marmocchi 1994, 766; Cannizzo 1996, 48; Bigliazzi Geri 1997, 166). Nondimeno, il testamento olografo «è qualcosa di più della comune scrittura privata: se non altro perché, mentre in questa è autografa soltanto la firma, in quello è autografo anche l'intero testo» (Branca 1986, 99). Supporto materiale, strumenti di scrittura e linguaggio del testamento olografoQuale scrittura privata, il testamento olografo richiede un supporto materiale idoneo a trattenere lo scritto. Tale supporto sarà normalmente la carta, ma, nulla disponendo l'art. 602 in proposito, non c'è dubbio che il testatore possa utilizzare «qualsiasi strumento» (Cass. n. 394/1965), fosse anche un sottobicchiere (Breitschmid 1988, 813), purché idoneo a «conservare e fissare la grafia, in maniera che essa risulti intelligibile» (Cass. n. 920/1963). Requisito, quello dell'idoneità a conservare la grafia, «essenziale per il testamento non de iure ma de facto, essendo indispensabile perché si possa prenderne atto» (Breitschmid 1988, 805). La casistica si estende a tavole di legno, al fodero di una spada, ad uno scudo, ad una giberna, a pareti o pavimenti, ad una porta, a una lastra di metallo o di marmo, alla piastrina di riconoscimento di un soldato, nientemeno che al guscio di un uovo (v. Marmocchi 1994, 768). Non è escluso, tuttavia, che dall'eccentricità nella scelta del materiale utilizzato possano emergere elementi indiziari dell'incapacità del testatore oppure della mancanza di una sua seria intenzione di testare. Nulla rileva che la carta o il diverso supporto utilizzato contenga altri segni o scritture diverse dal testamento, tanto più «che spesso il testamento è scritto con urgenza quando e dove il de cuius non ha fogli vergini da utilizzare» (Branca 1986, 79). In giurisprudenza, ad esempio, si è presentato il caso di un testamento scritto su una pagina di giornale (App. Bari 7 febbraio 1945, Rgi, 1944-1947, Testamento, n. 43). È sufficiente, allora, «che l'olografo si distingua dalle altre scritture contenute eventualmente nel foglio» (Branca 1986, 79), poiché è altrimenti impossibile la stessa identificazione delle disposizioni di ultima volontà redatte dal testatore. In dottrina si discute della validità del testamento olografo scritto su un immobile. La difficoltà di concepire un testamento olografo redatto su un immobile sorge dal disposto dell'art. 620, comma 3, il quale stabilisce che al verbale di pubblicazione del testamento olografo deve essere unita «la carta su cui è scritto il testamento». Secondo alcune non potendo l'immobile essere allegato al verbale di pubblicazione, il testamento non potrebbe essere pubblicato e, per ciò, non potrebbe acquistare efficacia esecutiva (Azzariti-Martinez-Azzariti 1973, 407). Secondo altri occorrerebbe in tal caso allegare una riproduzione fotografica dell'immobile sul quale è scritto il testamento (Cicu 1969, 38). La giurisprudenza, in effetti, ha in un'occasione affermato che nel caso di dimostrata impossibilità materiale o giuridica di depositare un testamento olografo, la mancanza di sua pubblicazione o di suo deposito non influisce sulla sua validità, qualora se ne provi diversamente l'esistenza, anche a mezzo di riproduzioni meccaniche (fotografiche o fotostatiche, ad esempio), che garantiscano la conformità della copia esibita al suo originale (App. Napoli 22 maggio 1963, Diritto e giurisprudenza, 1964, 357). Anche la S.C. ha egualmente affermato che, tenuto conto che la pubblicazione del testamento olografo, pur non essendo configurabile quale requisito di validità o di efficacia, è atto preparatorio esterno necessario per la sua coattiva esecuzione, colui il quale si trovi nell'impossibilità di produrne l'originale, deve formulare una domanda di accertamento dell'esistenza dei requisiti di legge e del contenuto del testamento, fornendo la prova che l'irreperibilità del documento non sia espressione e conseguenza della volontà di revoca dell'atto da parte del testatore (Cass. n. 3636/2004). Ai sensi dell'art. 602, il testamento olografo deve essere redatto di pugno del testatore e, cioè, deve essere integralmente autografo. Di qui discendano intuitive limitazioni alla scelta degli strumenti di scrittura di cui il testatore può servirsi: sono esclusi, in particolare, tutti gli strumenti di scrittura meccanica, quali macchina da scrivere, impressione a stampa, computer e quanto di simile (Branca 1986, 76; Marmocchi 1994, 771; Triola 1998, 81). Dopo di che ogni strumento è idoneo: penna ed inchiostro, pennello e vernice, matita, lapis o quant'altro d'ordinario serva per scrivere a mano. Ma si è indicato anche il bulino, lo scalpello, il diamante, finanche il tatuaggio, se olografo, e, in giurisprudenza, si ricorda il caso di un testamento scritto con il succo di limone (App. Firenze 13 luglio 1925, Rgi, 1926, Testamento, n. 13). Il testatore può esprimersi come crede, purché il suo linguaggio sia univocamente comprensibile ed idoneo alla manifestazione della volontà. Non v'è alcun limite, in particolare, all'impiego di una lingua straniera nota al testatore, oppure del dialetto o di una lingua morta (Azzariti, Martinez e Azzariti 1973, 407; Branca 1986, 78). In giurisprudenza v. Cass. n. 974/1960. Il requisito dell'integrale autografia«Olografo» significa alla lettera «scritto per intero»: testamento olografo, dunque è il testamento scritto per intero di mano del testatore. Si tratta di una prescrizione evidentemente singolare ove si consideri che, al contrario, la scrittura privata deve essere autografa nella sola sottoscrizione. Parte della dottrina sostiene che l'autografia «accerta nel modo più diretto la provenienza del testamento dalla persona del testatore» (Giannattasio 1961, 110) e che, dunque, costituisce garanzia di autenticità (Azzariti, Martinez e Azzariti 1973, 406; Caramazza 1982, 123; Branca 1986, 64). Secondo altri il requisito mirerebbe a garantire che il testatore abbia effettivamente avuto consapevolezza delle dichiarazioni di ultima volontà che andava redigendo (Liserre 1966, 143). La scrittura del testamento olografo di pugno del testatore rende necessario che questi sappia leggere e scrivere. È dunque nullo per difetto di autografia, ai sensi dell'art. 606, il testamento olografo che l'analfabeta abbia copiato da una minuta predisposta da un terzo, riproducendo pedissequamente segni grafici di significato per lui ignoto (Trib. Napoli 5 maggio 1975, Dir. giur., 1976, 553; Trib. Napoli 22 maggio 1998, Giur. nap., 1998, 355). Deve ritenersi viceversa sussistente il requisito dell'autografia cosciente nel caso di testamento olografo del cieco, qualora egli sappia scrivere e sottoscrivere, in quanto l'art. 602 non richiede, a differenza dell'art. 604, che il testatore debba poter leggere il testo (Giannattasio 1961, 108 s.; Cicu 1969, 38; Tampieri 1998, 130). È generalmente ammesso che l'autografia debba presentare il carattere dell'individualità e, cioè, debba possedere attitudine ad individuare la persona del testatore. Il requisito non è espressamente contemplato dall'art. 602, ma che è connaturato alla funzione dell'autografia ed ha così ricevuto riconoscimento in giurisprudenza, la quale ha riscontrato nella individualità il necessario indice della «provenienza della scrittura dal testatore» (Cass. n. 32/1992). Si presenta in proposito il quesito in ordine alla validità dell'olografo redatto a stampatello. Secondo alcuni lo stampatello renderebbe assai difficile, se non impossibile, ricondurre l'olografo al de cuius, sicché mancherebbe la garanzia dell'autenticità, con conseguente nullità del testamento per mancanza di autografia (Degni 1941, 421; Giannattasio 1961, 110; Azzariti, Martinez e Azzariti 1973, 406; Caramazza 1982, 123). L'opinione restrittiva, però, non appare fondata, giacché essa «sembra confondere problemi di prova dell'autenticità con aspetti di validità dell'atto» (Marmocchi 1994, 783). Ciò sulla scorta dell'osservazione secondo cui, «se è vero che nei casi indicati vi è difficoltà di accertare l'autenticità della dichiarazione testamentaria, è anche vero che la legge si limita a richiedere l'autografia, non anche che la medesima sia facilmente accertabile» (Allara 1957, 82). Così stando le cose, non può negarsi che lo stampatello sia ammesso, a meno che non garantisca l'individuazione del testatore (Capozzi 1983, 445; Breitschmid 1988, 808; Marmocchi 1994, 783; Cannizzo 1994, 49). Nello stesso senso è orientata la giurisprudenza (App. Torino 19 dicembre 2000, Giur. it., 2001, 1641 , e da ult. Cass. n. 31457/2018). È inoltre generalmente riconosciuto che la scheda testamentaria deve essere redatta dal testatore con la sua scrittura abituale (Cass. n. 32/1992). Occorre, però, prestare la massima attenzione, poiché «se questa affermazione dovesse essere presa alla lettera, dissentirne sarebbe un dovere» (Branca 1986, 77). In giurisprudenza si è ammesso che una certa disomogeneità o leggera alterazione della scrittura possa essere giustificata dall'accentuazione momentanea dell'emotività dovuta alla stesura del testamento (Trib. Avellino 12 febbraio 1979, Foro nap., 1980, I, 134). Sono perciò ammissibili caratteri gotici, stenografici, criptografici (Allara 1957, 82), apparendo nuovamente opportuno rammentare che non bisogna mai confondere «il rispetto della forma obbligata (autografia) colla difficoltà di dimostrare l'appartenenza dello scritto al de cuius» (Branca 1986, 78). L'art. 602 non prevede invece tra i requisiti dell'olografo quello della leggibilità della grafia. Né essa, né tantomeno la regolarità della scrittura «costituiscono elementi della forma del testamento olografo»; viceversa, la leggibilità del testamento, intesa come idoneità alla decifrabilità del testo autografo, costituisce il presupposto per l'accertamento della volontà del testatore (Cass. n. 8899/1994). Secondo la norma in commento il testamento olografo deve essere scritto per intero di mano del de cuius, ossia deve essere scritto tutto dal testatore e solo dal testatore. Ciò vuol dire che l'autografia deve estendersi non solo alle disposizioni di ultima volontà, ma anche alla data e alla firma. È peraltro valida la data «scritta a stampa... nelle due prime cifre dell'anno» (Cass. n. 834/1965). Non può dirsi che il testamento olografo sia stato scritto per intero dal testatore se altri soggetti abbiano partecipato alla sua stesura: ogni intervento di terzi nella redazione del testamento olografo esclude cioè l'autografia e, dunque, determina la mancanza di un requisito formale che comporta nullità, ai sensi dell'art. 606. È in particolare sufficiente l'eterografia di una sola parola per escludere il requisito dell'autografia. Non rileva, in tal caso, l'importanza dell'intervento del terzo, giacché, prescritta l'autografia integrale quale requisito formale, essa va rispettata come tale (Cicu 1969, 40), sicché ne va constata la mancanza anche in caso di aggiunte «per se stesse irrilevanti» (Cass. n. 275/1947). Occorre, tuttavia, che l'intervento del terzo nella redazione del testamento olografo interferisca con la dichiarazione di ultima volontà. Sicché, la S.C. n. ha escluso la nullità del testamento olografo in un caso in cui nella scheda testamentaria contenente la disposizione di ultima volontà, interamente scritta dal de cuius, immediatamente sotto la sottoscrizione, comparivano anche, redatte da mano aliena, le ulteriori sottoscrizioni di due infermiere che gli avevano prestato assistenza, nonché altre scritte in stampatello riproducenti i nomi e gli indirizzi delle stesse (Cass. n. 11733/2002). La nullità eventualmente derivante dall'intervento del terzo nella redazione dell'olografo determina non già la nullità parziale della sola aggiunta operata dal terzo, bensì la nullità totale del medesimo, ai sensi dell'art. 606 (Degni 1941, 418; Cicu 1969, 37; Giannattasio 1961, 111 s.; Caramazza 1982, 124; Capozzi 1983, 444; Branca 1986, 73; Marmocchi 1994, 789; Cannizzo 1996, 49; Bigliazzi Geri 1997, 167; Triola 1998, 86). Dal caso in cui l'intervento di terzi si sia collocato nella fase di redazione del testamento olografo occorre tenere distinta la diversa ipotesi in cui detto intervento si sia realizzato attraverso aggiunte o modificazioni effettuate dopo che il testatore, conclusa la redazione dell'olografo, vi abbia apposto la data e la sottoscrizione. Qui vanno tenute separate due distinte eventualità, secondo che tali aggiunte e modificazioni siano o meno note al de cuius. Qualora il testatore non sia al corrente dell'intervento del terzo deve ritenersi, in accordo con la dottrina e la giurisprudenza, che il testamento rimanga valido, poiché non può ammettersi che esso, validamente redatto dal testatore, possa successivamente divenire invalido per effetto dell'arbitrio di un terzo (Azzariti, Martinez e Azzariti 1973, 406; Branca 1986, 74). Nello stesso senso si è pronunciata la giurisprudenza (Cass. n. 2837/1987; Cass. n. 314/1946). Ove, invece, l'intervento del terzo sull'olografo ormai perfezionato è effettuato con il consenso del testatore, è discutibile se la nullità travolga la sola disposizione aggiunta o l'intero testamento. Secondo un indirizzo le aggiunte di mano aliena non possono valere ad inficiare l'atto ch'era già anteriormente valido e perfetto (Azzariti, Martinez e Azzariti 1973, 406; Triola 1998, 88). È stata viceversa dichiarata la nullità di una scheda testamentaria contenente ripassi, correzioni e cancellature dovute al fatto che la testatrice, gravemente malata alle articolazioni, si era fatta volontariamente aiutare da qualcuno (Trib. Perugia 10 febbraio 1998, Rassegna giuridica umbra, 1998, 391). Deve esaminarsi, poi, il caso dell'intervento esterno di mero ausilio al testatore, in particolare se afflitto da condizioni di salute precarie. Si è al riguardo ritenuto che non sia interdetto l'allineamento della carta perché il testatore scriva regolarmente, l'indicazione delle righe per evitare la sovrapposizione di scritto ad altro scritto, il tener ferma la carta perché il testatore sia agevolato nella scrittura e addirittura tener ferma la mano del testatore con un peso o altrimenti perché sia eliminato o attenuato il tremito (Giannattasio 1961, 111; Branca 1986, 75; D'Aliberti 1994, 1957 s.; Triola 1998, 87). La giurisprudenza ha sovente mostrato di intendere con chiarezza la linea di demarcazione tra intervento consentito al terzo nella redazione dell'olografo e intervento non consentito. È stato infatti affermato che «il testatore può essere aiutato in vario modo da un estraneo, ma quest'ultimo non può guidare la mano di lui nello scrivere» (App. Milano 17 luglio 1953, Foro pad., 1953, I, 653; Cass. n. 7636/1991). Il giudice di legittimità ha parimenti esaminato «un'ipotesi in cui l'intervento del terzo... non si era limitato ad impedire od attenuare il tremore della mano del testatore, ma era consistito nel sorreggere e guidare tale mano» (Cass. n. 3163/1993; v. pure Cass. n. 681/1948), osservando che quando il terzo prenda la mano del testatore e la guidi nella redazione del testamento olografo, quest'ultimo viene ad essere scritto con la cooperazione di due soggetti (il terzo ed il testatore), il che è sufficiente ad escludere l'autografia, che presuppone una scrittura riconducibile alla esclusiva attività del de cuius (Cass. n. 3163/1993; Cass. n. 12458/2004). In tale prospettiva è stato ribadito che la guida della mano del testatore da parte di una terza persona esclude, di per sé, il requisito dell'autografia, indispensabile per la validità del testamento olografo, a nulla rilevando l'eventuale corrispondenza del contenuto della scheda rispetto alla volontà del testatore ed essendo ultroneo verificare se la «mano guidante» sia intervenuta su tutta la scheda testamentaria, trattandosi di condotta in ogni caso idonea ad alterare la personalità ed abitualità del gesto scrittorio e tale da condizionare l'accertamento della validità del testamento alla verifica di ulteriori circostanze - quali l'effettiva finalità dell'aiuto del terzo o la corrispondenza del testo scritto alla volontà dell'adiuvato - che minerebbero le finalità di chiarezza e semplificazione alla base della disciplina del testamento olografo (Cass. n. 5505/2017). Resta da aggiungere che la domanda giudiziale di nullità del testamento olografo per difetto di autografia configura un'azione di accertamento negativo della provenienza della scrittura, con la conseguenza che l'onere della prova grava sulla parte che l'ha proposta, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo (Cass. n. 24835/2022). La minutaDal progetto di testamento va tenuta distinta la minuta, o brutta copia. Nel progetto di testamento vi è una volontà testamentaria in via di formazione. Nel caso della minuta, invece, si è generalmente dinanzi ad una volontà definitiva che il testatore ha compiutamente precisato mediante le modificazioni man mano apportate al testo con cancellature, aggiunte ed interlineature. Si è affermato, pertanto, che se si redige un testamento in minuta con l'intenzione di passarlo poi in «bella copia», quando questa intenzione non si realizza e, alla morte del testatore, rimane la minuta, quello scritto in cui egli aveva definitivamente concretato le effettive sue volontà post mortem, quello è il suo testamento con piena validità ed efficacia (App. Genova 5 dicembre 1952, Giur. it., 1953, I, 2, 314). Correzioni ed aggiunteSecondo alcuni le aggiunte e correzioni apposte dopo la perfezione dell'olografo non sarebbero valide se non datate e sottoscritte separatamente, perché conterrebbero nuove disposizioni testamentarie, le quali abbisognano della data e della sottoscrizione. Però, non datate e non sottoscritte, tali postille non pregiudicherebbero la validità delle precedenti disposizioni (Degni, 422; Triola 1998, 136). In giurisprudenza si è affermato che la legge non impone minimamente al testatore di scrivere le proprie dichiarazioni di ultima volontà di getto, senza intervalli, senza correzioni o aggiunte a margine, o interlineature, sicché ben può la redazione del testamento essere protratta per vario tempo, modificata con successive correzioni, aggiunte, postille (Trib. Torino 8 aprile 1944, Foro it., 1946, I, 992). Secondo la S.C. le aggiunte e le cancellature apportate alla stesura originaria dell'atto sono ammissibili in quanto per la validità del testamento olografo non è richiesta la unicità di contesto, potendo il testatore redigerlo in più tempi. Né può dubitarsi della validità del principio, dovendosi presumere che ogni volta il testatore faccia di nuovo proprie le dichiarazioni in precedenza redatte, e tornando esse attuali nel momento in cui la scheda viene completata e perfezionata anche in senso formale (Cass. n. 834/1965). La dataLa norma in commento si riferisce per tre volte alla data. Nel comma 1 dispone che il testamento deve essere datato, oltre che scritto e sottoscritto, di mano del testatore. Nel comma 3, tutto dedicato al requisito della data, afferma, anzitutto, che essa deve contenere l'indicazione del giorno, mese ed anno. Nello stesso comma, infine, regola gli effetti della discordanza tra dies e datum, prescrivendo che la prova della non verità della data è ammessa soltanto quando si tratta di giudicare della capacità del testatore, della priorità di data tra più testamenti o di altra questione da decidere in base al tempo del testamento. Va tuttavia rammentato che tale limitazione non concerne, ovviamente, il caso in cui chi agisce intende far dichiarare che il testamento successivo, che istituisce erede il convenuto, è stato alterato nella data da terzi (Cass. n. 5091/2022). Per effetto di tale ultima previsione la data, tra gli elementi del testamento olografo, «è un requisito formale di serie B» (Branca 1986, 82). In giurisprudenza, diversamente, si trova affermato che la data, nel testamento olografo ha la funzione di far constare che dal giorno in essa indicato le disposizioni autografe dettate nello stesso foglio debbono intendersi perfezionate ed assumono rilevanza giuridica come manifestazione definitiva di ultima volontà (Cass. n. 1712/1973). E dunque, in tema di validità del testamento olografo, la completa indicazione della data, composta di giorno, mese ed anno, costituisce un requisito essenziale di forma dell'atto anche nel caso in cui, in concreto, l'omissione sia irrilevante rispetto al regolamento d'interessi risultante dalle disposizioni testamentarie (Cass. II, n. 9364/2020). La data, come l'intero testamento olografo, deve essere redatta di pugno del testatore, deve cioè essere autografa. Non è ammesso, perciò, che essa sia apposta con un timbro. La S.C. ha ritenuto tuttavia valida la data «scritta a stampa nelle due prime cifre dell'anno» (Cass. n. 834/1965), considerando superflue le medesime e riconoscendo che l'indicazione dell'anno mediante le sole ultime due cifre, scritte di pugno del testatore, rientra nell'uso comune. L'indicazione della data deve comprendere giorno, mese ed anno, dunque deve essere completa. L'ipotesi di mancanza di una delle tre componenti, quale che sia, deve essere equiparata a quella di mancanza della data, sicché ne discende l'invalidità del testamento olografo, sotto forma di annullabilità (Cass. n. 1323/1965; Cass. n. 6682/1988). È generalmente ammessa, poi, l'indicazione perifrastica della data: «Niente prescrivendo la legge sul modo in cui debba essere fatta questa triplice indicazione, si ritiene che possa essere fatta in qualunque modo, purché ne risultino certi tutti e tre gli elementi della data» (Cicu 1969, 53). La data può occupare qualsiasi posizione nell'olografo, «può essere apposta in ogni parte della scheda e può anche precedere le stesse disposizioni di ultima volontà» (Cass. n. 6641/1987; Cass. n. 11703/2001). In mancanza della data il testamento è di per sé invalido, senza che debba ricorrere alcuna delle ipotesi previste dal citato art. 602, comma 3. In altri termini, trattandosi di una prescrizione di forma cui la legge riconnette la validità dell'atto, il precetto deve essere rigorosamente osservato, anche se non si prospettano poi nel caso concreto determinate questioni collegate alla data di redazione del testamento (Cass. n. 6682/1988; Cass. n. 77832001). La mancanza di data, insomma, quale elemento essenziale del testamento olografo, è «incondizionatamente configurata dalla legge quale causa di annullamento» (Cass. n. 1385/1960; Cass. n. 1323/1965; Cass. n. 2830/1969; Cass. n. 6682/1999). Bisogna però distinguere il caso della data apposta da un terzo (beninteso, al momento del confezionamento dell'atto), la quale dà luogo a nullità, ma per la ragione del difetto di autografia integrale (Cass. n. 30237/2023). La parte che contesti la verità della data indicata in un testamento olografo, ex art. 602, comma 3, deve proporre domanda di accertamento negativo di tale elemento essenziale ed è onerata dell'onere della relativa prova, anche laddove la difformità sia dovuta ad errore materiale del testatore, che non emerga da elementi intrinseci della scheda testamentaria (Cass. n. 22197/2017). Viceversa, l'indicazione erronea della data nel testamento olografo, dovuta ad errore materiale del testatore per distrazione, ignoranza od altra causa, anche se concretantesi in una data impossibile, non voluta però come tale dal testatore, può essere rettificata dal giudice, ma solo avvalendosi di altri elementi intrinseci della scheda testamentaria, così da rispettare il requisito essenziale della autografia dell'atto. L'apprezzamento del giudice del merito circa la sussistenza di un mero errore materiale del testatore al riguardo e circa l'esclusione dell'intenzione del testatore d'indicare, invece, volutamente una data impossibile che renderebbe annullabile il testamento, perché equivalente a data inesistente, è incensurabile in Cassazione (Cass. n. 37228/2021). La non verità della data non rende di per sé invalido il testamento olografo. Se la data non è vera, occorre provare la non verità ed il giorno effettivo in cui la scheda è stata invece vergata per risolvere i problemi della capacità del de cuius o della priorità fra due o più testamenti, o altra questione da decidersi in base al tempo del testamento. Ove sia provata la non verità della data, sorge il problema del riparto dell'onere della prova della data di effettiva confezione: provata la non verità del datum, cioè, occorre chiarire chi sia onerato della prova del dies. Secondo un primo indirizzo, in caso di coesistenza di due testamenti olografi, dimostrata l'erroneità o falsità della data di uno di essi, spetta a chi intende valersene dimostrare che la sua vera data — il dies — sia posteriore alla data non contestata dell'altro (Cass. n. 2320/1956). La S.C., in tal modo, ha ritenuto di porre a carico della parte che abbia impugnato il testamento allegando la non veridicità della data la sola prova sul punto, non anche della prova della data di effettiva confezione. L'opinione trova fondamento nella considerazione che la dimostrazione della non veridicità della data rende ignoto il dies del testamento impugnato, sicché esso non può porsi come revoca dell'altro testamento (Cass. n. 2320/1956). La prova del dies va dunque fornita da chi intende avvalersene, allo scopo di dimostrare che esso è posteriore al testamento altrimenti efficace. La S.C. ha anche affermato che l'onere della prova della non veridicità della data dell'olografo «è tutta a carico di chi l'assume perché il disconoscimento di tale data costituisce il presupposto indispensabile della domanda di annullamento o declaratoria di nullità del testamento stesso (Cass. n. 2830/1969). Si è precisato che l'indicazione erronea della data, dovuta ad errore materiale, anche se concretantesi in una data impossibile, non voluta però come tale dal testatore, può essere rettificata dal giudice, ma solo avvalendosi di altri elementi intrinseci della scheda testamentaria, così da rispettare il requisito essenziale della autografia dell'atto (Cass. n. 37228/2021). La sottoscrizioneLa finalità del requisito della sottoscrizione, previsto distintamente dall'autografia delle disposizioni testamentarie, ha la finalità di soddisfare l'imprescindibile esigenza di avere l'assoluta certezza non solo della loro riferibilità al testatore, già assicurata dall'olografia, ma anche dell'inequivocabile paternità e responsabilità del medesimo che, dopo avere redatto il testamento abbia disposto del suo patrimonio senza alcun ripensamento (Cass. n. 13487/2005; Cass. n. 18616/2017). In mancanza di sottoscrizione, la sanzione è la nullità (Cass. n. 253/1949). All'ordinaria mancanza della sottoscrizione deve equipararsi quanto ad effetti la cancellazione della sottoscrizione ad opera del testatore (Cass. n. 1668/2004). Rispetto alla legislazione precedente l'art. 602 contiene una novità consistente nell'aver chiarito che, se anche non è fatta indicando nome e cognome, la sottoscrizione è comunque valida quando designa con certezza la persona del testatore: è stata così ritenuta valida la sottoscrizione con il solo nome (Cass. n. 26791/2016). La S.C. ha affermato che la sottoscrizione in forma sostitutiva deve essere, anche per il connotato dell'abitualità, da sola idonea e sufficiente ad indicare con certezza la persona del testatore, sebbene non vi sia contestazione sull'autografia. Non è idonea, perciò, la sottoscrizione indecifrabile, che non permette l'identificazione del testatore (Cass. n. 974/1960). È stato ritenuto inidoneo il soprannome, nomignolo e pseudonimo (Cass. n. 15/1947); le sole iniziali di nome e cognome o la sigla (Cass. n. 851/1951). È stata ritenuta idonea «la enunciazione del rapporto di parentela con i diretti beneficiari delle disposizioni», in un'ipotesi di testamento destinato ai «cari figli» e sottoscritto dalla testatrice con il termine «mamma» (Cass. 11504/1992). La firma dell'olografo deve essere necessariamente apposta alla fine delle disposizioni, ma ciò nel senso che essa non deve essere inserita nel corpo della scrittura, altrimenti non può attribuirsi ad essa la funzione di legale e finale approvazione delle disposizioni che precedono (Cass. S.U. , n. 601/1958). In un caso in cui il testatore aveva firmato a margine pur essendovi sufficiente spazio per apporre la sottoscrizione in calce, la S.C. ha affermato che è affetto da nullità per mancanza della sottoscrizione il testamento olografo in cui la firma sia apposta a margine della scheda, prima dell'indicazione nominativa degli eredi sebbene in calce vi sia spazio sufficiente, non potendo la ricerca della effettiva voluntas del testatore sopperire a deficienze formali attinenti a disposizioni inderogabili (Cass. n. 25275/2007). Parimenti è stato affermato che è affetto da nullità per mancanza della sottoscrizione il testamento olografo in cui l'apposizione della firma a margine della scheda testamentaria non sia stata determinata da necessità per mancanza di spazio su cui apporla (Cass. n. 16186/2003). Sembra poi da escludere, salvo che non vi sia collegamento tra l'una e l'altra, la validità della sottoscrizione apposta non sulla scheda, ma su una busta in cui sia stato racchiuso il testamento (Cass. n. 15379/2000). Qualora il testamento sia scritto su più fogli è sufficiente la sottoscrizione in calce all'ultimo di essi, a condizione che sia possibile stabilire un collegamento unitario tra i medesimi, giacché, in caso contrario, «la firma posta in fondo non potrebbe abbracciare il contenuto di tutti» (Branca 1986, 68). Anche la S.C. ha affermato che, quando il testamento olografo risulti redatto in più fogli separati, occorre, perché la manifestazione del testatore possa essere ritenuta valida, che tra i diversi fogli esista un collegamento materiale e che tra le varie disposizioni in esse contenute, sottoscritte alla fine dal testatore, esista un collegamento logico e sostanziale (Cass. n. 4329/1979; Cass. n. 2100/1953; in seguito Cass. n. 11703/2001). Sebbene la S.C. mostri di ritenere necessaria la simultanea sussistenza dei due criteri di collegamento materiale e logico, il rigore del principio risulta mitigato dall'affermazione che la mancanza tra alcuni fogli e gli altri del collegamento materiale, ovvero la mancanza, nelle disposizioni contenute in detti fogli, del collegamento logico con le disposizioni contenute negli altri fogli sottoscritti dal testatore, non impediscono di indagare se tra i fogli rimanenti esistano i requisiti per considerarlo documento idoneo a dar vita ad un valido testamento olografo e se dal contenuto di essi sia desumibile una valida manifestazione di volontà del testatore (Cass. n. 4329/1979). Il testamento olografo in forma epistolareIl testamento olografo può essere contenuto in una lettera (Cass. n. 1414/1942; Cass. n. 920/1963; Cass. n. 134/1964; Cass. n. 595/1972; Cass. n. 8668/1990; Cass. n. 11504/1992). Si è in particolare chiarito che, non avendo il testamento natura di atto ricettizio (Cass. n. 834/1965), la lettera può essere «diretta ad uno dei chiamati o ad un terzo» (Cass. n. 134/1964). E si è precisato che la qualificazione dello scritto come testamento olografo non è esclusa dalla circostanza che, oltre alle disposizioni di ultima volontà, vi sia un contenuto distinto, estraneo al testamento (Cass. n. 487/1952). È stato negato rilievo al «fatto che la scheda sia stata lasciata dal testatore in luogo diverso dalla busta che lo conteneva» (Cass. n. 834/1965). La forma epistolare, poi, può influenzare la redazione dell'olografo. Nell'olografo epistolare, in particolare, «la sottoscrizione è abitualmente apposta... con indicazioni che rimandano ai vincoli familiari od affettivi dell'autore col destinatario, invece che col nome e cognome di chi scrive» (Rescigno 1987, 21). Il principio è stato pienamente recepito dalla giurisprudenza in un caso in cui ove la testatrice aveva firmato semplicemente «mamma» (Cass. n. 11504/1992). In definitiva, occorre di volta in volta accertare che la lettera abbia i requisito formali dell'olografo, e quindi stabilire se con essa il mittente abbia effettivamente voluto redigere le proprie disposizioni di ultima volontà Occorre domandarsi, cioè, se «con la lettera si sia veramente inteso porre in essere una disposizione di ultima volontà» (Cass. n. 134/962). L'efficacia probatoria del testamento olografoIl testamento olografo ha natura di scrittura privata e, dunque, costituisce prova documentale ai sensi degli artt. 2699 ss. Esso è prova storica precostituita, ossia rappresentazione della verità di un fatto formata prima del giudizio ed indipendentemente da esso (Marmocchi 1994, 817). L'olografo, in forza dell'art. 2702 fa dunque piena prova della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritto, se colui contro il quale è prodotto non lo disconosca, negando l'autenticità della scrittura o della sottoscrizione. La parte che contesti l'autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava su di essa l'onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo (Cass. S.U., n. 12307/2015; tale principio, affermato dalle Sezioni Unite della Corte a risoluzione di un contrasto ermeneutico che ha consolidato una delle opzioni interpretative precedentemente seguite, non dà luogo ad una fattispecie di overruling e non integra un errore scusabile, ai fini dell'esercizio del diritto della parte alla rimessione in termini (Cass. n. 11659/2023). 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