Codice Civile art. 620 - Pubblicazione del testamento olografo.

Mauro Di Marzio

Pubblicazione del testamento olografo.

[I]. Chiunque è in possesso di un testamento olografo [602] deve presentarlo a un notaio per la pubblicazione [608], appena ha notizia della morte del testatore.

[II]. Chiunque crede di avervi interesse può chiedere, con ricorso al tribunale del circondario in cui si è aperta la successione [456], che sia fissato un termine per la presentazione [749 c.p.c.] 1 2.

[III]. Il notaio procede alla pubblicazione del testamento in presenza di due testimoni, redigendo nella forma degli atti pubblici un verbale nel quale descrive lo stato del testamento, ne riproduce il contenuto e fa menzione della sua apertura, se è stato presentato chiuso con sigillo. Il verbale è sottoscritto dalla persona che presenta il testamento, dai testimoni e dal notaio. Ad esso sono uniti la carta in cui è scritto il testamento, vidimata in ciascun mezzo foglio dal notaio e dai testimoni, e l'estratto dell'atto di morte del testatore o copia del provvedimento che ordina l'apertura degli atti di ultima volontà dell'assente o della sentenza che dichiara la morte presunta [50, 58].

[IV]. Nel caso in cui il testamento è stato depositato dal testatore presso un notaio, la pubblicazione è eseguita dal notaio depositario.

[V]. Avvenuta la pubblicazione, il testamento olografo ha esecuzione [3, 7 att.].

[VI]. Per giustificati motivi, su istanza di chiunque vi ha interesse, il tribunale può disporre che periodi o frasi di carattere non patrimoniale siano cancellati dal testamento e omessi nelle copie che fossero richieste, salvo che l'autorità giudiziaria ordini il rilascio di copia integrale 34.

 

[1] Comma così modificato dall'art. 145 d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

[2] A norma dell'art. 27, comma 2, lett. a), n. 2, lett. a), del d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, le parole: « tribunale del circondario» sono sostituite dalle seguenti: «giudice di pace del luogo»; ai sensi dell'art. 32, comma 3 del d.lgs. 116, cit., come da ultimo modificato dall'art. 8-bis, comma 1, lett. b), d.l. 30 dicembre 2019, n. 162, conv., con modif., in l. 28 febbraio 2020, n. 8, le disposizioni  di cui all'art. 27 citato, entrano in vigore il 31 ottobre 2025.

[3] Comma così modificato dall'art. 144 d.lgs. n. 51, cit.

[4] A norma dell'art. 27, comma 2, lett. a), n. 2,  lett. b), del d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, la parola: « tribunale» è sostituita dalle seguenti: «giudice di pace»; ai sensi dell'art. 32, comma 3 del d.lgs. 116, cit., come da ultimo modificato dall'art. 8-bis, comma 1, lett. b), d.l. 30 dicembre 2019, n. 162, conv., con modif., in l. 28 febbraio 2020, n. 8, le disposizioni  di cui all'art. 27 citato, entrano in vigore il 31 ottobre 2025.

Inquadramento

La disposizione regola un adempimento di rilievo giacché, nel rendere il testamento di pubblico dominio, consente che esso possa avere coattivamente esecuzione. Una volta apertasi la successione sorge l'esigenza di rendere nota l'esistenza ed il contenuto del testamento, il che avviene mediante la pubblicazione, con cui il testamento diviene di pubblico dominio.

La materia, per quanto riguarda il testamento olografo, è regolata dalla norma in commento. L'art. 621 è invece dedicato al testamento segreto, che il notaio deve pubblicare «appena gli perviene la notizia della morte del testatore». Per il testamento pubblico, poi, la legge notarile dispone che dopo la morte del testatore il notaio deve «far passaggio dal fascicolo e repertorio speciale degli atti di ultima volontà a quello generale degli atti notarili» (art. 61, comma 4, l. n. 89/1913).

Merita accennare che anche il testamento internazionale deve essere pubblicato (Porcelli, 1996, 77; Perchiunno, 1997, 537).

È discusso se l'adempimento della pubblicazione riguardi anche il testamento pubblico, per il quale la legge notarile prevede il menzionato meccanismo di passaggio da un regime di riservatezza ad uno di pubblicità mediante l'inclusione nel registro generale degli atti notarili. Secondo alcuni «la pubblicazione vera e propria di questo tipo di testamento è già in esso, nel suo essere atto pubblico» (Branca, in Comm. S. B., 1988, 105). Altri hanno replicato che la natura di atto pubblico del testamento pubblico e la sua pubblicazione si pongono su piani diversi, sicché il verbale di passaggio dall'uno all'altro registro «sarà sempre essenzialmente un verbale di pubblicazione del testamento» (Navarra, 1979, 12). Secondo questa impostazione la pubblicazione è da considerare adempimento previsto «per tutte le forme considerate, pur attuandosi con modalità diverse in relazione alle rispettive caratteristiche dei testamenti» (Marmocchi, 1994, 858).

Scopo della pubblicazione è rendere il testamento legalmente noto, sicché essa risponde ad un interesse pubblico alla chiarezza dei rapporti successori, non limitato, dunque, alle sole persone beneficiate dal testamento (Polastri Menni, 1965, 272; Azzariti, Martinez e Azzariti, 1973, 420).

Di qui è agevole osservare che la richiesta di pubblicazione non può essere considerata, di per se stessa, come atto di accettazione tacita dell'eredità (Trib. Venezia 4 gennaio 1982, Foro it., 1982, I, 2342).

Si segnala che l'art. 27 d.lgs. n. 116/2017, ha attribuito al giudice di pace la competenza all'adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 485, comma 1, secondo periodo, 620, commi 2 e 6, e 621, comma 1. Ciò a far data dal 31 ottobre 2021, ai sensi dell'art. 32, comma 3, stesso d.lgs. n. 116/2017.

Pubblicazione ed esecuzione

Il comma 5 della disposizione in esame stabilisce che «avvenuta la pubblicazione, il testamento olografo ha esecuzione». La norma, pur riferita al solo testamento olografo, contiene una disposizione che esprime un principio generale, giacché anche i testamenti per atto di notaio hanno esecuzione dopo le formalità del passaggio al fascicolo e repertorio degli atti tra vivi (Navarra, 101; Marmocchi, 858).

È opinione comune, nondimeno, che la pubblicazione non costituisca requisito né di validità, né di efficacia del testamento, che è valido per essere stato redatto nel rispetto della legge e diviene efficace a seguito della morte del testatore (Cicu, 58; Branca 1988, 77).

Parimenti, in giurisprudenza, si esclude che la pubblicazione costituisca requisito di validità e di efficacia del testamento (Cass. n. 694/1952; Cass. n. 2651/1970). È stato ritenuto che, costituendo la pubblicazione del testamento olografo non già requisito di validità o di efficacia, bensì atto preparatorio esterno necessario per la sua coattiva esecuzione, chi ha interesse a far valere le disposizioni testamentarie e non possa produrne l'originale deve proporre domanda di accertamento dell'esistenza del testamento e della sua persistenza al momento della morte del de cuius, fornendo la prova che l'irreperibilità del documento non sia espressione e conseguenza della volontà di revoca dell'atto da parte del testatore (Cass. n. 3636/2004). La qualificazione della pubblicazione del testamento olografo non già come requisito di validità e di efficacia, bensì come atto preparatorio esterno necessario per la sua coattiva esecuzione è stata anche in seguito ribadita (Cass. n. 13487/2005).

Non v'è dubbio, in tale quadro, che il testamento possa essere volontariamente eseguito prima ed indipendentemente della pubblicazione (Allara, 148; Cicu, 58; Azzariti, Martinez e Azzariti, 419 s.; Branca, 79; Marmocchi, 858; Cannizzo, 65; Bigliazzi Geri, in Tr. Res., 1997, 183; Triola 1998, 465; App. Napoli 28 aprile 1951, Mon. Trib., 1952, 102).

La pubblicazione è poi indispensabile per la trascrizione dell'acquisto mortis causa, ex artt. 2648, 2685 e 2660 quando le disposizioni testamentarie abbiano ad oggetto beni immobili, diritti reali o beni mobili registrati (Polastri Menni, 272; Cicu, 55; Caramazza, 198; Cannizzo, 66).

Il rilievo della pubblicazione ai fini della prescrizione delle azioni di annullamento del testamento e di riduzione

La previsione dettata dalla norma in commento secondo cui il testamento, a seguito della pubblicazione, ha esecuzione, non sta a significare che la pubblicazione dia inizio all'esecuzione testamentaria, con conseguente decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di annullamento del testamento.

Il termine quinquennale di prescrizione dell'azione di annullamento del testamento decorre invece dal giorno in cui, oltre all'accettazione dell'eredità, è stata data concreta esecuzione alle disposizioni testamentarie (Cass. n. 892/1987; Cass. n. 2651/1970; Cass. n. 2273/1969; per la prescrizione dell'azione di annullamento per vizi della volontà v. Cass. n. 99/1970 ed in senso diverso Cass. n. 8063/1992).

Anche il termine di prescrizione dell'azione di riduzione decorre dalla data di accettazione dell'eredità da parte del chiamato in base a disposizioni testamentarie lesive della legittima, sicché è stata cassata la sentenza di merito che aveva fatto decorrere tale termine dalla data di pubblicazione del testamento olografo (Cass. S.U., n. 20644/2004).

Obbligatorietà della pubblicazione

La pubblicazione del testamento olografo è oggetto di un obbligo ricadente su chi ha il possesso del testamento. È inoltre generalmente riconosciuto che il possesso cui si riferisce l'art. 620, comma 1 va inteso come disponibilità materiale della scheda testamentaria, a qualsiasi titolo, sicché anche il mero detentore è assoggettato all'obbligo detto.

Nondimeno, secondo un'opinione che fa leva sulla lettera dell'art. 620, comma 1, occorrerebbe distinguere tra presentazione e pubblicazione del testamento. Solo la prima, cioè, sarebbe obbligatoria, mentre la seconda sarebbe «subordinata all'esistenza e quindi alla richiesta di una persona che abbia interesse alla pubblicazione medesima» (Navarra, 51), in applicazione dell'art. 61 l. n. 89/1913, il quale stabilisce che il passaggio dei testamenti dal fascicolo e repertorio speciale degli atti di ultima volontà a quello generale degli atti notarili avviene a richiesta di chiunque vi abbia interesse. Il possessore del testamento non interessato alla sua pubblicazione, insomma, potrebbe limitarsi a presentare il documento presso un notaio, il quale a propria volta potrebbe rimarrebbe in attesa dell'iniziativa di un interessato, in difetto della quale non potrebbe procedere alla pubblicazione. Al riguardo, pur ammettendo l'esattezza della distinzione tra presentazione, che è atto del possessore del testamento, e pubblicazione, che è atto del notaio (Polastri Menni, 274), l'obbligatorietà della pubblicazione è affermata dalla dottrina prevalente. Né importa che il possessore abbia un suo personale interesse all'esecuzione del testamento, ed anzi la pubblicazione costituisce obbligo gravante «su chiunque possieda il testamento, per il solo fatto di possederlo, quale che sia il tempo e il modo in cui gli è pervenuto, prima o dopo la morte del de cuius» (Branca, in Comm. S. B.,1988, 81). L'obbligatorietà della pubblicazione, difatti, discende da ciò, che la pubblicazione soddisfa un «preminente interesse pubblico» (Azzariti-Martinez-Azzariti, 420; nel senso dell'obbligatorietà della pubblicazione v. pure Giannattasio, 176; Polastri Menni, 270; Cicu, 55; Caramazza, 197; Criscuoli, 9; Marmocchi, 856; Bigliazzi Geri, in Tr. Res., 1997, 183; Triola, 468).

Per la validità dell'accordo tra coeredi di non pubblicare il testamento, ma di dargli comunque esecuzione v. Cass. n. 2145/1974.

Le spese della pubblicazione

Se la pubblicazione è chiesta da un interessato, le relative spese non possono che ricadere su di lui. Ma, dopo aver ammesso che la pubblicazione costituisce un obbligo anche per il mero detentore del testamento, pur non portatore di alcuni interesse, occorre interrogarsi se il detentore non interessato debba sopportare le spese, in particolare nel caso che si sia limitato a presentare il testamento, senza chiederne la pubblicazione.

Alcuni autori affermano che anche il mero detentore non interessato dovrebbe anticipare le spese, salvo a ripeterle dai beneficiari delle disposizioni testamentarie, in osservanza ai principi della negotiorum gestio (Cicu, 55). Il richiamo alla negotiorum gestio non sembra però esatto, giacché il gestore è tale perché assume la gestione dell'affare altrui «senza esservi obbligato», ex art. 2028, mentre il presentatore adempie un obbligo impostogli dalla legge. Oltre a suggerirsi, in caso di anticipo delle spese, il ricorso all'actio de in rem verso, ex 2041, giacché l'arricchimento cui la norma si riferisce può consistere anche nel risparmio di una spesa, sembra giusto ritenere come ritenuto da Polastri Menni 1965, 278 che il presentatore, se privo di interesse alla pubblicazione, non debba anticipare l'importo delle spese necessarie: «Sarà il notaio a chiamare eredi e legatari perché gli anticipino o rimborsino le spese, a cui sono obbligati, la pubblicazione giovando a loro, e non come tale al depositante della scheda» (Branca, in Comm. S. B.,1988, 127).

La pubblicazione del testamento invalido

Si discute dell'obbligo della pubblicazione del testamento nullo o annullabile. Secondo alcuni, il notaio non potrebbe rifiutarsi di procedere alla pubblicazione (Navarra, 75).

Il testamento olografo, in particolare, deve essere sempre pubblicato, se vi è un interessato a chiederlo, anche se ne sia evidente la nullità, come nel caso di un testamento olografo mancante dell'autografia o della sottoscrizione (contra, per quest'ultima ipotesi, Polastri Menni, 284). E la pubblicazione è dovuta anche se il presentatore non la chieda, né espressamente, né implicitamente, ovvero se un presentatore manchi del tutto, come nel caso di olografo depositato presso il notaio dal testatore, o pervenuto a questo per lettera anonima (Branca, in Comm. S. B., 1988, 130). Naturalmente, se vi è obbligo di pubblicare il testamento nullo, a maggior ragione vi è obbligo di pubblicare il testamento caratterizzato da invalidità minori.

Il termine per la pubblicazione

La norma in commento stabilisce che il possessore del testamento olografo deve presentarlo al notaio per la pubblicazione «appena ha notizia della morte del testatore». La pubblicazione, allora, non è soggetta a termine (Caramazza, 198; Branca, in Comm. S. B., 1988, 88; Bigliazzi Geri, in Tr. Res., 1997, 183; Cass. n. 694/1952), nonostante l'esigenza che i rapporti successori non rimangano troppo a lungo incerti. Nondimeno, con la notizia della morte del testatore sorge ipso iure, a carico del possessore, l'obbligo della presentazione per la pubblicazione. La stessa disposizione prevede un apposito strumento di reazione all'inerzia del possessore, contemplando un'azione diretta alla fissazione di un termine per la presentazione: in tal caso il giudice si limiterebbe a fissare il termine per l'adempimento del preesistente obbligo, analogamente a quanto prevede l'art. 1183 (Polastri Menni, 276). L'inosservanza dell'obbligo di presentazione del testamento per la pubblicazione, di conseguenza, può dar luogo al sorgere di responsabilità risarcitoria anche in mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, quantomeno in caso di eccessivo ritardo (Navarra, 61; Branca in Comm. S. B., 1988, 88 s.). Così, si è ritenuto che «quando il possessore del testamento se lo tiene nel cassetto oltre un termine ragionevole (che so io, ad es. per un anno) e ne è venuto danno per qualcuno, debba risarcirlo» (Branca in Comm. S. B., 1988, 89).

È stato escluso, invece, che la violazione dell'obbligo di pubblicazione possa dar luogo ad un'ipotesi di indegnità (Cass. n. 3309/1984).

Nell'ipotesi di inosservanza del termine per la presentazione fissato dal giudice ai sensi dell'art. 620, comma 2, ricorrerebbe secondo alcuni l'ipotesi penalmente sanzionata ai sensi degli artt. 490 e 491 c.p. della soppressione, distruzione o occultamento di un testamento olografo, con conseguente indegnità a succedere, ex art. 463, n. 5. Secondo altri, l'inosservanza del termine fissato dal giudice potrebbe essere penalmente sanzionato esclusivamente con la contravvenzione di cui all'art. 650 c.p., giacché nel sopprimere, distruggere od occultare condotte, queste, necessarie ai fini della configurazione del delitto di cui agli artt. 490 e 491 c.p. vi è qualcosa di più della semplice condotta passiva di non rispettare il termine.

Sono legittimati a chiedere la fissazione del termine coloro che si reputano interessati, il che «è come dire che chiunque possa chiedere la fissazione d'un termine» (Branca, in Comm. S. B., 1988, 123).

Si discute se possa chiedere la pubblicazione del testamento chi abbia perso il diritto di accettare l'eredità. Il responso della giurisprudenza è favorevole, sul rilievo che il termine di prescrizione decennale di cui all'art. 480 non si applica al diritto di chiedere la pubblicazione (Trib. Roma 1° marzo 1976, Temi rom., 1976, II, 46; Branca, in Comm. S. B., 1988, 125).

Pubblicazione senza presentazione

Nel caso in cui il testamento è stato depositato dal testatore presso un notaio, la pubblicazione è eseguita a cura del notaio depositario (art. 620, comma 4) senza che occorra la presentazione. In questa ipotesi, dunque, il notaio, avuta notizia dell'apertura della successione, deve procedere di propria iniziativa alla pubblicazione, poiché tale obbligo discende dal fatto stesso di aver ricevuto il deposito dal de cuius. Il notaio depositario è dunque in tal caso direttamente tenuto alla pubblicazione, giacché il deposito del testamento presso di lui «lo si era fatto perché, oltre a custodirlo, lo pubblicasse a suo tempo» (Branca, in Comm. S. B., 1988, 121).

Può inoltre darsi il caso che il testamento pervenga al notaio senza che nessuno glielo abbia consegnato per la pubblicazione. Si ipotizza il rinvenimento della scheda durante le operazioni di inventario ovvero durante l'apertura di una cassetta di sicurezza. Anche in queste eventualità, si è ritenuto che il notaio debba procedere alla pubblicazione (Giannattasio, 178; Branca in Comm. S. B., 1988, 122; Ragazzini, 1518).

Secondo la giurisprudenza, invece, il notaio che, durante l'inventario dell'eredità, sia venuto in possesso del testamento olografo del defunto, non è tenuto a procedere d'ufficio alla pubblicazione delle disposizioni di ultima volontà in esso contenute (App. Napoli 28 aprile 1951, Mer., 1952, 102).

Il procedimento di pubblicazione

La pubblicazione può essere eseguita da un qualsiasi notaio e non necessariamente da un notaio del luogo dell'aperta successione (Polastri Menni, 285; Branca in Comm. S. B., 1988, 122). Il legislatore, in questo modo, ha inteso facilitare la pubblicazione senza sacrificarne la finalità, giacché il notaio deve sempre trasmettere una copia del verbale alla cancelleria del tribunale del luogo dell'aperta successione, ex art. 622. Tuttavia, nel caso che il testamento sia stato depositato dal testatore presso un notaio, solo quest'ultimo può e deve provvedere alla pubblicazione, exart. 620, comma 4.

Quanto al procedimento di pubblicazione, è sufficiente richiamare alla dettagliata previsione del comma 3 della norma in commento.

In giurisprudenza v. Cass. n. 2138/2000.

Quanto ai requisiti di cui devono essere in possesso i testimoni bisogna fare applicazione della disciplina dettata dalla legge notarile (Cass. n. 624/1945; Cass. n. 1313/1948).

La partecipazione dei testimoni alla formazione del verbale di pubblicazione del testamento olografo è indispensabile, e non può essere oggetto di rinuncia (Cass. n. 11569/1992).

Il verbale di pubblicazione va redatto nella forma degli atti pubblici, ex art. 620, comma 3.

Cancellazione di periodi o frasi

Su istanza di chiunque vi abbia interesse e per giustificati motivi il tribunale può disporre che periodi o frasi di carattere non patrimoniale siano cancellati dal testamento e omessi nelle copie che fossero richieste, salvo che l'autorità giudiziaria ordini il rilascio di copia integrale (art. 620). Questa disposizione è da porre in relazione con l'obbligatorietà della pubblicazione del testamento, giacché consente di evitare che, attraverso questa, siano diffuse espressioni da mantenere riservate.

La norma, tuttavia, non specifica le caratteristiche delle disposizioni da cancellare e lascia al giudice materia, un'ampia discrezionalità. La Relazione al Re, al n. 301, si riferiva alle dichiarazioni di carattere intimo e delicato, ma «la norma ha assunto una portata maggiore di quanto sarebbe bastato in nome di intimità e delicatezza» (Branca in Comm. S. B., 1988, 142). Vi sono, in primo luogo, espressioni che il giudice non soltanto può, ma deve cancellare, ossia le frasi offensive dell'onore e decoro di una persona, tali da integrare l'elemento obbiettivo dei delitti di ingiuria o diffamazione. Ed invece, «affermazioni non offensive per terzi, ma rivelatrici di intimità familiari da non stendere all'aria come panni lavati o rivelatori di segreti, che è bene restino tali per la gente, possono essere tagliate» (Branca in Comm. S. B., 1988, 143).

Sono, queste, le espressioni di carattere intimo e delicato alle quali il legislatore si era originariamente rivolto e alle quali si è riferito un giudice di merito in uno dei rari interventi in argomento, in cui si afferma che vanno cancellate le disposizioni non patrimoniali «che contengono divulgazioni di fatti di carattere intimo» (Pret. Roma 28 gennaio 1952, Rep. Foro it., 1952, Testamento, 43).

Non tutte le disposizioni non patrimoniali di carattere intimo, però, possono essere cancellate, come, ad esempio, il riconoscimento del figlio naturale. Altri osservano che va esclusa la possibilità di cancellare «semplici giudizi sfavorevoli, o di apprezzamento poco lusinghiero» (Polastri Menni, 296).

La legge non dice come la cancellazione debba essere effettuata, ma senza dubbio essa non può essere definitiva, in quanto l'art. 620 prevede l'ipotesi che l'autorità giudiziaria ordini il rilascio di copia integrale del testamento nonostante la già disposta cancellazione. La cancellazione, dunque, deve essere fatta in modo da rendere sempre possibile la lettura (Cicu, 57; Navarra, 112; Branca, in Comm. S. B., 1988, 146). Sebbene si sia discusso se la cancellazione debba essere effettuata sulla scheda o sul verbale di pubblicazione per quest'ultima opinione Polastri Menni, 297 sembra doversi propendere per la prima soluzione, giacché la lettera della legge, nel prevedere che le frasi e i periodi siano «cancellati dal testamento e omessi nelle copie», non autorizza altra conclusione. Tuttavia, identica cancellazione va eseguita sul verbale di pubblicazione, il quale deve riflettere il contenuto dell'atto, come dispone l'art. 620, comma 3.

Quanto alla materiale esecuzione della cancellazione dunque, sembra doversi procedere in applicazione analogica dell'art. 53, comma 2, n. 1, l. n. 89/1913, secondo cui: «Occorrendo di togliere, variare o aggiungere qualche parola... il notaro deve: 1) cancellare le parole che si vogliono togliere o variare in modo che si possano sempre leggere» (art. 53, comma 2, n. 1, l. n. 89/1913).

Bibliografia

Allara, Principi di diritto testamentario, Torino, 1957; Aricò, Riflessioni in tema di forma della procura e pubblicazione di testamento olografo, in Vita not. 1996 1540-1546; Azzariti, Martinez e Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1973; Cannizzo, Successioni testamentarie, Roma, 1996; Capozzi, Successioni e donazioni, I, Milano, 1983; Caramazza, Delle successioni testamentarie, in Comm. cod. civ. diretto da De Martino, Roma, 1982; Cicu, Testamento, Milano, 1969; Criscuoli, Il testamento. Norme e casi, Padova, 1995; Degni, Della forma dei testamenti, in Comm. cod. civ. diretto da D'Amelio e Finzi, Libro delle successioni per causa di morte e delle donazioni, Firenze, 1941; Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento, Milano, 1954; Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, in Comm. cod. civ., Torino, 1961; Gradassi, Il patto di non pubblicare il testamento olografo, in Riv. not. I, 1994, 1007-1021; Lipari, Autonomia privata e testamento, Milano, 1970; Liserre, Formalismo negoziale e testamento, Milano, 1966; Marmocchi, Forma dei testamenti, in Rescigno (a cura di), Successioni e donazioni, I, Padova, 1994; Navarra, La pubblicazione dei testamenti, Milano, 1979; Pappa Monteforte, Note sul verbale di pubblicazione del testamento olografo, in Vita not. II, 1995, 1047-1053; Polastri Menni, Della pubblicazione del testamento olografo, in Riv. not. 1965, 270-298 Ragazzini, Obbligo di pubblicazione e nullità dell'olografo, in Vita not. 1994, II, 1513-1519; Triola, Il testamento, Milano, 1998.

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