Codice Civile art. 627 - Disposizione fiduciaria.Disposizione fiduciaria. [I]. Non è ammessa azione in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e che in realtà riguardano altra persona, anche se espressioni del testamento possono indicare o far presumere che si tratta di persona interposta. [II]. Tuttavia la persona dichiarata nel testamento, se ha spontaneamente eseguito la disposizione fiduciaria trasferendo i beni alla persona voluta dal testatore, non può agire per la ripetizione, salvo che sia un incapace [2034, 2039]. [III]. Le disposizioni di questo articolo non si applicano al caso in cui l'istituzione o il legato sono impugnati come fatti per interposta persona a favore d'incapaci a ricevere [599]. InquadramentoLa norma si riferisce alla disposizione con cui il testatore affida taluni beni alla persona indicata nel testamento, erede o legataria che sia, essendosi preventivamente accordata con questa perché trasferisca i beni medesimi ad altra persona. La fiducia testamentaria, così concepita, è intuitivamente diretta, di regola, alla realizzazione di finalità non commendevoli, giacché, in caso contrario, il testatore non avrebbe necessità di ricorrervi. Ma la previsione normativa va essenzialmente posta in rapporto con l'esigenza di forma scritta della disposizione testamentaria, esigenza che, nel caso in esame, verrebbe aggirata (Cicu, 195). La scelta del legislatore, in proposito, è consistita non già nel sanzionare direttamente la fiducia testamentaria con la nullità, bensì nello stabilire che non è ammessa azione in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti ed in realtà riguardano altra persona, quantunque espressioni del testatore possano far ritenere che la persona dichiarata sia soltanto interposta. In altri termini, il testatore è posto dal legislatore in condizioni di affidarsi al fiduciario senza alcuna certezza che egli osserverà il pactum fiduciae. Nondimeno, i risultati cui l'applicazione della disposizione finisce per condurre paiono sovente contraddittori, se non collocati ai limiti dell'assurdo (Azzariti, Martinez e Azzariti, 485). Di contro al rilievo concettuale della disposizione ed alle sue implicazioni teoriche, sta però di fatto che essa, nell'applicazione pratica, viene sempre più di rado in questione. Occorre allora risalire assai indietro nel tempo per rinvenire qualche pronuncia sul tema, quale quella con cui è stata ritenuta la validità come legato fiduciario, e non invece la nullità come mandato post mortem o come lascito a persona incerta, l'incarico attribuito dal testatore all'esecutore testamentario di incassare il reddito dei beni ereditari, con facoltà di disporne a propria discrezione in opere di bene, secondo le disposizioni verbali di volontà segretamente comunicategli dallo stesso testatore (Cass. n. 1369/1970). È stata esclusa la ricorrenza di una disposizione fiduciaria in un caso in cui il testatore intendeva alleggerire il beneficiario dell'imposta di successione (Cass. n. 1672/1980). Neppure si applicava in passato la disciplina stabilita dall'art. 627 nei confronti degli enti ecclesiastici, destinatari di apposita normative (Cass. n. 2690/1964). La soluti retentioA correttivo della regola stabilita dal primo comma della disposizione, la quale nega azione in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e che in realtà riguardano altra persona, sta la previsione del secondo comma, che preclude al fiduciario, una volta che questi abbia dato esecuzione alla disposizione, la ripetizione di quanto trasferito alla persona voluta dal testatore. In tal modo, dunque, nell'adempimento della disposizione fiduciaria viene ravvisata un'ipotesi di obbligazione naturale, sottoposto alla disciplina di cui all'art. 2034 (Cass. n. 888/1962). Si trova in particolare sottolineato che l'art. 2034 ha distinto le obbligazioni naturali in due categorie, dal momento che il secondo comma prevede fattispecie tipiche di obbligazioni naturali, così, cioè, esplicitamente contemplati dalla legge, di atti socialmente e moralmente leciti, che non assurgono però a vincoli giuridici e sono quindi sforniti di azione, tra i quali rientra la fiducia testamentaria (Cass. n. 888/1962; Cass. n. 1007/1980). In breve, l'esecuzione spontanea della disposizione fiduciaria produce gli effetti della soluti retentio, effetti che si producono sia quando l'esecuzione sia stata personalmente approvata dalla persona dichiarata nel testamento, sia quando sia stata posta in essere da un terzo in forza di un mandato preventivamente conferitogli dall'erede, sia quando l'erede abbia successivamente ratificato l'operato del terzo (Cass. n. 1480/1950). Per la sussistenza della soluti retentio, secondo la S.C., sono necessarie due condizioni, e cioè, per un verso, che vi sia una volontà manifestata in vita dal testatore e diretta l'erede chiamato nel testamento, e, per altro verso, che vi sia stata l'esecuzione spontanea di quella volontà da parte della persona indicata nel testamento (Cass. n. 888/1962). L'interposizione a favore di incapaci di ricevereL'ultimo comma della disposizione in esame pone un'eccezione ai primi due commi per il caso che la fiducia testamentaria sia impiegata allo scopo di far pervenire i beni a persone incapaci di ricevere. In tale ipotesi la disposizione fiduciaria darebbe luogo ad un'ipotesi di nullità per frode alla legge, con conseguente ammissibilità della prova con ogni mezzo ed anche con presunzioni, nel quadro di applicazione dell'art. 2729 (Cass. n. 2690/1964). La norma va letta in collegamento con l'art. 599, secondo il quale le disposizioni testamentarie a vantaggio delle persone incapaci indicate dagli artt. 592, 593, 596, 597 e 598 sono nulle anche se fatte sotto nome d'interposta persona. La sussistenza di un'ipotesi di fiducia testamentaria in favore di soggetto incapace di ricevere è stata esclusa in caso in cui una religiosa aveva prima donato alcuni suoi beni ad un ente, che non aveva potuto ricevere in mancanza del riconoscimento all'epoca previsto, e, in seguito, aveva legato gli stessi beni al medesimo ente, istituendo nel contempo erede universale l'arcivescovo pro tempore del luogo, con diritto di acquistare il lascito, qualora per qualsiasi ragione non si fosse potuto perfezionare l'acquisto in favore del legatario. Sull'impugnazione della disposizione da parte dei chiamati della de cuius per successione legittima, la S.C. ha mostrato di condividere la soluzione accolta dalla corte di merito, la quale aveva negato l'applicabilità al caso esaminato dell'art. 627 (Cass. n. 810/1992). BibliografiaAllara, Principi di diritto testamentario, Torino, 1957; Azzariti, Martinez e Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1973; Cannizzo, Successioni testamentarie, Roma, 1996; Capozzi, Successioni e donazioni, I, Milano, 1983; Caramazza, Delle successioni testamentarie, in Comm. cod. civ., diretto da De Martino, 2^ ed., Roma, 1982; Cicu, Testamento, Milano, 1969; Criscuoli, Il testamento, in Enc. giur., XXXI, 1-33, Roma, 1994; Criscuoli, Il testamento. Norme e casi, Padova, 1995; Degni, Della forma dei testamenti, in Comm. cod. civ., diretto da D'Amelio e Finzi, Libro delle successioni per causa di morte e delle donazioni, Firenze, 1941; Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento, Milano, 1954; Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, in Comm. cod. civ., Torino, 1961; Lipari, Autonomia privata e testamento, Milano, 1970; Liserre, Formalismo negoziale e testamento, Milano, 1966; Rescigno, Interpretazione del testamento, Napoli, 1952; Tamburrino, Testamento (dir. priv.), in Enc. dir., XLIV, 1992, 471-504; Triola, Il testamento, Milano, 1998. |