Codice Civile art. 639 - Garanzia in caso di condizione risolutiva.

Mauro Di Marzio

Garanzia in caso di condizione risolutiva.

[I]. Se la disposizione testamentaria è sottoposta a condizione risolutiva [633, 638], l'autorità giudiziaria, qualora ne ravvisi l'opportunità, può imporre all'erede o al legatario [750 c.p.c.] di prestare idonea garanzia [1179; 119 c.p.c.] a favore di coloro ai quali l'eredità o il legato dovrebbe devolversi nel caso che la condizione si avverasse [641 2].

Inquadramento

La condizione è pendente nel tempo che intercorre tra l'apertura della successione ed il venire ad esistenza di essa, ovvero la sua definitiva mancanza. Poiché l'apposizione della condizione rende eventuale l'assetto di interessi predisposto, determinando uno scarto tra la situazione giuridica in atto alla morte del testatore e quella destinata a concretizzarsi con il verificarsi o la mancanza della condizione, occorre tutelare la posizione del chiamato alla successione per il caso che la condizione si verifichi. Ecco dunque che le disposizioni condizionali « hanno come immancabile conseguenza lo stato di incertezza delle situazioni giuridico-patrimoniali che ne conseguono » (Pugliatti, in Comm. D'A.F. 1941, 532), stato di incertezza al quale il legislatore ha contrapposto, con gli artt. 639-644 c.c., un « unitario sistema di garanzie » (Gardani Contursi Lisi, in Comm. S.B. 1992, 171), il quale si articola nella prestazione di una cauzione da parte del designato e nella nomina di un amministratore dei beni che costituiscono l'oggetto della disposizione condizionale, ossia si risolve in «due ordini di espedienti» (Pugliatti, in Comm. D'A.F. 1941, 532).

Garanzia in caso di condizione risolutiva

La norma in commento stabilisce che, in caso di disposizione testamentaria sottoposta a condizione risolutiva, l'autorità giudiziaria, qualora ne ravvisi l'opportunità, può imporre all'erede o al legatario di prestare idonea garanzia a favore di coloro ai quali l'eredità o il legato dovrebbe devolversi nel caso che la condizione si avverasse. Non vi è dubbio, dunque, che la norma, parlando di disposizione testamentaria, si riferisca sia alla istituzione di erede che al legato, come si desume, del resto, dal riferimento all'erede o legatario, quali soggetti passivi dell'imposizione.

La ratio posta alla base della previsione è intuitiva e consiste in ciò, che la condotta del primo istituito, attraverso atti di disposizione o di cattiva gestione, potrebbe pregiudicare la posizione del chiamato alla successione in caso di avveramento della condizione. Ciò si collega al dettato dell'art. 1357, secondo cui chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva può disporne in pendenza di questa. Il che vuol dire che, in caso di istituzione d'erede sotto condizione risolutiva non solo la vocazione è immediata ma anche la delazione, sebbene questa, in un secondo momento, possa venir meno per il verificarsi della condizione risolutiva. Ne consegue che per l'istituito è immediata e attuale e piena l'attribuzione del diritto all'eredità, cosicché, durante la pendenza della condizione, non solo egli ha titolo per essere considerato erede reale e non apparente, ma è anche investito in modo esclusivo e pieno di tutti i diritti e i poteri relativi, in sostanza gode l'eredità come se la disposizione a suo favore fosse pura e semplice (Cass. n. 1637/1963; Cass. n. 17868/2019). 

Per i beni immobili ed i mobili registrati, opera l'art. 2660, comma 2, n. 6, secondo cui la nota di trascrizione degli acquisti a causa di morte deve indicare la condizione apposta alla disposizione testamentaria. Per gli atti di disposizione di beni mobili, invece, vale il disposto dell'art. 1153.

L'autorità giudiziaria, ravvisandone l'opportunità, può in tale situazione imporre all'erede o al legatario di prestare idonea garanzia (Cass. n. 1637/1963).

Poiché la garanzia di cui discorrere oggi la norma non si differenzia dalla cauzione cui si riferiva l'art. 855 del 1865 (Giannattasio, 1961, 237), trova applicazione l'art. 119 c.p.c., secondo cui il giudice, nel provvedimento con il quale impone una cauzione, deve indicare l'oggetto di essa, il modo di prestarla e il termine entro il quale la prestazione deve avvenire. Secondo l'art. 86 disp. att. c.p.c., poi, salvo che sia diversamente disposto dal giudice, la cauzione deve essere prestata in danaro o in titoli del debito pubblico nei modi stabiliti per i depositi giudiziari. Non v'è dubbio, però, che possa trattarsi anche di una garanzia reale (pegno o ipoteca) ovvero personale (fideiussione), il che discende dalla menzionata assimilabilità della garanzia alla cauzione (Lorefice, 1991, 92).

In giurisprudenza, allo stesso modo, si rinviene un caso di garanzia dell'adempimento di un legato consistita nella nell'autorizzazione, da parte del giudice, all'iscrizione di ipoteca su beni dell'onerato (Cass. n. 3708/1997).

La prestazione della garanzia non può tradursi nella privazione dell'utilità che deriva al primo istituito dalla sua posizione (Cass. n. 554/1961).

Il procedimento per l'imposizione della garanzia

In tema di imposizione della garanzia trova applicazione l'art. 750 c.p.c. (Giannattasio, 1961, 238; Caramazza, in Comm. De M. 1982, 284; Cannizzo, 1996, 105). se L'istanza, dunque, va proposta con ricorso al presidente del tribunale del luogo dell'aperta successione, salvo che non sia pendente il giudizio, nel qual caso va proposta al giudice che ne è titolare. Nel ricorso saranno esposti i motivi, da individuarsi nel comportamento dell'attuale erede o legatario, che inducono gli istanti a temere un pregiudizio per le loro ragioni. Non deve trattarsi di pregiudizio irreparabile, non essendo ciò richiesto dalla legge (Caramazza, 1982, 285).

Dopo aver fissato l'udienza di comparizione delle parti ed il termine per la notifica del ricorso e del decreto, il giudice stabilisce con ordinanza le modalità e l'ammontare della garanzia. L'ordinanza è reclamabile ai sensi dell'art. 739 c.p.c. dinanzi al presidente della corte d'appello.

Le spese dell'imposizione della garanzia

Il tema della soggezione all'onere delle spese di prestazione della garanzia è stato oggetto di esame da parte della S.C., la quale ha osservato essere «pur vero che la norma in questione non indica esplicitamente su chi debbano gravare le spese relative alla garanzia prestata dall'onerato di un legato, ma è altrettanto vero che, trattandosi di una garanzia che il legatario può pretendere dal soggetto onerato, costringendolo a fornirla nei casi di accertata necessità, il relativo onere non può che seguire il principio generale secondo cui le spese anticipate dal creditore sono a carico del debitore. E poiché l'ipoteca era stata iscritta su autorizzazione del tribunale, non poteva certamente dubitarsi che siffatta garanzia si fosse resa effettivamente necessaria» (Cass. n. 3708/1997).

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