Codice Civile art. 647 - Onere.Onere. [I]. Tanto all'istituzione di erede quanto al legato può essere apposto un onere [629]. [II]. Se il testatore non ha diversamente disposto, l'autorità giudiziaria, qualora ne ravvisi l'opportunità, può imporre all'erede o al legatario gravato dall'onere una cauzione [1179; 119, 750 c.p.c.]. [III]. L'onere impossibile o illecito si considera non apposto [634]; rende tuttavia nulla la disposizione, se ne ha costituito il solo motivo determinante [626, 794]. InquadramentoIl codice civile dedica due norme, gli artt. 647 e 648, alla disciplina dell'onere testamentario, senza darne la definizione. Non sembra potersi dubitare, tuttavia, che il legislatore, nel trattare dall'onere unitamente alla condizione ed al termine, abbia inteso accomunare le tre figure nell'ambito della categoria degli elementi accidentali del testamento. Ciononostante, l'opinione tradizionale ravvisa l'essenza del modus non tanto nell'accidentalità — ossia nella possibilità che esso sia o meno apposto al negozio —, quanto nella sua accessorietà. Con il modus, infatti, il disponente persegue lo scopo di attuare «un fine che si aggiunge al fine principale dell'atto a titolo gratuito ed opera come ulteriore movente dell'animo liberale, senza però distruggerlo e ad un tempo senza condizionarlo all'attuazione del fine accessorio» (Carnevali, 1976, 687). Altri hanno negato che il modus possa essere considerato quale elemento accessorio del testamento ed hanno sostenuto che si tratterebbe di una autonoma disposizione testamentaria, posta accanto alla istituzione di erede ed al legato. Il carattere accessorio od accidentale del modus «non può essere ribadito» (Giorgianni, 1957, 923), con la conseguenza che esso «prescinde da una disposizione testamentaria (principale) e può perciò essere imposto anche all'erede legittimo» (Giorgianni, 1957, 924; nello stesso senso Liserre 1966, 159 ss.; Perego, 1970, 180; Carnevali, 1976, 688; Costanzo, 1978, 300 ss.; Criscuoli, 1980, 201 ss.; Criscuoli, 1994, 25; Cannizzo, 1996, 114 s.). Quest'opinione si fonda: a) per un verso, sul rilievo che l'onere, come il legato obbligatorio, può consistere in una prestazione che non grava sul patrimonio del de cuius, ma che, per volontà di quest'ultimo, sorge con carattere di novità a carico del patrimonio dell'onerato; b) per altro verso sull'osservazione che l'onere, ai sensi dell'art. 677, comma 3, sopravvive alla risoluzione della disposizione testamentaria pronunciata ai sensi dell'art. 648, comma 2, sicché non potrebbe essere meramente accessorio della disposizione. La giurisprudenza ha per lungo tempo riproposto l'opinione tradizionale (Cass. n. 2306/1975). Il modus, dunque, costituisce sotto il profilo strutturale un elemento accidentale del negozio, con la precisazione, però, che esso, una volta apposto all'atto, si presenta sullo stesso piano degli elementi essenziali, ponendosi come elemento costitutivo del negozio realizzato in concreto, al quale si aggiunge. Sotto il profilo funzionale, poi, il modus costituisce strumento teso ad attuare una finalità «diversa ed aggiuntiva rispetto a quella del negozio cui accede, operando come ulteriore movente di quest'ultimo, senza però condizionarne l'attuazione» (Cass. n. 2306/1975). Di seguito la configurazione tradizionale del modus risulta essere stata ribadita, ma è stato al tempo stesso affermato che esso sarebbe compatibile con la successione legittima, essendosi tratto argomento in tal senso dal dettato dell'art. 629 (Cass. n. 4022/2007). Il modus e gli altri elementi accidentaliSeppure il modus viene con assoluta prevalenza ricondotto alla categoria degli elementi accidentali, non può negarsi una certa disarmonia tra esso, da un lato, e la condizione ed il termine, dall'altro, poiché il primo non influisce sull'efficacia dell'atto a cui accede, ma si presenta come peso posto a carico dei soli negozi di liberalità. In particolare, mentre la condizione, quale avvenimento futuro ed incerto, incide sul verificarsi degli effetti della disposizione testamentaria, rendendoli incerti, il modus apporta soltanto una modificazione al contenuto della disposizione, limitando l'arricchimento dell'onerato. L'esigenza di distinzione tra modus e condizione è più marcata con riguardo alla condizione potestativa, sia sospensiva che risolutiva, giacché, in entrambi i casi, entra in gioco la condotta dell'onerato. Perciò, quanto alla condizione sospensiva potestativa, è utile ricordare il criterio distintivo tradizionale, risalente al Savigny, secondo cui quest'ultima sospende, ma non costringe, mentre il modus costringe, ma non sospende (v. Cass. n. 2306/1975). Né il modus può essere avvicinato alla condizione risolutiva potestativa in forza della risolubilità della disposizione modale per inadempimento, ai sensi dell'art. 648, comma 2, perché la risoluzione della disposizione modale, da pronunciarsi officio iudicis, produce effetti meramente obbligatori, a fronte della retroattività reale, operante ex tunc, che è propria della condizione risolutiva. Sommariamente descritte le differenze tra condizione e modus, occorre dire che, nella pratica, l'applicazione della distinzione sovente non è agevole. Comunemente si ritiene che il modus ricorra ogni qual volta l'intenzione del disponente di arricchire l'onerato sia prevalente su quella di limitare il beneficio, mentre ricorra la condizione tutte le volte che la clausola modale risulti essere stata la causa unica e determinante della disposizione (Cass. n. 3486/1958). Nella difficoltà di individuazione di regole certe, sembra potersi dire che si debba decidere caso per caso, distinguendo la condizione dal modus in ragione dell'interpretazione del testamento. La soluzione data dal giudice di merito sarà incensurabile in cassazione se immune da vizi logici o giuridici (Cass. n. 2672/1953; Cass. n. 576/1981). Poiché modus e condizione si distinguono, essi possano coesistere nella stessa disposizione testamentaria (Cass. n. 1428/1966). Quanto alla distinzione tra termine e modus, si può dire che il primo incide sull'esecuzione del negozio giuridico a cui è apposto, limitandone nel tempo la durata. Termine e modus, dunque, al di fuori della collocazione tradizionale nella medesima categoria degli elementi accidentali, hanno ben poco in comune. Il modus come obbligazioneIl modus dà origine ad un'obbligazione in senso tecnico posta a carico del beneficiario, obbligazione che trova fondamento nella volontà del testatore, da ricondursi alle variae causarum figurae, ossia agli atti o fatti, distinti dal contratto e dal fatto illecito, da cui può derivare l'obbligazione, ai sensi dell'art. 1173. Il modus, dunque, è un elemento accessorio del negozio per effetto del quale chi dispone gratuitamente in favore di taluno « pone a carico di costui un obbligazione ad faciendum, a compiere cioè un qualsiasi fatto positivo o negativo, che può essere una prestazione o una determinata maniera di comportamento » (Cass. n. 605/1964). Quale obbligazione, anche quella che sorge dall'apposizione del modus ha come caratteristica necessaria la patrimonialità, ovvero la suscettibilità di valutazione economica, come si esprime l'art. 1174 (Criscuoli, 1980, 198). Fuori dell'ambito di applicazione della disciplina in esame, invece, si collocano consigli e raccomandazioni, contenuti nel testamento, che il de cuius abbia inteso rivolgere. In tal caso si è parlato di modus simplex, ma con la precisazione che il beneficio così previsto «non è imposto come un onere civile, ma incoraggiato» (Giannattasio, 1961, 259). Ne segue che, in tale ipotesi, l'erede o legatario ha il potere di stabilire non soltanto il quantum, ma anche dell'opportunità del beneficio. La responsabilità dell'obbligatoL'art. 671 limita la responsabilità del legatario sub modo al valore della cosa legata. Nulla si dice, invece, del modus posto a carico dell'erede. Secondo la dottrina prevalente (Criscuoli, 1980, 343 ss.; Carnevali, 1976, 392; Bigliazzi Geri, in Tr. Res. 1997, 158), in caso di istituzione di erede l'onerato è tenuto all'adempimento dell'onere anche ultra vires (Giannattasio, 1961, 264). In applicazione di questa impostazione si trova affermato che « non integra l'ipotesi dell'impossibilità dell'onere apposto ad una disposizione testamentaria la circostanza che le rendite del patrimonio ereditario non siano sufficienti per sostenere il peso economico dell'onere stesso » (Cass. n. 4145/1976; Cass. n. 234/1957; Cass. n. 855/1953; Cass. n. 2278/1963; Cass. n. 1154/1981). La responsabilità dell'erede trova un limite nell'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario. Si è, difatti, precisato che la disposizione dell'art. 490, comma 2, n. 2, che limita la responsabilità dell'erede accettante con il beneficio d'inventario per il pagamento dei debiti ereditari e dei legati intra vires e cum viribus hereditatis, « va intesa nel senso che nell'espressione debiti debbono ricomprendersi, sebbene non espressamente menzionati, anche gli oneri modali e, più in generale, tutti i pesi ereditari posti a carico dell'erede dall'art. 752, con la conseguenza che, in caso di inadempimento, il beneficiario del modo testamentario non può agire sui beni propri dell'erede che abbia accettato con beneficio d'inventario ma deve subire il concorso dei creditori ereditari e dei legatari » (Cass. n. 5067/1993). Nessuno dubita, infine, che il modus possa assorbire interamente il beneficio apportato dall'attribuzione patrimoniale alla quale esso è collegato. L'eventualità che il contenuto economico del modus sia tale da assorbire tutte le utilità derivanti dalla disposizione testamentaria è insomma pienamente compatibile con la natura del modus (Cass. n. 2306/1975; Cass. n. 855/1953). Successivamente è stato dunque ribadito che, in materia di successione testamentaria l'art. 671 prescrive l'obbligo per il legatario di adempiere al legato e ad ogni altro onere a lui imposto entro i limiti di valore della cosa legata; ne deriva che, qualora il modus a carico del legatario assorba per intero il valore del legato, ciò non comporta l'invalidità della disposizione, né da tale circostanza è lecito concludere che un simile onere costituisca l'unico e determinante motivo del legato stesso, ai fini di rendere applicabile la disciplina della nullità di cui all'art. 647, comma 3 (Cass. n. 16846/2007). Modus e legatoProprio perché il modus consiste in un peso imposto ai negozi di liberalità ed ha natura di vera e propria obbligazione posta a carico dell'onerato, nasce l'esigenza di distinguerlo dal legato. Dalla distinzione, poi, derivano importanti conseguenze applicative, prima tra le quali quella secondo cui la proprietà del bene oggetto del legato si acquista dal legatario sin dal momento dell'apertura della successione, mentre la proprietà del bene oggetto del modus si acquista al momento del suo adempimento da parte dell'onerato. Ebbene, sulla distinzione tra legato e modus la S.C. ritiene in prevalenza che il legato sia un negozio giuridico mortis causa a sé stante, mentre il modus sia solo un elemento accidentale dei negozi giuridici a titolo gratuito (Cass. n. 1498/1950; Cass. n. 3597/1955; Cass. n. 1706/1958; Cass. n. 3580/1958; Cass. n. 629/1959; Cass. n. 2278/1963; Cass. n. 168/1975; Cass. n. 576/1981; Cass. n. 6194/1984). Secondo altro indirizzo giurisprudenziale, invece, la distinzione deve tener conto della volontà del testatore, il quale potrebbe essersi raffigurato una immediata attribuzione del diritto al legatario ovvero una mediata attribuzione di esso al beneficiario del modus. Perciò si è affermato il principio in forza del quale in tema di successione testamentaria, sussiste l'ipotesi del legato se il vantaggio del terzo è stato direttamente considerato dal testatore come scopo della sua disposizione, e si ha invece onere modale qualora il vantaggio del terzo non costituisca la mira diretta del de cuius (Cass. n. 645/1970; — sulla linea già tracciata da Cass. n. 629/1959). Altri ancora hanno ritenuto di poter distinguere legato e modus sul rilievo che quest'ultimo è un elemento accidentale del negozio, mentre il primo ha natura di disposizione autonoma (Cicu, 1969, 206; in giurisprudenza v. Cass. n. 1706/1958; Cass. n. 3580/1958). Della pluralità delle opinioni espresse, è stata posta in risalto, in dottrina, la labilità del criterio distintivo più diffuso che riconduce il legato ad un vantaggio diretto ed il modus ad un vantaggio indiretto. Difatti, « nel caso in cui il legato non implichi l'attribuzione di un bene del testatore, è molto difficile sostenere che il legatario succeda direttamente al de cuius, e, poiché la legge prevede parecchi casi di legato ad effetto meramente obbligatorio, la distinzione qui vista è meno solida di quanto potrebbe apparire » (Cirillo, 1994, 1084). In definitiva, si è giunti a dire che la differenza tra legato e modus può porsi esclusivamente in relazione al soggetto il cui interesse è stato preso di mira dal testatore. Nel legato il beneficato è sempre una persona determinata; nel modus, invece, gli interessi che il testatore intende soddisfare possono appartenere a categorie di persone solo genericamente determinate, ad es. i poveri di un quartiere; o possono appartenere allo stesso onerato; o possono consistere in interessi (morali) dello stesso testatore, o di altra persona defunta, ad es. compiere attività atte ad onorarne la memoria, o a suffragarne l'anima, pubblicarne o distruggerne i manoscritti; o altri interessi ancora (Giorgianni, 1957, 895). Modus, mandato post mortem exequendum e fedecommessoLa S.C. ha ritenuto ammissibile la figura del mandato post mortem exequendum, subordinandone la validità alla circostanza che la natura dell'affare non sia in contrasto con le norme fondamentali che disciplinano la successione mortis causa e in ispecie la successione testamentaria (Cass. n. 2804/1962). Una volta riconosciuta l'ammissibilità della figura, la medesima pronuncia si è soffermata sulla distinzione di essa dal modus, osservando che, mentre il mandato post mortem exequendum ha per oggetto un'attività negoziale da porsi in essere, dopo la morte del de cuius, in nome e per conto del medesimo ed in relazione a beni non attribuiti al mandatario, il modus si caratterizza perché la finalità con esso perseguita non è quella avuta principalmente di mira dal testatore, ma è una finalità ulteriore e accessoria rispetto a quella principale, destinata — quest'ultima — a realizzarsi attraverso l'attuazione della disposizione testamentaria (Cass. n. 2306/1975). Non sorgono incertezze, poi, sulla differenza tra modus e sostituzione fedecommissaria, differenza da ricondurre ancora una volta al carattere di accessorietà proprio del modus (Cass. n. 2278/1963; Cass. n. 2306/1975). FattispecieIl modus può consistere in un dare, in un fare o in un non fare. Si può dire, perciò, che il contenuto del modus è tanto ampio quanto quello dell'obbligazione, con il limite della possibilità, liceità e determinatezza o determinabilità. Nel vasto ambito delle possibilità, è utile richiamare alcuni casi giurisprudenziali sorti in argomento. Costituisce modus l'obbligo di erogare ad una persona i mezzi necessari per vivere (Cass. n. 1154/1981). Configura un onere ai sensi dell'art. 647, poi, la disposizione testamentaria con cui sia imposto all'erede di prestare presso di sé assistenza materiale e morale ad un terzo vita natural durante (Cass. n. 626/2003). È stata riconosciuta la natura di modus ad una disposizione testamentaria con cui al legatario di un immobile era stata rivolta non una semplice esortazione, « ma imposto l'obbligo di dare assistenza materiale, morale e religiosa ai ragazzi poveri, ospitandoli nella casa sotto la sorveglianza di un padre e favorendo le vocazioni sacerdotali » (Cass. n. 10281/1992). Lo stesso discorso vale per l'obbligo di costituzione o di prosecuzione di un rapporto contrattuale, come, ad esempio, il rapporto di lavoro subordinato o il comodato (Cass. n. 511 1978). In una ipotesi di fondazione costituita con testamento, si è detto che le disposizioni del fondatore, le quali prevedano la destinazione a favore di terzi degli utili dei beni che costituiscono la dotazione dell'ente, determinano lo scopo della fondazione medesima e non prevedono, invece, a carico della stessa un modo (Cass. n. 1737/1996). La cauzioneSecondo l'art. 647, comma 2, se il testatore non ha diversamente disposto, l'autorità giudiziaria, qualora ne ravvisi l'opportunità, può imporre all'erede o al legatario gravato dall'onere una cauzione. La norma, è stato detto, presuppone la soggezione del modus ad un termine o ad una condizione, poiché, altrimenti, l'interessato avrebbe direttamente azione per l'adempimento. Sembra però doversi replicare che la cauzione possa trovare giustificazione tutte le volte che l'adempimento del modus non possa esaurirsi uno actu, ma debba avere esecuzione continuata o periodica. Nell'imporre la cauzione, il giudice, in applicazione dell'art. 119 c.p.c., deve indicare l'oggetto di essa, il modo di prestarla e il termine entro il quale la prestazione deve avvenire. La cauzione, secondo l'art. 86 disp. att. c.p.c., poi, salvo che sia diversamente disposto dal giudice, deve essere prestata in danaro o in titoli del debito pubblico nei modi stabiliti per i depositi giudiziari. Occorre ricordare, tuttavia, in proposito, quanto osservato in materia di cauzione prevista dagli artt. 639 e 640: la cauzione, oltre che nel versamento di una somma in denaro o in titoli, può anche consistere nella prestazione di una garanzia reale, pegno o ipoteca, ovvero personale, fideiussione. Il procedimento è disciplinato dall'art. 750 c.p.c. Il modus impossibile o illecitoLa regola sabiniana, vitiatur se non vitiat, è dettata dall'art. 647 per il modus, così come è prevista per le condizioni impossibili o illecite dall'art. 634. L'onere impossibile o illecito, dunque, si considera non apposto. Ciò salvo che il modus non abbia costituito il solo motivo determinante della disposizione, nel qual caso la rende nulla. L'esclusiva efficacia motivante della disposizione non può essere desunta dalla circostanza che l'adempimento del modus assorba integralmente l'attivo ereditario (Cass. n. 16846/2007). Onere illecito è quello contrario a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume. È stato ritenuto illecito perché contra legem l'onere di rilascio imposto all'affittuario di un fondo rustico, erede di un diverso fondo (Cass. n. 3467/1986). Con riguardo nozione di impossibilità del modus, poi, si è detto che i concetti di impossibilita dell'oggetto del contratto (art. 1418) e di impossibilita dell'onere apposto ad una disposizione testamentaria (art. 647, comma 3) sono uniformi: « la impossibilita è causa invalidante quando sia, al tempo stesso, assoluta, materiale, obiettiva ed attuale, ossia esistente all'epoca della apertura della successione, qualora riguardi l'onere suddetto » (Cass. n. 4145/1976). Si è affermato che l'onere imposto dal testatore all'erede di alienare gli elementi attivi del compendio ereditario al fine di soddisfare i legati, sì da risultarne lesione della quota di riserva, non è di per sé illecito (Cass. n. 2708/1992). È stata altresì esclusa la nullità dell'onere imposto agli eredi, in caso di vendita di uno specifico bene compreso nella massa ereditaria, di trasferire lo stesso ad un determinato soggetto indicato dal testatore (Cass. n. 802/1986). BibliografiaAllara, Principi di diritto testamentario, Torino, 1957; Andrini, La condizione nel testamento, in Riv. not. 1983, I, 326; Azzariti, Disposizioni testamentarie sub condicione, in Giust. civ. 1986, I, 1011; Azzariti-Martinez-Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1973; Barassi, Le successioni per causa di morte, Milano, 1947; Barbero, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, II, Torino, 1951; Betti, Interpretazione della legge e sua efficienza evolutiva, in Diritto Metodo Ermeneutica Milano, 1991; Bonilini, La prelazione testamentaria, in Riv. dir. civ. 1984, I, 223-271; Brunelli-Zappulli, Il libro delle successioni e donazioni, Milano, 1940; Candian, La funzione sanzionatoria nel testamento, Milano, 1988; Cannizzo, Successioni testamentarie, Roma, 1996; Cariota Ferrara, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1991; Carnelutti, Intorno alla clausola si sine liberis decesserit, in Foro it. 1958; IV, 113; Carnevali, Modo, in Enc. dir., XXVI, 1976, 686; Cassandro, Il termine nelle disposizioni testamentarie, Successioni e donazioni, I, Padova, 1994; Cassisa, Sul legato di usufrutto per il caso o per il tempo della vedovanza, in Giust. civ. 1996, I, 1355; Cianni, In tema si condizione testamentaria, in Giur. it. 1994, I, 1, 1599; Cicu, Testamento, Milano, 1969; Cirillo, Disposizioni condizionali e modali, Successioni e donazioni, I, Padova, 1994; Costanzo, Problemi dell'onere testamentario, in Riv. dir.civ. 1978, II, 294; Costanzo, Modo, in Enc. giur., XX, Roma, 1990, 1-7; Criscuoli, Le obbligazioni testamentarie, Milano, 1980; Criscuoli, Il testamento, in Enc. giur., XXXI, 1-33, Roma, 1994; Dall'Ongaro, Sulla condizione testamentaria che fa divieto di sposare donna di classe sociale inferiore, in Giust. civ. 1988, I, 110; D'Antonio, La regola sabiniana e la pretesa inscindibilità della volontà condizionata, in Riv. dir. civ. 1970, I, 101; De Cupis, Libertà matrimoniale e condizione testamentaria, in Giur. it. 1987, I, 1, 1483; Di Amato, Sulla clausola testamentaria si sine liberis decesserit, in Giust. civ. 1976, I, 1856; Di Mauro, Sulla validità della clausola si sine liberis decesserit, in Riv. not. 1991, II, 226; Di Mauro, Brevi considerazioni in tema di condizioni testamentarie illecite, in Giust. civ. 1992, I, 1754; Di Mauro, Il problema della liceità delle condizioni testamentarie che assecondano le aspirazioni dell'istituito, in Giust. civ. 1993, I, 1810; Di Mauro, Considerazioni sulle condizioni testamentarie illecite, in Rass. dir. civ. 1994, 1; Di Mauro, Collazione volontaria e condizione di non impugnare il testamento, in Giust. civ. 1997, I, 1322; Distaso, Natura giuridica dell'istituzione di nascituri non concepiti, in Giur. Comp. Cass. Civ. 1949, III, 409; Errani e Malaguti, La condizione di convivenza, in Riv. not. 1996, I, 785; Franchi, Fissazione, proroga e modifica di termini in sede di giurisdizione volontaria, in Giur. it. 1971, I, 1, 91; Galoppini, Condizione testamentaria e pari dignità sociale, in Dir. fam. e pers. 1989, II, 735; Garutti, Amministrazione di beni ereditari, in Enc. giur., II, 1-6, Roma, 1988; Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento, Milano, 1954; Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, in Comm. cod. civ., Torino, 1961; Giorgianni, Il modus testamentario, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1957, 889; Jannuzzi, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 1984; Liserre, Formalismo negoziale e testamento, Milano, 1966; Lorefice, Dei provvedimenti di successione, Padova, 1991; Luminoso, Clausola testamentaria si sine liberis decesserit, condizione e termine, in Riv. dir. civ. 1970, II, 19; Lupo, Il modus testamentario, I, II, III, in Riv. dir. civ. 1977, II, 394, 506, 616; Marinaro, Artt. 601-648, in Codice civile annotato, a cura di Perlingieri, II, Torino, 241, 1988; Marini, Il modus come elemento accidentale del negozio gratuito, Milano, 1976; Masucci, Gli incerti confini tra clausola si sine liberis decesserit e fedecommesso (condizionale) de residuo, in Giur. it. 1994, I, 1, 1767; Mazzacane, La volontaria giurisdizione nell'attività notarile, Roma, 1980; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, III, 2, Milano, 1952; Miserocchi, Considerazioni sull'interpretazione di un'originale disposizione testamentaria, in Riv. not. 1985, II, 586; Nardozza, Idee vecchie e nuove sul modus testamentario, in Giust. civ. 1994, I, 1703; Natoli, Orientamenti in tema di clausola si sine liberis decesserit, in Giur. Comp. Cass. Civ. 1946, I, 200; Natoli, Limiti delle funzioni dell'amministratore dell'eredità nelle ipotesi degli artt. 641-644, in Giur. Comp. Cass. Civ. 1947, II, 392; Natoli, In tema di modo condizionale, in Giur. Comp. Cass. Civ. 1959, III, 1063; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, I, L'amministrazione durante il periodo antecedente all'accettazione dell'eredità, Milano, 1968; Oppo, Note sull'istituzione dei non concepiti, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1948, 66; Perego, Favor legis e testamento, Milano, 1970; Porcari, Commento a Cass. 18 marzo 1993, n. 3196, 1993, I, 1213; Rocca, Il divieto testamentario di alienazione, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1982, 409; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione nell'attività negoziale, III, Milano, 1986; Schermi, Disposizione testamentaria sottoposta alla condizione del matrimonio dell'istituito con una donna della sua classe sociale: illiceità per contrarietà all'ordine pubblico, in Giust. civ. 1987, I, 189; Serino, Nota a Cass. 21 febbraio 92, n. 2122, in Riv. not. 1992, II, 919; Tamburrino, Testamento (dir. priv.), in Enc. dir., XLIV, 1994, 471; Torrente, In tema di effetti della condizione risolutiva apposta all'istituzione di erede, in Giur. Comp. Cass. Civ. 1945, I, 56; Trabucchi, Il valore attuale della regola sabiniana, in Giur. it. 1954, I, 1, 843; Triola, Il testamento, Milano, 1998; Vascellari, Artt. 456-809, in Commentario breve al codice civile, a cura di Cian e Trabucchi, Padova, 1988; Vitucci, Clausole testamentarie sul potere di disposizione dell'istituito, in Dir. fam. e pers. 1983, II, 657; Zatti, Clausola condizionale nulla per contrarietà all'art. 470, in Giur. it. 1967, I, 1, 1387, 633. |