Codice Civile art. 674 - Accrescimento tra coeredi.Accrescimento tra coeredi. [I]. Quando più eredi sono stati istituiti con uno stesso testamento nell'universalità dei beni [588], senza determinazione di parti o in parti uguali, anche se determinate, qualora uno di essi non possa o non voglia accettare [70, 72, 463, 523], la sua parte si accresce agli altri. [II]. Se più eredi sono stati istituiti in una stessa quota [588], l'accrescimento ha luogo a favore degli altri istituiti nella quota medesima. [III]. L'accrescimento non ha luogo quando dal testamento risulta una diversa volontà del testatore. [IV]. È salvo in ogni caso il diritto di rappresentazione [467 ss.]. InquadramentoPer effetto dell'accrescimento si determina l'incremento della quota del chiamato che non può o non vuole accettare a quella degli altri chiamati che abbiano accettato. Secondo alcuni il fondamento dell'istituto è da riconoscere nella vocazione (congiuntiva) solidale di più soggetti: la quota di ciascuno dei chiamati si espande in conseguenza del venir meno del concorso di uno o più degli altri chiamati (Messineo, 378; Masi, in Comm. S. B., 1979, 6). Secondo altri la disciplina dell'accrescimento riposa sulla presunta volontà del de cuius, che, qualora avesse previsto il venir meno di uno dei chiamati, avrebbe destinato la relativa quota ad accrescere quella disposta in favore degli altri. (Azzariti, 563). La giurisprudenza ha talora affermato che i requisiti, ai quali il codice civile vigente e quello abrogato subordinano l'accrescimento sia fra coeredi che fra collegatari, costituiscono presupposti legali necessari, in mancanza dei quali il diritto all'accrescimento non sorge anche nel caso in cui il testatore lo abbia espressamente disposto. In mancanza dei detti requisiti, ricorrono altri istituti giuridici e divengono operanti i divieti ed i limiti imposti o le specifiche regole dettate per tali istituti (Cass. n. 604/1976). In altra occasione è stato altresì stabilito che il diritto di accrescimento fra coeredi e collegatari ha per base la volontà del testatore, espressa o presunta, desunta quest'ultima da determinati elementi presi in considerazione dalla legge, e questi sono: che la disposizione abbia uno stesso oggetto, che vi sia pluralità di soggetti chiamati all'interno, in modo che l'uno costituisca limitazione per l'altro il quale altrimenti percepirebbe l'intero, che la coniunctio re et verbis di tali chiamati, solidalmente, sia fatta con una sola disposizione, nello stesso testamento, e che non vi sia distribuzione di parti tra gli onorati. Senza il concorso delle condizioni obiettive per l'attuazione del diritto di accrescimento, non può la volontà presunta del testatore derogare a quella della legge (Cass. n. 2237/1954). Quanto alla natura giuridica, secondo una parte della dottrina, l'accrescimento deve essere considerato quale autonomo diritto che spetta all'erede in forza dell'accettazione dell'eredità; in presenza dei presupposti previsti dalla legge e, salva volontà contraria risultante dal testamento, esso si acquista automaticamente, senza necessità di accettazione specifica (Moretti, 786). Secondo un altro orientamento, invece, non si tratta di un diritto autonomamente attribuito, bensì dell'ampliamento dell'originario diritto all'eredità, libero di espandersi una volta che non sia più limitato dalle concorrenti chiamate dei coeredi che non siano venuti alle stesse (Palazzo, 795). La S.C. ha osservato che In forza del combinato disposto degli artt. 522 e 676, la quota del coerede rinunziante si accresce ipso iure a favore di coloro che avrebbero con lui concorso, senza che sia necessaria una specifica accettazione dei subentranti, atteso che l'acquisto per accrescimento consegue all'espansione dell'originario diritto all'eredità, già sussistente in capo ai subentranti, con l'ulteriore conseguenza che, determinatosi tale acquisto, la rinunzia all'eredità diviene irrevocabile (Cass. n. 8021/2012). Si discute se il congegno dell'accrescimento possa operare per volontà del testatore, pur in mancanza dei presupposti di legge. Parte della dottrina è favorevole, osservando che la previsione legislativa non è ostativa ad un accrescimento per volontà del disponente (Palazzo, 799; Talamanca, 254). La S.C. è pervenuta tuttavia alla soluzione opposta (Cass. n. 604/1976). Presupposti per l'accrescimentoI presupposti affinché l'accrescimento sia operativo sono indicati sono elencati nel comma 1 della disposizione in commento, e cioè: i) mancato acquisto da parte di un coerede o vacanza della quota ereditaria; ii) istituzione in uno stesso testamento (coniunctio verbis); iii) istituzione in parti uguali (coniunctio re). Occorre dunque in primo luogo, ai fini dell'operatività della disciplina sull'accrescimento, che uno dei coeredi «non possa o non voglia accettare» l'eredità per la sua parte. Ciò può accadere per cause naturali, quali anzitutto la premorienza al testatore, ma anche l'assenza e la morte presunta, attesa la prossimità regime giuridico rispetto a quello della morte (Masi, in Comm. S. B., 1979, 27), nonché la mancata nascita dell'istituito nascituro, oppure per cause giuridiche, quali l'incapacità a succedere, l'indegnità, l'invalidità della disposizione testamentaria (valida tuttavia a favore dei coeredi), il mancato avveramento della condizione sospensiva o l'avveramento della condizione risolutiva, la prescrizione del diritto di accettare e la decadenza (per inutile decorso del termine fissato ex art. 481, ovvero del termine stabilito dall'art. 487, comma 3) dal diritto di accettare, la revoca della designazione, la rinuncia all'eredità salvo che si tratti di rinuncia traslativa ex art. 478. Per ciò che attiene al legato, le cause di mancato acquisto sono sostanzialmente analoghe, dovendosi, tuttavia, tenere in conto che per esso non occorre accettazione, con la conseguenza che la mancata accettazione assume le vesti della rinuncia. Occorre poi che l'istituzione di più eredi sia disposta con il medesimo testamento, anche se non necessariamente con la stessa disposizione testamentaria. Nondimeno, opererà l'accrescimento se nel testamento posteriore venga richiamata e confermata l'istituzione fatta in quello anteriore, trattandosi parimenti di disposizione operata in un unico contesto. Quanto alla coniunctio re, gli eredi devono essere chiamati (nell'universalità o in una stessa quota ex art. 674, comma 2), oltre che con un unico testamento, anche in parti uguali. Tale presupposto ricorre sia quando il testatore abbia determinato le quote in parti uguali, sia quando non abbia determinato le quote, essendo, in tal caso, gli eredi posti sullo stesso piano. Ragioni ostative all'accrescimentoL'accrescimento non opera in presenza di una diversa volontà del testatore, che deve essere manifestata, in modo inequivoco nel testamento (comma 3). L'esclusione dell'accrescimento per volontà del testatore può ricorrere sia quando egli si sia limitato semplicemente a disporre in tal senso, senza ulteriore specificazione, sia quando abbia disposto una sostituzione. La prima ipotesi si presenta qualora il testatore abbia escluso l'accrescimento senza indicare colui che debba subentrare nella quota vacante. In tal caso, la quota non si accrescerà al coerede, ma sarà devoluta agli eredi legittimi (v. sub art. 677). La seconda ipotesi ricorre allorché il testatore abbia previsto una sostituzione (v. sub art. 688), indicando il soggetto al quale la quota vacante debba essere devoluta nel caso in cui il chiamato non adisca l'eredità. È inoltre fatto salvo in ogni caso il diritto di rappresentazione (comma 4), di cui all'art. 467. Di conseguenza, qualora il coerede che non possa o non voglia accettare sia il fratello o il figlio del de cuius e abbia dei discendenti, la sua quota sarà devoluta a questi ultimi (cd. rappresentanti) e non si accrescerà agli altri coeredi. La S.C. ha in proposito osservato che i fatti costitutivi del diritto di accrescimento — rinunzia di un erede, con acquisto ipso iure della sua quota da parte dei coeredi — prescindono dall'esistenza di un altrui diritto di rappresentazione, che, ai sensi dell'art. 522 («salvo il diritto di rappresentazione»), si configura quale mero fatto impeditivo, rilevante in forma di eccezione; tale eccezione non è rilevabile d'ufficio dal giudice, ma rientra nella disponibilità della parte, in quanto il sistema successorio dispiega in ogni caso i propri effetti, consolidando l'intero compendio ereditario o in capo ai beneficiari dell'accrescimento o in capo a chi succede per rappresentazione (Cass. n. 8021/2012). L'accrescimento non opera inoltre allorché il chiamato venga a mancare dopo l'apertura della successione, ma prima dell'accettazione o della rinuncia all'eredità, operando la trasmissione del diritto di accettazione di cui all'art. 479. Accrescimento nella successione legittimaSi discute se l'accrescimento, disciplinato nell'ambito della successione testamentaria, trovi applicazione anche con riguardo alla successione legittima, qualora si determini una vacanza tra più coeredi congiuntamente chiamati all'intero. La questione si collega all'interpretazione dell'art. 522, che, nel regolare gli effetti della rinuncia di uno dei successori legittimi, dispone che la quota del rinunciante «si accresce» a coloro che con lui avrebbero concorso. Taluni intendono tale espressione in senso tecnico (Masi, in Comm. S. B., 1979, 8; Messineo, 382). Altri ritengono che la locuzione debba essere intesa in senso atecnico e che l'istituto dell'accrescimento debba ritenersi proprio della successione testamentaria, restando inoperante nelle successioni per legge. Si afferma in particolare che nella successione legittima non si verificherebbe un vero e proprio accrescimento, ma un mero incremento, disciplinato dalle norme in materia di successione legittima e necessaria (Capozzi, 966). Accrescimento nella successione necessariaSecondo alcuni l'istituto dell'accrescimento opererebbe anche nella successione necessaria, sicché, una volta determinata la legittima sulla base del numero dei chiamati, ove un legittimario non possa o non voglia accettare l'eredità e non operi la rappresentazione, la quota che a lui sarebbe spettata si accrescerebbe, in senso tecnico, a favore dei legittimari concorrenti. In altri termini, la determinazione della quota indisponibile dovrebbe avvenire avendo riguardo alla situazione esistente al momento della morte del de cuius, senza tenere in conto le eventuali variazioni successivamente verificatesi nel concorso tra i legittimari, in forza del venir meno di uno o più dei medesimi per rinuncia, prescrizione del relativo diritto etc. Secondo altro indirizzo, per individuare la quota di legittima si dovrebbe fare riferimento agli eredi necessari che concretamente concorrono nella ripartizione dell'asse, e non anche a quelli che avrebbero potuto teoricamente partecipare a tale riparto (Messineo, 382; Capozzi, 969). Si è già visto, nel commento all'art. 553, che la S.C. ha nella materia affermato il principio di invariabilità delle quote di legittima affermato dalla S.C. che ha in tal modo ribaltato il proprio precedente orientamento (Cass. S.U., n. 13429/2006). Accrescimento nei legati di prestazioni periodicheSi discute se l'accrescimento operi con riguardo ai legati di prestazioni periodiche. Secondo una parte della dottrina, l'accrescimento è da escludere, essendo l'art. 678 norma eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica (Messineo, 384). Secondo altra parte della dottrina, l'accrescimento è, invece, da ammettere, dovendo applicarsi il disposto dell'art. 1874, secondo cui, se la rendita è costituita a favore di più persone, la parte spettante al creditore premorto si accresce a favore degli altri, salvo patto contrario (Capozzi, 961). BibliografiaAzzariti, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990; Bonilini, Il legato, in Trattato delle successioni e delle donazioni, II, Milano, 2010; Capozzi, Successioni e donazioni, II, Milano, 1982; Caramazza, Delle successioni testamentarie, in Comm. cod. civ., diretto da De Martino, Roma, 1982;Cicu, Il testamento, Milano 1969; Gangi, La successione testamentaria, II, Milano, 1964; Genghini e Carbone, Le successioni per causa di morte, II, Padova, 2012; Giordano Mondello, Legato (dir. civ.), in Enc. dir., XXIII, Milano 1973, 719; Lops, Il legato, Trattato breve delle successioni e donazioni, diretto da Rescigno e coordinato da Ieva, I, Padova, 2010; Pugliatti, Delle successioni, Comm. D'Amelio-Finzi, Firenze, 1941; |