Codice Civile art. 679 - Revocabilità del testamento.

Mauro Di Marzio

Revocabilità del testamento.

[I]. Non si può in alcun modo rinunziare alla facoltà di revocare o mutare le disposizioni testamentarie [587]: ogni clausola o condizione contraria non ha effetto [458].

Inquadramento

La disposizione in commento ribadisce un principio fondamentale nella disciplina testamentaria già contenuto nella disposizione, l'art. 587, che apre la trattazione dell'istituto: il testamento è un atto revocabile. La facoltà di revoca costituisce espressione dell'autonomia negoziale del testatore e garanzia della libertà della persona di disporre dei propri beni sino al momento della morte (D'Amico, 236, Palazzo, 820; Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 3). Si tratta di una disposizione di ordine pubblico, come si desume dalla sanzione di nullità dei patti successori (art. 458, al cui commento si rinvia, anche per l'individuazione delle fattispecie in cui i patti successori non ricorrono, come nel caso delle clausole di consolidazione, sulle quali v. Cass. n. 3345/2010), nonché — per chi pone le due figure sullo stesso piano, sul che si rinvia al commento all'art. 635 — dalla previsione di nullità del testamento reciproco (D'Amico, 236).

La revocazione del testamento non è peraltro consentita fuori delle forme e dei casi tassativamente previsti dagli artt. 680-687 (Capozzi, 982; Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 3).

In tal senso è stato ad esempio affermato in giurisprudenza che la separazione personale fra coniugi, intervenuta dopo la redazione del testamento a favore del coniuge superstite, non incide sulla validità ed efficacia dello stesso, in quanto essa non è contemplata tra i fatti sopravvenuti che implichino la revocazione ex lege delle disposizioni testamentarie (Cass. n. 1950/1962).

La revoca può concernere sia le disposizioni a titolo universale che quelle a titolo particolare, e può riguardare l'intero atto o parte di esso.

Revoca delle disposizioni non patrimoniali

In linea di principio non v'è dubbio che anche le disposizioni non patrimoniali (art. 587, comma 2, al cui commento si rinvia) possono essere oggetto di revoca. Occorre tuttavia considerare talune eccezioni, riguardo alle quali la stessa legge esclude la revocabilità.

Non è revocabile la disposizione di riconoscimento del figlio, secondo quanto prescrive l'art. 256. È stato tuttavia sottolineato che, se la regola dell'irrevocabilità del riconoscimento del figlio trova senz'altro applicazione in ipotesi di testamento pubblico, essa trova evidenti difficoltà ad operare nel caso di revoca del testamento olografo, contenente il riconoscimento, effettuata attraverso la distruzione di esso, ai sensi dell'art. 684. In tal caso, difatti, il riconoscimento resterebbe irrevocabile, ma diverrebbe estremamente arduo darne la prova (Capozzi, 983).

È poi irrevocabile la confessione stragiudiziale, trattandosi di dichiarazione di scienza e non di volontà, che, ove sia contenuta in un testamento, è liberamente apprezzata dal giudice (art. 2735, comma 1). Va tuttavia rammentato che, ai sensi dell'art. 2732, la confessione è revocabile qualora venga provato che essa è stata determinata da errore di fatto o da violenza.

È stata inoltre ritenuta irrevocabile la disposizione di riabilitazione dell'indegno, sul rilievo che il potere di riabilitazione si fonda su un atto ispirato dal perdono che, per sua natura, non può essere ritrattato (Capozzi, 983).

Natura giuridica della revoca

La revoca è: i) atto giuridico unilaterale, consistendo nella dichiarazione di volontà di un solo soggetto, ossia il testatore, sicché deve escludersi la stipulazione di un contratto di revoca (Capozzi, 984), che andrebbe a collidere con il divieto dei patti successori; nella stessa prospettiva è da escludere, così come è disposto per il testamento (art. 589) la revoca congiuntiva, vale a dire fatta da due o più persone nel medesimo atto; ii) atto patrimoniale, sebbene ad efficacia negativa, in quanto impedisce il verificarsi degli effetti delle disposizioni testamentarie attributive che hanno per definizione carattere patrimoniale (Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 17); iii) atto accessorio, giacché la sua esistenza è subordinata all'esistenza di un atto principale, costituito dal testamento; iv) atto formale: la revoca espressa può essere effettuata solo nelle forme previste dall'art. 680; la revoca tacita nelle forme dettate dagli artt. 682, 684, 685 e 686; v) atto revocabile, essendo espressamente prevista la revocazione della revocazione (art. 681); vi) atto personalissimo; così come prescritto dall'art. 680, il testatore deve fare personalmente la dichiarazione di revoca, non consentita da parte di persona delegate; nel caso di alienazione della cosa legata, che costituisce un'ipotesi di revoca tacita, ammissibile a mezzo di rappresentante, la procura non riguarderebbe il negozio di revoca bensì il negozio di alienazione, di cui la revoca sarebbe conseguenza; vii) atto non recettizio; la revoca, alla pari del testamento, non è indirizzata a soggetti determinati e gli effetti della revoca si producono appena essa si è perfezionata (Bonilini, 1652; Capozzi, 984).

Rimane discusso se la revoca delle disposizioni testamentarie debba essere considerato quale atto a causa di morte ovvero atto inter vivos. La tesi secondo cui la revoca espressa deve essere inclusa tra gli atti inter vivos si fonda essenzialmente sulla convinzione che la revoca in genere e in specie quella testamentaria avrebbero un'efficacia immediata sul negozio revocato, in questo caso dal testamento, pur avendo questo, per sua natura, un'efficacia differita alla morte del testatore, conseguendone la tendenziale applicabilità alla revoca della disciplina propria degli atti inter vivos e non di quella degli atti mortis causa (D'Amico, 236; Azzariti, 582). L'opposta soluzione — la quale appare senza meno più convincente: la revoca in ogni caso imprime una diversa destinazione al patrimonio del defunto — pone in evidenza che si tratta pur sempre di un atto con cui si imprime una destinazione ai propri beni per il tempo successivo alla morte e che, trattandosi di negozio di secondo grado, esso non può avere natura diversa da quella dell'atto principale, il testamento, che viene eliminato (Capozzi, 986; Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 6).

La questione è tutt'altro che insignificante dal punto di vista pratico. Se è vera la prima tesi (atto inter vivos), vanno applicati alla revoca i relativi principi. Accogliendo la seconda tesi, si applicano le regole dettate per la forma dei testamenti.

Capacità di revocare. Vizi ed effetti della revoca

Una volta ammessa la natura di atto mortis causa della revoca, la capacità a tal fine è necessaria deve ritenersi regolata nel medesimo modo in cui è regolata la capacità di testare, secondo le indicazioni date per essa dall'art. 591, al cui commento si rinvia. Debbono, in breve, ritenersi incapaci di revocare coloro che non abbiano ancora raggiunto la maggiore età, coloro che siano stati dichiarati interdetti per infermità di mente, coloro che, sebbene non interdetti, siano incapaci di intendere e volere nel momento in cui effettuano la revoca.

La revoca è annullabile in tutti i casi di incapacità, nonché nei casi in cui sia frutto di errore-vizio, ancorché non riconoscibile, oppure di violenza o di dolo. È discusso se il disposto dell'art. 624, comma 2, relativo all'errore sul motivo, costituisca principio di carattere generale e quindi sia estensibile in via analogica alla revoca. La legittimazione attiva all'azione di annullamento compete a chiunque vi abbia interesse. L'azione deve essere proposta entro cinque anni dall'esecuzione della disposizione di revoca, altrimenti il relativo diritto si prescrive.

La disposizione revocata è inefficace. In tal senso la S.C. ha affermato che la revoca espressa del testamento consiste in una dichiarazione di volontà unilaterale e non recettizia diretta a togliere in tutto o in parte efficacia giuridica a precedenti disposizioni testamentarie dello stesso revocante (Cass. n. 1964/1986; Cass. n. 1405/1968).

Revoca degli elementi accidentali contenuti nel testamento

Si discute se sia possibile la revoca con riguardo agli elementi accidentali del testamento, indipendentemente dalla revoca della disposizione testamentaria cui accedono. Tale possibilità sussiste senz'altro, per unanime consenso, nel caso di revoca effettuata mediante nuovo testamento, dal momento che esso travolge qualsiasi precedente disposizione testamentaria incompatibile.

Con riguardo alla revoca del testamento per atto di notaio, si ritiene con certezza revocabile il modus, data la sua struttura di negozio accessorio di una disposizione testamentaria principale, indipendente da questa (Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 41). Con riguardo alla condizione ed al termine, non potrebbe invece parlarsi di revoca in senso proprio, dal momento che la revoca ha la funzione di far venire meno l'efficacia di un precedente negozio, sicché tale effetto non può riconnettersi alla revoca della condizione, che avrebbe, al contrario, l'effetto di rendere efficace il negozio cui la condizione (Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 41). Lo stesso ragionamento è svolto con riguardo al termine.

È anche dibattuto se possa darsi la revoca di una disposizione testamentaria sottoposta ad una condizione (sospensiva o risolutiva) ovvero ad un termine. Si esclude l'ammissibilità di una revoca a termine, sia quanto al termine finale, stante la sua incompatibilità con il carattere definitivo della revoca, sia per il termine iniziale, che sarebbe inutile. Viceversa, la revoca condizionata, sia sospensivamente che risolutivamente, è generalmente ammessa.

Parte della dottrina ritiene applicabile il disposto dell'art. 1354, traendone la conseguenza che, in caso di condizione sospensiva o risolutiva illecita o di condizione sospensiva impossibile, la revoca risulterebbe colpita da nullità, restando confermata la disposizione che si intendeva revocare, mentre, in caso di condizione risolutiva impossibile, rimarrebbe caducata soltanto la condizione, mentre la revoca (non più condizionata) resterebbe operante (D'Amico, 236; Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 41).

Bibliografia

Azzariti, Le successioni e le donazioni, II, Padova, 1982; Bonilini, La successione testamentaria, in Tratt. dir. succ. e don., II, Milano, 2009; Capozzi, Successioni e donazioni, a cura di A. Ferrucci-C. Ferrentino, I, Milano, 2009; Cicu, Testamento, Milano, 1951; D'Amico, Revoca delle disposizioni testamentarie, in Enc. dir., XL, Milano, 1989; Palazzo, Le successioni, Milano, 2000.

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