Codice Civile art. 713 - Facoltà di domandare la divisione.

Giusi Ianni
aggiornato da Rossella Pezzella

Facoltà di domandare la divisione.

[I]. I coeredi possono sempre domandare la divisione [715-717, 1111-1113, 1350 n. 11, 2646, 2685; 22, 784 ss. c.p.c.].

[II]. Quando però tutti gli eredi istituiti o alcuni di essi sono minori di età, il testatore può disporre che la divisione non abbia luogo prima che sia trascorso un anno dalla maggiore età dell'ultimo nato.

[III]. Egli può anche disporre che la divisione dell'eredità o di alcuni beni di essa non abbia luogo prima che sia trascorso dalla sua morte un termine non eccedente il quinquennio.

[IV]. Tuttavia in ambedue i casi l'autorità giudiziaria, qualora gravi circostanze lo richiedano, può, su istanza di uno o più coeredi, consentire che la divisione si effettui senza indugio o dopo un termine minore di quello stabilito dal testatore.

Inquadramento

Uno dei mezzi per far cessare la comunione ereditaria è la divisione, che può essere effettuata per contratto, qualora vi sia accordo tra i coeredi, ovvero per via giudiziaria.

La divisione riguarda normalmente l'intero patrimonio ereditario. La Suprema Corte ha, tuttavia, chiarito che il principio dell'universalità della divisione ereditaria non è assoluto ed inderogabile, potendosi anche procedere ad una divisione solo parziale se un accordo in tal senso intervenga tra le parti ovvero quando costituisca oggetto di una domanda giudiziale senza che alcuna delle altre parti ne estenda la portata, chiedendo di trasformare in porzioni concrete le quote dei singoli comproprietari, con divisione dell'intero asse (Cass. n. 6931/2016). Possibile è stata ritenuta anche la divisione unitaria di più masse ereditarie provenienti da titoli diversi, ove vi sia il consenso dei condividenti (Cass. n. 18910/2020), dovendosi altrimenti procedere ad una divisione per masse (Cass. n. 15764/2020).

La divisione ereditaria

Il diritto del coerede di chiedere la divisione ha, secondo la giurisprudenza, natura di diritto potestativo (Cass. n. 543/1986) ed è imprescrittibile (Cass. n. 726/1979). Legittimato a chiedere la divisione è chi abbia già conseguito la qualità di erede, accettando l'eredità in maniera espressa o tacita (Cass. n. 11831/1992). Su tale presupposto, si è anche osservato che l'erede legittimario che sia stato pretermesso acquista la qualità di erede soltanto dopo il positivo esercizio dell'azione di riduzione, sicché egli, prima di questo momento, non può chiedere la divisione ereditaria (Cass. n. 368/2010). Limitazioni al diritto di chiedere la divisione possono, tuttavia, essere stabilite dal testatore in caso di successione testamentaria. Quando, infatti, tutti o alcuni degli eredi istituiti sono minori di età, il testatore può disporre che la divisione non abbia luogo prima che sia trascorso un anno dalla maggiore età dell'ultimo nato e, anche in assenza di eredi minorenni, il testatore può disporre che la divisione dell'eredità o di alcuni beni di essa non abbia luogo prima che sia trascorso dalla sua morte un termine non eccedente il quinquennio. In entrambi i casi, comunque, l'autorità giudiziaria, qualora gravi circostanze lo richiedano, può, su istanza di uno o più coeredi, consentire che la divisione si effettui senza indugio o dopo un termine minore di quello stabilito dal testatore. La divisione, in ogni caso, sia che avvenga per accordo, sia che avvenga per via giudiziaria, ha effetto dichiarativo-retroattivo, in forza del quale ciascun condividente deve considerarsi titolare «ex tunc», e cioè all'apertura della successione, dei beni assegnatigli (Cass. n. 7231/2006). Il contratto di divisione deve essere trascritto ai sensi degli artt. 2646 e 2685 c.c., quando ha ad oggetto beni immobili o mobili registrati.

Il giudizio di divisione e la divisione in presenza di immobile abusivo

Nel giudizio di divisione ereditaria tutti i coeredi sono litisconsorti necessari (art. 784 c.p.c.). Competente è il Tribunale del luogo di apertura della successione, ai sensi dell'art. 22 c.p.c. Il giudizio di divisione si attua, poi, attraverso tre fasi fondamentali: la fase della c.d. assificazione, finalizzata alla esatta quantificazione del patrimonio ereditario (da effettuarsi con riferimento al tempo della divisione: Cass. n. 5993/2020); quella della formazione delle quote e quella della attribuzione ai singoli coeredi (che a fronte di quote uguali avviene mediante sorteggio).

Tale sequenza ha carattere progressivo per cui non possono i condividenti chiedere direttamente l'attribuzione senza che il giudice abbia previamente disposto il progetto di formazione delle quote ed abbia precisato le modalità della divisione, dando disposizioni in merito all'estrazione a sorte dei lotti (Cass. n. 5266/2011). Una volta formate le quote da parte del giudice, ove non insorgano contestazioni tra i coeredi, il giudice procede all'assegnazione con ordinanza non impugnabile, altrimenti, in presenza di contestazione, si procede secondo le regole generali di cui agli artt. 187 ss. c.p.c., sicché il giudice deciderà con sentenza, previa concessione alle parti dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e repliche. 

Si è chiarito, peraltro, che il giudizio di scioglimento di comunioni non è del tutto compatibile con le scansioni e le preclusioni che disciplinano il processo in generale, intraprendendo i singoli condividenti le loro strategie difensive anche all'esito delle richieste e dei comportamenti assunti dalle altre parti con riferimento al progetto di divisione ed acquisendo rilievo gli eventuali sopravvenuti atti negoziali traslativi, che modifichino il numero e l'entità delle quote; ne deriva il diritto delle parti del giudizio divisorio di modificare, anche in sede di appello, le proprie conclusioni e richiedere per la prima volta l'attribuzione, per intero o congiunta, del compendio immobiliare, integrando tale istanza una mera modalità di attuazione della divisione (Cass. n. 15926/2019). Ai sensi del comma 1-bis dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010 chi intende promuovere un'azione di divisione ereditaria deve preliminarmente esperire il procedimento di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda. La domanda di divisione deve essere, inoltre, trascritta, al pari della sentenza che decide sulla divisione e del provvedimento attributivo delle quote (art. 2646), la cui trascrizione produrrà effetti dalla data di trascrizione della domanda. Come chiarito dalle Sezioni Unite (Cass., S.U., n. 25021/2019) quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria che sia), il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, come richiesti dall'art. 46 d.P.R. n. 380/2001 e dall'art. 40, comma 2,  l. n. 47/1985, costituendo la regolarità edilizia del fabbricato condizione dell'azione ex  art. 713, sotto il profilo della "possibilità giuridica", e non potendo la pronuncia del giudice realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che è consentito alle parti nell'ambito della loro autonomia negoziale , e ciò senza che rilevi che l'abuso sia stato commesso in epoca anteriore alla data di entrata in vigore della legge n. 47/1985 (Cass. n. 2062/2024). La mancanza della documentazione attestante la regolarità edilizia dell'edificio e il mancato esame di essa da parte del giudice sono rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Nell'ipotesi, quindi, in cui tra i beni costituenti l'asse ereditario vi siano edifici abusivi, ogni coerede ha diritto, ai sensi dell'art. 713, comma 1, di chiedere e ottenere lo scioglimento giudiziale della comunione ereditaria per l'intero complesso degli altri beni ereditari, con la sola esclusione degli edifici abusivi, anche ove non vi sia il consenso degli altri condividenti.  Il giudice, una volta accertata la presenza di immobili incommerciabili nel compendio, non può procedere allo scioglimento della comunione neanche in presenza di domande di assegnazione. In questo caso, il giudice deve verificare la possibilità di disporre lo scioglimento della comunione in relazione ai soli beni eventualmente non interessati dalla sanzione della incommerciabilità (Cass. n. 7020/2023).

Bibliografia

Bonilini, Divisione, in Dig. Civ., Torino, 1990, 487 e ss.; Mora, Il contratto di divisione, Milano, 1994, 1 e ss.; Mora, La divisione. Effetti, garanzie e impugnative, Milano, 2014, 1 e ss.; Pischetola, La divisione contrattuale. Profili civilistici e fiscali, Roma, 1 ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario