Codice Civile art. 734 - Divisione fatta dal testatore.Divisione fatta dal testatore. [I]. Il testatore può dividere i suoi beni tra gli eredi [763 2] comprendendo nella divisione anche la parte non disponibile [556]. [II]. Se nella divisione fatta dal testatore non sono compresi tutti i beni lasciati al tempo della morte, i beni in essa non compresi sono attribuiti conformemente alla legge [566 ss.], se non risulta una diversa volontà del testatore. InquadramentoIn caso di successione testamentaria, la divisione può essere fatta direttamente dal testatore, che attribuisca ai singoli eredi beni in proporzione alle rispettive quote ereditarie. In tal caso la divisione ha effetto reale (a differenza di quanto accade nell'ipotesi presa in esame dal precedente art. 733) ed è impedito lo stesso insorgere di una comunione ereditaria. La divisione fatta dal testatoreNon sempre è facile, in concreto, distinguere se ci si trovi di fronte ad una divisione “regolata” con effetti obbligatori ex art. 733, ovvero ad una divisio inter liberos con effetti reali, regolata dall'art. 734: secondo la giurisprudenza di legittimità ricorre l'ipotesi di cui all'art. 734 quando la volontà del testatore è quella di effettuare direttamente la divisione dei suoi beni fra gli eredi, distribuendo tra questi le sue sostanze mediante l'assegnazione di singole quote concrete, con effetti reali ed immediati. Ricorre, invece, l'ipotesi di cui all'art. 733 quando il testatore non divide, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione (Cass. n. 9888/2024; Cass. n. 10761/2019). L'accertamento della ricorrenza in concreto dell'una o dell'altra fattispecie costituisce indagine di fatto sulla volontà del testatore, non sindacabile in sede di legittimità se sorretta da corretta motivazione (Cass. n. 18561/2009). Il testatore che proceda direttamente alla divisione, ai sensi dell'art. 734, può fare ricorso allo strumento del conguaglio in denaro, sia per correggere le ineguaglianze in natura delle quote ereditarie che già si presentino all'atto della formazione del piano di ripartizione, sia per assicurare alle quote il loro valore originario rispetto agli eventuali squilibri dovuti alla fluttuazione dei prezzi di mercato o ad altri non prevedibili eventi (Cass. n. 10306/1996). In caso, invece, di incompletezza della divisione fatta dal testatore, i beni in essa non compresi sono attribuiti secondo le norme della successione legittima, salvo che risulti, ai sensi del secondo comma dell'art. 734, una diversa volontà del testatore. Ove, di contro, il de cuius abbia disposto con il testamento della totalità del suo patrimonio la successione legittima non può coesistere con quella testamentaria (Cass. n. 6697/2002), né possono trovare applicazione le norme sulla collazione, che si giustificano solo in ragione della necessità di procedere a divisione, contrattuale o giudiziale (Cass. n. 12830/2013). La divisione fatta dal testatore, poi, pur potendosi caratterizzare per la formazione di quote disuguali tra i coeredi, incontra un limite nel necessario rispetto dei diritti spettanti ai legittimari, i quali potranno sempre agire per la riduzione delle disposizioni lesive della propria posizione (Cass. n. 2141/1972). Ai sensi, invece, del successivo art. 735, la divisione fatta dal testatore è nulla nel caso in cui il testatore non vi abbia ricompreso taluno dei legittimari o degli eredi istituiti. BibliografiaBonilini, Divisione, in Dig. Civ., Torino, 1990, 487 e ss.; Mora, Il contratto di divisione, Milano, 1994, 1 e ss.; Mora, La divisione. Effetti, garanzie e impugnative, Milano, 2014, 1 e ss.; Pischetola, La divisione contrattuale. Profili civilistici e fiscali, Roma, 1 ss. |