Codice Civile art. 753 - Immobili gravati da rendita redimibile.Immobili gravati da rendita redimibile. [I]. Ogni coerede, quando i beni immobili dell'eredità sono gravati con ipoteca da una prestazione di rendita redimibile [1865 ss., 1869], può chiedere che gli immobili ne siano affrancati e resi liberi prima che si proceda alla formazione delle quote ereditarie [726 ss.]. Se uno dei coeredi si oppone, decide l'autorità giudiziaria. Se i coeredi dividono l'eredità nello stato in cui si trova, l'immobile gravato deve stimarsi con gli stessi criteri con cui si stimano gli altri beni immobili, detratto dal valore di esso il capitale corrispondente alla prestazione, secondo le norme relative al riscatto della rendita [1866], salvo che esista un patto speciale intorno al capitale da corrispondersi per l'affrancazione. [II]. Alla prestazione della rendita è tenuto solo l'erede, nella cui quota cade detto immobile, con l'obbligo di garantire i coeredi. InquadramentoLa norma disciplina l'ipotesi in cui all'interno dell'eredità esista un immobile gravato da una rendita redimibile, quale gravame destinato ad incidere sul valore dell'immobile medesimo. Il campo di applicazione della normaLa norma si riferisce, innanzitutto, alla rendita perpetua c.d. semplice, che, ai sensi dell'art. 1863, è quella che si costituisce dietro cessione di un capitale ed è garantita da ipoteca immobiliare. Tale rendita, infatti, ai sensi dell'art. 1865, è sempre redimibile per volontà del debitore, salva la possibilità per le parti di convenire che il riscatto non possa eseguirsi durante la vita del beneficiario o, comunque, entro un certo termine che non può eccedere i dieci anni. Più controversa l'inquadrabilità nella disciplina in esame della rendita perpetua c.d. fondiaria, benché anche in questo caso ci si trovi di fronte ad una rendita redimibile. La rendita fondiaria, infatti, si costituisce dietro alienazione di un immobile e, quindi, costituisce, secondo la dottrina, un ordinario debito ereditario, assoggettato alle regole generali di cui agli artt. 752 e 754 (Forchielli-Angeloni, in Comm. S. B., 2000, 674). La presenza nel patrimonio ereditario di immobili gravati da rendita redimibileSi prevede, quindi, che qualora nel patrimonio ereditario vi sia un immobile gravato da una rendita redimibile garantita da ipoteca, il coerede può chiedere il riscatto preventivo della rendita — prima cioè della divisione e della formazione delle porzioni e ai sensi dell'art. 1866 — così da evitare, una volta ottenuta l'assegnazione dell'immobile, di provvedere di volta in volta al pagamento della rendita alle singole scadenze, per poi agire in rivalsa nei confronti degli altri coeredi per il recupero pro-quota della somma pagata (eccedente la quota propria). Se a tale richiesta uno degli altri coeredi si oppone, decide l'autorità giudiziaria. Se, invece, manca la richiesta di riscatto preventivo, ovvero se l'autorità giudiziaria decide negativamente sulla richiesta avanzata dal singolo coerede a fronte dell'opposizione degli altri, l'immobile deve entrare nella divisione nello stato in cui si trova, inclusa, quindi, la rendita che su di esso grava. In tal caso, pertanto, il valore dell'immobile a fini divisori dovrà determinarsi detraendo dal suo valore di stima il capitale oggetto della rendita, salvo un diverso patto sul capitale da corrispondersi per l'affrancazione, ai sensi delle leggi speciali (come richiamate dall'art. 1866, ad esempio il r.d.l. n. 1717/1923 e il r.d. n. 426/1926 sull'affrancazione dei canoni, censi e altre prestazioni perpetue o la l. n. 607/1966 in materia di enfiteusi e prestazioni perpetue). A seguito dell'assegnazione dell'immobile, tenuto al pagamento della rendita sarà il solo coerede assegnatario, che avrà però l'obbligo di garantire i coeredi. BibliografiaAlbanese, Della collazione. Del pagamento dei debiti, Milano, 2009, 1 ss. |