Codice Civile art. 763 - Rescissione per lesione.

Giusi Ianni

Rescissione per lesione.

[I]. La divisione può essere rescissa quando taluno dei coeredi prova di essere stato leso oltre il quarto [1448 ss., 2652 n. 1].

[II]. La rescissione è ammessa anche nel caso di divisione fatta dal testatore [734, 735], quando il valore dei beni assegnati ad alcuno dei coeredi è inferiore di oltre un quarto all'entità della quota ad esso spettante.

[III]. L'azione si prescrive in due anni dalla divisione [22 n. 2 c.p.c.].

Inquadramento

La norma prevede la rescindibilità del contratto di divisione qualora taluno dei condividenti dimostri di essere stato leso oltre il quarto (dimostri, cioè, di aver conseguito beni di valore inferiore di almeno un quarto rispetto al valore della quota spettantegli). Molteplici sono le differenze tra l'azione in questione e l'azione generale di rescissione di cui agli artt. 1448 e ss., sia per quanto riguarda i presupposti (richiedendo l'art. 1448 una lesione ultra dimidium tra le prestazioni oggetto di contratto, che sia dipesa dallo stato di bisogno di una parte e di cui l'altra abbia approfittato per trarne vantaggio), sia per quanto riguarda la prescrizione (prescrivendosi l'azione generale di rescissione per lesione nel termine di un anno dalla conclusione del contratto, salvo che il fatto costituisca reato, applicandosi in tal caso la più lunga prescrizione prevista per il reato stesso).

La rescissione del contratto di divisione

L'azione di rescissione di cui all'art. 763, in presenza di una lesione ultra quartum, può essere esercitata anche in caso di divisione fatta dal testatore, ma solo qualora il testatore abbia stabilito la quota di ciascun erede, in modo che sia possibile il raffronto tra il valore dei beni concretamente attribuiti agli eredi e l'entità delle quote ad essi astrattamente attribuite dal testatore (Cass. n. 6449/2008). La lesione, in ogni caso, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 763, deve sussistere ed essersi verificata al momento della divisione, cioè dell'attribuzione delle porzioni ai singoli condividenti e l'impugnazione deve avere ad oggetto il primo atto con cui si realizzi una divisione definitiva, indipendentemente da successive formalizzazioni. Qualora, quindi, i coeredi effettuino una divisione con scrittura privata, l'azione deve essere esercitata nel termine di cui all'art. 763, ultimo comma, pur quando la stessa necessiti di un'ulteriore formalizzazione in atto pubblico, in funzione della trascrizione e delle volture catastali (Cass. n. 4635/2001). Il termine per la proposizione dell'azione è quello biennale che, secondo la giurisprudenza, ha natura sostanziale, dato che il suo decorso estingue il relativo diritto (Cass. n. 1927/1991). L'azione deve essere proposta dal soggetto leso nei confronti di tutti i condividenti, da considerarsi litisconsorti necessari.

Ove essa sia esercitata rispetto ad un trust inter vivos con effetti post mortem per la divisione dei beni in esso conferiti, non è soggetta al criterio di giurisdizione di cui all'art. 50 l. n. 218/1995, bensì a quello generale previsto dall'art. 3 della stessa legge, il quale può essere pattiziamente derogato, ai sensi del successivo art. 4, comma 2, in favore di un arbitro straniero, vertendosi in materia di diritti disponibili (Cass., S.U., n. 18831/2019).

Bibliografia

Burdese, La divisione ereditaria, in Trattato di diritto civile italiano, Torino, 1980, 244; Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, Torino, 1998, 228.

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