Codice Civile art. 774 - Capacità di donare.

Giusi Ianni

Capacità di donare.

[I]. Non possono fare donazione coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni [2, 394, 424, 427]. È tuttavia valida la donazione fatta dal minore e dall'inabilitato nel loro contratto di matrimonio a norma degli articoli 165 e 166.

[II]. Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore emancipato autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale [397].

Inquadramento

Avendo la donazione natura di contratto, essa può essere fatta solo da coloro che abbiano la capacità di disporre dei propri beni.

Appare controverso in dottrina se la norma in commento faccia riferimento alla capacità di agire di cui all'art. 2, posto che la capacità di donare ha delle regole peculiari, non potendo, ad esempio il genitore o tutore, benché legali rappresentanti del minore, porre in essere donazioni in nome e per conto del soggetto rappresentato (art. 777). Anche il minore emancipato autorizzato all'esercizio dell'impresa, inoltre, pur acquistando una generale capacità di agire, non ha la possibilità di porre in essere donazioni, salvo che nel contratto di matrimonio, come evincibile dal secondo comma dell'art. 774.

La capacità di donare

Benché il compimento della donazione postuli la capacità di disporre dei propri beni, l'art. 774 sancisce la validità della donazione effettuata dal minore o dall'inabilitato, i quali, se debitamente assistiti nelle forme previste dalla legge, possono validamente donare nel loro contratto di matrimonio.

È controverso, tuttavia, in dottrina il campo di applicazione di tale disciplina derogatoria, se cioè essa faccia riferimento alle sole donazioni contenute in una convenzione matrimoniale (Torrente, in Tr. C.M., 2006, 323), ovvero se si estenda anche alle donazioni fatte in occasione di matrimonio (De Lorenzo, subart. 165, in Della famiglia, a cura di Balestra, Torino, 2010, 1032).

Si ritiene, invece, in giurisprudenza, che possa validamente donare il beneficiario dell'amministrazione di sostegno, salvo che nel decreto di nomina sia limitata tale facoltà (Trib. La Spezia 2 ottobre 2010). Tale tesi è stata confermata anche da Corte cost. n. 114/2019, che ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento all'art. 774, comma 1, primo periodo, c.c. proprio sul presupposto dell’impossibilità di riferire  il divieto di donazione stabilito dalla disposizione censurata anche ai beneficiari di amministrazione di sostegno, salva diversa previsione da parte del giudice tutelare nel decreto di apertura della procedura.

Quanto alle società, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che avendo esse una capacità giuridica generale, deve considerarsi ammissibile il compimento da parte degli organi preposti di donazioni, ancorché esse esulino od eccedano od, anche, tradiscano lo scopo lucrativo perseguito, dovendosi ritenere che l'oggetto sociale costituisca solamente un limite al potere deliberativo e rappresentativo degli organi societari, la cui violazione non determina la nullità dell'atto, né la sua inefficacia, ma, eventualmente, la responsabilità degli amministratori che lo hanno compiuto (Cass. n. 18449/2015). Stesso discorso è stato fatto per quanto riguarda gli enti pubblici, di cui si è affermata la capacità a donare allorché l'atto di liberalità miri al conseguimento di fini di pubblico interesse, fini che non debbono essere necessariamente quelli istituzionali dell'ente, purché in ogni caso coincidano con quelli cui e diretta l'attività dello stato o di altro ente pubblico (Cass. n. 452/1965).

Quanto, infine, al fallito, si è osservato in dottrina che tale soggetto, in quanto privato dell'amministrazione e della disponibilità dei propri beni, deve considerarsi anche incapace di donare (Tringali, La donazione, Torino, 2004, 140). L'art. 64 r.d. n. 267/1942 (v. ora l'art. 163 d.lgs. n. 14/2019 “Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza”) sancisce, peraltro, l'inefficacia rispetto ai creditori degli atti a titolo gratuito posti in essere dal debitore nei due anni antecedenti la dichiarazione di fallimento (oggi apertura della liquidazione giudiziale), salvo che si tratti di regali di uso e di atti posti in essere in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, sempre che la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.

Bibliografia

Azzariti, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, 853 ss.; Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2015, 1505 ss.

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