Codice Civile art. 818 - Regime delle pertinenze.Regime delle pertinenze. [I]. Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze [667, 1477, 1617, 2811, 2912], se non è diversamente disposto [515 c.p.c.]. [II]. Le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici. [III]. La cessazione della qualità di pertinenza non è opponibile ai terzi i quali abbiano anteriormente acquistato diritti sulla cosa principale [247 2, 863 c. nav.]. InquadramentoL'art. 818 sancisce il principio che gli atti ed i rapporti giuridici che riguardano la cosa principale comprendono anche le pertinenze, salvo che non sia diversamente disposto. Le pertinenze possono, infatti, formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici. Il proprietario del bene principale e di quello costituente pertinenza, nel trasferire a terzi la proprietà del primo bene, può sempre riservarsi quella dell'altro, determinando in tal modo la cessazione del vincolo pertinenziale, cessazione che rimane, tuttavia, in opponibile ai terzi che abbiano già acquistato diritti sulla cosa principale. EffettiPer il disposto degli artt. 817 e 818, la relazione pertinenziale tra due cose determina automaticamente l'estensione alla pertinenza degli effetti degli atti e rapporti giuridici aventi ad oggetto la cosa principale, salvo che il rapporto strumentale sia cessato anteriormente all'atto concernente la cosa principale ovvero da questo risulti espressamente la volontà del proprietario di escludere la pertinenza come oggetto dello stesso (Cass. II, n. 6873/1994). Il comma 2 della norma in commento, non implica, tuttavia, la necessità, nel caso di alienazione separata della pertinenza e di conseguente cessazione del rapporto pertinenziale, dell'espressa (e formale) dichiarazione della volontà della nuova e diversa destinazione della cosa (Cass. II, n. 4832/1994). La mancata estensione alla pertinenza degli effetti degli atti e dei rapporti giuridici aventi ad oggetto la cosa principale può, cioè, anche non essere espressamente enunciato nell'atto avente ad oggetto la cosa principale, purché risulti da chiari ed univoci elementi contenuti nello stesso (Cass. II, n. 26946/2006). Non contenendo la norma alcuna limitazione al riguardo, il vincolo pertinenziale assume rilevanza non soltanto nel caso in cui il contratto che lo riguarda sia di natura obbligatoria, ma anche nel caso in cui il detto contratto sia ad effetti reali (Cass. II, n. 2278/1990). Gli accessori pertinenziali di un bene immobile (quali, ad esempio, la cantina o il box dell'unità immobiliare) devono così ritenersi compresi nel suo trasferimento, anche nel caso di mancata indicazione nell'atto di compravendita, essendo necessaria un'espressa volontà contraria per escluderli (Cass. II, n. 634/2003; Cass. II, n. 12866/2022, che ha escluso che potesse desumersi una volontà contraria ad escludere il trasferimento di un cortile pertinenziale, benché non indicato nell'atto di compravendita, dal riconoscimento, in capo all'acquirente, di una servitù di passaggio sulla comproprietà del bene, potendo essa giustificarsi nell'intenzione di assicurare un vantaggio per la proprietà esclusiva dell'acquirente, eccedente i limiti di comproprietà ex art. 1102, posto a carico della comunione residua). Si è affermato che il principio dettato dal comma 1 dell'art. 818 trova applicazione anche quando gli atti giuridici aventi per oggetto le cosa principale siano rappresentati da disposizioni testamentarie (Cass. II, n. 3363/1985). Ai sensi dell'art. 818, altresì l'assegnazione della casa coniugale deve intendersi estesa al box, sottoposto, in quanto pertinenza, allo stesso regime della cosa principale (Cass. I, n. 24104/2009). Il ruolo servente che la cosa aggiunta svolge rispetto a quella principale in funzione migliorativa spiega il senso del comma 1, per cui la circolazione del bene principale coinvolge di regola anche la pertinenza; tuttavia, trattandosi di cose distinte e non congiunte, è astrattamente ipotizzabile una circolazione separata delle pertinenze: nel qual caso, come pure nell'ipotesi di alienazione della cosa principale senza la pertinenza, viene a cessare il legame pertinenziale che si era costituito con l'atto di destinazione (De Martino, in Comm. S.B., 1976, 53 ss.; Scozzafava, in Comm. S., 1999, 143 ss.). Cessazione della qualità di pertinenzaL'accertamento della cessazione del vincolo pertinenziale, operata dal proprietario del bene principale e di quello costituente pertinenza, che si riservi la proprietà di questa nel trasferire a terzi la proprietà del primo bene, costituisce oggetto di accertamento di fatto riservato al giudice di merito (Cass. II, n. 6009/2000). Il vincolo pertinenziale tra la cosa accessoria e la cosa principale cessa, pertanto, quando viene oggettivamente meno la destinazione funzionale tra i due beni e quando l'avente diritto, con atto volontario, dispone separatamente della pertinenza (Cass. II, n. 10147/2004). Giacché la destinazione in modo durevole di una cosa - pure immobile - a servizio od ornamento di un'altra non necessita di alcuna forma solenne, anche la volontà di esclusione o cessazione di un rapporto pertinenziale tra le due cose può essere desunta da qualsiasi elemento a tal fine ritenuto idoneo (Cass. II, n. 6656/2003). Si assume, altrimenti, che, nel caso di immobili, l'automatica estensione alla cosa pertinenziale degli atti e dei rapporti, aventi per oggetto la cosa principale, può esser esclusa soltanto mediante la manifestazione espressa di una volontà contraria, negoziale, non desumibile aliunde (Cass. II, n. 6230/ 2000). Il comma 3 dell'art. 818 comporta però che, qualora la cosa già destinata a pertinenza sia un immobile, la cessazione del rapporto pertinenziale, che si assuma essere avvenuta anteriormente alla vendita della cosa principale, in conseguenza di un atto di disposizione avente ad oggetto la sola pertinenza, può essere opposta all'acquirente della cosa principale unicamente se tale atto sia stato concluso per iscritto e sia stato trascritto prima di quello relativo a quest'ultima, restando esclusa ogni possibilità di far valere detta cessazione in forza di meri comportamenti e di atti privi della forma scritta (Cass. II, n. 3098/1987). In caso di compravendita, ove insorga sul punto contestazione, grava sul compratore l'onere di provare la sussistenza di un rapporto pertinenziale o di accessorietà e sul venditore quello di provare che tale rapporto è venuto meno (Cass. III, n. 808/1997). Più in particolare, qualora, il compratore agisca,ex art. 1477, nei confronti del venditore per la consegna della cosa che egli assume costituire pertinenza della cosa principale oggetto della compravendita, ed il venditore neghi in toto l'esistenza di un nesso pertinenziale o ne deduca la cessazione in data anteriore alla conclusione della compravendita medesima, l'onere probatorio si ripartisce nel senso che l'attore è tenuto a provare la nascita del rapporto pertinenziale, e non anche la sua protrazione fino al momento della conclusione della vendita, mentre al convenuto spetta provare la cessazione, avvenuta medio tempore, di tale rapporto (Cass. II, n. 5790/1983). BibliografiaBiondi, voce Cosa mobile ed immobile (diritto civile), in Nss. D.I., IV, Torino 1959, 1024 ss.; La Torre, Il bene «duale» nella teoria delle cose, in Giust. civ. 2008, 267 ss.; Scozzafava, I beni e le forme giuridiche di appartenenza, Milano, 1982, 90; Trimarchi, Universalità di cose, in Enc. dir., XLV, Milano 1992, 820. |