Codice Civile art. 839 - Beni d'interesse storico e artistico.

Antonio Scarpa

Beni d'interesse storico e artistico.

[I]. Le cose di proprietà privata, immobili e mobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnografico, sono sottoposte alle disposizioni delle leggi speciali [733 c.p.] (1).

(1) V. d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42.

Inquadramento

Gli artt. da 834 a 838 contemplano provvedimenti ablatori, privativi o limitativi del diritto di proprietà privata, per finalità di pubblico interesse, per gravi e urgenti necessità pubbliche o per esigenze della produzione nazionale, mentre l'art. 839, per le cose di proprietà privata di interesse culturale, fa rinvio alle e disposizioni delle leggi speciali oggi contenute nel d.lgs. n. 42/2004Codice dei beni culturali»).

In particolare, la requisizione consente alla pubblica amministrazione di acquisire la disponibilità, di un bene mobile o immobile, per ragioni di grave necessità pubblica, mentre l'ammasso consiste nel conferimento obbligatorio del prodotto agricolo o industriale, mediante 'acquisto da parte dello Stato della proprietà del bene conferito.

L'espropriazione per pubblico interesse

L'espropriazione coattiva per pubblico interesse, cui si riferiscono l'art 834 e l'art 42, comma 3, Cost., presenta la caratteristica essenziale che la privazione del diritto di proprietà è imposta autoritativamente al soggetto in riferimento ad una qualità della cosa in se obbiettivamente considerata e ad un correlativo interesse generale.

L'art. 834 dispone che il proprietario non può essere espropriato «se non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata, e contro il pagamento di una giusta indennità».

La materia è attualmente disciplinata dal d.P.R. n. 327/2001 (T.U. in materia di espropriazione per pubblica utilità).

Gli interventi della Corte costituzionale, costituiti dalle sentenze Corte cost. nn. 348 e 349/2007, e Corte cost. n. 181/2011, hanno portato ad un'evoluzione normativa del sistema indennitario italiano.

L'indennizzo espropriativo, in base all'art. 37, comma 1, d.P.R. n. 327/2001, come modificato dalla l. n. 244/2007, è ormai strettamente correlato al valore venale del bene.

Il serio ristoro ex art. 42, comma 3, Cost., imposto per ogni sacrificio della proprietà dettato da motivi d'interesse generale, si identifica con il giusto prezzo nella libera contrattazione di compravendita. L'unico limite si rinviene nella disciplina urbanistica del suolo indennizzabile, in quanto le regole di mercato non possono ignorare la destinazione impressa al bene dagli strumenti di razionale programmazione del territorio, di tal ché il terreno agricolo e il suolo considerato inedificabile per l'imposizione di un vincolo conformativo, non possono ottenere surrettizie valorizzazioni edificatorie (Cass. I, n. 13515/2014; Cass. I, n. 6743/2014; Cass. I, n. 15223/2014).

Occupazione usurpativa e appropriativa

La necessità di interpretare il diritto interno in materia di espropriazione per pubblica utilità, in conformità con il principio enunciato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, secondo cui l'espropriazione stessa deve sempre avvenire in “buona e debita forma” (reputando, peraltro, contrario alla Convenzione l'istituto della cosiddetta “espropriazione indiretta”, e negando l'ammissibilità di sistemi di acquisizione diversi da quello consensuale del contratto e da quello autoritativo del procedimento ablatorio), ha poi di recente convinto la giurisprudenza italiana che l'illecito spossessamento del privato da parte della P.A. e l'irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un'opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all'acquisto dell'area da parte dell'Amministrazione, sicché il privato ha diritto a chiederne la restituzione, salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno per equivalente (Cass. S.U., n. 18272/2019; Cass. S.U., n. 735/2015; Cass. I, n. 1804/ 2013; Cass. II, n. 705/2013).

Acquisizione sanante

La Corte costituzionale, nella sentenza Corte cost. n. 71/2015, ha, invece, ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, introdotto dall'art. 34, comma 1, d.l. n. 98/2011, convertito in l. n. 111/2011, in relazione agli artt. 3, 24, 42, 97, 111 e 117 Cost., anche alla luce dell'art. 6 e dell'art. 1 del Protocollo I addizionale della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Bibliografia

Rescigno, Proprietà (dir. priv.), in Enc. dir., XXXVII, Milano, 1988, 254 ss.; Baldassarre, Proprietà (dir. cost.), in Enc. giur. XXV, Roma 1991; Giannini, Basi costituzionali delle proprietà privata, in Pol. dir. 1971, 475 ss.; Moscarini, Proprietà privata e tradizioni costituzionali comuni, Milano, 2006; Sandulli, Profili costituzionali della proprietà privata, in Riv. Trim. dir. proc. civ. 1972, 465 ss.; Sandulli, Nuovo regime dei suoli e Costituzione, in Riv. giur. edil. 1978, II, 80 ss.

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