Codice Civile art. 885 - Innalzamento del muro comune.Innalzamento del muro comune. [I]. Ogni comproprietario può alzare il muro comune, ma sono a suo carico tutte le spese di costruzione e conservazione della parte sopraedificata [903 2]. Anche questa può dal vicino essere resa comune a norma dell'articolo 874. [II]. Se il muro non è atto a sostenere la sopraedificazione, colui che l'esegue è tenuto a ricostruirlo o a rinforzarlo a sue spese. Per il maggiore spessore che sia necessario, il muro deve essere costruito sul suolo proprio, salvo che esigenze tecniche impongano di costruirlo su quello del vicino. In entrambi i casi il muro ricostruito o ingrossato resta di proprietà comune, e il vicino deve essere indennizzato di ogni danno prodotto dall'esecuzione delle opere. Nel secondo caso il vicino ha diritto di conseguire anche il valore della metà del suolo occupato per il maggiore spessore. [III]. Qualora il vicino voglia acquistare la comunione della parte sopraelevata del muro, si tiene conto, nel calcolare il valore di questa, anche delle spese occorse per la ricostruzione o per il rafforzamento. InquadramentoProseguendo nel delineare le possibili iniziative in capo al comproprietario del muro in comune, la norma in commento stabilisce che quest'ultimo possa innalzare lo stesso muro, restando però a suo carico tutte le spese di costruzione e conservazione della parte sopraedificata, ma anche questa parte può dal vicino essere resa comune ai sensi del precedente art. 874. Qualora il muro non sia idoneo a sostenere la sopraedificazione, colui che l'esegue è tenuto a ricostruirlo o a rinforzarlo a sue spese, prevedendo che, per il maggiore spessore che sia necessario, il muro deve essere costruito sul suolo proprio, salvo che esigenze tecniche impongano di costruirlo su quello del vicino. In entrambi i casi il muro ricostruito o ingrossato resta di proprietà comune, e il vicino deve essere indennizzato di ogni danno prodotto dall'esecuzione delle opere, mentre, nel secondo caso, il vicino ha diritto di conseguire anche il valore della metà del suolo occupato per il maggiore spessore. Qualora, poi, il vicino voglia acquistare la comunione della parte sopraelevata del muro, si tiene conto, nel calcolare il valore di questa, anche delle spese occorse per la ricostruzione o per il rafforzamento. Resta inteso che tale facoltà di innalzamento del muro comune non può essere esercitata in violazione delle distanze legali stabilite specificamente per le vedute dall'art. 907, sicché l'innalzamento del muro comune che delimiti un terrazzo o un lastrico solare con opere, quali un parapetto, destinate permanentemente ed inequivocamente all'esercizio della servitù di veduta, non può essere consentito, risolvendosi in un impedimento all'esercizio del corrispondente diritto da parte del proprietario del fondo dominante. Modalità della costruzioneInnanzitutto, la giurisprudenza si è preoccupata di perimetrare le modalità realizzatorie di tale iniziativa volta all'innalzamento del muro comune. Al riguardo, si è chiarito (Cass. II, n. 3330/1987) che l'esercizio da parte del comproprietario della facoltà di innalzare il muro comune ai sensi dell'art. 885 non richiede che la sopraelevazione sia estesa a tutto lo spessore del muro, potendo essere contenuta nei limiti della linea mediana sempre che le modalità della costruzione consentano al vicino di fare analogo uso del muro stesso e in particolare non gli sottraggano il diritto di chiedere in futuro la comunione della parte sopraelevata per l'intera estensione; pertanto, la detta facoltà di elevazione parziale del muro comune non può essere riconosciuta quando il comproprietario abbia costruito un debole manufatto in vetro e ferro appoggiato solo in parte al muro di confine, non suscettibile né di diventare oggetto di proprietà comune col vicino, né di sostenere un'eventuale sopraedificazione di quest'ultimo. Ad avviso della dottrina, sotto il profilo tecnico, la sopraelevazione può essere attuata in due modi diversi: o senza modificare il muro esistente, oppure rinforzandolo o aumentandone lo spessore, restando intesi che, nel primo caso, chi esegue la sopraelevazione è obbligato soltanto a sostenere le spese di costruzione e quelle di manutenzione. Comunque, per la sopraelevazione, potranno essere adoperati anche materiali diversi da quelli usati per il muro sottostante (Albano, Muro, in Nss. D.I, X. Torino 1964, 1023). Resta inteso (Cass. II, n. 19142/2013) che la disposizione dell'art. 885, che consente al comproprietario di alzare il muro comune, non interferisce con la disciplina in materia di distanze legali, né deroga alla stessa, questa perseguendo la funzione di evitare intercapedini dannose tra fabbricati (normativa codicistica) e anche di tutelare l'assetto urbanistico di una data zona e la densità degli edifici in relazione all'ambiente (disciplina regolamentare, richiamata dall'art. 873). Consenso del comproprietarioRimarcando il fatto che la facoltà contemplata dall'art. 885 rimane è svincolata dal regime normale della comunione e non trova alcuna restrizione negli artt. 1102 e 1108, si è ripetutamente affermato che il muro comune divisorio può essere sopraelevato senza necessità di consenso dell'altro comproprietario. In quest'ottica, il comproprietario può innalzare il muro comune senza il consenso del condomino e senza alcun vincolo di destinazione, salvo i limiti costituiti dal divieto di atti emulativi e dalle esigenze di contemperamento dei reciproci interessi e di rispetto dei diritti altrui, quali quello di veduta che non può essere impedito dall'innalzamento del muro (Cass. II, n. 6407/1994). Utilizzazione in forma diversa dalla sopraelevazioneAl contempo, però, il citato art. 885 — il quale consente a ciascuno dei comproprietari del muro comune di innalzarlo, divenendo proprietario esclusivo della parte sopraelevata, e riconosce coevamente all'altro comproprietario la facoltà di rendere comune tale parte, ai sensi del precedente art. 874 c.c. — poiché derogativo alla comune disciplina dell'accessione (sotto il primo profilo), non è suscettibile di applicazione analogica, con la conseguente impossibilità di utilizzare lo spazio sovrastante il muro comune in forma diversa dalla sopraelevazione, e, in quanto specifica applicazione della regola generale di cui all'art. 1102 (sotto il secondo profilo), implica il divieto di qualsiasi costruzione impeditiva di una pari utilizzazione dello spazio sovrastante il muro comune, onde colui che sopraeleva deve comportarsi in modo da rispettare simile eventualità, non affatto esclusa dalle modalità di costruzione già attuate dall'altro comproprietario, non comportando la circostanza che questi abbia già costruito senza utilizzare ovvero utilizzando solo parzialmente lo spazio aereo sovrastante il muro comune rinunzia a chiedere in futuro la comunione della parte sopraelevata per l'intera sua estensione (Cass. II, n. 5596/1981). Trova conferma, quindi, che l'art. 885, che riconosce ad ogni comproprietario la facoltà di alzare il muro comune, introduce una deroga sia al normale regime della comunione che a quello dell'accessione, perché consente – anche senza il consenso dell'altro comproprietario del muro – la formazione di una proprietà separata ed esclusiva della sopraelevazione, appartenente al comproprietario che per primo abbia innalzato il muro comune, il quale può altresì giovarsi, nella prosecuzione in altezza, dello stesso principio di prevenzione adottato sulla base della costruzione, fatta salva la possibilità per il vicino comproprietario di chiedere la comunione del muro sopraelevato (Cass. II, n. 8000/2018). BibliografiaAlvino, Costruzione su fondi non contigui ed osservanza delle distanze, in Giust. civ., 1983, I, 156; Benedetti, Distanze legali tra costruzioni: il punto sull'applicazione dell'art. 873 c.c., in Riv. giur. edil. 1999, I, 456; De Cupis, Sulla distanza legale tra costruzioni, in Giust. civ. 1982, II, 431; De Giovanni, Rapporti di vicinato, Milano, 2013; Del Bene, Distanze tra costruzioni, in Enc. giur., XI, Roma, 1996; Fusaro, Le distanze nelle costruzioni, in Nuova giur. civ. 1986, II, 165; Galletto, Distanze fra costruzioni, in Dig. civ., VI, Torino, 1990; Terzago G. - Terzago P., I rapporti di buon vicinato, Milano, 1996. |