Codice Civile art. 896 - Recisione di rami protesi e di radici.Recisione di rami protesi e di radici. [I]. Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali. [II]. Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti. [III]. Se a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario dell'albero, per la raccolta di essi si applica il disposto dell'articolo 843. InquadramentoLa norma in commento prevede l'eventualità che i rami degli alberi del proprietario di un fondo si protendono sul fondo del vicino: in tal caso, quest'ultimo può in qualunque tempo costringere il primo a tagliarli, come può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali. Comunque, si presuppone che gli alberi siano posti a distanza legale, perché, se fosse violata la distanza minima, il proprietario avrebbe diritto di pretendere, ex art. 894, l'estirpazione dell'intero albero, e non la sola recisione di una parte. L'art. 896 considera illegittimo l'addentrarsi nei fondi altrui di radici provenienti da alberi posti nel fondo limitrofo, riconoscendo al proprietario del fondo il diritto di tagliare dette radici senza imporgli alcun obbligo di erigere barriere atte ad impedire alle radici di penetrare nel suo fondo. Il diritto di pretendere la potatura dei rami degli alberi del vicino che si protendono sulla proprietà altrui, così come disciplinata dall'art. 896, non è limitato dalle norme pubblicistiche a tutela del paesaggio e, in particolare, dal vincolo posto dall'art. 146 del d.lgs. n. 490/1999 in quanto tra i due ordini di norme non sussiste un nesso di specialità, essendo la disciplina codicistica rivolta alla tutela delle proprietà privata e quella pubblicistica alla protezione del patrimonio paesaggistico nel suo complesso. Per quanto concerne i frutti, sempre che gli usi locali non dispongano diversamente, si prevede che i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti. Se, poi, a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario dell'albero, per la raccolta di essi si applica il disposto dell'art. 843, che disciplina le modalità ed i limiti di accesso al fondo del vicino. Recisione di rami e raccolta di fruttiDunque, la norma de qua riconosce al proprietario di un fondo — da intendersi in senso ampio, comprendendovi chiunque usufruisca del fondo, e quindi anche l'usufruttuario e l'affittuario — il potere di costringere il vicino, i cui rami si protendono nel suo fondo, a tagliarli, mentre egli stesso può tagliare direttamente le radici che vi si addentrano. A fondamento di tale distinzione, la dottrina richiama il maggior pregiudizio che potrebbe arrecare all'albero il taglio dei rami non fatto a regola d'arte o il maggior danno arrecato al fondo confinante dall'invasione delle radici rispetto al protendimento dei rami, ma, più fondatamente, si è opinato che la ratio della distinzione sia da rintracciarsi nella considerazione che la recisione delle radici può avvenire anche involontariamente durante l'aratura dei campi ed è impensabile che i lavori debbano essere sospesi in attesa che sia fatta giustizia (Casadei, Alberi, in Dig. civ., I, Torino, 1987, 249). Rientrano nella previsione del comma 2 solo i frutti dei rami protesi e non degli altri rami. Per caduta naturale deve intendersi quella che non avvenga per opera dell'uomo, ma esclusivamente per maturità o per opera di agenti naturali (contra, De Martino, in Comm. S. B., 1976, 365, il quale ritiene che debba trattarsi esclusivamente di caduta determinata dalla maturità, e non da altri accadimenti naturali estranei alla vita dei frutti, come vento e grandine, costituendo l'acquisto dei frutti una specie di corrispettivo per il pregiudizio sopportato) Se invece i frutti, in base agli usi, appartengono al proprietario dell'albero si applicherà l'art. 843: il vicino dovrà permettere l'accesso al suo fondo sempre che ne venga riconosciuta la necessità, salvo indennizzo dei danni arrecatigli; parimenti avviene, qualora il proprietario dell'albero abbia il diritto di protendere i rami sul fondo del vicino in virtù di una servitù; e ciò perché non vi è, in tal caso, alcuna ragione giuridica di impedire il normale sfruttamento dell'albero (contra, Piazza, Alberi, in Nuovo D.I., I, Torino 1957, 453). UsucapioneIn argomento, si è puntualizzato che il diritto di fare protendere i rami degli alberi del proprio fondo in quello confinante non può essere acquistato per usucapione perché l'art. 896 implicitamente lo esclude, riconoscendo espressamente al proprietario del fondo sul quale i rami si protendono il potere di costringere il vicino a tagliarli in qualunque tempo (Cass. II, n. 4361/2002). ServitùAl contempo, la servitù consistente nel diritto di mantenere i rami di un albero protesi per un metro all'interno del fondo del vicino non osta all'esercizio da parte del proprietario confinante del suo diritto, a norma dell'art. 896, di costringere il proprietario degli alberi a tagliare i rami che si protendono sul suo fondo per la parte eccedente (Cass. II, n. 28348/2013). E ancora, il diritto di mantenere i rami di un albero protesi verso il fondo del vicino (art. 896) può legittimamente costituire oggetto di servitù — potendo quest'ultima avere ad oggetto non soltanto una maggior utilità, ma anche semplicemente una maggior comodità o mera amenità del fondo dominante — a condizione che questa nasca per titolo o per destinazione del padre di famiglia (e non anche per usucapione, potendo il proprietario del fondo confinante costringere in qualunque tempo il vicino a tagliarli), conseguendone che, al fine di ritenere legittimo il protendimento dei rami, il proprietario del fondo è tenuto a provare non già l'esistenza di una servitù di tenere l'albero a distanza inferiore a quella legale, bensì la costituzione (per titolo o per destinatio patris familiae) della specifica servitù di protendimento dei rami nel fondo vicino (Cass. II, n. 5928/1999; Cass. II, n. 8245/1997). BibliografiaAlvino, Costruzione su fondi non contigui ed osservanza delle distanze, in Giust. civ., 1983, I, 156; Benedetti, Distanze legali tra costruzioni: il punto sull'applicazione dell'art. 873 c.c., in Riv. giur. edil. 1999, I, 456; De Cupis, Sulla distanza legale tra costruzioni, in Giust. civ. 1982, II, 431; De Giovanni, Rapporti di vicinato, Milano, 2013; Del Bene, Distanze tra costruzioni, in Enc. giur., XI, Roma, 1996; Fusaro, Le distanze nelle costruzioni, in Nuova giur. civ. 1986, II, 165; Galletto, Distanze fra costruzioni, in Dig. civ., VI, Torino, 1990; Terzago G. - Terzago P., I rapporti di buon vicinato, Milano, 1996. |