Codice Civile art. 915 - Riparazione di sponde e argini.Riparazione di sponde e argini. [I]. Qualora le sponde o gli argini che servivano di ritegno alle acque siano stati in tutto o in parte distrutti o atterrati, ovvero per la naturale variazione del corso delle acque si renda necessario costruire nuovi argini o ripari, e il proprietario del fondo non provveda sollecitamente a ripararli o a costruirli, ciascuno dei proprietari che hanno sofferto o possono ricevere danno può provvedervi, previa autorizzazione del tribunale, che provvede in via d'urgenza [700 c.p.c.] (1). [II]. Le opere devono essere eseguite in modo che il proprietario del fondo, in cui esse si compiono, non ne subisca danno, eccetto quello temporaneo causato dall'esecuzione delle opere stesse [916, 917]. (1) Comma così modificato dall'art. 149 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51. InquadramentoLa norma in commento disciplina l'eventualità in cui le sponde o gli argini, che servivano di ritegno alle acque, siano stati in tutto o in parte distrutti o atterrati, oppure per la naturale variazione del corso delle acque si renda necessario costruire nuovi argini o ripari, stabilendo che, qualora il proprietario del fondo non provveda sollecitamente a ripararli o a costruirli, ciascuno dei proprietari che hanno sofferto o possono ricevere danno può provvedervi, previa autorizzazione del Tribunale, che provvede in via d'urgenza ai sensi dell'art. 700 c.p.c. Comunque, le suddette opere devono essere eseguite in modo che il proprietario del fondo, in cui esse si compiono, non ne subisca danno, eccetto ovviamente quello temporaneo causato dall'esecuzione delle opere stesse. La disciplina degli artt. 915, 916 e 917 in tema di riparazione o ricostruzione delle sponde e degli argini che servono di ritegno alle acque concerne sia i corsi naturali delle acque, sia i corsi delle acque irrigue, data la mancanza di una qualsiasi specificazione e considerata la ratio delle disposizioni citate, identificabile esclusivamente nell'esigenza di impedire che le acque, defluenti per qualunque motivo ed in qualunque momento nei canali o nei fossi di un fondo, tracimino, per il cattivo stato di manutenzione delle sponde o degli argini, nel fondo confinante. Qualora l'alterazione dello stato dei luoghi sia addebitabile a cause naturali o ad atti e fatti non imputabili, né riferibili al proprietario del fondo superiore, il vicino, che risente pregiudizio dall'alterazione del naturale deflusso delle acque, ha azione solamente nell'àmbito delle disposizioni contenute negli artt. 915, 916 e 917, che espressamente disciplinano la riparazione di sponde e di argini distrutti od interrati e la rimozione degli ingombri, insieme con l'onere delle relative spese per i vari proprietari interessati alle riparazioni nonché il risarcimento dei danni. Ad avviso del massimo organo di nomofilachia, la disciplina di cui all'art. 915, in tema di riparazione o ricostruzione delle sponde e degli argini che servono “di ritegno alle acque”, si applica anche per i laghi, non essendo questi ultimi privi di sponda e di argine, ed attesa l'assenza di qualsivoglia distinzione, nella suddetta disposizione, tra acque lacuali o fluviali (Cass. S.U., n. 13860/2015). Secondo la dottrina, la disciplina in esame non è assimilabile alla comunione, in quanto non sembra che la rinuncia al diritto di utilizzare il corso d'acqua possa liberare il proprietario del fondo dalla contribuzione alle spese per la manutenzione e la riparazione delle sponde o degli argini (Costantino, 61). Accesso sul fondoIn argomento, si è precisato (Cass. II, n. 3264/1987) che il proprietario del fondo superiore, purché l'alterazione dello stato dei luoghi non sia stata realizzata da lui, o da altri del cui operato egli debba comunque rispondere, non è tenuto a provvedere direttamente alla riparazione di argini o alla rimozione di ingombri che rechino pregiudizio al vicino impedendo il normale deflusso delle acque, ma, ove intenda astenersi o non vi provveda sollecitamente, deve permettere ai proprietari interessati di accedere sul suo fondo per provvedere all'eliminazione dei predetti ostacoli e contribuire nelle relative spese in proporzione del vantaggio derivante al terreno di sua proprietà. Qualora il proprietario non provveda sollecitamente alla manutenzione degli argini e, in genere, delle opere esistenti per la difesa contro le acque, ciascun vicino, che ha sofferto o può ricevere danno, può eseguire le opere necessarie, previa autorizzazione del magistrato. In tal caso, le opere dovranno essere eseguite in modo che il proprietario del fondo da esse interessato non ne subisca danno, eccetto quello temporaneo causato dall'esecuzione stessa (Branca, Ostruzioni di fossi e diminuzioni di acque, in Foro it. 1951, I, 1506). Distruzione di argineAi sensi dell'art. 915, ove la distruzione di un argine che serviva di ritegno alle acque sia imputabile al proprietario del fondo in cui esso insisteva ed il medesimo non provveda alla ricostruzione (come, uti dominus potrebbe fare), ben possono provvedervi (con suo obbligo, per intanto, di consentire) gli altri proprietari interessati, nel qual caso la spesa relativa grava totalmente, in forza del successivo art. 917, sul predetto proprietario; pertanto, di fronte ad una domanda di condanna di quest'ultimo alla ricostruzione dell'argine, la pronunzia può essere limitata alla condanna sostenere le spese necessarie per la riparazione, senza che al riguardo si configuri il vizio di extrapetizione, trattandosi di pretesa per implicito contenuta nella espressa più ampia richiesta di ricostruzione (Cass. II, n. 3882/1981). BibliografiaAzzaro, Scoli e avanzi d'acqua (servitù di), in Dig. civ., XVIII, Torino, 1998; Calabrese, Diritto sulle acque private e limiti nel loro uso, in Giur. agr. it. 1982, 39; Costantino, Acque private, in Dig. civ., I, Torino, 1987; Gaggero, Presa o derivazione d'acqua (servitù di), in Dig. civ., XIV, Torino, 1996; La Rocca, Problemi pratici derivanti dalla normativa in materia di deflusso delle acque per la pendenza del terreno, in Giur. agr. it. 1983, 474; Lipari, Alterazione del deflusso naturale di acque e risarcimento del danno, in Giur. agr. it. 1987, 486; Pescatore - Albano - Greco, Commentario del codice civile, III, Della proprietà, Torino, 1968; Taldone, Lavori nell'alveo di un fiume e necessità di preventiva autorizzazione, in Dir. e giur. agr. e ambiente 2005, 601. |