Codice Civile art. 986 - Addizioni.

Alberto Celeste

Addizioni.

[I]. L'usufruttuario può eseguire addizioni che non alterino la destinazione economica della cosa [981].

[II]. Egli ha diritto di toglierle alla fine dell'usufrutto, qualora ciò possa farsi senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizioni stesse. In questo caso deve essere corrisposta all'usufruttuario un'indennità pari alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna [157 trans.].

[III]. Se le addizioni non possono separarsi senza nocumento della cosa e costituiscono miglioramento di essa, si applicano le disposizioni relative ai miglioramenti [985].

Inquadramento

Per le addizioni, si applica la regola già esposta in tema di accessione, nel senso che l'usufruttuario ha lo ius tollendi qualora il suo esercizio non arrechi nocumento alla cosa, tranne che il proprietario non preferisca ritenere le addizioni, nel qual caso egli deve la minor somma tra lo speso ed il migliorato. Nello specifico, la norma in commento prevede che l'usufruttuario possa eseguire addizioni, ma, in sintonia con il connotato che caratterizza l'istituto, tali opere non devono alterare la destinazione economica della cosa. Il medesimo usufruttuario ha diritto di togliere tali addizioni alla fine dell'usufrutto, qualora ciò possa farsi senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizioni stesse e, in questo caso, deve essere corrisposta all'usufruttuario un'indennità pari alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna. Qualora le addizioni non possano separarsi senza nocumento della cosa e costituiscano miglioramento di essa, si applicano le disposizioni relative ai miglioramenti delineate nel precedente art. 985. Pertanto, se l'usufruttuario effettua addizioni sul fondo, non sussiste alcuna presunzione che egli abbia inteso fare indiretta donazione al nudo proprietario delle somme spese per la costruzione: tale situazione può importare a vantaggio dell'usufruttuario soltanto l'applicazione dell'art. 986, e cioè la possibilità di un indennizzo al quale l'usufruttuario può avere, in concreto, inteso rinunciare.

Dunque, al momento dell'estinzione dell'usufrutto, l'usufruttuario può rimuovere le addizioni che siano separabili senza nocumento della cosa principale. Il proprietario che intenda impedire tale rimozione è tenuto ad indennizzare l'usufruttuario, anche nell'ipotesi in cui le addizioni non costituiscano un miglioramento. Con riferimento, invece, alle addizioni inseparabili, l'indennità è dovuta solo qualora le stesse comportino un miglioramento e questo sussista al momento della restituzione.

In dottrina (De Cupis, 1118), si è rilevato come sarebbe stato più logico commisurare l'indennità dovuta dal proprietario che intenda trattenere le addizioni separabili alla spesa effettivamente sostenuta dall'usufruttuario, piuttosto che alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna. Comunque, tale indennità, al pari di quella dovuta per i miglioramenti apportati dall'usufruttuario, si configura come debito di valore.

Bibliografia

Caterina, Usufrutto e proprietà temporanea, in Riv. dir. civ. 1999, II, 715; De Cupis, Usufrutto, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992; Di Bitonto, Usufrutto, in Enc. dir., XVI, Milano, 2008; Mazzon, Usufrutto, uso e abitazione, Padova, 2010; Musolino, L'usufrutto, Bologna, 2011; Plaia, Usufrutto, uso, abitazione, in Dig. civ., XIX, Torino, 1999; Ruscello, Origini ed evoluzione storica dell'usufrutto legale dei genitori, in Dir. fam. 2009, 1329.

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