Codice Civile art. 1005 - Riparazioni straordinarie.Riparazioni straordinarie. [I]. Le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario. [II]. Riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta. [III]. L'usufruttuario deve corrispondere al proprietario, durante l'usufrutto, l'interesse [1284] delle somme spese per le riparazioni straordinarie. InquadramentoA completamento della disposizione precedente, che prevedeva le spese a carico dell'usufruttuario, la norma in commento delinea quelle che deve sopportare il nudo proprietario, essenzialmente connesse alle riparazioni straordinarie, intendendo per tali quelle che superano i limiti di conservazione della cosa e delle sue utilità per la durata della vita umana. A titolo esemplificativo, si indicano quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta (si pensi al fatto che le opere di manutenzione e ripristino dei fossati non sono menzionate). Nelle ipotesi di cui sopra, si prescrive che l'usufruttuario debba corrispondere al proprietario, durante l'usufrutto, l'interesse delle somme spese per le riparazioni straordinarie de quibus. Atteso il carattere non tassativo dell'elencazione di cui al comma 2 della norma de qua, gli interpreti hanno tentato di individuare un criterio univoco che valga a distinguere le riparazioni straordinarie da quelle ordinarie (ad ogni buon conto, ad avviso di Cass. II, n. 19632/2020, l'elenco esemplificativo delle riparazioni straordinarie di cui all'art. 1005, è stato adoperato, in via orientativa e in assenza di un criterio discretivo certo, anche ad istituti diversi dall'usufrutto, come l’affitto d’azienda). Alla dottrina più antica che suggeriva il criterio, non soddisfacente, della periodicità, ha fatto seguito chi riteneva spese di manutenzione ordinaria quelle necessarie per conservare il reddito del bene per uno spazio limitato di tempo e mai oltre la durata della vita umana (Venezian, Dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione, II, Napoli-Torino, 1936, 585). A parere di altri, il criterio distintivo è rintracciabile nella prevedibilità e normalità in relazione al godimento della cosa; dunque, gli elementi di cui si deve tener conto per individuare il carattere della riparazione possono essere rinvenuti nella normalità, nell'entità materiale e nel costo in rapporto al reddito della cosa; pertanto, si possono considerare riparazioni straordinarie quelle non prevedibili come effetto normale, a breve o a medio termine, dell'uso o del godimento, che consistono nella sostituzione o ripristino di parti essenziali della struttura della cosa e il cui costo è sproporzionato rispetto al reddito (Pugliese, in Tr. Vas. 1972, 515). Rinnovamento e innovazioniAffinando i concetti di cui sopra, la giurisprudenza ha precisato che il concetto di rinnovamento delle entità abbisognevoli di riparazione, cui si riferisce l'art. 1005 in tema di ripartizione delle spese relative alla cosa oggetto di usufrutto, è ben diverso dal concetto di innovazione cui si riferiscono, in tema di condominio negli edifici, gli artt. 1120 e 1121: il primo concetto va posto in relazione ad opere che comportano la sostituzione di entità preesistenti, ma ormai inefficienti con altre pienamente efficienti. Il secondo riguarda, invece, opere che importano un mutamento della cosa nella forma e nella sostanza, con aggiunta di entità non preesistenti o trasformazione di alcuna di quelle preesistenti (Cass. II, n. 12085/1998; Cass. II, n. 62/1968). Ripartizione delle spese condominialiIn effetti, è stata la realtà condominiale quella che ha maggiormente impegnato i giudici di legittimità, anche per quel che concerne il versante della partecipazione alle relative assemblee, anche se attualmente la tematica risulta disciplinata dal nuovo art. 67 disp. att., come modificato dalla l. n. 220/2012, che intravede sul punto un'obbligazione di natura solidale. In argomento, si era rilevato che, in tema di ripartizione degli oneri condominiali tra nudo proprietario ed usufruttuario, in applicazione degli artt. 1004 e 1005, il nudo proprietario non fosse tenuto, neanche in via sussidiaria o solidale al pagamento delle spese condominiali, né può essere stabilita dall'assemblea una diversa modalità di imputazione degli oneri stessi in deroga alla legge (Cass. II, n. 21774/2008). Quando la porzione di immobile facente parte di un condominio è oggetto del diritto di usufrutto, l'atto dal quale tale situazione deriva, se debitamente trascritto, è opponibile erga omnes e, quindi anche al condominio, il quale è tenuto a osservare le norme dettate dagli artt. 1004 e 1005 in ordine alla ripartizione delle spese fra nudo proprietario e usufruttuario, tenuto conto che, in relazione al pagamento degli oneri condominiali che costituiscono un'obbligazione propter rem, la qualità di debitore dipende dalla titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale sulla cosa; pertanto, poiché anche le spese dovute dall'usufruttuario si configurano come obbligazioni propter rem, non è necessario all'assemblea interferire sull'imputazione e sulla ripartizione dei contributi stabiliti dalla legge in ragione della loro natura, non rientrando nei suoi poteri introdurre deroghe che verrebbero a incidere su diritti individuali (Cass. II, n. 23291/2006). La delibera con cui il condominio approva il preventivo o il rendiconto per le spese, ordinarie e straordinarie, deve, a pena di invalidità per contrarietà alle norme che disciplinano i diritti e gli obblighi dei partecipanti al condominio, distinguere analiticamente quelle occorrenti per l'uso da quelle occorrenti per la conservazione delle parti comuni; in tal modo, è altresì possibile, se tra i partecipanti vi sono usufruttuari — il cui diritto non solo di partecipazione, ma anche di voto alla relativa assemblea, è riconosciuto perché gode degli impianti, delle cose e dei servizi comuni — ripartire tra i medesimi e i nudi proprietari dette spese in base alla natura delle stesse, secondo i criteri stabiliti dagli artt. 1004 e 1005, con una mera operazione esecutiva (Cass. II, n. 15010/2000). Integrazione del contraddittorio nei confronti dell'usufruttuarioSul versante processuale, si è precisato che, nel giudizio instaurato per la divisione delle spese di manutenzione o ricostruzione del solaio divisorio comune ai sensi dell'art. 1125 dal proprietario del piano sovrastante nei confronti del proprietario di quello inferiore, non sussiste la necessità di integrare il contraddittorio, ex art. 102 c.p.c., nei riguardi dell'eventuale usufruttuario di alcuno dei piani stessi, essendo il rapporto dedotto in lite e da regolare con la pronuncia giudiziale afferente solo alla titolarità del diritto di proprietà dei piani divisi dal solaio (Cass. II, n. 7397/1986). BibliografiaCaterina, Usufrutto e proprietà temporanea, in Riv. dir. civ. 1999, II, 715; De Cupis, Usufrutto, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992; Di Bitonto, Usufrutto, in Enc. dir., XVI, Milano, 2008; Mazzon, Usufrutto, uso e abitazione, Padova, 2010; Musolino, L'usufrutto, Bologna, 2011; Plaia, Usufrutto, uso, abitazione, in Dig. civ., XIX, Torino, 1999; Ruscello, Origini ed evoluzione storica dell'usufrutto legale dei genitori, in Dir. fam. 2009, 1329. |