Codice Civile art. 1171 - Denunzia di nuova opera.

Alberto Celeste

Denunzia di nuova opera.

[I]. Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da una nuova opera, da altri intrapresa sul proprio come sull'altrui fondo, sia per derivare danno alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare all'autorità giudiziaria [8 n. 1, 21 2 c.p.c.] la nuova opera, purché questa non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio.

[II]. L'autorità giudiziaria, presa sommaria cognizione del fatto, può vietare la continuazione dell'opera, ovvero permetterla, ordinando le opportune cautele: nel primo caso, per il risarcimento del danno prodotto dalla sospensione dell'opera, qualora le opposizioni al suo proseguimento risultino infondate nella decisione del merito; nel secondo caso, per la demolizione o riduzione dell'opera e per il risarcimento del danno che possa soffrirne il denunziante, se questi ottiene sentenza favorevole, nonostante la permessa continuazione [688 ss. c.p.c.].

Inquadramento

Le azioni di nunciazione tendono a conservare uno stato di fatto con finalità tipicamente cautelare, in quanto sostanzialmente mirano — a tutela del possesso, della proprietà o di altro diritto reale di godimento — a prevenire un danno che possa derivare da una nuova opera o dalla cosa altrui, in attesa che successivamente si accerti il diritto alla proibizione. Più precisamente, la denuncia di nuova opera — disciplinata dalla norma in commento — spetta a chi abbia ragione di temere che da una nuova opera — iniziata da meno di un anno e non terminata — sia per derivare danno ad una cosa che forma oggetto del suo diritto. Nello specifico, al comma 1, si stabilisce che il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da una nuova opera, da altri intrapresa sul proprio come sull'altrui fondo, sia per derivare danno alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunciare all'autorità giudiziaria la nuova opera, purché questa non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio. Al comma 2, si prevede che l'autorità giudiziaria, presa sommaria cognizione del fatto, può vietare la continuazione dell'opera, o permetterla, ordinando le opportune cautele: nel primo caso, per il risarcimento del danno prodotto dalla sospensione dell'opera, qualora le opposizioni al suo proseguimento risultino infondate nella decisione del merito; nel secondo caso, per la demolizione o riduzione dell'opera e per il risarcimento del danno che possa soffrirne il denunziante, se questi ottiene sentenza favorevole, nonostante la permessa continuazione.

Finalità delle azioni di nunciazione

I giudici di legittimità hanno ripetutamente ribadito i summenzionati concetti.

Invero, a norma dell'art. 1171, comma 2, il giudice adìto con denuncia di nuova opera e azione di reintegrazione nel compossesso gode di ampi poteri discrezionali, finalizzati all'eliminazione del pregiudizio che il possessore abbia subito dall'opera altrui, nell'esercizio delle facoltà di godimento del bene tutelato; tali poteri consentono al giudice anche di imporre la realizzazione delle opere necessarie al ripristino di tale godimento (Cass. II, n. 676/2011).

Qualora l'azione nunciatoria non abbia ad oggetto la richiesta di demolizione di un'opera, bensì il ripristino dello stato dei luoghi, la domanda può essere interpretata come richiesta di risarcimento del danno in forma specifica e, pertanto, quando essa sia avanzata contro l'autore del fatto dannoso, non si verifica un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra lo stesso ed il proprietario o comproprietario del fondo sul quale l'opera illegittima è stata eseguita (Cass. III, n. 6480/2010).

Le azioni di nunciazione (artt. 1171 e 1172) sono preordinate a difesa sia della proprietà o di altro diritto reale, sia del semplice possesso e l'ordinario giudizio di merito successivo alla fase preliminare e cautelare ha natura petitoria o possessoria a seconda che la domanda, alla stregua delle ragioni addotte a fondamento di essa (causa petendi) e delle specifiche conclusioni (petitum), risulti, secondo la motivata valutazione del giudice, volta a perseguire la tutela della proprietà o del possesso; e consegue che la qualificazione di “azione di nunciazione”, comprendendo entrambe le fasi del giudizio, impone che, esaurita quella cautelare, quella a cognizione ordinaria abbia poi ad oggetto un accertamento, alternativamente, relativo alla proprietà o al possesso (Cass. II, n. 11027/2003).

Tenuto conto che le azioni di nunciazione (artt. 1171 e 1172) sono preordinate a difesa sia della proprietà o di altro diritto reale, sia del semplice possesso, l'ordinario giudizio di merito successivo alla fase preliminare e cautelare ha natura petitoria o possessoria a seconda che la domanda, alla stregua delle ragioni addotte a fondamento di essa (causa petendi) e delle specifiche conclusioni (petitum), risulti, secondo la motivata valutazione del giudice, volta a perseguire la tutela della proprietà o del possesso (Cass. II, n. 1519/2006).

La denuncia di nuova opera, avendo carattere preventivo in quanto mira ad evitare un danno, può essere promossa, sia per difendere il possesso che per difendere il diritto di proprietà od un qualsiasi altro diritto reale, quando la nuova opera — da altri intrapresa sul proprio come sull'altrui fondo e da cui si abbia ragione di temere che possa derivare danno alla cosa che forma oggetto del diritto o del possesso del denunciante — non sia ancora terminata; quando, invece, l'opera è stata portata a termine, non si può ricorrere all'azione di nunciazione, ma si deve fare ricorso alle azioni repressive volte alla rimozione e alla definitiva eliminazione della situazione dannosa, ed, in particolare, nel caso in cui si intende difendere il possesso, alle azioni possessorie di cui agli artt. 1168 e 1170, per la cui proponibilità occorre che non sia decorso un anno dalla turbativa; la relativa prova incombe alla parte attrice, tenuta a dimostrare l'esistenza dei presupposti necessari all'esercizio dell'azione (Cass. II, n. 3573/2002; Cass. II, n. 4649/1991).

Rapporti con le azioni di spoglio e manutenzione

I magistrati di Piazza Cavour si sono sforzati anche di tracciare il discrimen tra l'azione de qua, per un verso, rispetto alle azioni possessorie e, per altro verso, rispetto, all'azione di danno temuto.

L'azione di denuncia di nuova opera — che è diretta ad ottenere le misure più immediate per evitare danni alla cosa posseduta mediante un procedimento sommario che si esaurisce con l'emanazione del provvedimento di rigetto o di accoglimento della pretesa cautelare — e quella di spoglio — che è destinata a tutelare nel merito, anche se preceduta da una fase interdittale, il possessore nei confronti dell'autore dello spoglio medesimo — hanno finalità e presupposti diversi, e la loro autonomia esclude che in virtù di un principio di specialità possa ravvisarsi l'esperibilità soltanto della prima in caso di contestuale esistenza delle condizioni legittimanti l'esercizio di entrambe (Cass. II, n. 24026/2004).

Le azioni di nunciazione (artt. 1171 e 1172) che possono avere natura possessoria o petitoria, si articolano in una prima fase di natura cautelare, che si esaurisce con il provvedimento provvisorio, ed in una seconda che si svolge secondo le regole di un ordinario giudizio di cognizione; l'azione di manutenzione del possesso (al pari di quella di reintegrazione), invece, pur articolandosi in due fasi, una prima di natura sommaria avente ad oggetto l'emanazione di provvedimenti immediati, la seconda intesa ad attuare nella sua pienezza e stabilità la tutela possessoria richiesta, è unica, svolgendosi le due fasi davanti allo stesso giudice competente (il pretore) in legame funzionale fra i due momenti che fanno parte di un unico giudizio possessorio (Cass. II, n. 6950/1999).

Pure la dottrina ha messo in luce che la fase cautelare si chiude con un provvedimento provvisorio, con il quale il giudice, valutata la probabilità della fondatezza della domanda, dispone la sospensione, o la continuazione dei lavori denunciati (De Martino, in Comm. S.B. 1984, 164). Tuttavia, poiché trattasi di un provvedimento adottato a cognizione sommaria, esso prevede l'imposizione di apposite cautele da parte del giudice, affinché possano essere agevolmente risarciti gli eventuali danni causati da tale provvedimento alla parte vincitrice nel giudizio di merito. Le cautele cui si riferisce la norma consistono solitamente in cauzioni pecuniarie: così nel caso di provvedimento sospensivo, sarà disposta una cauzione a carico del denunciante, per risarcire l'autore dell'opera nel caso in cui il giudice di merito dovesse riscontrare la legittimità dell'attività contestata; mentre, a seguito di provvedimento cautelare di continuazione, il denunciato sarà tenuto al deposito di una cauzione, destinata al risarcimento dei danni successivamente recati all'attore dall'erigenda opera (Roselli, 685). Si discute se le cautele, dirette a rendere innocuo il provvedimento provvisorio al momento dell'emanazione del definitivo, siano, per il giudice, facoltative od obbligatorie, ma si rivela maggioritaria la tesi della obbligatorietà, alla stregua dell'osservazione per cui se il legislatore avesse voluto lasciare tale decisione alla discrezionalità del giudice, avrebbe utilizzato una locuzione identica a quella usata nell'comma 2 (Dini, 540).

Differenze dalla denuncia di danno temuto

Secondo la dottrina dominante, la distinzione fra le due azioni nasce dalla diversa fonte del pericolo di danno (Jannuzzi, 171; Giusti — Scarpa, 268). In effetti, già dalla lettura delle due norme si coglie tale differenza: la denuncia di nuova opera è diretta ad evitare un danno proveniente, in maniera diretta ed immediata, da un'attività umana che presenti determinate caratteristiche; la denuncia di danno temuto, invece, mira ad ovviare ad un danno che potrebbe essere provocato da una cosa, a causa della sua posizione o di una sua particolare conformazione (Roselli, 646). Pur senza porsi in contrasto con questo orientamento maggioritario, alcuni autori hanno sottolineato che, in realtà, anche nell'azione di danno temuto viene denunciato un comportamento umano: trattasi, però, in quel caso, di comportamento omissivo, posto in essere da chi, pur avendo il potere di inibire la produzione del danno, persevera nel conservare la cosa pericolosa nello stato in cui essa è suscettibile di produrre un pregiudizio (Cabella Pisu, 194).

Ad avviso della giurisprudenza, il criterio discretivo tra denuncia di nuova opera e denuncia di danno temuto risiede soltanto nel diverso modo in cui l'attività umana ha determinato l'insorgere del pericolo e nella conseguente diversità del rimedio da adottare; la prima, infatti, postula un facere, cioè l'intrapresa di un quid, nel proprio o nell'altrui fondo, capace di arrecare pregiudizio al bene oggetto della proprietà o del possesso del denunciante, e prevede come rimedio l'inibizione di tale intrapresa o la subordinazione della sua prosecuzione all'adozione di determinate cautele; la seconda postula, invece, un non facere, ossia l'inosservanza dell'obbligo di rimuovere una situazione di un edificio, di un albero o di qualsiasi altra cosa, comportante pericolo di un danno grave e prossimo per il bene in proprietà o in possesso del denunciante, e prevede come rimedio l'ordine, a chi abbia la piena disponibilità della cosa costituente pericolo, di eseguire quanto necessario per la rimozione della causa di quest'ultimo (Cass. II, n. 2897/1987).

La denuncia di nuova opera può essere proposta anche con riferimento ad opere, che pur se non immediatamente lesive, siano suscettibili di essere ritenute fonte di un futuro danno in forza dei caratteri obiettivi che esse potranno assumere se condotte a termine; condizione dell'azione di nuova opera, pertanto, non deve necessariamente identificarsi in un danno certo o già verificatosi, ma può anche riconoscersi nel ragionevole pericolo che il danno si verifichi in conseguenza della situazione determinatasi per effetto dell'opera portata a compimento (Cass. II, n. 21491/2012; Cass. II, n. 892/2001).

La condizione dell'azione di danno temuto (o di nuova opera) non deve necessariamente identificarsi in un danno certo o già verificatosi, ma può anche riconoscersi nel ragionevole pericolo che il danno si verifichi (Cass. II, n. 4531/1992).

Requisiti temporali

In ordine al fattore “tempo”, si è affermato che, in tema di denuncia di nuova opera, il difetto dei requisiti della mancata ultimazione dell'opera e del mancato decorso di un anno dall'inizio dei lavori osta all'adozione di provvedimenti provvisori e urgenti, nella fase preliminare di natura cautelare, ma non interferisce sulla successiva fase di merito e sulla proponibilità della relativa domanda, qualora si tratti di azione di natura petitoria e non meramente possessoria (Cass. II, n. 4867/2001). In altri termini, nell'azione nunciatoria, i requisiti che condizionano la proponibilità dell'azione nella fase cautelare (l'infrannualità dall'inizio dell'opera e la sua incompletezza) e la concessione della misura richiesta (pericolo di danno) non rilevano nella successiva fase di merito, nella quale l'attore è tenuto solo a dimostrare la sussistenza della denunciata lesione alla situazione di fatto o al diritto fatti valere (Cass. II, n. 2751/2011).

Nel procedimento di nunciazione, la fase cautelare è distinta da quella di merito, destinata a completare l'indagine sul fondamento della tutela, petitoria o possessoria, domandata dal ricorrente, con la conseguenza che, nella seconda fase, le parti non incontrano alcuna preclusione, in ordine ai requisiti per la proponibilità dell'azione di nunciazione, come la mancata ultimazione dell'opera o il mancato decorso di un anno dall'inizio dei lavori; ne consegue che nella fase di merito possono proporsi anche domande nuove o riferentesi a fatti anteriori a quelli che avevano dato luogo all'azione di nunciazione (Cass. III, n. 7976/1997; Cass. II, n. 4531/1992; Cass. S.U., n. 7036/1982).

Nello stesso ordine di concetti, si è affermato (Cass. II, n. 22589/2020) che il difetto dei requisiti della mancata ultimazione dell'opera e del mancato decorso di un anno dall'inizio dei lavori, se osta all'adozione di provvedimenti provvisori e urgenti nella fase preliminare di natura cautelare, non interferisce sulla successiva ed autonoma fase di merito, nonchè sulla proponibilità della relativa domanda, qualora si tratti di azione di natura petitoria e non meramente possessoria.

Legittimazione attiva e passiva

Infine, la giurisprudenza ha delineato compiutamente i soggetti contendenti.

Ai sensi dell'art. 1171, la denunzia di nuova opera compete al proprietario o al titolare di ogni altro diritto reale di godimento o al possessore, ma non già anche a chi sia soltanto, in virtù di un rapporto di locazione, conduttore e quindi semplice detentore di un immobile (Cass. II, n. 848/1983).

Il procedimento di denuncia di nuova opera si articola in una prima fase, di natura cautelare, che si esaurisce con l'ordine di sospensione (o il suo diniego) dell'opera iniziata, ed in una seconda, che si svolge secondo le regole di un ordinario giudizio di cognizione, avente natura petitoria o possessoria, a seconda che l'istante abbia fatto valere il proprio diritto di proprietà (o altro diritto reale), oppure il possesso; mentre la prima fase è affidata alla competenza esclusiva del pretore [competente ratione temporis, ossia prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 51/1998 che, istituendo il giudice unico di primo grado, ha previsto la competenza del tribunale], la seconda è devoluta allo stesso giudice, se la questione involge il possesso, e segue invece la regola della competenza per valore nell'altra ipotesi; da ciò deriva che, essendo indifferente, ai fini della determinazione della competenza in ordine alla prima fase, la natura petitoria o possessoria della pretesa fatta valere dall'attore, questi, se non ha dedotto fin dal principio il proprio intendimento di agire nella veste esclusiva di possessore o di proprietario, può effettuare tale precisazione anche nella seconda fase del giudizio; l'identificazione della natura possessoria o petitoria della controversia va fatta dando preminente rilievo alle deduzioni e chiarificazioni fornite dall'attore nella fase di cognizione ordinaria, che segue a quella preliminare e sommaria. né, a qualificare la domanda come petitoria sin dall'inizio, è sufficiente la circostanza che l'istante si sia dichiarato proprietario del bene di cui chiede la tutela, potendo il titolo di proprietà essere stato richiamato, in difetto di specificazione, solo ad colorandam possessionem (Cass. II, n. 5719/1998; Cass. II, n. 5514/1984; Cass. II, n. 4137/1983).

La legittimazione passiva all'azione di denuncia di nuova opera, ex art. 1171, spetta, nella prima fase cautelare, all'esecutore materiale dell'opera ed al committente, mentre, nella seconda fase spetta, ove si fondi su ragioni petitorie, al proprietario o al titolare di altro diritto reale, non essendo quindi estensibile a terzi legati da vincolo contrattuale con questi ultimi (Cass. II, n. 15710/2013).

Le condizioni dell'azione di denuncia di nuova opera sono previste dall'art. 1171 esclusivamente con riferimento al procedimento cautelare, disciplinato dagli artt. 689 ss. c.p.c. che si esaurisce con l'emissione o il diniego del provvedimento temporaneo, e non anche con riferimento al successivo, autonomo giudizio di merito a cognizione ordinaria volto ad accertare l'esistenza del diritto per la cui tutela sono stati chiesti i provvedimenti; in quest'ultimo giudizio, invece, la legittimazione passiva si individua in base alla domanda, secondo le norme generali, e quindi legittimato passivo è il destinatario del comando della norma invocata dall'attore, e cioè l'esecutore materiale o morale dell'opera se il denunciante agisce in possessorio; il proprietario o il titolare di altro diritto reale se egli agisce in petitorio (Cass. II, n. 13327/2000).

Riguardo al procedimento di denuncia di nuova opera, promosso per ottenere, in via cautelare, la sospensione dei lavori intrapresi in fabbricato condominiale, e poi, in esito alla fase di ordinaria cognizione ed a titolo petitorio, il ripristino della precedente situazione, la legittimazione passiva tanto dell'autore materiale dell'opera quanto del proprietario va riconosciuta soltanto in detta fase cautelare, mentre, in quella successiva, la legittimazione medesima spetta esclusivamente al proprietario, quale destinatario della pronuncia richiesta al giudice (Cass. II, n. 8648/1992; Cass. II, n. 4137/1983).

Ipotesi di litisconsorzio necessario

Per completezza, sul versante processuale, si è rilevato che, nell'azione di denuncia di nuova opera, qualora il ripristino della situazione di fatto anteriore debba essere attuato mediante la demolizione di un'opera appartenente a più proprietari, l'azione deve essere diretta contro tutti i comproprietari, oltre che contro gli autori dello spoglio o della violazione del diritto di proprietà, poiché incidendo la condanna all'abbattimento sull'esistenza dell'oggetto, e quindi necessariamente sul compossesso o sulla comproprietà che altri estranei al processo abbiano su di esso, e non essendo d'altra parte configurabile la riduzione in pristino rispetto alla quota ideale del soggetto convenuto in giudizio, la sentenza che pronuncia la condanna al ripristino nei suoi soli confronti è inutiliter data (Cass. II, n. 11693/1990).

Quando l'azione nunciatoria non abbia ad oggetto la richiesta di demolizione di un'opera, bensì il ripristino dello stato dei luoghi, la domanda può essere interpretata come richiesta di risarcimento del danno in forma specifica e, pertanto, qualora essa sia proposta contro l'autore del fatto dannoso, non si verifica un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra lo stesso ed il proprietario o comproprietario del fondo sul quale l'opera è stata eseguita (Cass. II, n. 4343/1984).

Bibliografia

Borselli, Denuncia di nuova opera e di danno temuto (diritto civile), in Nss. D.I., IV, Torino, 1960; Cabella Pisu, Denuncia di nuova opera e di danno temuto, in Dig. civ., V, Torino, 1989; Dini, La denuncia di nuova opera, Milano, 1985; Id., La denuncia di danno temuto, Milano, 1985; Franchi, Le denunce di nuova opera e di danno temuto, Padova, 1968; Jannuzzi, Denuncia di nuova opera, in Enc. dir., XII, Milano, 1964; Roselli, Il possesso e le azioni di nunciazione, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, diretto da Bigiavi, Torino, 1993; Verde, Azioni di nunciazione, Milano, 2004.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario