Codice Civile art. 1183 - Tempo dell'adempimento.Tempo dell'adempimento. [I]. Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente [1175]. Qualora tuttavia, in virtù degli usi [1340] o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell'esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal giudice [1331, 1482 2, 1771 2, 1810, 1817 1]. [II]. Se il termine per l'adempimento è rimesso alla volontà del debitore, spetta ugualmente al giudice di stabilirlo secondo le circostanze [1817 2]; se è rimesso alla volontà del creditore, il termine può essere fissato su istanza del debitore che intende liberarsi. InquadramentoIl riferimento al termine iniziale è indicativo del momento in cui l'obbligazione deve essere adempiuta ovvero, qualora si tratti di obbligazione di durata, del momento da cui deve essere adempiuta (Giorgianni, 325). Fonte primaria di individuazione del termine è il contratto o il diverso atto costitutivo del rapporto obbligatorio. La fonte negoziale può indicare direttamente il tempo dell'adempimento ovvero i criteri per la sua determinazione o rimetterlo ad un terzo o ad una delle parti (Bianca, 224). Il termine può essere altresì fissato direttamente dalla legge, specialmente nei rapporti contrattuali tipici (Bianca, 228). Nei contratti ad esecuzione continuata o periodica il termine stabilito dalla legge è quello finale, ossia quello in cui può o deve cessare l'adempimento (Giorgianni, 325). In mancanza di individuazione del tempo dell'adempimento di natura contrattuale o legale o consuetudinaria, ove un termine non sia comunque necessario, opererà il principio generale secondo cui quod sine die debetur, statim debetur, per cui il creditore può esigere immediatamente la prestazione (Giorgianni, 325). Quando invece il termine sia necessario in ragione degli usi o della natura della prestazione o del modo o luogo dell'esecuzione, in mancanza di accordo postumo delle parti, la determinazione deve essere rimessa al giudice. L'obbligazione sottoposta a termine iniziale deve considerarsi già esistente poiché il termine attiene esclusivamente all'esigibilità della prestazione (Giorgianni, 325). In conseguenza, qualora le parti stabiliscano ex intervallo un termine impossibile, il relativo patto sarà affetto da nullità, ma non renderà impossibile la prestazione. Se, per converso, il termine impossibile sia stato stabilito in continenti, sarà determinante l'interpretazione del contratto (Cannata, in Tr. Res., 1999, 107). Le clausole contrattuali che rinviano alla libera determinazione di una delle parti il termine di adempimento, come le clausole cum voluero e cum potuero, devono essere lette secondo il filtro della buona fede (Bianca, 226). Il termine deve essere proiettato nel futuro rispetto al momento della previsione (Cass. n. 110/1967). E ciò anche nel caso in cui l'obbligazione sia immediatamente esigibile, poiché deve essere comunque concesso il tempo materiale necessario per l'attuazione del comportamento dovuto, secondo criteri di correttezza (Cass. n. 5360/1985). Le clausole – come quella “quando possibile” o simili –, che individuano il momento dell'adempimento con carattere meramente indicativo, pur non integrando gli estremi di un termine essenziale, solo apparentemente lasciano all'obbligato un amplissimo margine di discrezionalità, quanto alla scelta del concreto momento in cui adempiere, dovendosi a tal fine dare rilievo, mediante il ricorso all'interpretazione secondo buona fede, alle circostanze – quale la possibilità, più o meno prossima, che il debitore superi alcune difficoltà – cui le parti abbiano fatto implicito riferimento. In tal caso, pertanto, non è configurabile un'obbligazione senza termine o con termine rimesso alla volontà del debitore, né può escludersi l'inadempimento di quest'ultimo, allorché non esegua la propria prestazione entro un lasso di tempo che, in relazione all'oggetto ed alla natura del contratto, il giudice ritenga congruo (Cass. 40829/2021). Il termine non deve essere fissato quando ricorra la fattispecie della decadenza dal beneficio del termine di cui all'art. 1186 (Cass. n. 948/1959). Il termine di adempimento, la cui scadenza, a norma dell'art. 1219, comma 2, n. 3, rende non necessaria la formale costituzione in mora del debitore, in forza del principio dies interpellat pro homine, è anche quello che il creditore conceda unilateralmente al debitore al di fuori di un'apposita pattuizione (Cass. n. 5021/1994). In tema di adempimento dell'obbligazione contrattuale, la mancata previsione di un termine entro il quale la prestazione deve essere consensualmente eseguita autorizza il creditore ad esigerla immediatamente, ma ciò non gli impone l'obbligo di costituire in mora la controparte, se in relazione agli usi, alla natura del rapporto negoziale ed all'interesse delle parti, può essere sufficiente che sia decorso un congruo spazio di tempo dalla conclusione del contratto, per cui possa ritenersi in concreto superato ogni limite di normale tolleranza (Cass. n. 14243/2020 ; Cass. n. 19414/2010). Ove l'adempimento sia possibile nel concorso di due o più prestazioni poste in posizione di reciproca parità e dedotte in modo disgiuntivo, nessuna delle quali può essere adempiuta prima dell'indispensabile scelta tra una di esse, se la scelta è rimessa alla volontà di un terzo, l'obbligazione diviene eseguibile soltanto con la relativa dichiarazione comunicata alle parti (Cass. n. 21061/2009). Viceversa, ove per l'adempimento di un'obbligazione risulti fissato un termine, il cui inizio venga fatto dipendere da due diversi eventi, è quello di questi che si verifica per primo a segnarne la decorrenza (Cass. n. 3251/2007). Nel caso in cui l'obbligazione pecuniaria debba essere adempiuta entro un termine perentorio, l'adempimento è tardivo ove il pagamento avvenga mediante bonifico bancario eseguito entro il termine ma accreditato in data successiva (Cass. n. 15359/2019). La determinazione giudizialeIl giudice può essere chiamato a stabilire il termine per l'adempimento quando esso risulti necessario e manchi un accordo tra le parti ovvero quando il titolo rimetta la relativa determinazione al debitore o al creditore. In tale ultima evenienza si ricorrerà al giudice solo ove il debitore o il creditore non abbiano fatto uso di tale facoltà ovvero non ne abbiano fatto uso in maniera conforme all'arbitrium boni viri (Giorgianni, 326). In base ad un primo orientamento, in tal caso la pronunzia del giudice sarà meramente dichiarativa, in quanto il termine esisterebbe in via implicita in ragione degli usi o per la natura della prestazione o per il modo o il luogo dell'esecuzione (Cannata, in Tr. Res., 1999, 105). In forza di altro orientamento, la fissazione giudiziale del termine è sul piano processuale un atto di volontaria giurisdizione e sul piano sostanziale un atto di arbitraggio a contenuto valutativo, giacché il giudice deve porre a base del suo giudizio sulla congruità del termine una serie di circostanze che rilevano ai fini dell'adempimento dell'obbligazione (Bianca, 232). Ad avviso di un terzo orientamento, in ogni caso la fissazione giudiziale del termine avrebbe natura costitutiva (Breccia, 511). Ove la necessità del termine sia desumibile dagli usi, è controverso se sia comunque necessario, come sembra indicare la lettera della norma, l'intervento del giudice per la concreta determinazione del tempo dell'adempimento ovvero se, nell'ipotesi in cui il termine sia direttamente determinato dagli usi medesimi, si possa prescindere dall'intervento giudiziale, come reputa la dottrina prevalente (Natoli, in Tr. C.M., 1974, 101). Non occorre ricorrere al giudice ove il termine sia altrimenti desumibile (Cass. n. 5173/1981). In specie non vi è necessità dell'intervento giudiziale quando l'adempimento abbia avuto inizio e sia stato successivamente interrotto (App. Firenze 16 gennaio 1958). Allo stesso modo non vi sono i presupposti per ricorrere al giudice quando l'obbligato, sebbene non costituito in mora, ritardi l'adempimento oltre i limiti della normale tollerabilità ovvero dimostri la volontà di non adempiere (Cass. n. 97/1997). Con riguardo al contratto preliminare, quale fonte di obbligazione al pari di ogni altro contratto, si è osservato che il suo particolare oggetto, cioè l'obbligo di concludere il contratto definitivo, non esclude che, ove non sia fissato un termine né in sede convenzionale, né in sede giudiziale, sia applicabile, ai sensi dell'art. 1183, la regola dell'immediato adempimento. Ne consegue che, a norma degli artt. 2934, 2935 e 2946, l'inattività delle parti, protrattasi per oltre dieci anni da quando il diritto alla stipulazione del contratto definitivo poteva essere fatto valere, comporta l'estinzione del diritto medesimo per prescrizione (Cass. n. 14463/2011). In ogni caso l'accettazione senza riserve dell'adempimento tardivo di una prestazione, equiparabile all'accettazione dell'adempimento parziale di essa (art. 1181), non determina la decadenza dal far valere l'inosservanza del termine (da ritenere non essenziale, nel silenzio del creditore, ai sensi dell'art. 1457) né implica la rinuncia al risarcimento del danno derivatone (Cass. n. 14573/2007). Nel contratto estimatorio, è essenziale non la fissazione di un termine per la facoltà di restituzione delle cose mobili consegnate, ma il termine in sé, con la conseguenza che, in caso di mancata fissazione del termine dalle parti, esso deve essere stabilito dal giudice ai sensi dell'art. 1183, comma 1, c.c. (Cass. n. 5987/2023). Il tempo di efficacia e il tempo di adempimentoIn base alla ricostruzione della volontà delle parti, il termine può avere una duplice valenza, ossia può operare come evento diretto a limitare nel tempo la produzione degli effetti del negozio, e in tal caso si tratterà di termine di efficacia quale elemento accidentale del contratto unitamente alla condizione e all'onere, ovvero può riguardare l'esecuzione del rapporto obbligatorio contemplato nel contratto, regolando il tempo della prestazione, e in tal caso si tratterà di termine di adempimento. Il termine per l'adempimento può ritenersi maturato sia con il verificarsi dell'evento sia con la definitiva impossibilità della sua verificazione, qualora la volontà delle parti debba essere letta nel senso dell'equiparazione dell'una e dell'altra situazione (Di Majo, 1993, 145). La giurisprudenza ha ritenuto che, qualora i contraenti, contemplando un evento futuro (nella specie, effettiva erogazione di un finanziamento per la realizzazione di una centrale ortofrutticola), abbiano ad esso correlato non l'efficacia del vincolo negoziale, ma soltanto il tempo dell'adempimento di una determinata prestazione (nella specie, pagamento del compenso al professionista autore del progetto), resta esclusa l'invocabilità dei principi inerenti alla condizione od al termine quali elementi accidentali del negozio incidenti sulla sua efficacia e rimane, invece, applicabile la disciplina sul tempo dell'adempimento, di cui agli artt. 1183 e ss., con la conseguenza che il termine per l'adempimento medesimo deve ritenersi maturato sia con il verificarsi dell'evento, sia con la definitiva impossibilità del suo verificarsi (nella specie diniego del detto finanziamento), ove la volontà delle parti, alla stregua del loro indicato atteggiamento, vada intesa nel senso dell'equiparazione dell'una e dell'altra situazione (Cass. n. 17125/2011, in Giur. it. 2012, 8-9, 1797, con nota di Ferretti). Inoltre la S.C. ha precisato che la disciplina di cui all'art. 1183 può essere applicata anche nell'ipotesi di apposizione del termine cum voluerit, la cui determinazione è demandata alla volontà di una delle parti, e la distinzione tra detto termine e la condizione meramente potestativa costituisce questione che attiene all'interpretazione della volontà delle parti, in quanto il citato art. 1183 consente espressamente, senza differenziare tra volontà e mera volontà, che la fissazione del termine sia demandata ad un'autonoma statuizione di uno dei soggetti del rapporto obbligatorio (Cass. n. 11774/2007). BibliografiaBianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bigliazzi Geri, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. civ., 1988; Di Majo, Le modalità delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1986; Di Majo, L'adempimento dell'obbligazione, Bologna 1993; Giorgianni, voce Obbligazione (diritto privato), in Nss. D.I., Torino, 1965; Nicolò, voce Adempimento (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1958; Rescigno, voce Obbligazioni (nozioni), in Enc. dir., Milano 1979; Rodotà, voce Diligenza (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1964; Romano, voce Buona fede (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1959; Rovelli, voce Correttezza, in Dig. civ., 1989; Schlesinger, Il pagamento al terzo, Milano, 1961. |