Codice Civile art. 1217 - Obbligazioni di fare 1 .

Cesare Trapuzzano

Obbligazioni di fare1.

[I]. Se la prestazione consiste in un fare, il creditore è costituito in mora mediante l'intimazione di ricevere la prestazione [1209 2] o di compiere gli atti che sono da parte sua necessari per renderla possibile [1256 2; 80 att.].

[II]. L'intimazione può essere fatta nelle forme d'uso.

[1] La Corte costituzionale, con sentenza 28 febbraio 2019, n. 29, ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità del “ combinato disposto ” degli artt. 1206,1207 e 1217 del codice civile , sollevate in riferimento agli artt. 3,24,111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Inquadramento

Quando l'obbligazione abbia ad oggetto una prestazione di fare, ai fini di determinare la mora del creditore il debitore deve avvalersi dell'offerta per intimazione. Detta intimazione consiste nell'invito espresso rivolto al creditore di ricevere la prestazione o di compiere gli atti che ne permettano l'attuazione. Se l'obbligazione di fare ha come risultato la creazione di un bene, l'offerta del bene ai fini della costituzione in mora deve essere compiuta secondo le forme ordinarie (Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 252; Falzea, 108; Giacobbe, 805). Qualora vi sia il rifiuto esplicito, reciso e definitivo di cooperazione da parte del creditore in ordine all'attuazione dell'obbligo, l'intimazione è superflua poiché tale comportamento equivale ad un'intimazione secondo gli usi (Cattaneo, in Comm. S. B., 1988, 253). La mora accipiendi in altre ipotesi (art. 1683; artt. 425 e 426 c. nav.) si realizza ex re (Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 253).

La possibilità che la mora del creditore si verifichi ex re è esclusa nella fattispecie del mancato rispetto dei termini di cui all'art. 593 c.p.c. (App. L'Aquila 28 dicembre 1953).

La costituzione in mora del datore di lavoro da parte del lavoratore avviene mediante la messa a disposizione delle energie lavorative (Cass. n. 14797/2019).

L'intimazione

Si tratta di una dichiarazione recettizia avente lo scopo di invitare il creditore a cooperare. Essa può essere fatta nelle forme d'uso, in cui rientra, quale forma generalmente adottata, quella scritta, che è in grado di soddisfare l'esigenza di serietà nei rapporti d'affari (Visintini, in Tr. Res., 1999, 165). Destinatario dell'intimazione è il creditore (Giacobbe, 805). In base ad una prima opinione, all'intimazione deve seguire l'atto di esibizione, consistente nella presentazione, nel luogo e nel tempo della prestazione, del debitore eventualmente fornito dell'occorrente per l'esecuzione della prestazione (Natoli, in Tr. C.M., 1974, 197; Natoli-Bigliazzi Geri, 66). In senso contrario si nega la necessità di tale atto poiché il suo compimento, a volte è impossibile, a volte è inopportuno, atteso che costituirebbe comunque qualcosa di radicalmente diverso dall'esibizione tipica delle prestazioni di dare (Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 254); pertanto, l'intimazione è idonea, da sola e immediatamente, a produrre gli effetti della mora accipiendi. Presupposto della mora non è la scadenza del termine per l'adempimento, ma del termine entro il quale deve essere prestata la cooperazione del creditore; sicché l'intimazione può essere eventualmente anteriore alla scadenza vera e propria del termine di adempimento, ma può essere altresì anteriore alla scadenza del termine per l'esecuzione degli atti di cooperazione, purché il creditore sia invitato a prestare collaborazione nel giorno della scadenza o in un tempo successivo; tuttavia, l'intimazione non può essere compiuta prima della verificazione di una condizione sospensiva o, comunque, del perfezionamento del rapporto (Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 256).

In tema di risarcimento del danno subito dal dipendente a seguito di licenziamento per trasferimento aziendale nullo, la notifica del ricorso giudiziario vale a costituire in mora il datore di lavoro ove il bene della vita richiesto sia identificabile nella prosecuzione del rapporto e nella corresponsione delle retribuzioni passate (Cass. n. 2460/2011). Al termine entro il quale deve essere prestata la cooperazione fa riferimento anche la giurisprudenza (Cass. n. 2474/1968).

I requisiti oggettivi

L'intimazione ha per contenuto l'invito al creditore di fornire la propria cooperazione nonché individua tutte le altre circostanze eventualmente necessarie ai fini della cooperazione. Le indicazioni di cui all'art. 80, comma 1, disp. att., riferite al tempo in cui il creditore deve fornire la sua cooperazione, sono eventuali, ossia devono essere specificate quando la legge, le parti o il giudice non abbiano fissato il momento della cooperazione ovvero questa debba svolgersi in un luogo in cui il creditore non si trovi abitualmente, quali domicilio, residenza, dimora abituale, centro di attività (Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 259). Il termine domicilio non deve essere inteso in senso stretto, ma è significativo del luogo in cui il creditore è solito permanere, ossia l'abitazione o l'ufficio. La fissazione dell'ora non costituisce requisito necessario. In difetto dell'esplicitazione della data, l'intimazione vale a costituire in mora il creditore con il decorso dei tre giorni stabiliti dalla legge. Il preavviso deve essere inteso come inferiore a tre giorni; e ciò può risultare espressamente dal contenuto dell'atto. Quando la cooperazione del creditore non possa esplicarsi se non in un notevole lasso di tempo, non si potrà fare ricorso ad un'intimazione stricto sensu, ma sarà sufficiente l'invio di una dichiarazione nella quale si contesti la mancata cooperazione, con l'avvertimento della non tolleranza di eventuali ritardi e con riserva di far valere i propri diritti (Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 260). Qualora non sia stato determinato un termine per la cooperazione del creditore, e questa esiga per sua natura il decorso di un certo intervallo di tempo, il creditore potrà essere ritenuto in mora una volta che sia trascorso il tempo normalmente bastevole, secondo buona fede, per il compimento dei suoi atti di cooperazione. Viceversa, quando tale criterio non possa soccorrere, la fissazione del termine dovrà essere richiesta al giudice, analogamente a quanto previsto dall'art. 1183, comma 1, in tema di esigibilità della prestazione (Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 261). L'accertamento nelle forme d'uso del mancato ricevimento della prestazione deve intendersi riferito agli ordinari mezzi di prova (Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 265; Giacobbe, 806). Da tale momento decorrono gli effetti della mora.

In tema di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, il lavoratore cessato dal servizio, per il quale non sussiste l'onere di attivarsi entro il termine di decadenza dettato con esclusivo riferimento alle ipotesi di impugnativa del licenziamento, può far valere, con azione di mero accertamento, i diritti consequenziali alla perdurante sussistenza del rapporto — di eseguire la prestazione lavorativa, riprendendo il servizio, e di ricevere le prestazioni patrimoniali — e richiedere, in caso di impossibilità della prestazione per ingiustificato rifiuto del datore di lavoro, il risarcimento del danno per inadempimento contrattuale, costituendo in mora il datore di lavoro con la messa a disposizione delle energie lavorative ovvero mediante intimazione di ricevere la prestazione (Cass. n. 12333/2009). In presenza di situazioni di permanenza giuridica del rapporto di lavoro, privo tuttavia di funzionalità di fatto, l'onere del lavoratore di offrire la prestazione presuppone necessariamente che non sia configurabile mora credendi del datore di lavoro come avviene, ad esempio, alla scadenza di un termine apposto invalidamente al contratto, siccome l'adempimento è appunto necessario per determinare la mora; nel caso, invece, del provvedimento del datore di lavoro (negozio giuridico unilaterale), come la sospensione del rapporto per collocamento in cassa integrazione guadagni, non conforme a legge, è questo atto, con il rifiuto di accettare la prestazione, che lo costituisce in mora, con la conseguenza che deve sopportare il rischio dell'estinzione dell'obbligo di eseguire la prestazione (Cass. n. 7524/2009).

I requisiti soggettivi

L'intimazione può essere inviata da un terzo, quando, in relazione alla prestazione dovuta, non rilevi l'intuitu personae ovvero la sua attività sia stata oggetto di una promessa del debitore (art. 1381). Con riguardo all'aspetto della capacità all'intimazione, fattispecie distinta dalla capacità all'adempimento, si reputa che l'intimazione non produca effetti quando l'incapacità naturale dell'intimante sia manifesta, salvo che il fare non consista nella conclusione di un contratto, ipotesi in cui è richiesta la capacità legale dell'intimante (Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 266). Qualora il creditore sia irreperibile, si procederà alla notifica dell'intimazione ai sensi dell'art. 143 c.p.c. Quando vi sia una pluralità di creditori, l'intimazione deve essere rivolta a tutti ove sia richiesta la cooperazione di ognuno per ottenere l'adempimento; diversamente, potrà essere indirizzata anche ad uno soltanto di essi, il che implica che la mora non si estenda agli altri.

Il luogo

Il luogo in cui il creditore è invitato a cooperare corrisponde a quello risultante dal negozio costitutivo dell'obbligazione, dagli usi o dalla natura della prestazione o della cooperazione. Non necessariamente il luogo deve essere espressamente indicato, ma può desumersi implicitamente dalle circostanze o dalla natura dell'attività rimessa al creditore.

La convalida dell'offerta

Una parte della dottrina ritiene che abbia portata generale il principio secondo cui l'offerta deve essere convalidata affinché possa produrre gli effetti suoi propri, sicché la convalida comprenderebbe anche le obbligazioni di fare. Sarebbe così possibile supplire al silenzio della legge che non chiarisce in che modo il debitore possa liberarsi dall'obbligo di prestare un facere quando il creditore non collabori; a questo punto interviene la sentenza di convalida che determina la risoluzione dell'obbligazione (Falzea, 115). Altra opinione, pur ammettendo la convalida dell'offerta allo scopo di chiudere la fase di mora, nega però che questa pronunzia possa portare alla liberazione del debitore, essendo per converso necessaria un'apposita pronunzia costitutiva che potrebbe anche essere contenuta, unitamente alla convalida, in un solo provvedimento (Natoli-Bigliazzi Geri, 218). Il problema in ogni caso ha valenza residuale poiché frequentemente la stessa legge appresta dei mezzi di diritto sostanziale che permettono il raggiungimento del medesimo risultato, ossia il diritto di recesso e la risoluzione per inadempimento nelle obbligazioni a prestazioni corrispettive (Natoli-Bigliazzi Geri, 216; Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 274). Un ulteriore orientamento esclude la possibilità di convalida dell'offerta avente ad oggetto prestazioni di fare (Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 270) ed individua un rimedio generale, di carattere sostanziale, nell'art. 1256, comma 2, sicché, qualora l'impossibilità temporanea della prestazione, cioè la mancata collaborazione del creditore, perduri sino a che il debitore non può più essere ritenuto obbligato ad eseguire la prestazione ovvero il creditore non vi ha più interesse, l'obbligazione si estingue senza esonero dall'obbligo di eseguire la controprestazione nei contratti sinallagmatici, salva però la deduzione del risparmio di spesa o del guadagno dell'altra parte (Cattaneo, in Comm. S.B., 1988, 272). Nondimeno, nel caso in cui sopravvenga il difetto di interesse del creditore, il debitore sarà liberato ipso iure, restando comunque fermo che il creditore in mora debba darne pronto avviso al debitore, pena il risarcimento dei danni. Invece, nel caso in cui la gravosità del prolungarsi del vincolo importa che il debitore non possa più ritenersi obbligato, l'estinzione dell'obbligazione è subordinata alla manifestazione di volontà del debitore circa l'intenzione di avvalersi di siffatta circostanza (Bianca, 421). Altra dottrina ritiene che l'art. 1256, comma 2, troverebbe applicazione integrale e diretta per il solo debitore (Natoli-Bigliazzi Geri, 221). Altro orientamento sostiene che l'eterogeneità dei rapporti che ricadono nella categoria degli obblighi di fare non giustifica una soluzione unitaria, ma in ragione del concreto atteggiarsi del rapporto dovrebbe essere rinvenuta la soluzione più appropriata (Giacobbe, 807).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bigliazzi Geri, voce Mora del creditore, in Enc. giur., Milano, 1990; Ghera-Liso, voce Mora del creditore (dir. lav.), in Enc. dir., Milano 1979; Giacobbe, voce Mora del creditore (dir. civ.), in Enc. dir., Milano, 1976; Falzea, L'offerta reale e la liberazione coattiva del debitore, Milano, 1947; Natoli-Bigliazzi Geri, Mora accipiendi e mora debendi, Milano, 1975.

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