Codice Civile art. 1221 - Effetti della mora sul rischio.Effetti della mora sul rischio. [I]. Il debitore che è in mora non è liberato per la sopravvenuta impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile [1256], se non prova che l'oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore [1805 2]. [II]. In qualunque modo sia perita o smarrita [1257] una cosa illecitamente sottratta, la perdita di essa non libera chi l'ha sottratta dall'obbligo di restituirne il valore. InquadramentoEffetto precipuo della mora debendi è la responsabilità per l'impossibilità di esecuzione del rapporto sopravvenuta in pendenza di mora. Ma già in base all'art. 1218 l'impossibilità della prestazione conseguente alla mora si sarebbe potuta imputare al debitore (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 233). Secondo altra ricostruzione, la previsione sarebbe funzionale ad una razionale distribuzione dei rischi contrattuali, in funzione dell'incidenza della causa della impossibilità nella sfera di controllo del debitore o in quella del creditore (Visintini, in Comm. S., 1987, 458). La non imputabilità cui allude la disposizione si riferisce piuttosto all'assenza di un ulteriore titolo di imputazione. La regola non opera quando l'impossibilità derivi dal fatto del creditore (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 236). La norma si riferisce alla consegna di cose ma può riguardare anche gli obblighi di fare (Natoli-Bigliazzi Geri, 270) ovvero gli obblighi di contrarre. La mora impedisce altresì al debitore di spiegare l'azione di risoluzione per eccessiva onerosità (Visintini, in Comm. S., 1987, 459; Benatti, 36). Nei contratti a prestazioni corrispettive l'impossibilità sopravvenuta non imputabile della prestazione durante la mora del creditore, oltre a produrre l'effetto liberatorio del debitore, consente a quest'ultimo di richiedere la controprestazione in deroga all'art. 1463 (Giorgianni, 261). In realtà tale effetto discende dalle regole generali in tema di inadempimento (Cass. n. 8249/1990). Anche la giurisprudenza conferma che, in conseguenza della mora del debitore, è preclusa l'azione di risoluzione per eccessiva onerosità (Cass. n. 10139/1991). Il principio della perpetuatio obligationis riguarda solo la prestazione dedotta nel rapporto, nei limiti di quanto maturato e dovuto nel tempo di vigenza dell'obbligazione e non quest'ultima in quanto tale, poiché la responsabilità prevista nella suddetta norma è disposta per l'ipotesi dell'impossibilità della prestazione e presuppone che l'impossibilità sia sopravvenuta avuto riguardo al tempo in cui l'obbligazione è sorta. Conseguentemente tale norma non è applicabile nell'ipotesi in cui fin dal tempo della sua nascita era prevista per l'obbligazione una sua durata con la fissazione di un termine finale (Cass. n. 9374/2006). La norma trova applicazione anche se il termine previsto per l'adempimento non sia essenziale (Cass. n. 962/1972). Essa si riferisce ad un'obbligazione già sorta, riguardante un bene della vita la cui prestazione soddisfi direttamente il creditore, e non già un'attività strumentale di natura istruttoria, qual è quella della banca, funzionale ad una richiesta di agevolazione finanziaria il cui accoglimento non è certo, ma di competenza di un terzo (Cass. n. 2757/2016). La clausola di esoneroLa norma precisa che il debitore è liberato qualora provi che l'oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore. Benché la norma si riferisca al perimento della cosa, rientra nella previsione anche l'ipotesi in cui sia dimostrato che la prestazione non sarebbe stata comunque utilizzabile dal creditore. Anche nel caso in cui sia dimostrato che il bene sarebbe perito successivamente a quello in cui è effettivamente perito il debitore è liberato. E così qualora si provi che la prestazione sarebbe perita anteriormente e ciò perché in tale evenienza solo in via fortuita può ritenersi superato il perimento presso il creditore (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 234). Anche qualora sia fornita la prova liberatoria, comunque il debitore è tenuto al risarcimento dei danni subiti dal creditore per non avere goduto del bene dal momento in cui la consegna sarebbe dovuta avvenire sino al perimento. Il debitore non è liberato qualora il creditore dimostri che, prima dell'ipotetico perimento, avrebbe consumato o alienato la cosa oggetto della prestazione. Il creditore può altresì dimostrare che, ove la cosa fosse perita presso di lui, agli avrebbe ricevuto un indennizzo, come accadrebbe in caso di copertura assicurativa, e anche in tal caso il debitore non è liberato (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 234). Qualora si tratti di cosa illecitamente sottratta, il debitore moroso non è comunque liberato in caso di perdita della cosa stessa, quand'anche provi che la cosa sarebbe ugualmente perita o si sarebbe smarrita presso il creditore, ed è tenuto a rifonderne il valore. Detta previsione ha natura eccezionale e si spiega in ragione della tradizione storica di particolare sfavore verso il furto (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 235; Visintini, in Comm. S., 1987, 439). Peraltro tale comma non si esprime in modo ineccepibile sul piano lessicale, atteso che ad essere irrilevante non è tanto il modo in cui si verifica l'impossibilità sopravvenuta quanto la prova che la cosa sarebbe ugualmente perita presso il creditore (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 235). L'impossibilità della prestazione derivante da causa al debitore non imputabile fa persistere, a carico del debitore in mora, con l'obbligazione, anche gli eventuali rischi aggiuntivi (Cass. n. 7368/1991; Cass. n. 292/1987; Cass. n. 1125/1979). BibliografiaBarassi, Teoria generale delle obbligazioni, III, Milano, 1964; Benatti, La costituzione in mora del debitore, Milano, 1968; Betti, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953; Cottino, L'impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debitore. Problemi generali, Milano, 1955; Franzoni, Colpa presunta e responsabilità del debitore, Padova, 1988; Giorgianni, L'inadempimento, Milano, 1975; Mengoni, voce Responsabilità contrattuale, in Enc. dir., 1988; Natoli-Bigliazzi Geri, Mora accipiendi e mora debendi, Milano, 1975; Osti, voce Impossibilità sopravveniente, in Nss. D. I., 1962; Realmonte, voce Caso fortuito e forza maggiore, in Dig. civ., 1988; Santoro, La responsabilità contrattuale: il dibattito teorico, in Contr. e impr. 1989; Trimarchi, Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, Milano, 1984. |