Codice Civile art. 1227 - Concorso del fatto colposo del creditore. [ 2056 ]

Cesare Trapuzzano

Concorso del fatto colposo del creditore. [2056]

[I]. Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa [2055 3] e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.

[II]. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza [1175].

Inquadramento

La disposizione, applicabile anche in tema di responsabilità extracontrattuale in ragione del richiamo di cui all'art. 2056, regola due fattispecie diverse. La prima ricorre quando la condotta del danneggiato ha contribuito a cagionare la lesione iniziale ovvero ha inciso sul rapporto di causalità materiale con il danno-evento. La seconda è integrata quando il creditore non si attivi per evitare l'aggravarsi della lesione iniziale ovvero influisca sul rapporto di causalità giuridica con il danno-conseguenza. La prima fattispecie implica un giudizio di imputazione causale del danno, la seconda si traduce in un giudizio sul dovere di correttezza che impone al danneggiato di comportarsi in modo diligente per evitare il danno scaturito dall'inadempimento o dal fatto illecito (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 403). Anche sul piano degli effetti le due fattispecie si differenziano: nella prima il risarcimento è ridotto in base ad una graduazione della gravità delle rispettive colpe ed all'entità delle conseguenze dannose; nella seconda il risarcimento è escluso per le conseguenze dannose che il creditore avrebbe potuto evitare.

La differenza tra le due ipotesi ha delle precise ripercussioni anche di natura processuale. Infatti, nel caso di fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell'evento dannoso, il giudice deve procedere d'ufficio all'indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso (Cass. n. 7965/2023Cass. n. 11258/2018; Cass. n. 272/2017); di contro, il contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione forma oggetto di un'eccezione in senso stretto, in quanto il dedotto comportamento del creditore costituisce un autonomo dovere giuridico, posto a suo carico dalla legge quale espressione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede (Cass. n. 12714/2010; Cass. n. 23734/2009; Cass. n. 1213/2006; Cass. n. 564/2005; Cass. n. 5127/2004). Il comma attiene al contributo eziologico nella produzione dell'evento dannoso, il comma 2 riguarda il danno-conseguenza (Cass. n. 1165/2020). Il concorso del danneggiato nella causazione o nell'aggravamento del danno esige comunque che la sua condotta sia stata colposa, ossia violativa di precetti legali, patti contrattuali o di regole di comune prudenza (Cass. n. 7515/2018). In tema di responsabilità per i danni subiti dai risparmiatori per la perdita dei propri investimenti, a causa dell'omessa vigilanza dell'Autorità preposta alla vigilanza sui mercati mobiliari (Consob) che, per la sua funzione istituzionale, ha il compito di garantire il pubblico dei risparmiatori circa la veridicità delle informazioni contenute nel prospetto informativo, è ravvisabile, ai sensi dell'art. 1227, commi 1 e 2, un concorso del fatto colposo degli investitori nel caso di diffusione di notizie di stampa che rivelino la particolare rischiosità dell'investimento e la non attendibilità della fonte di informazione ufficiale costituita dall'autorizzata pubblicazione del prospetto informativo da parte della medesima Autorità, dal momento che l'investitore prudente deve valutare anche il contenuto delle notizie di stampa, deve attivarsi per verificarne la corrispondenza al vero ed eventualmente non investire nell'operazione o provvedere a disinvestire prontamente i capitali, evitando o limitando le perdite lamentate, ciò a prescindere dal dovere della stessa Autorità di attivare autonomamente e successivamente i poteri repressivi e di vigilanza (Cass. n. 4587/2009, in Resp. civ. e prev., 2009, 9, 2, 1798, con nota di Poto).

Il fatto concorrente nella causazione

Affinché la fattispecie del fatto colposo concorrente possa ritenersi integrata è necessario che il creditore o il danneggiato abbiano attivamente cooperato nella produzione del danno. Il concorso di colpa del danneggiato si distingue sia dalle concause naturali sia dal fatto non colposo del danneggiato, che non incidono sul risarcimento del danno, in quanto prevale l'esigenza che il danneggiato sia integralmente risarcito del danno che egli non avrebbe subìto senza l'inadempimento o l'illecito. Il fatto colposo del creditore determina la riduzione del risarcimento, ma non può essere preso in considerazione come autonoma ragione di risarcimento. La riduzione del risarcimento deve avvenire alla stregua della gravità della colpa e dell'entità delle conseguenze dannose che ne sono discese. La gravità della colpa deve essere intesa non in senso psicologico, ma come entità della diligenza violata (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 404). Il dolo o la colpa grave del creditore o del danneggiato diminuiscono ma non escludono l'incidenza del fatto colposo del debitore o del danneggiante. La colpa lieve riduce in una misura minima ma non esclude il concorso (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 405). In assenza di sufficienti elementi di prova si reputa che possa trovare applicazione la presunzione di pari colpa mentre l'ammontare delle conseguenze dannose imputabili possa essere stabilito mediante valutazione equitativa (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 406). La diminuzione complessiva dovrà essere effettuata assommando l'incidenza percentuale della colpa e l'incidenza percentuale dell'entità delle conseguenze.

La responsabilità per omissione può scaturire non solo dalla violazione di un preciso obbligo giuridico di impedire l'evento dannoso, ma anche dalla violazione di regole di comune prudenza, le quali impongano il compimento di una determinata attività a tutela di un diritto altrui (Cass. n. 2483/2018): è necessario che costui sia tenuto per legge o per contratto o per generico dovere di correttezza ad adottare un determinato comportamento, inerente all'esecuzione del rapporto obbligatorio e idoneo a circoscrivere, se non ad escludere, gli effetti pregiudizievoli dell'inadempimento (Cass. n. 29352/2018). Tale principio trova applicazione sia quando si tratti di valutare se sussista la colpa dell'autore dell'illecito, sia quando si tratti di stabilire se sussista un concorso di colpa della vittima nella produzione del danno. Non può pertanto ritenersi corresponsabile del danno colui che, senza violare alcuna regola di comune prudenza, correttezza o diligenza, non si sia attivato per rimuovere tempestivamente una situazione di pericolo creata da terzi (Cass. S.U., n. 24406/2011). Ai fini del concorso del fatto colposo del debitore o del danneggiante, possono rilevare tanto le condotte coeve o successive all'inadempimento o all'evento lesivo quanto quelle antecedenti. Infatti, premesso che il fatto colposo del danneggiato, idoneo a diminuire l'entità del risarcimento, comprende qualsiasi condotta negligente o imprudente che costituisca causa concorrente dell'evento e, quindi, non soltanto un comportamento coevo o successivo al fatto illecito, ma anche un comportamento antecedente, purché legato da nesso eziologico con l'evento medesimo, allorquando il fatto colposo del danneggiante è antecedente al fatto illecito — cioè all'inadempimento ed alle sue conseguenze dannose nella responsabilità contrattuale ed alla condotta integrante il fatto ingiusto ed alle sue conseguenze nella responsabilità extracontrattuale — la sua efficacia di concausa del danno cagionato dall'illecito, se è indubbio che possa estrinsecarsi con riferimento al danno-conseguenza della condotta di inadempimento o della condotta realizzante il fatto ingiusto, può altrettanto indubbiamente estrinsecarsi anche direttamente rispetto alla condotta costituente l'illecito, cioè può giocare ed essere apprezzata come concausa della condotta di inadempimento stesso o di quella determinativa del fatto ingiusto, id est come concausa delle relative condotte illecite (Cass. n. 5677/2006; contra Cass. n. 5883/2000). Nondimeno, il concorso del fatto colposo non può consistere nell'avere determinato nel danneggiante la percezione di una situazione di apparenza del diritto, che avrebbe giocato rilievo concausale nella causazione dell'illecito, poiché la creazione dello stato di apparenza determina una situazione riconducibile al generale principio dell'affidamento incolpevole, sicché il danneggiato in tal caso non può essere in colpa (Cass. n. 5677/2006; Cass. n. 10133/2004). Il concorso esige la cooperazione attiva nel fatto colposo del danneggiante, sicché non è configurabile qualora il danneggiato si sia limitato ad accettare il trasporto su autovettura con alla guida conducente in evidente stato di ebbrezza, non assurgendo tale condotta a comportamento materiale di cooperazione incidente nella determinazione dell'evento dannoso (Cass. n. 27010/2005).

Per le stesse ragioni non ricade nel concorso la provocazione da parte della persona offesa del reato (Cass. n. 5679/2016). Viceversa l'omesso uso del casco protettivo da parte di un motociclista vittima di incidente può essere fonte di corresponsabilità del medesimo, a condizione che tale infrazione abbia concretamente influito sulla eziologia del danno (Cass. n. 9241/2016). Allo stesso modo la violazione, da parte del promotore finanziario, degli obblighi di comportamento che la legge pone a suo carico non esclude la configurabilità di un concorso di colpa dell'investitore, qualora questi tenga un contegno significativamente anomalo (Cass. n. 9892/2016).

La riduzione della responsabilità del danneggiante è configurabile anche nel caso in cui il danneggiato si esponga volontariamente ad un rischio superiore alla norma, in violazione di norme giuridiche o di regole comportamentali di prudenza avvertite come vincolanti dalla coscienza sociale del suo tempo, con una condotta (attiva od omissiva che sia) che si inserisca come antecedente necessario nel processo causale che culmina con il danno da lui subito (Cass. n. 11986/2024).

L'accertamento in termini percentuali del concorso di colpa della vittima nella causazione del danno costituisce il frutto di un procedimento logico e non matematico e, come tale, è insuscettibile di giustificazione analitica (Cass. n. 6752/2011). Il giudice può, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, rilevare d'ufficio il concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, salvo che sulla responsabilità esclusiva del danneggiante non si sia formato il giudicato interno (Cass. n. 23372/2013; Cass. n. 18544/2009; Cass. n. 24080/2008). Il concorso integra, per l'effetto, una mera argomentazione difensiva ovvero una semplice difesa, utile al fine di dimostrare l'eccessività del risarcimento dedotta ab origine, e non di un'eccezione in senso proprio (Cass. S.U., n. 13902/2013; Cass. n. 15382/2006). Ai fini della determinazione della riduzione del risarcimento del danno in caso di accertato concorso colposo tra danneggiante e danneggiato in materia di responsabilità extracontrattuale, occorre porre riferimento sia alla gravità della colpa sia all'entità delle conseguenze che ne sono derivate. In particolare, la valutazione dell'elemento della gravità della colpa deve essere rapportata alla misura della diligenza violata e, solo se non sia possibile provare le diverse entità degli apporti causali tra danneggiante e danneggiato nella realizzazione dell'evento dannoso, il giudice può avvalersi del principio generale di cui all'art. 2055, ult. comma, ossia della presunzione di pari concorso di colpa, rimanendo esclusa la possibilità di far ricorso al criterio equitativo, il quale può essere adottato solo in sede di liquidazione del danno ma non per la determinazione delle singole colpe (Cass. n. 1002/2010). Quando il danno sia reclamato da un condomino verso il condominio e verso un terzo, non troverà applicazione l'art. 1227, poiché il condominio, sebbene privo di soggettività giuridica, non si identifica con i singoli condomini, ma costituisce un ente di gestione, quale autonomo centro di imputazione di interessi, sicché il condominio e il terzo risponderanno in via solidale ai sensi dell'art. 2055 (Cass. n. 6665/2009). Infatti, l'art. 1227, comma 1, che prevede la diminuzione del risarcimento nei confronti del danneggiato nel caso di concorso della colpa di quest'ultimo nella causazione del danno, si applica al solo rapporto tra danneggiante e danneggiato, ma non nei rapporti di rivalsa tra più danneggianti responsabili in solido, in quanto soltanto sul versante esterno l'obbligazione solidale comporta l'obbligo di eseguire la prestazione dovuta nella sua totalità, mentre sul versante interno agli obbligati essa si divide tra i diversi debitori e, per quanto riguarda l'obbligazione risarcitoria derivante da illecito, la prestazione si divide tra i corresponsabili, ai sensi dell'art. 2055, in proporzione alla gravità delle colpe e all'entità delle conseguenze dannose (Cass. n. 13180/2007; Cass. n. 2469/2003). Il concorso del fatto colposo del danneggiato, che è astrattamente configurabile in caso di partecipazione ad una colluttazione provocata ed iniziata dal danneggiato allorquando le lesioni inferte a quest'ultimo possano essere imputate ad una reazione difensiva, pur se colposamente eccedente i limiti consentiti da una difesa legittima, non può essere invece invocato dal danneggiante quando la lesione sia dovuta ad una reazione che abbia superato l'iniziale esigenza di difesa e si sia sviluppata in una aggressione consapevolmente e volontariamente eccedente detta esigenza, perché dovuta a sentimento di ritorsione o di vendetta (Cass. n. 6009/2007; nel senso che la provocazione in radice esclude l'applicazione della norma è invece Cass. n. 20137/2005; Cass. n. 9209/1995). Una concausa, che a norma dell'art. 41 c.p. non esclude la responsabilità penale, può ridurre la responsabilità civile del danneggiante. Ne consegue che l'eventuale apporto causale colposo del danneggiato, in quanto non esclude la responsabilità penale del danneggiante, non necessariamente costituisce lo stesso fatto accertato dal giudice penale per gli effetti di cui all'art. 651 c.p.p. e non può essere dunque invocato a proprio favore dal danneggiante convenuto in giudizio per il risarcimento. Pertanto, la richiesta in sede civile di verifica del concorso di colpa del danneggiato non è preclusa dall'intervenuto accertamento della sua responsabilità in sede penale (Cass.  n. 15392/2018;Cass. n. 4504/2001). La riduzione del risarcimento del danno per il concorso della vittima opera anche nei confronti dei congiunti che agiscono iure proprio, essendo essa conseguenza del fatto della vittima stessa (Cass. n. 11137/1999; Cass. n. 10271/1995).

L'aggravamento delle conseguenze

Nel caso dell'aggravamento delle conseguenze il danno è eziologicamente imputabile sul piano materiale esclusivamente al debitore o al danneggiante. Tuttavia le conseguenze dannose si sarebbero potute impedire o attenuare in ragione del diligente intervento del creditore o del danneggiato. L'ordinaria diligenza alla quale la disposizione si riferisce deve essere identificata con quella regolata dall'art. 1176. Il dovere del creditore o del danneggiato è inteso come sforzo di evitare il danno attraverso un'agevole attività personale ovvero tramite un sacrificio economico relativamente lieve o mediante l'erogazione delle spese ordinarie di conservazione del patrimonio (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 408). L'uso dell'ordinaria diligenza non può tuttavia implicare l'obbligo di procurarsi aliunde le cose che costituiscono oggetto della prestazione dovuta.

Il creditore che non riceva la prestazione dovuta o la vittima di un fatto illecito ha l'obbligo giuridico di attivarsi, in adempimento del dovere di correttezza di cui all'art. 1175, per ridurne od eliderne le conseguenze dannose e tale obbligo sussiste anche quando l'attività necessaria per ridurre le conseguenze del danno possa portare all'eliminazione della prova di esso, venendo meno soltanto dinanzi ad attività gravose, eccezionali o che comportano notevoli rischi o rilevanti sacrifici (Cass. n. 22352/2021; Cass. n. 25750/2018; Cass. n. 20684/2009; Cass. n. 15231/2007; Cass. n. 2855/2005; Cass. n. 317/2002). Tra le attività gravose non esigibili ricade l'avvio di un’azione giudiziale (Cass. n. 3797/2019; Cass. n. 14853/2007; Cass. n. 19139/2005; Cass. n. 16530/2004). Né il creditore è tenuto ad assumere su di sé l'esecuzione dell'intera prestazione, questa gravando, quale suo obbligo primario, esclusivamente sul debitore (Cass. n. 18239/2003). La prescrizione sull'uso dell'ordinaria diligenza non esige semplicemente che il creditore adotti un contegno di mera inerzia di fronte all'altrui comportamento dannoso, ma gli impone, secondo i principi di correttezza e buona fede, una condotta attiva o positiva, diretta a limitare le conseguenze dannose di quel comportamento (Cass. n. 26639/2013). L'obbligo di non aggravare il danno, imposto a carico del danneggiato, impone a quest'ultimo di attivarsi per scegliere la condotta maggiormente idonea a contemperare il proprio interesse con quello del debitore alla limitazione del danno e deve ritenersi violato nel caso in cui il danneggiato trascuri di adottare tale condotta, pur potendolo fare senza sacrificio (Cass. n. 7771/2011). Il dovere di correttezza e di normale diligenza imposto al danneggiato non lo obbliga a svolgere attività che, pur nel fine lecito di contenere l'iter evolutivo dei danni, incidano sulla situazione dei luoghi in senso modificativo o sostitutivo di opere e cose comunque connesse geneticamente alla precedente azione od omissione dell'autore dell'illecito (Cass. n. 27298/2013). Al giudice del merito è consentito svolgere l'indagine in ordine all'omesso uso dell'ordinaria diligenza da parte del creditore solo se sul punto vi sia stata espressa istanza del debitore, la cui richiesta integra gli estremi di una eccezione in senso proprio, dato che il dedotto comportamento che la legge esige dal creditore costituisce autonomo dovere giuridico, espressione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede. Il debitore deve inoltre fornire la prova che il creditore avrebbe potuto evitare i danni, di cui chiede il risarcimento, usando l'ordinaria diligenza (Cass. n. 25712/2023Cass. n. 15750/2015; Cass. n. 23148/2014; Cass. n. 9137/2013; Cass. n. 4962/2007; Cass. n. 27123/2006). Di conseguenza nella responsabilità aquiliana grava sul danneggiante la prova del mancato uso delle cinture di sicurezza da parte del danneggiato in un sinistro stradale automobilistico (Cass. n. 4954/2007). Si tratta di indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimità, se sorretta da congrua motivazione (Cass. n. 15231/2007; Cass. S.U., n. 12348/2007; Cass. n. 20283/2004). La previsione non opera quando le parti abbiano preventivamente e convenzionalmente liquidato il danno causato dal ritardo (Cass. n. 13023/1995).

Il concorso di colpa dell'incapace

Anche rispetto all'incapace è ipotizzabile il concorso del fatto colposo di cui all'art. 1227, comma 1. Infatti, ciò che a tali fini rileva è il fatto obiettivamente colposo, quale inosservanza del modello di condotta normalmente diligente, a prescindere dall'incapacità del danneggiato o da altre esimenti personali di responsabilità, come lo stato di necessità. Tale possibilità non può essere estesa alla fattispecie delineata dal comma 2 e, in ogni caso, è fatta salva la responsabilità dei soggetti tenuti alla sorveglianza dell'incapace (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 418).

Quando la vittima di un fatto illecito abbia concorso, con la propria condotta, alla produzione del danno, l'obbligo del responsabile di risarcire quest'ultimo si riduce proporzionalmente anche nel caso in cui la vittima fosse incapace di intendere e di volere, in quanto l'espressione “fatto colposo” che compare nell'art. 1227 deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, e non quale sinonimo di comportamento colposo (Cass. n. 3557/2020; Cass. n. 2483/2018; Cass. n. 14548/2009; Cass. n. 2704/2005; Cass. n. 4633/1997).

Bibliografia

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