Codice Civile art. 1263 - Accessori del credito.

Cesare Trapuzzano
aggiornato da Rossella Pezzella

Accessori del credito.

[I]. Per effetto della cessione, il credito è trasferito al cessionario con i privilegi, con le garanzie personali [1936] e reali [2843] e con gli altri accessori (1).

[II]. Il cedente non può trasferire al cessionario, senza il consenso del costituente, il possesso della cosa ricevuta in pegno; in caso di dissenso, il cedente rimane custode del pegno [1204 2].

[III]. Salvo patto contrario, la cessione non comprende i frutti scaduti [821 3].

(1) V. art. 25 r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669.

Inquadramento

La previsione, in applicazione del principio secondo cui accessorium sequitur principale, stabilisce che per effetto della cessione anche i privilegi e le garanzie, personali e reali, si trasferiscono al cessionario. Siffatta previsione è derogabile e l'elencazione ivi contenuta non ha carattere tassativo (Perlingieri, 3; Panuccio, 861). Secondo il dettato della norma unitamente al credito si trasferiscono, oltre ai privilegi e alle garanzie personali e reali, anche gli altri accessori, ossia le cauzioni, l'anticresi, il diritto di ritenzione (Panuccio, 863), i poteri connessi al contenuto e all'esercizio del credito, quali i poteri del creditore di determinare o variare la prestazione o le sue modalità (Bianca, 592). Rientra tra gli accessori anche il modus o onere, che si trasferisce al cessionario qualora la cessione abbia ad oggetto un credito modale (Perlingieri, 3). Non è pacifico se il trasferimento riguardi anche la clausola penale: per la tesi favorevole si è espresso un filone della dottrina, alla condizione che la penale sia parte integrante del regolamento proprio della specifica situazione creditoria, anziché riguardare il complesso rapporto in quanto tale (Bianca, 592; Perlingieri, 3); esclude invece in assoluto tale passaggio altro filone, ritenendo che la penale non possa essere considerata un accessorio del credito (Panuccio, 863). Si nega invece concordemente che la cessione del credito implichi anche il trasferimento della caparra confirmatoria e di quella penitenziale in quanto accessori dell'intero rapporto contrattuale e non della singola obbligazione ceduta (Perlingieri, 3; Panuccio, 863).

Anche secondo la S.C. il trasferimento oltre alle garanzie anche degli altri accessori deve essere inteso nel senso che nell'oggetto della cessione rientri la somma delle utilità che il creditore può trarre dall'esercizio del diritto ceduto, cioè ogni situazione giuridica direttamente collegata con il diritto stesso, la quale, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione, ivi compresi tutti i poteri del creditore relativi alla determinazione, variazione e modalità della prestazione nonché alla tutela del credito (Cass. n. 9479/2024). Ne consegue che nell'oggetto della cessione di un credito deve reputarsi incluso il diritto al risarcimento del maggior danno derivante dal ritardo nel pagamento del credito stesso (e maturatosi al momento della cessione), trattandosi di diritto che non può esistere o estinguersi se non congiuntamente al credito ceduto e che direttamente consegue al ritardo nell'adempimento dell'obbligazione principale, senza che a tale inclusione sia d'ostacolo la previsione dell'ultimo comma dell'art. 1263, secondo la quale la cessione non comprende, salvo patto contrario, i frutti scaduti e quindi gli interessi scaduti, dai quali il suddetto credito risarcitorio differisce ontologicamente e funzionalmente, essendo meramente eventuale e condizionato alla perdita di valore della moneta durante il ritardo nel pagamento, mentre quelli, essendo certi nell'esistenza e nell'ammontare, costituiscono entità autonoma nel patrimonio del creditore cedente all'atto della cessione (Cass. n. 21275/2024Cass. n. 9823/1999).

Negli accessori rientrano anche gli interessi scaduti dopo la cessione (e non, salvo patto contrario, quelli scaduti prima) alle condizioni e nella misura in cui, secondo la legge, essi erano dovuti al creditore cedente (Cass. n. 2978/2016), nonché la clausola risolutiva espressa contenuta nella transazione conclusa dal creditore cedente con la debitrice, come utilità inerente all'esercizio del credito (Cass. n. 9479/2024) .

Il trasferimento delle garanzie

La natura dispositiva del precetto comporta che, qualora le parti stabiliscano che in caso di cessione le garanzie non passino al cessionario, dette garanzie si estingueranno. Infatti, diversamente dagli altri accessori, le parti non hanno la disponibilità separata dal credito dei privilegi e delle garanzie che assistono il credito stesso, sicché nel caso di cessione anche tali privilegi e garanzie passeranno al cessionario, salvo che il cedente non rinunzi alle garanzie prima della stipulazione della cessione (Panuccio, 862). Ma dubbi sono espressi sull'ammissibilità di una rinunzia preventiva ai privilegi: in ragione del particolare titolo che ne giustifica la costituzione, un eventuale patto di esclusione dalla cessione sarebbe nullo (Perlingieri, 3); viceversa, secondo altro orientamento, il patto sarebbe valido con la conseguente estinzione del privilegio, essendo invece preclusa al cedente la riserva del privilegio affinché possa essere fatto valere verso altro credito vantato nei confronti del debitore (Panuccio, 862). Quanto alle garanzie personali, e in specie alla fideiussione, il cedente può impedire il trasferimento al cessionario, non solo mediante rinunzia preventiva, ma anche mediante dichiarazione di riserva in suo favore della garanzia. In specie, nel caso di cessione con esclusione della garanzia personale prestata da un terzo, ma con la previsione della garanzia di solvenza da parte del cedente, quest'ultimo conserva la garanzia a suo favore, sicché nel caso di inadempimento del debitore ceduto, il cedente che sia costretto a soddisfare il cessionario può rivalersi sul terzo; ed ancora, in difetto di risarcimento da parte del cedente, il cessionario potrebbe anche agire verso il terzo in via surrogatoria (Perlingieri, 3). Il passaggio delle garanzie connesso in via automatica alla cessione del credito deve essere notificato ai garanti allo scopo di rendere loro opponibile tale passaggio (Perlingieri, 4). Qualora il credito assistito da privilegio sia trasferito in favore di più soggetti, ciascun cessionario avrà diritto di avvalersi della causa di prelazione (Perlingieri, 3). Con riferimento alla garanzia ipotecaria, affinché il cessionario possa opporre ai terzi anche il trasferimento di tale garanzia reale, è necessario che adempia a precisi oneri pubblicitari, ossia che esegua l'annotazione a margine dell'iscrizione; fino a tale momento è equiparato ai creditori chirografari del ceduto (Dolmetta e Portale, 272). Solo nel caso di crediti cartolarizzati l'ipoteca si trasferisce eccezionalmente in via automatica senza bisogno di annotazione. Sul punto un autore in dottrina ha rilevato che l'annotazione incide esclusivamente sull'opponibilità del trasferimento dell'ipoteca rispetto al debitore ceduto e ai terzi, mentre il conflitto tra più cessionari in ordine alla sussistenza della garanzia ipotecaria deve essere risolto secondo i criteri dell'art. 1265 (Perlingieri 3). Eseguita l'annotazione, l'ipoteca in favore del cessionario acquista lo stesso grado che aveva in favore dell'originario creditore ipotecario; potrà darsi luogo alla cancellazione o alla postergazione dell'ipoteca solo con il consenso del cessionario, il quale potrà far valere la prelazione in fase esecutiva (Panuccio, 863). Il trasferimento del possesso della cosa ricevuta in pegno in favore del cessionario presuppone il consenso del costituente. Le cose oggetto di pegno possono essere i soli beni mobili e i titoli di credito, non ulteriori crediti e altri diritti non cartolari. La necessità del consenso del costituente vale per tutti i diritti di garanzia che comportano il possesso della cosa in capo al creditore (Perlingieri, 3; Panuccio, 862). Il consenso del costituente può essere anche disgiunto dall'atto di cessione e può essere prestato anche in un momento successivo (Perlingieri, 3). Se il consenso del costituente al trasferimento del possesso della cosa sia negato, la garanzia si trasferisce ugualmente al cessionario sebbene il cedente rimanga mero custode della cosa (Breccia,795). Siffatta conclusione è stata sostenuta anche con riguardo al diritto anticretico accessorio al credito ceduto sicché qualora il costituente dell'anticresi non dia il consenso al trasferimento della detenzione dell'immobile in favore del cessionario, il cedente continuerà a conservate l'immobile sebbene l'anticresi passi comunque al cessionario (Perlingieri, 4); secondo altra prospettiva in tale evenienza il cedente rimarrebbe responsabile degli obblighi connessi all'anticresi. Le garanzie personali che si trasferiscono in via automatica al cessionario sono, oltre alla fideiussione, anche il mandato di credito (Panuccio, 863) e l'avallo (Perlingieri, 4); la natura accessoria è invece carente per il contratto autonomo di garanzia.

La giurisprudenza sostiene che il trasferimento di ipoteca è opponibile al debitore ceduto solo ove sia annotato a margine dell'iscrizione ipotecaria (Cass. n. 3402/2013). Il divieto di trasferimento dal cedente al cessionario del possesso della cosa data in pegno, senza il consenso del costituente, non limita in alcun modo gli effetti della cessione, che produce il trasferimento al cessionario della titolarità del credito con i relativi accessori. Pertanto, qualora il credito ceduto sia garantito da pegno di azioni, il diritto di voto, già spettante al creditore originario, si trasferisce al cessionario (Cass. n. 4102/1974; Cass. n. 1795/1953). Non rientrano tra gli altri accessori relativi ai diritti ceduti le spese processuali che invece rimangono di spettanza del dante causa che le ha effettivamente sostenute (Cass. n. 4483/2009; Cass. n. 3998/2006). Nel caso in cui il credito principale sia assistito dalla garanzia personale prestata da un terzo, non è ammissibile la cessione del solo credito di garanzia in assenza del consenso del garante (Cass. n. 1453/2024).

Il trasferimento dei frutti

I frutti del credito sono solitamente riferiti ai frutti civili, ossia agli interessi (Panuccio, 863). Nondimeno, fornendo una lettura estensiva della disposizione, si è affermato che nel concetto di frutti ricadono anche le prestazioni pecuniarie e quelle aventi ad oggetto un fare o un dare cose diverse dal denaro (Perlingieri, 3) sicché il significato della norma dovrebbe essere quello di escludere che il ceduto debba adempiere nei confronti del cessionario le prestazioni scadute che abbiano titolo nel credito ceduto. I frutti che siano scaduti al tempo in cui la cessione si perfeziona non si trasferiscono al cessionario, salvo che una specifica pattuizione non preveda espressamente l'obbligo del cedente di trasferire anche i frutti scaduti, determinandone la misura. Invece spettano al cessionario i frutti che scadono dopo la conclusione della cessione (Panuccio, 863). Secondo una tesi al cessionario spettano, in virtù del trasferimento del credito, gli interessi convenzionali scadendi; di contro, gli interessi legali spettano al cessionario quale titolare del credito fruttifero, non già in ragione del passaggio del credito (Bianca, 592). Per patto contrario si intende normalmente l'accordo tra cedente e cessionario contenuto nel più ampio negozio di cessione o anche in atto separato, che deve essere tempestivamente portato a conoscenza del debitore ceduto ai fini di renderlo edotto dell'obbligo di corrispondere i frutti già scaduti al cessionario anziché al cedente. Nondimeno, qualora il trasferimento del credito avvenga per atto unilaterale del cedente, come nel caso in cui la cessione sia disposta da un legato di credito, è sufficiente la dichiarazione unilaterale del cedente mentre è richiesto anche l'assenso del debitore ceduto, qualora la sua partecipazione sia eccezionalmente necessaria per il trasferimento del credito (Perlingieri, 4).

Il trasferimento delle azioni

Tra gli accessori che si trasferiscono unitamente al credito sono solitamente incluse anche le azioni giudiziarie che mirano alla conservazione e all'esazione del credito. Si tratta quindi delle azioni conservative o cautelari, quelle dirette alla conservazione della garanzia patrimoniale generica, ossia le azioni surrogatorie e revocatorie, quelle di cognizione e di esecuzione dirette al soddisfacimento o alla riscossione del credito (Panuccio, 864). Secondo una diversa opinione le azioni non possono rientrare tra gli accessori del credito; piuttosto nel caso concreto dovrà verificarsi in via autonoma il grado di connessione di tali azioni con il credito e all'esito occorrerà valutare quale sia l'interesse del cessionario alla proposizione di simili azioni (Breccia, 795). Per converso il cessionario non è legittimato alla proposizione delle azioni di annullamento, rescissione, risoluzione e delle altre azioni che derivano dallo specifico contratto che costituisce fonte dell'obbligazione (Bianca, 592; Panuccio, 865). Le azioni innanzi indicate possono essere avanzate dal debitore ceduto, la cui posizione rimane integra a seguito della cessione; pertanto il debitore ceduto potrà agire contro il cedente, con effetti che potranno estendersi anche al cessionario nei limiti in cui tali azioni producano effetti retroattivi nei confronti dei terzi, capaci quindi di travolgere anche la cessione. La medesima legittimazione deve essere riconosciuta al cedente almeno quando annullamento e rescissione siano opponibili al cessionario e salvo che con la cessione il cedente abbia espressamente rinunziato alla proposizione di tali azioni (Perlingieri, 4). Il cessionario può invece avere interesse ad esperire l'azione di nullità e l'azione di annullamento per incapacità del condannato in stato di interdizione legale, proponibile da chiunque vi abbia interesse (Perlingieri, 4). Detto interesse non può essere negato a priori sulla scorta dell'assunto che l'accoglimento di tali azioni accerterebbe il difetto a monte o farebbe venir meno a valle il credito trasferito, poiché nel caso concreto potrebbero ricorrere ragioni sopravvenute, ad esempio di natura fiscale, che giustifichino l'intento del creditore di spogliarsi del credito, quando la remissione non abbia avuto effetto per l'opposizione del debitore (Perlingieri, 4). Nei casi di legittimazione ad agire del cessionario sarebbe altresì ammissibile un suo intervento iure proprio nel giudizio già intrapreso dal cedente, che non implica l'automatica estromissione del cedente (Perlingieri, 4). Ove il cessionario non abbia una propria legittimazione ad agire, potrebbe intervenire nel processo pendente solo in qualità di terzo.

Anche la giurisprudenza limita la trasmigrazione al cessionario, per effetto della cessione del credito, a tutte le azioni dirette ad ottenerne la realizzazione (Cass. n. 16383/2006; Cass. n. 3554/1971). Viceversa il debitore ceduto, essendo estraneo al rapporto tra cedente e cessionario, non ha titolo a far valere le eccezioni relative alla validità del negozio di cessione e a pretendere la verifica delle condizioni alle quali la cessione venga in ipotesi subordinata nel rapporto contrattuale tra cedente e cessionario (Cass. n. 28300/2005; Cass. n. 423/1962). A seguito della cessione il cessionario è altresì legittimato a promuovere l'esecuzione forzata, quand'anche avviata dal cedente (Cass. n. 9195/1995; Cass. n. 2103/1987). Inoltre egli potrà intervenire nel giudizio pendente promosso dal cedente contro il debitore, anche in grado d'appello, a titolo di successore a titolo particolare nel diritto controverso ex art. 111, comma 3, c.p.c., e la condanna del convenuto all'adempimento potrà essere pronunziata direttamente in favore di detto cessionario, indipendentemente dalla mancata estromissione dalla causa del cedente, ove il cessionario medesimo abbia formulato una domanda in tal senso con l'adesione del cedente e non vi siano contestazioni da parte del debitore ceduto neppure in ordine al verificarsi della cessione stessa (Cass. n. 15674/2007; Cass. S.U. n. 6418/1986). Per converso non sono trasferite al cessionario le azioni inerenti all'essenza del precedente contratto (Cass. n. 17727/2018; Cass. n. 776/1967).

Il trasferimento delle eccezioni

Le eccezioni non costituiscono un accessorio del credito ceduto, sicché ai fini della ponderazione del loro trasferimento al cessionario dovrà aversi riguardo alla loro attinenza alla posizione creditoria acquisita dal cessionario medesimo. Si ritiene che il ceduto possa opporre al cessionario: le eccezioni riguardanti l'originario creditore, inerenti alla fonte negoziale del credito; quelle concernenti fatti posteriori al sorgere del rapporto, ma anteriori alla cessione; quelle riguardanti fatti posteriori alla cessione, ma anteriori alla propria conoscenza della cessione stessa, fatta eccezione per la remissione del debito eventualmente fatta dal creditore cedente, che deve ritenersi senza effetto per carenza del potere dispositivo sul credito, qualora avvenuta dopo la cessione (Perlingieri, 15; Panuccio, 868). Esse potranno riguardare la fonte del credito, l'oggetto, come nel caso di inesigibilità, il titolo, come l'adempimento, la prescrizione. Ma in senso contrario altro autore esclude che ogni eccezione connessa a fatti verificatisi in epoca posteriore alla cessione, ma prima che il debitore ceduto abbia conoscenza della stessa cessione, sia indiscriminatamente opponibile al cessionario (Bianca, 603). Una disciplina speciale è dettata con riguardo all'eccezione di compensazione legale dall'art. 1248. Quanto all'opponibilità dal ceduto al cessionario delle eccezioni relative alla validità del negozio di cessione un primo orientamento propende per l'inopponibilità poiché il ceduto rimane estraneo al rapporto obbligatorio complesso che si costituisce tra cedente e cessionario, salvo che la nullità non risulti già dal documento con cui il debitore giunge a conoscenza dell'avvenuta cessione (Panuccio, 868); altra impostazione sostiene invece che il debitore sarebbe tenuto a sollevare tutte le eccezioni relative al negozio di cessione che impediscano il trasferimento del credito al fine di evitare l'esecuzione di un pagamento non liberatorio (Bianca, 603). Ove il debitore eccepisca con esito favorevole le eccezioni inerenti al negozio che costituisce fonte del credito ceduto, è esonerato dall'adempimento verso il cessionario e conseguentemente quest'ultimo può ottenere dal cedente il risarcimento dei danni alla condizione che il pregiudizio alle sue ragioni sia collegato ad una condotta imputabile al cedente.

La S.C. ritiene che siano opponibili dal ceduto verso il cessionario le eccezioni rivolte contro la validità del rapporto originario di nullità-annullabilità nonché le eccezioni dirette a far valere l'estinzione del credito di pagamento-prescrizione (Cass. n. 1257/1988). Quanto alla discriminazione dell'opponibilità delle eccezioni in relazione al momento in cui i fatti che danno luogo all'eccezione sono emersi la giurisprudenza sostiene che il debitore ceduto è legittimato ad opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto sollevare nei confronti dell'originario creditore ma, qualora dopo la cessione intervengano fatti incidenti sull'entità, esigibilità ed estinzione del credito, la loro efficacia deve essere valutata in relazione alla nuova situazione soggettiva stabilitasi in dipendenza del già perfezionato trasferimento del diritto. Pertanto, perfezionatasi la cessione, il debitore ceduto può opporre al cessionario le eccezioni concernenti l'esistenza e la validità del negozio da cui deriva il credito ceduto e le eccezioni riguardanti l'esatto adempimento del negozio, mentre le eccezioni relative ai fatti estintivi o modificativi del credito ceduto sono opponibili al cessionario solo se anteriori alla notizia della cessione comunicata al debitore ceduto e non se successivi; ne consegue che il successivo riconoscimento da parte del cedente della riduzione dell'importo del credito originario non può essere opposto dal debitore al cessionario (Cass. n. 8373/2009; Cass. n. 5998/2007; Cass. n. 9761/2005; Cass. n. 1145/2003; Cass. n. 575/2001; Cass. n. 3797/1999; Cass. n. 8485/1999). Il cessionario di un credito nascente da un contratto, nel quale sia inserita una clausola compromissoria, non subentra nella titolarità del distinto e autonomo negozio compromissorio e non può pertanto invocare detta clausola nei confronti del debitore ceduto; viceversa quest'ultimo può avvalersi della clausola compromissoria nei confronti del cessionario, rientrando essa tra le eccezioni opponibili all'originario creditore ed atteso che altrimenti si vedrebbe privato del diritto di far decidere ad arbitri le controversie sul credito in forza di un accordo tra cedente e cessionario al quale egli è rimasto estraneo (Cass. n. 2961/2011). In materia di factoring, nell'ipotesi in cui il credito oggetto di cessione derivi dalla compravendita di un bene mobile, la legittimazione passiva in ordine alla domanda di riduzione del prezzo, conseguente all'esistenza di vizi della cosa venduta, spetta alla società venditrice e non al factor, atteso che quest'ultimo non è cessionario del contratto di compravendita ma soltanto del credito relativo al corrispettivo, e che il compratore (debitore ceduto) potrebbe solo opporre al factor, ove fosse da questi convenuto in giudizio per il pagamento del debito, le eccezioni opponibili al cedente, ma non già agire direttamente contro il factor con azioni volte alla risoluzione o alla modifica di un contratto al quale costui è rimasto estraneo (Cass. n. 2869/2015). Il debitore ceduto può opporre al cessionario la clausola riguardante il foro esclusivo pattuita tra le parti (Cass. n. 1499/1995).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Carraro, La cessione volontaria dei crediti, in Riv. dir. civ. 1958; Clarizia, Il factoring, Torino, 2002; Dolmetta e Portale, Cessione del credito e cessione in garanzia nell'ordinamento italiano, in Banca, borsa e tit. di cred. 1985; Ferrigno, Factoring, Contr. e impr., Padova, 1988; Frignani, Factoring, Enc. giur. it., Milano, 1989; Panuccio, Cessione dei crediti, in Enc. dir., Milano, 1960; Perlingieri, Cessione dei crediti, in Enc. giur., Roma, 1988; Sotgia, Cessione dei crediti e di altri diritti, in Nss. D. I., Torino, 1959.

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