Codice Civile art. 1269 - Delegazione di pagamento.

Cesare Trapuzzano

Delegazione di pagamento.

[I]. Se il debitore per eseguire il pagamento ha delegato un terzo, questi può obbligarsi verso il creditore, salvo che il debitore l'abbia vietato.

[II]. Il terzo delegato per eseguire il pagamento non è tenuto ad accettare l'incarico, ancorché sia debitore del delegante [1188 1]. Sono salvi gli usi diversi.

Inquadramento

La delegazione di pagamento o solvendi o dandi ha ad oggetto l'esecuzione di un pagamento in favore del creditore a cura di un terzo che sia stato delegato dall'originario debitore. Essa ha una precipua funzione solutoria (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 32) e presuppone evidentemente che il debito sia già scaduto. Il terzo delegato, nel momento in cui esegue il pagamento verso il creditore, deve fare menzione della delega dichiarando o lasciando intendere al creditore che la prestazione è eseguita per delega, ossia che deve essere considerata come se provenisse dal debitore originario (Magazzù, 169). Non necessariamente il delegato deve essere a sua volta debitore del delegante, come si arguisce dal tenore del comma 2. Sicché è possibile che la delegazione di pagamento, indipendentemente dalla preesistenza di rapporti tra le parti, operi tra le stesse come ragione di credito (Rescigno, 1962, 930). Si parla in questi casi di delegazione di pagamento allo scoperto. Ma la distinzione tra delegazione su debito e delegazione allo scoperto è stata da alcuni rivisitata, ritenendo che debba essere basata sul contenuto del risultato che il delegante intende conseguire attraverso la richiesta al delegato dell'esecuzione della traditio verso il delegatario: la figura della delegazione allo scoperto dovrebbe essere limitata al caso in cui l'intento del delegante sia esclusivamente quello di assicurarsi l'attività di cooperazione necessaria per far pervenire un bene al delegatario; mentre si ricadrebbe nella figura della delegazione su debito per il solo fatto che la dichiarazione di delega, sebbene diretta ad un soggetto che non è debitore del delegante, sia volta a realizzare altri risultati, come ottenere un mutuo, una donazione, ecc. La delegazione di pagamento si distingue dall'adempimento del terzo, che consiste in un atto di natura negoziale posto in essere nella consapevolezza di adempiere un debito altrui; diversamente il delegato opera sul presupposto della delega, la cui invalidità rende indebito il pagamento (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 36).

In giurisprudenza si afferma che la delegazione di pagamento si concreta in un rapporto con pluralità di soggetti (ossia trilatero), cioè con partecipazione, fin dall'origine, del delegante (debitore), del delegato (nuovo debitore) e del delegatario (creditore), rapporto nel quale il primo impartisce ad un terzo, il delegato, l'ordine di eseguire il pagamento a favore del creditore (Cass. n. 723/1971). Il comma 2 dell'art. 1269, il quale stabilisce che il terzo delegato per eseguire il pagamento non è tenuto ad accettare l'incarico, ancorché sia debitore del delegante, comporta che la delegazione può aver luogo anche fuori della normale ipotesi di una preesistente obbligazione del delegato verso il delegante (Cass. n. 1698/1978). Nella delegazione di pagamento pura l'obbligazione del delegato verso il delegatario prescinde del tutto dal rapporto sottostante di provvista (delegante-delegato) e di valuta (delegante-delegatario) e, quindi, dai relativi vizi, salvo che ricorra la nullità della doppia causa, giacché, in tal caso, viene meno la funzione stessa della delegazione. Conseguentemente, nell'ipotesi predetta non si verifica, di regola, un'obbligazione trilatera, in quanto il delegatario non deve aderire al rapporto delegante-delegato, né può rifiutare l'adempimento di quest'ultimo, stante l'autonomia dei due rapporti, non potendo il delegato opporre le eccezioni relative al rapporto tra delegante e delegatario se ad esso le parti non abbiano fatto espresso riferimento (Cass. n. 5770/1994; Cass. n. 4799/1979).

La natura giuridica

La delegazione di pagamento si realizza mediante un contratto con prestazione al terzo, il quale non acquisterebbe comunque alcun diritto in forza di tale contratto. L'invito del delegante, nel caso di delegazione allo scoperto, costituirebbe una proposta di mandato mentre nel caso di delegazione su debito tenderebbe alla conclusione di un contratto misto, comprendente i risultati tipici di due figure negoziali, il mandato e la datio in solutum (Bianca, 639). Ma secondo altra opinione la delegatio solvendi si attua in ogni caso mediante un negozio unilaterale autorizzativo (Greco, 333). Comunque è discusso se il perfezionamento della fattispecie esiga o meno anche l'adesione del delegatario, come accade nella delegazione promissoria. Una parte della dottrina ritiene che anche nella delegazione di pagamento sia necessaria l'adesione del delegatario, sebbene debba essere intesa come mera accettazione a servirsi della delegazione (Rescigno, 1962, 943). In senso contrario, si osserva che, avendo il legislatore configurato la delegatio solvendi come un pagamento per mezzo del terzo, della cui opera il debitore originario può sempre avvalersi, salvo che si tratti di prestazioni personalissime, come tali non delegabili, pagamento che rimane comunque giuridicamente imputabile al debitore delegante, il creditore non deve aderire né può rifiutare la prestazione che sia puntualmente ed esattamente offerta dal delegato; e ciò anche argomentando dalla disciplina del pagamento del terzo. Un'adesione del delegatario sarebbe richiesta solo quando il delegato voglia eseguire una delegazione titolata con riferimento al rapporto di provvista, che lo legittimerebbe a ripetere dal delegatario quanto prestato nel caso di invalidità del rapporto di provvista (Greco, 345). Sulla stessa linea si è rilevato che, avendo il pagamento natura di atto dovuto, a differenza dell'assunzione dell'obbligo che connota la delegazione di debito, non intercorre un vero e proprio rapporto contrattuale tra delegato e delegatario, con la conseguenza che l'accettazione del creditore costituirebbe elemento esterno alla fattispecie delegatoria, comunque perfezionata (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 36). Qualora il delegato sia debitore del delegante e non abbia assunto l'obbligazione verso il delegatario, prevale la tesi secondo cui, nel caso di pagamento eseguito dal delegato al delegatario, si verifica una duplice traslazione della res dovuta dal delegante al delegato e dal delegato al delegatario, non già un pagamento diretto (Rescigno, 1962, 944).

Di adesione a servirsi della delegazione parla anche una parte della giurisprudenza (Cass. n. 2954/1972). Altro arreso ha affermato che il perfezionamento della delegazione richiede la sola partecipazione del delegante e del delegato, esaurendosi tale negozio nell'indicazione al creditore della persona alla quale il debitore ordina di eseguire la prestazione, senza che sia necessaria la partecipazione sin dall'origine del delegatario (Cass. n. 3179/1991). In senso contrario, la delegazione di pagamento presuppone un rapporto plurisoggettivo con partecipazione al negozio, fin dall'origine, del delegante, del delegato e del delegatario, negozio nel quale il delegante impartisce al delegato l'ordine di eseguire il pagamento a favore del delegatario — iussum solvendi — e a quest'ultimo l'ordine di riceverloiussum accipiendi — (Cass. n. 998/1962).

La possibilità di mutamento in delegazione di debito

A differenza di quanto accade nella delegatio promittendi, nella delegatio solvendi il terzo non si obbliga ad eseguire la prestazione nei confronti del creditore; la partecipazione del creditore alla delegazione di pagamento è quindi limitata alla mera accettazione di servirsi della delegazione, ossia del pagamento a cura del delegato, a fronte di un obbligo che resta del delegante (Rescigno, 1962, 943), senza che ciò comporti la stipula di un contratto con il terzo e quindi l'acquisto di un diritto nei suoi confronti (Rescigno, 1962, 961).Qualora non sia stato previamente vietato dal delegante, il delegato può obbligarsi nei confronti del creditore, cosicché la delegazione di pagamento si converte in delegazione di debito (Rescigno, 1962, 931). Il divieto può anche essere tacito (Greco, 347). Ma secondo altra tesi detta trasformazione renderebbe necessario lo specifico consenso del delegante (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 44). Qualora il delegato si obblighi verso il delegatario nonostante il divieto del delegante, l'obbligazione deve considerarsi validamente e definitivamente assunta, sebbene rimanga a rischio del delegato la revoca della delega prima del pagamento e la conseguente impossibilità di imputare quanto pagato a carico del delegante (Greco, 347; Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 44); in tale evenienza, il delegato potrà comunque esperire azione di ripetizione contro il creditore (Greco, 348).

Per la conversione della delegazione di pagamento in delegazione di debito, purché ciò non sia stato vietato dal delegante, è orientata anche la giurisprudenza (Cass. n. 1036/1968). Poiché nel caso di mera delegazione di pagamento il delegato non diviene debitore del delegatario, la domanda di pagamento rivolta contro il delegato non interrompe la prescrizione del debito verso il delegante (Cass. n. 155/1961). Nei confronti del terzo beneficiario estraneo all'ordine l'incarico di effettuare il pagamento mediante bonifico bancario ha natura di delegatio solvendi, senza che, pur in assenza di un espresso divieto del delegante, la banca delegata possa assumere un'autonoma obbligazione verso il creditore delegatario al fine di compensare i crediti dalla stessa vantati, ove l'assunzione di tale obbligo si ponga in contrasto con il rapporto di mandato (Cass. n. 10545/2015; Cass. n. 22596/2004).

Le conseguenze del pagamento effettuato dal terzo

La delegatio solvendi presuppone la delega del debitore originario al terzo, sicché la nullità o l'annullamento della delega, impedendo l'effetto tipico del conteggio della prestazione sul patrimonio del delegante, permette al delegato di promuovere azione di ripetizione contro il delegatario (Greco, 346). Alla stregua della delega, il creditore riceve il pagamento come se esso fosse effettuato dal debitore originario, sicché le conseguenze dell'incapacità del creditore restano a carico del delegante, mentre il delegato non potrà impugnare il pagamento a causa della propria incapacità (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 39; Rescigno 1962, 945). È controverso se il pagamento del delegato, eseguito prima del fallimento del delegante, sia o meno revocabile (contra Rescigno, 1962, 946)

Mentre il mandato si concreta in un accordo bilaterale con il quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra, la delegazione cumulativa di pagamento presuppone un rapporto plurisoggettivo con partecipazione al negozio fin dall'origine del delegatario (Cass. n. 2732/1964). Il negozio con il quale il debitore — autorizzato dal creditore al soddisfo rateale del debito, in corrispondenza di analoghi pagamenti rateali a lui dovuti da una banca — conferisce a questa ultima l'incarico di versare le somme spettantigli direttamente al proprio creditore, configura, ove la banca accetti l'incarico, senza assumere alcun impegno nei confronti od in favore del creditore, un mandato nell'interesse del creditore, indicato quale adiectus solutionis causa, in base al quale la banca, pagando il creditore del proprio mandante, soddisfa il suo debito verso il secondo, e non il debito del secondo verso il primo, ed in forza del quale nessun diritto nei confronti della banca scaturisce in favore del creditore. Detto negozio, infatti, non concretizza una delegazione di debito, difettando il requisito dell'assunzione da parte del delegato dell'obbligazione del delegante nei confronti del delegatario, né una delegazione di pagamento, difettando il requisito della sostituzione del delegato al delegante nell'adempimento del debito di quest'ultimo verso il delegatario, né, infine, un contratto di mandato in favore di terzo, difettando il requisito dell'attribuzione convenzionale al terzo di un diritto da far valere nei confronti del mandatario (Cass. n. 848/1976).

Il rapporto tra creditore e terzo delegato

Il creditore non ha l'onere di rivolgersi preventivamente al delegato, salva diversa pattuizione (Rescigno, 1962, 943; Magazzù, 169; Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 43). Infatti, è assente nella delegazione di pagamento una norma espressa che disponga un vincolo di sussidiarietà, come quella che regola la delegazione promissoria, né l'art. 1268, comma 2, può trovare applicazione analogica, attesa l'eterogeneità strutturale tra i due modelli di delegazione, sicché tale vincolo può discendere solo dall'accordo delle parti (Breccia, 824). Secondo una tesi minoritaria, tale applicazione sarebbe imposta dalla ratio della delegazione di pagamento, la quale si fonderebbe sull'inutilità del permanere di due rapporti paritetici e sulla necessità, a seguito della modificazione della realtà giuridica determinata dalla delegazione, di rendere un rapporto sussidiario rispetto all'altro (Greco, 347). Qualora il creditore assuma tale onere, deve rivolgersi al delegato entro un congruo termine; diversamente perde il diritto di agire verso il delegante, qualora la provvista venga meno per fatto del delegato; al riguardo, è stato richiamato l'art. 45 l. ass. (Rescigno, 1962, 943). Salvo diverso accordo, il delegato non può eccepire al delegatario le eccezioni discendenti dal rapporto di base (Greco, 347; Rescigno, 1962, 944).

La S.C. ritiene che una delegazione di pagamento nella quale non siano precisati l'importo del pagamento e la persona del delegatario (da designarsi solo successivamente, con autonoma pattuizione), né risultino indicati gli elementi per la loro determinazione, non costituisce valido contratto per mancanza di oggetto determinato e determinabile (Cass. n. 450/1967).

Il rifiuto dell'incarico

Il terzo, quand'anche sia debitore del delegante, non è tenuto ad accettare l'incarico di effettuare il pagamento (Greco, 346). Usi diversi, che rendano illecito il rifiuto, sussistono in particolare nei rapporti bancari.

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bottiglieri, Delegazione, Enc. giur., Milano 1988; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Campobasso, Accollo, in Enc. giur., Roma, 1988; Cicala, Espromissione, in Enc. giur., Roma, 1988; Greco, Delegazione, in Nss. D. I., Torino, 1960; Magazzù, Delegazione, in Dig. civ., Torino, 1989; Mancini, Espromissione, in Dig. civ., Torino, 1992; Rescigno, Studi sull'accollo, Milano, 1957; Rescigno, Delegazione, in Enc. dir., Milano, 1962; Rescigno, Debito (successione nel), in Dig. civ., Torino, 1989; Rodotà, L'espromissione, in Enc. dir., Milano, 1966.

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