Codice Civile art. 1273 - Accollo.

Cesare Trapuzzano

Accollo.

[I]. Se il debitore e un terzo convengono che questi assuma il debito dell'altro, il creditore può aderire alla convenzione, rendendo irrevocabile la stipulazione a suo favore [1411].

[II]. L'adesione del creditore importa liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo [1274 3].

[III]. Se non vi è liberazione del debitore, questi rimane obbligato in solido col terzo.

[IV]. In ogni caso il terzo è obbligato verso il creditore che ha aderito alla stipulazione nei limiti in cui ha assunto il debito, e può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale l'assunzione è avvenuta [1413].

Inquadramento

L'accollo può essere esterno o interno, in base al fatto che il terzo si impegni a tenere indenne il debitore dal peso dell'obbligo con l'adesione del creditore ovvero senza assumere il debito di fronte al creditore. Il legislatore regola il solo accollo esterno mentre l'accollo interno costituisce espressione dell'autonomia negoziale delle parti. Ancora, si suole distinguere l'accollo volontario dall'accollo ex lege, ossia non già riconducibile alla volontà delle parti, ma ad un'espressa previsione di legge conseguente alla stipula tra le parti di un contratto che non ha di per sé ad oggetto la sorte del debito: le ipotesi che ricadono in questa fattispecie sono le più varie e possono dar luogo ad un accollo semplice, privativo o cumulativo (Rescigno, 1957, 34).

Secondo la S.C. l'accollo interno o semplice ricorre quando manca l'adesione del creditore ed è caratterizzato dal fatto che il rapporto si esaurisce fra accollante e accollato senza produrre alcun effetto giuridico nei confronti del terzo creditore; sussiste, al contrario, accollo esterno quando vi è l'adesione del creditore (Cass. n. 4604/2000; Cass. n. 1217/1979). L'accollo esterno è generalmente inquadrato nello schema del contratto a favore di terzo (cioè del creditore) e si distingue in liberatorio e cumulativo, a seconda che il creditore, manifestando la volontà di volerne approfittare, dichiari di liberare o meno il debitore originario. Con riguardo alla causa, l'accollo costituisce un negozio giuridico avente una finalità autonoma ed una causa a se stante, distinta da quella del rapporto fondamentale (Cass. n. 861/1992; Cass. n. 1093/1979).  Secondo una parte della giurisprudenza di merito, laddovevi sia un'incertezza interpretativa scaturente da un dato letterale ambiguo, la valorizzazione del principio di relatività di cui all'art. 1372 c.c., in base al quale il contratto produce effetti solo tra le parti, induce a prediligere un'interpretazione favorevole alla configurazione di un accollo meramente interno (Trib. Brindisi, 26 agosto 2023).

L'accollo semplice o interno

L'accollo semplice o interno è integrato quando un terzo accollante si impegna a tenere il debitore accollato indenne dal peso dell'obbligo senza assumere il debito innanzi al creditore (Giacobbe, 99; Breccia, 836; Bianca, 686; Campobasso, 1). Pertanto, il creditore non acquista nessun diritto verso il terzo per effetto della stipulazione (Rescigno, 1957, 43). Nessuna delle due parti è legittimata a comunicargli l'accordo affinché vi aderisca. Se la convenzione è partecipata al creditore dal terzo si avrà un'espromissione; se è partecipata dal debitore, si avrà attività rappresentativa senza potere, che non vincola il terzo (Rescigno, 1957, 34). È dibattuto se il creditore, pur non avendo azione diretta contro il terzo, possa agire contro di lui in via surrogatoria oppure all'esito della cessione in suo favore del credito del debitore verso il terzo (in senso negativo Rescigno, 1957, 52). L'accollo semplice può avere diverso contenuto, consistente comunque in un facere, che può risolversi nell'obbligo generico di liberare il debitore originario e in tal caso il terzo potrà scegliere le modalità di liberazione (Rescigno, 1957, 35); oppure nell'obbligo di pagare il debito come terzo o di accollarselo nei confronti del creditore o ancora di procurare al debitore i mezzi per l'adempimento o infine di ricostruire il patrimonio del debitore dopo l'adempimento operato da quest'ultimo (Rescigno, 1957, 36). Dalla stipulazione dell'accollo semplice non deriva alcun effetto interruttivo della prescrizione del diritto del creditore, appunto perché siffatta ipotesi integra un accordo interno tra terzo e debitore, al quale il creditore è estraneo (Rescigno, 1957, 99).

Anche in giurisprudenza si ritiene che la figura dell'accollo interno — non prevista espressamente dal codice civile, ma riconducibile all'esercizio dell'autonomia privata per il perseguimento di interessi meritevoli di tutela — ricorre allorché il debitore convenga con il terzo l'assunzione, da parte di costui, in senso puramente economico, del peso del debito, senza, tuttavia, attribuire alcun diritto al creditore e senza modificare l'originaria obbligazione, sicché il terzo assolve il proprio obbligo di tenere indenne il debitore adempiendo direttamente in veste di terzo, o apprestando in anticipo al debitore i mezzi occorrenti (quid praestandum), ovvero rimborsando le somme pagate al debitore che ha adempiuto (Cass. n. 8044/1997; Cass. n. 6936/1996; Cass. n. 6612/1984; Cass. n. 3479/1979). Tale negozio non importa una modificazione soggettiva dell'originaria obbligazione e si traduce nell'assunzione di un'obbligazione, per sua natura riconducibile ai soli rapporti tra le parti del negozio, avente a oggetto semplicemente l'assunzione (non del debito altrui ma) degli effetti economici del debito altrui, e quindi il compimento di qualsiasi attività o prestazione idonea a sollevare il debitore principale dalle conseguenze economiche del debito (Cass. n. 4383/2014; Cass. n. 821/1997; Cass. n. 4618/1983). Pertanto, nell'accollo interno il creditore non può pretendere l'adempimento verso il terzo (Cass. n. 38225/2021 Cass. n. 4604/2000). Il terzo e il debitore rimangono liberi di modificare o revocare l'accollo interno in qualsiasi momento e in caso di inadempimento il terzo risponde esclusivamente al debitore e non anche al creditore, estraneo all'accollo (Cass. n. 8044/1997; Cass. n. 3479/1979). Configura una donazione diretta l'accollo interno con cui l'accollante, allo scopo di arricchire il debitore con proprio impoverimento, si sia impegnato nei confronti di quest'ultimo a pagare al mutuante le rate del mutuo dal medesimo contratto, atteso che la liberalità non è un effetto indiretto ma la causa dell'accollo, sicché l'atto — non rivestendo i requisiti di forma prescritti dall'art. 782 — deve ritenersi inidoneo a produrre effetti diversi dalla soluti retentio di cui all'art. 2034 (Cass. n. 7507/2006).

La distinzione dell'accollo dalla delegazione e dall'espromissione

L'adempimento del terzo, in esecuzione di un accollo interno, ha natura negoziale (Rescigno, 1957, 58). Per converso, nella delegazione di pagamento la prestazione del delegato vale, nei confronti del delegatario, come un'attribuzione del delegante e tra questi ultimi due soggetti trovano applicazione i principi in materia di adempimento (Rescigno, 1957, 59).

L'espromissione è un contratto fra il creditore ed il terzo, che assume spontaneamente il debito altrui, nel quale non vengono in considerazione i rapporti interni fra debitore ed espromittente e nel quale non sono giuridicamente rilevanti i motivi che hanno determinato l'intervento del terzo, mentre la causa è costituita appunto dall'assunzione del debito altrui mediante un'attività del tutto svincolata dai rapporti eventualmente esistenti fra terzo e debitore. Non si richiede l'assoluta estraneità del debitore rispetto all'agire del terzo, ma è essenziale che il terzo, presentandosi al creditore, non giustifichi il suo intervento con un preesistente accordo con il debitore (mentre non rileva che tale accordo vi sia stato). L'espromissione si distingue, pertanto, dall'accollo, che è un contratto fra il terzo che si impegna a pagare il debito ed il debitore, nonché dalla delegazione per mancanza di ogni iniziativa del debitore originario. Essa, importando soltanto la sostituzione del debitore, presuppone che la nuova obbligazione sia identica in tutti i restanti elementi a quella sorta in base all'originario rapporto (Cass. n. 2525/1976).

L'accollo esterno

L'accollo esterno è l'accordo tra il debitore accollato e un terzo accollante con cui si stabilisce che quest'ultimo assuma il debito del primo, cui aderisca il creditore accollatario, rendendo così irrevocabile la stipulazione in suo favore. Si tratta della fattispecie espressamente regolata dal legislatore. Tale convenzione si perfeziona con il consenso del creditore, il quale può aderire alla convenzione di accollo anche successivamente, in tal modo acquisendo il diritto ad ottenere l'adempimento nei confronti del terzo. L'accollo esterno può essere cumulativo o liberatorio. Secondo una tesi, l'accollo esterno è un contratto a favore di terzo, efficace nei confronti del creditore indipendentemente dalla sua adesione, il cui effetto consiste solo nel rendere irrevocabile la stipulazione in suo favore (Bianca 687; Breccia 837; Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 93). In base ad altra tesi, invece, l'adesione del creditore vale come accettazione della proposta contrattuale ricevuta (Rescigno, 1957, 166). Sicché il contratto tra debitore e terzo, avente quale causa l'assunzione del debito da parte dell'accollante, costituirebbe un negozio preparatorio rispetto al negozio finale tra terzo e creditore (Mancini, 423). È in relazione alla posizione di terzo ovvero di parte del creditore che potranno essere valutati differentemente gli eventuali vizi della volontà (dolo, violenza, profittamento dello stato di pericolo e di bisogno) in capo al creditore (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 94; Rescigno, 1957, 171). Al fine di stabilire se l'accollo abbia o meno efficacia esterna occorre avere riguardo alla volontà delle parti (Rescigno, 1957, 10). In senso contrario, si osserva che l'accollo ha naturalmente efficacia esterna e l'indagine sulla volontà delle parti deve essere limitata alla verifica in ordine all'intenzione delle parti di togliere all'accollo tale sua naturale efficacia (Campobasso, 1). Ove il creditore rifiuti di aderire alla stipula, l'accollo tra debitore e terzo conserva la sua validità come accollo interno (Bianca 687). All'accollo esterno si riconosce efficacia interruttiva della prescrizione, appunto perché destinata a manifestarsi nella sfera giuridica del creditore; sicché tale effetto risale già al momento in cui la convenzione di accollo è comunicata al creditore affinché vi aderisca (Rescigno, 1957, 99). È ammissibile anche la figura del sub-accollo o catena di accolli, ossia l'ipotesi in cui l'accollante stipuli a sua volta un accordo con un quarto soggetto e quest'ultimo con altri e così via (Rescigno, 1957, 213); in questa evenienza il creditore può aderire all'ultimo accollo, liberando il debitore e tutti i successivi accollanti; non può invece aderire ad un accollo intermedio della catena rifiutando i successivi, né può agire sulla base di un accollo precedente comunicato dopo l'adesione all'accollo successivo (Rescigno, 1957, 214).

Anche in giurisprudenza si ritiene che si tratta di contratto a favore di terzo (Cass. n. 861/1992).

L'accollo cumulativo

Effetto naturale dell'accollo destinato ad avere efficacia verso il creditore, ossia ad efficacia esterna, è il cumulo di responsabilità tra nuovo ed originario debitore (Bianca, 682; Rescigno, 1957, 63). La stipula di un accollo cumulativo da parte del debitore può valere, sussistendo le condizioni indicate dall'art. 1444, come convalida del contratto annullabile creditore-debitore (Rescigno, 1957, 96). All'accollo cumulativo si applica l'art. 1268, comma 2, sicché la responsabilità del debitore originario degrada a sussidiaria a fronte della responsabilità del nuovo debitore, atteso che solidarietà e sussidiarietà non sono concetti incompatibili. La sussidiarietà implica solo un obbligo di preventiva richiesta, non già di previa escussione (Rescigno, 1957, 67). In senso diverso, si afferma che l'accollo cumulativo darebbe vita ad un'obbligazione solidale passiva ad interesse unisoggettivo (Campobasso, 5). Il diritto di regresso del terzo verso il debitore originario dipende dagli interessi concreti che hanno spinto le parti all'accordo: se attraverso l'accollo si intendeva realizzare una maggiore garanzia del debitore, all'accollante spetterà azione di regresso per l'intero; se l'accollo riflette una comunione di interessi tra le parti, l'accollante avrà azione di regresso per la metà; se invece l'accollo è conseguenza della trasmissione dell'interesse per cui fu contratta l'obbligazione, al terzo non competerà alcuna azione di regresso (Rescigno, 1957, 95). In senso diverso, altra dottrina osserva che l'accollante, quale obbligato principale, non ha mai regresso contro l'accollato (Bianca, 683). La revoca dell'accollo cumulativo è possibile fino a quando il creditore non vi abbia aderito; tale revoca esige l'accordo tra debitore e terzo (Rescigno, 1957, 46).

Nell'accollo cumulativo esterno non liberatorio per il debitore originario l'obbligazione dell'accollato, in analogia alla disciplina dettata per la delegazione dall'art. 1268, comma 2, degrada ad obbligazione sussidiaria, con la conseguenza che il creditore ha l'onere di chiedere preventivamente l'adempimento all'accollante, anche se non è tenuto ad escuterlo preventivamente, e soltanto dopo che la richiesta sia risultata infruttuosa può rivolgersi all'accollato (Cass. n. 4482/2010; Cass. n. 9982/2004). La S.C. sottolinea altresì la differenza tra revoca dell'accollo e revoca della delegazione: la prima richiede l'accordo tra debitore e terzo prima dell'adesione del creditore; per la seconda è sufficiente la dichiarazione del solo delegante (Cass. n. 1271/1953).

L'accollo liberatorio

L'accollo esterno è liberatorio o privativo quando il creditore aderisca alla stipula espressamente condizionata alla liberazione del debitore originario oppure quando, aderendo all'accollo incondizionato, dichiari espressamente di liberarlo. L'adesione all'accollo che stabilisca espressamente la liberazione del debitore originario può essere manifestata anche mediante un comportamento univoco, che rappresenti immediata attuazione di quella volontà, mentre non assume alcun pregio il mero silenzio del creditore (Rescigno, 1957, 118). Si reputa che costituisca adesione liberatoria, indipendentemente da una dichiarazione formale di volontà, la cessione del credito notificata al solo accollante oppure la ripetuta accettazione del pagamento avvenuto da parte dell'accollante (Rescigno, 1957, 124). In base ad altra impostazione, la ricorrenza di una volontà liberatoria del creditore deve essere verificata con particolare rigore, ed è imposta dalla legge, nel caso di accollo; in tale negozio, infatti, la sostituzione del soggetto passivo del rapporto obbligatorio è frutto dell'iniziativa del debitore (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 105; Mancini 426). Il debitore originario, al quale deve essere ascritta l'iniziativa dell'operazione, non può rifiutare la liberazione avvalendosi dell'art. 1236, poiché ciò sarebbe in contrasto con la volontà espressa dal debitore attraverso la stipula della convenzione di accollo (Rescigno 1957, 114; Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 106; contra  Bianca 683).

Anche la S.C. riconduce l'effetto liberatorio dell'accollo esterno all'espressa previsione contenuta nell'accordo tra debitore e terzo, cui aderisca incondizionatamente il creditore, ovvero alla dichiarazione di liberazione da quest'ultimo resa al momento dell'adesione (Cass. n. 861/1992). Nondimeno, quando l'accollo sia incondizionato, affinché possa aversi liberazione del debitore originario si richiede la dichiarazione espressa del creditore che manifesti la volontà inequivoca di liberare l'originario debitore; altrimenti si avrà unicamente, in funzione rafforzativa del credito, l'effetto di degradare l'obbligazione di costui a sussidiaria ed il conseguente onere del creditore di chiedere preventivamente l'adempimento all'accollante (Cass. n. 1758/2012; Cass. n. 14780/2009; Cass. n. 9371/2006; Cass. n. 4469/1985; Cass. n. 2832/1976; per l'ammissibilità di un contegno concludente significativo della liberazione Cass. n. 5403/1983). L'adesione all'accollo condizionato alla liberazione o la dichiarazione espressa di liberazione costituiscono dichiarazioni unilaterali di approvazione della convenzione già conclusa o anche di autorizzazione preventiva a fronte di una convezione di accollo ancora da stipulare (Cass. n. 1352/2012; Cass. n. 2222/1960). La mera rinunzia all'azione esecutiva contro il debitore non vale come consenso alla liberazione (Cass. n. 3754/1978).

Il regime delle eccezioni

Al creditore sono opponibili le eccezioni relative al contratto terzo-debitore, ossia l'invalidità, la risoluzione, la rescissione del contratto di accollo (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 111; Rescigno 1957, 159). Parte della dottrina ritiene che siano opponibili anche le eccezioni relative allo svolgimento del rapporto tra terzo e debitore, come l'inadempimento di quest'ultimo nei confronti del terzo, mentre è esclusa la rilevanza delle eccezioni inerenti ad altri rapporti tra le stesse parti (Bianca, 682; Campobasso, 6). In senso contrario altro autore rileva che le eccezioni relative al rapporto possono assumere rilievo solo se il contratto rinvii espressamente ad esso (Rescigno, 1957, 159). In ordine alle eccezioni relative al rapporto creditore-debitore originario, si sono sostenute tre diverse soluzioni: secondo la prima, le eccezioni inerenti al rapporto di valuta possono essere sollevate dal terzo verso il creditore (Campobasso, 6); secondo una tesi intermedia, non possono essere opposte le eccezioni personali relative al debitore originario e quelle fondate su fatti sopravvenuti all'accollo, nonché la compensazione che avrebbe potuto opporre il debitore originario (Bianca, 682); in forza di una terza opinione, le eccezioni inerenti al rapporto di valuta non possono essere sollevate verso il creditore dal terzo, salvo che non siano richiamate nell'accordo terzo-debitore (Rescigno, 1957, 135).

In giurisprudenza, si sostiene che l'accollante, nella sua qualità di condebitore in solido dell'accollato, è legittimato ad opporre in compensazione all'accollatario i crediti dell'accollato medesimo (Cass. n. 11956/1993; Trib. Roma, 9.2.2023).

L'oggetto dell'accollo

Nell'accollo interno l'obbligazione dell'accollante ha ad aggetto un debito di fare, cioè di procurare al creditore la liberazione (Rescigno, 1957, 151); nell'accollo esterno, in ragione della natura dell'obbligazione originaria, oggetto della prestazione può essere un dare, un fare, un non fare (Rescigno, 1957, 150). In ogni caso rimangono escluse dall'accollo le prestazioni infungibili di fare (Rescigno, 1957, 151) e, in genere, le prestazioni infungibili, poiché vi osta l'essenzialità della persona del debitore, incompatibile con l'assunzione del debito a cura di un terzo (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 110). L'accollo può essere totale o parziale, ossia può riferirsi a tutto o parte del debito accollato (Bianca 680; Campobasso 4; Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 101). Salva diversa pattuizione delle parti, si estende anche agli accessori, ossia agli interessi che maturano successivamente all'accollo (Rescigno, 1957, 159; Campobasso, 4). La dottrina propende per l'ammissibilità dell'accollo di un debito futuro (Rescigno, 1957, 152; Campobasso, 4).

Anche gli arresti giurisprudenziali ammettono l'accollo su una parte del debito del debitore originario (Cass. n. 833/1980; Cass. n. 3472/1979); esso si estende anche agli interessi ultralegali pattuiti tra creditore e debitore originario, quali accessori del debito, senza che trovi applicazione l'art. 1284 (Cass. n. 4383/2014; Cass. n. 25863/2011; Cass. n. 3090/1985); inoltre, è possibile che la convenzione tra le parti abbia ad oggetto l'assunzione di eventuali futuri debiti altrui, purché determinabili (Cass. n. 7831/1994; Cass. n. 1180/1982; Cass. n. 2042/1974; Cass. n. 773/1964); in tal caso si prospetterebbe un negozio preliminare di accollo rispetto al quale l'accollo effettivo rappresenta l'esecuzione della prestazione (Cass. n. 5102/1988; Cass. n. 4109/1974).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bottiglieri, Delegazione, Enc. giur., Milano 1988; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Campobasso, Accollo, in Enc. giur., Roma, 1988; Cicala, Espromissione, in Enc. giur., Roma, 1988; Greco, Delegazione, in Nss. D. I., Torino, 1960; Magazzù, Delegazione, in Dig. civ., Torino, 1989; Mancini, Espromissione, in Dig. civ., Torino, 1992; Rescigno, Studi sull'accollo, Milano, 1957; Rescigno, Delegazione, in Enc. dir., Milano, 1962; Rescigno, Debito (successione nel), in Dig. civ., Torino, 1989; Rodotà, L'espromissione, in Enc. dir., Milano, 1966.

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