Codice Civile art. 1278 - Debito di somma di monete non aventi corso legale.

Cesare Trapuzzano

Debito di somma di monete non aventi corso legale.

[I]. Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale, al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento [1182].

Inquadramento

La norma regola i pagamenti in moneta estera da eseguirsi in Italia e retti dalla legge italiana (Di Majo, 279; Ascarelli, in Comm. S. B., 1992, 368). Anche i debiti in moneta estera sono soggetti al principio nominalistico (Mastropaolo, 11). Non costituiscono debiti in moneta estera, e sono di conseguenza esclusi dall'ambito di operatività della norma, quelli in cui la moneta estera ricorre solo ai fini dell'espressione di un valore poi oggetto di liquidazione (clausole valore moneta estera), ma i pezzi monetari dovuti siano di moneta nazionale. Questa fattispecie è ricondotta all'ipotesi di un ordinario debito con clausola monetaria valuta-valore (Quadri, in Tr. Res., 1999, 505; Di Majo, 280; Ascarelli, in Comm. S. B., 1992, 372). Sono altresì estranei all'ambito applicativo della disposizione i debiti portati da cambiali o da assegni, per i quali una disciplina speciale è dettata dalle rispettive normative di riferimento. Ricorrono tuttavia differenze in ordine alle conseguenze della mora (Ascarelli, in Comm. S. B., 1992, 370). Così accade quando il pagamento del debito in Italia sia regolato da una legge straniera o la prestazione debba essere eseguita in un paese estero e con la valuta avente corso in quel paese, anche se contratta in Italia da cittadini italiani (Di Majo, 280; Mastropaolo, 12). L'applicazione della norma può inoltre essere esclusa dalla volontà delle parti e dalla legislazione valutaria. La scelta in ordine al luogo di pagamento non ha un'implicazione necessaria sulla scelta della moneta; si tratta piuttosto di questione interpretativa, come accade nel caso in cui ad una sola denominazione corrispondano più monete (Ascarelli, in Comm. S. B., 1992, 370).

La previsione concerne tutti i crediti, compresi quelli che siano fatti valere per via giudiziaria in moneta straniera e che possano all'esito essere convertiti in euro, in conformità alle vigenti norme valutarie (Cass. n. 11834/1991).

Il potere di scelta del debitore

La norma attribuisce al debitore la facultas solutionis, ossia la facoltà di adempiere l'obbligazione in moneta nazionale (Breccia, 306; Bianca, 163), escludendo ogni potere del creditore circa la scelta della moneta di pagamento (Quadri, in Tr. Res., 1999, 512; Di Majo, 280). Ne discende che il creditore non potrà che richiedere il pagamento nella moneta estera convenuta ed anche l'eventuale condanna in sede giudiziale dovrà essere conformata alla valuta estera. Il creditore può anche utilizzare il procedimento monitorio ed ottenere un'ingiunzione di pagamento in moneta estera (Quadri, in Tr. Res., 1999, 515). Per le medesime ragioni i debiti in moneta estera non sono suscettibili di compensazione con quelli in moneta nazionale; solo il debitore, nell'esercizio della facultas solutionis, può decidere di adempiere in moneta nazionale e, all'esito, eccepire la compensazione (Quadri, in Tr. Res., 1999, 517; Ascarelli, in Comm. S. B., 1992, 374). L'obbligazione del debitore di moneta estera ricade tra le obbligazioni alternative e non tra quelle facoltative, con la conseguenza che l'impossibilità di prestare moneta estera non libera il debitore, il quale rimane obbligato al pagamento in moneta nazionale, secondo la disciplina dell'art. 1278 (Bianca, 164). In senso contrario, altri autori ritengono che si tratti di obbligazione facoltativa (Ascarelli, in Comm. S. B., 1992, 371; Distaso 872; Quadri, in Tr. Res., 1999, 516), sicché nel caso di impossibilità dell'esecuzione in moneta estera il pagamento in moneta nazionale non può essere chiesto al debitore (Di Majo, 280).

La norma attribuisce al debitore la facoltà alternativa di pagare in moneta avente corso legale, ma non indica anche le specifiche modalità secondo cui tale facoltà abbia ad essere esercitata, restando, per l'effetto, rimessa al debitore ogni determinazione circa i tempi e le forme della relativa scelta, con la conseguenza che, svincolata da ogni rapporto di contestualità con l'effettivo pagamento, quest'ultima ben può manifestarsi per facta concludentia, posti in essere in qualunque tempo dall'obbligato prima del concreto adempimento, purché risulti inequivoca, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito, la volontà di pagare in moneta nazionale anziché estera. Deve, pertanto, ritenersi espressione legittima della ricordata facoltà di scelta l'offerta (non formale), in corso di causa, da parte del debitore, di una somma di denaro in moneta nazionale  sempreché non ostino alla inequivocità di tale manifestazione di volontà altri elementi che ne contrastino l' apparente significazione (Cass. n. 555/1998). Al concetto di obbligazione facoltativa si riferisce altro arresto (Cass. n. 2053/1958). La S.C. evidenzia che, qualora il debitore opti per l'adempimento in moneta nazionale ed invochi la compensazione, il corso del cambio rilevante ai fini della conversione è quello del giorno in cui i debiti sono venuti a coesistere (Cass. n. 4562/1991).

Il corso del cambio

In base alla legislazione valutaria, il corso del cambio deve essere identificato con quello ufficiale, ossia con il cambio medio delle borse di Roma e Milano (Bianca, 165). Non esiste in senso stretto un corso di cambio perché ogni operazione avviene ad un diverso cambio e il prezzo di listino è in realtà il prezzo di chiusura; la formula legislativa deve conseguentemente essere letta come riferimento alla media dei cambi operati in borsa in un determinato giorno (Mastropaolo, 14). Peraltro, le parti possono derogare in via convenzionale alla disciplina legislativa, fissando pattiziamente il corso del cambio oppure individuando in modo autonomo il cambio, diverso da quello ufficiale, al quale fare riferimento (Ascarelli, in Comm. S. B., 1992, 382).

Secondo la giurisprudenza, le norme valutarie che vietano i pagamenti in moneta estera, al di fuori dei casi espressamente e tassativamente previsti, non determinano l'invalidità dell'obbligazione pattuita in moneta estera, ma incidono sulle modalità di adempimento dell'obbligazione, nel senso che questa deve essere regolata in valuta italiana, ragguagliata al cambio di quella estera al giorno della scadenza del debito, attraverso l'ufficio italiano dei cambi (Cass. n. 18584/2014; Cass. n. 10558/2002). Nel caso di perdita della res acquistata in moneta straniera, il corrispondente risarcimento in divisa nazionale risulterà necessariamente vincolato, per l'indicata esigenza di certezza, al cambio del giorno di produzione dell'evento dannoso (cioè, della perdita della res), salvo adeguamento (atteso obbligo all'integrale ripristino dell' originaria condizione patrimoniale del danneggiato) della corrispondente somma, espressa in moneta italiana, alla svalutazione della moneta nazionale (Cass. n. 9810/1997).

La mora del debitore

Il debitore moroso, che si avvalga della facultas solutionis e adempia in moneta nazionale, dovrà corrispondere anche la differenza tra il cambio del giorno del pagamento e quello della scadenza, qualora vi sia svalutazione della moneta nazionale. Resta salva la possibilità per il creditore di dimostrare di aver subito un danno maggiore (Bianca, 165). Ove, al contrario, il debitore moroso non si avvalga della facultas solutionis e paghi in moneta estera, dovrà corrispondere solo gli interessi di mora nel caso di svalutazione della moneta estera, salva la possibilità per il creditore di fornire la prova specifica di aver sofferto un danno maggiore (Bianca, 165; Quadri, in Tr. Res., 1999, 513; Ascarelli, in Comm. S. B., 1992, 393). Qualora il credito sia soddisfatto in sede esecutiva o fallimentare, la necessaria conversione in moneta nazionale dovrà essere operata rispettivamente al cambio del giorno della distribuzione del ricavato o della dichiarazione di fallimento (Quadri, in Tr. Res., 1999, 515).

La differenza tra il cambio del giorno del pagamento e quello della scadenza è rilevante anche per le obbligazioni aventi ad oggetto una somma di denaro ragguagliata al valore dell'oro (Cass. n. 3971/1980). Anche la giurisprudenza sostiene che il debitore di somma determinata in valuta estera, se inadempiente, nel caso di sopravvenuta svalutazione della moneta italiana rispetto a quella estera, deve la differenza tra il cambio della data di scadenza e quello della data di pagamento, giacché, diversamente, trarrebbe ingiusta locupletazione dalla sua mora, ove pagasse in moneta legale al corso del cambio del giorno della scadenza (Cass. n. 11200/2003; Cass. n. 7679/1993).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano, 1997; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Di Majo, voce Obbligazioni pecuniarie, in Enc. dir., Milano, 1979; Distaso, voce Somma di denaro (Debito di), in Nss. D. I., Torino, 1970; Mastropaolo, voce Obbligazione, V, Obbligazioni pecuniarie, in Enc. giur., Roma, 1990.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario