Codice Civile art. 1283 - Anatocismo.InquadramentoLa norma pone dei limiti alla capitalizzazione degli interessi sul capitale, ossia alla loro composizione ovvero alla produzione di interessi su interessi (Inzitari, in Tr. Gal., 1983, 297; Breccia, 341; Bianca, 197; Quadri, in Tr. Res., 1999, 567). Si evidenzia che il legislatore contempla l'anatocismo non già come pratica assolutamente vietata, bensì come un fenomeno giuridico ammesso dall'ordinamento, seppure a certe condizioni. Affinché l'anatocismo possa operare è necessario che vi sia un debito di interessi accessorio ad un'obbligazione principale, con l'effetto che, nel caso di estinzione dell'obbligazione principale, il debito di interessi perde la natura di accessorio e diviene un'obbligazione pecuniaria produttiva di interessi semplici, secondo le regole ordinarie, senza che sia integrato il fenomeno dell'anatocismo. Una parte della dottrina ritiene che l'ordinaria disciplina dettata per le obbligazioni pecuniarie, ivi compresa la disposizione sull'anatocismo, trovi applicazione anche alle obbligazioni di valore (Bianca, 197). I limiti dettati con riferimento alla praticabilità dell'anatocismo riguardano sia gli interessi corrispettivi sia gli interessi moratori (Cass. n. 3500/1986). Si sottraggono alla previsione sul divieto di anatocismo gli interessi compensativi, che costituiscono una componente del risarcimento dei danni (Cass. n. 11065/1992). La S.C. ritiene poi che la disposizione che ammette l'anatocismo, dettata in materia di obbligazioni pecuniarie, non enuncia un principio di carattere generale, valido per ogni specie di obbligazione, ma ha carattere eccezionale, e non é, quindi, estensibile ai debiti di valore, quali quelli derivanti da responsabilità aquiliana (Cass. n. 15944/2017; Cass. n. 25729/2014; Cass. n. 15023/2005). L'anatocismo giudizialeDalla domanda giudiziale possono decorrere gli interessi sugli interessi scaduti, mentre non è idoneo allo scopo un mero atto stragiudiziale di costituzione in mora. Secondo un autore, la domanda degli interessi capitalizzati può riguardare anche gli interessi destinati a scadere in corso di causa (Bianca, 199). Tale domanda produce effetti solo dal momento in cui è notificata, ossia è giunta a conoscenza della parte che dovrà corrispondere gli interessi stessi (Distaso, 917). La domanda deve essere specificamente rivolta ad ottenere il pagamento degli interessi composti, non essendo all'uopo sufficiente una generica o ambigua domanda con la quale l'istante si limiti a richiedere gli interessi scaduti (Cass. n. 1164/2017;Cass. n. 5218/2011; Cass. n. 12043/2004; Cass. n. 8500/1987; Cass. n. 4123/1978). Per domanda giudiziale non si intende esclusivamente la citazione introduttiva della controversia, ma anche qualsiasi altra ulteriore istanza validamente proposta nel corso del giudizio (Cass. n. 1964/2002); in tal caso il riconoscimento della capitalizzazione spetta dalla proposizione dell'istanza, non già della precedente domanda giudiziale (Cass. n. 8500/1987). Anche il ricorso per decreto ingiuntivo costituisce domanda idonea al riconoscimento degli interessi sugli interessi (Cass. n. 9311/1990). Non è invece ammissibile la domanda nuova diretta ad ottenere gli interessi anatocistici, avanzata per la prima volta in appello, salvo che con tale domanda la richiesta di interessi su interessi sia limitata a quelli prodotti dopo la sentenza di primo grado (Cass. n. 21340/2013; Cass. n. 11261/2007; Cass. n. 648/1985). Secondo la giurisprudenza, la domanda deve riguardare la richiesta di interessi su interessi primari già scaduti e non può essere estesa agli interessi sugli interessi che scadranno nel corso del giudizio (Cass. n. 13560/2012; Cass. n. 11065/1992; Cass. n. 5781/1984). Una volta che la sentenza abbia liquidato la sorte capitale e gli interessi semplici, senza alcuna statuizione ulteriore sugli interessi secondari, la parte non può spiegare un'altra domanda per rivendicare gli interessi composti sulla somma che ha già costituito oggetto di condanna (Cass. n. 25634/2010). L'anatocismo convenzionaleL'anatocismo può essere previsto anche da un accordo raggiunto tra le parti. La convenzione che ammette il decorso di interessi su interessi deve essere posteriore alla scadenza degli interessi che siano destinati a loro volta a produrre ulteriori interessi. Qualora, per contro, la convenzione sia conclusa con riferimento ad interessi non ancora scaduti, di cui si preveda la produzione di ulteriori interessi, essa è nulla e priva di effetti (Bianca, 199). La convenzione esige la forma scritta e la previsione della maturazione di interessi composti deve essere contemplata in modo espresso, così che emerga la consapevolezza del debitore in ordine all'obbligo assunto (Bianca,199). Sul requisito della forma scritta si confrontano due giustificazioni: per un verso, si afferma che il patto di previsione dell'anatocismo si traduce in un accordo sull'aumento della misura degli interessi dovuti, sicché la forma scritta è richiesta a pena di nullità ai sensi dell'art. 1284, comma 3; per altro verso, si ritiene che la forma scritta sia indispensabile solo ove la convenzione determini il tasso degli interessi capitalizzati in misura superiore a quello legale (Quadri, in Tr. Res., 1999, 568). In mancanza di un'espressa indicazione del tasso, gli interessi sugli interessi si presumono dovuti al tasso legale (Bianca, 200). Si ammette che la convenzione possa avere efficacia retroattiva, ossia che, a fronte di interessi già scaduti, gli interessi composti possano farsi decorrere da una data antecedente a quella di conclusione della convenzione (Quadri, in Tr. Res., 1999, 568). Resta fermo che gli interessi scaduti possono produrre interessi purché siano dovuti da almeno sei mesi. Tale limitazione temporale minima costituirebbe regola antiusuraria di ordine pubblico. Anche la giurisprudenza propende per la nullità della convenzione che stabilisca la produzione di interessi su interessi che ancora devono scadere (Cass. n. 1724/1977). Sostiene altresì che l'accordo deve stabilire in modo espresso la produzione di interessi anatocistici (Cass. n. 6735/1988). Qualora la convenzione non stabilisca il tasso degli interessi composti, la loro soglia si presume corrispondente a quella legale (Cass. n. 9311/1990). L'anatocismo consuetudinarioUlteriore fonte degli interessi anatocistici possono essere gli usi. Si intende fare riferimento agli usi normativi e non ai meri usi negoziali. Il giudice può fare applicazione degli usi che ammettano la pratica anatocistica, qualora ne abbia comunque conoscenza, secondo il principio iura novit curia, benché l'esistenza di tali usi non sia evocata dalle parti; affinché possa applicarli, è necessario però che gli interessi anatocistici siano stati richiesti (Bianca, 201). L'esistenza di usi favorevoli determina una deroga alle limitazioni sull'ammissibilità della capitalizzazione indicate dalla norma generale (Inzitari, in Tr. Gal., 1983, 297), anche con riguardo al limite minimo di sei mesi. Anche la S.C. afferma che il giudice può applicare d'ufficio, anche in sede di legittimità, gli usi normativi che ammettono l'anatocismo (Cass. n. 3804/1988). L'anatocismo bancarioUn settore nel quale, fino all'anno 1998, per decenni si è ritenuto che gli usi normativi ammettessero la pratica dell'anatocismo è quello dei rapporti bancari (Quadri, in Tr. Res., 1999, 569; Inzitari, in Tr. Gal., 1983, 298; Ascarelli, in Comm. S. B., 1992, 593). In specie, si è sostenuto che vi fossero usi favorevoli all'anatocismo, con particolare riguardo alle operazioni di conto corrente bancario (Bianca, 201). In forza di tali usi, si è ritenuto che fosse legittima la capitalizzazione degli interessi passivi dovuti dai correntisti con cadenza trimestrale (Quadri, in Tr. Res., 1999, 569). L'evoluzione giurisprudenziale dal 1999 sino ad oggi ha invece invertito la tendenza, qualificando le prassi che per anni avevano indotto le banche a praticare gli interessi composti su base trimestrale come meri usi negoziali, sicché la relativa capitalizzazione deve reputarsi illegittima. E ciò perché tali condotte reiterate a cura delle banche non potevano considerarsi come unanimemente condivise da parte dei loro clienti, piuttosto erano imposte; pertanto difettava l'elemento spirituale dell'opinio iuris ac necessitatis affinché detta pratica potesse essere ricondotta agli usi di cui all'art. 8 disp. prel. Il tentativo del legislatore di salvare, almeno per il passato, tali clausole, con l'intervento di cui all'art. 25, comma 3, d.lgs. n. 342/1999, modificativo dell'art. 120 d.lgs. n. 385/1993, è venuto meno per effetto della pronuncia di illegittimità costituzionale (Corte cost. n. 425/2000). La legislazione bancaria allo stato vigente prevede il divieto di qualsiasi forma di composizione degli interessi periodicamente conteggiati, i quali non possono produrre interessi ulteriori, sicché nelle successive operazioni di capitalizzazione (rectius contabilizzazione) essi sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale ex art. 120, comma 2, d.lgs. n. 385/1993, modificato dall'art. 1, comma 629, l. n. 147/2013 ( legge di stabilità 2014), sicché nelle operazioni successive al 1° gennaio 2014 si sarebbe potuta semplicemente operare la contabilizzazione, ma non l'annotazione (ossia l'accorpamento) alla sorte capitale, neanche alla scadenza dell'anno, indipendentemente dall'emanazione della delibera c.i.c.r. Da ultimo, l'art. 17-bis d.l. n. 18/2016 conv. con modif. in l. n. 49/2016, pur stabilendo in prima battuta il divieto assoluto di anatocismo, ossia l'applicazione degli interessi sulla sola sorte capitale, fatto salvo il trattamento degli interessi di mora, in seconda battuta ha contemplato la possibilità che i clienti possano autorizzare, anche preventivamente, l'addebito degli interessi sul conto al momento in cui essi divengono esigibili (ossia al 1° marzo successivo al decorso dell'anno), cumulandosi al capitale al momento dell'addebito. L'autorizzazione può essere revocata dal cliente prima dell'addebito. La capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi praticata dalle banche è illegittima poiché è riconducibile ad un mero uso negoziale (indirizzo affermato all'inizio da Cass. n. 3096/1999 e Cass. n. 2374/1999, definitivamente consolidato da Cass. S.U., n. 21095/2004), sicché la relativa clausola contrattuale è nulla e la nullità virtuale può essere rilevata d'ufficio quando il giudice debba utilizzare il titolo contrattuale posto a fondamento della pretesa (Cass. n. 25841/2013; Cass. n. 6518/2011; Cass. n. 23974/2010; Cass. n. 21141/2007; Cass. n. 19882/2005), senza che possa essere disposto alcun meccanismo sostitutivo di capitalizzazione su base periodica diversa (Cass. S.U., n. 24418/2010). La noma sulla chiusura periodica del conto, con la conseguente liquidazione del saldo, non può giustificare l'anatocismo bancario, posto che l'art. 1831 non si applica al conto corrente bancario (Cass. n. 15135/2014; Cass. n. 6187/2005). Interessi anatocistici vietati si riscontrano anche quando siano previsti interessi moratori su interessi corrispettivi, come accade in ordine agli interessi sulle rate scadute non assolte di un contratto di mutuo oneroso, atteso che ogni rata comprende una quota di capitale e una quota di interessi di ammortamento, stabiliti a titolo di corrispettivo della restituzione dilazionata della somma mutuata (Cass. n. 11400/2014; Cass. n. 2072/2013; Cass. n. 2593/2003). L'accertata nullità delle clausole che prevedono la capitalizzazione trimestrale degli interessi, così come tassi superiori a quelli legali, impone la rideterminazione del saldo finale mediante la ricostruzione dell'andamento dell'intero rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dalla sua apertura, che la banca ha l'onere di produrre (Cass. n. 15148/2018). BibliografiaBianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano, 1997; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Di Majo, voce Obbligazioni pecuniarie, in Enc. dir., Milano, 1979; Distaso, voce Somma di denaro (Debito di), in Nss. D. I., Torino, 1970; Mastropaolo, voce Obbligazione, V, Obbligazioni pecuniarie, in Enc. giur., Roma, 1990. |