Codice Civile art. 1287 - Decadenza dalla facoltà di scelta.

Cesare Trapuzzano

Decadenza dalla facoltà di scelta.

[I]. Quando il debitore, condannato alternativamente a due prestazioni, non ne esegue alcuna nel termine assegnatogli dal giudice, la scelta spetta al creditore.

[II]. Se la facoltà di scelta spetta al creditore e questi non l'esercita nel termine stabilito o in quello fissatogli dal debitore, la scelta passa a quest'ultimo.

[III]. Se la scelta è rimessa a un terzo e questi non la fa nel termine assegnatogli, essa è fatta dal giudice [631 3, 664 3, 1349; 81 att.].

Inquadramento

La norma fissa il principio generale secondo cui, allo scopo di assicurare l'attuazione del rapporto, se la scelta non è esercitata dal suo originario titolare, si trasferisce all'altra parte (Breccia, 223; Bianca, 131; Rubino, 84). Il mancato esercizio della scelta determina il trasferimento della relativa facoltà all'altra parte, indipendentemente dallo stato di colpa del soggetto che non vi ha provveduto (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 85). Il profilo della colpa può invece assumere rilievo quando l'inerzia nell'esercizio della facoltà di scelta importi un danno per l'altra parte; in tale evenienza, l'originario titolare della facoltà, oltre a subire la decadenza dal suo esercizio, dovrà anche riparare il danno cagionato con la sua condotta alla controparte (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 86). Nello svolgimento del rapporto concernente le obbligazioni alternative, si devono distinguere due tipi di termini: il termine per l'esercizio della scelta e il termine di adempimento, termini che in concreto possono anche coincidere, ma che possono dare luogo a due differenti situazioni di mora.

La decadenza del debitore

Qualora la scelta spetti al debitore e questi non la eserciti nel termine convenuto, la facoltà di scelta si trasmette al creditore (Bianca, 131). Secondo un autore, prendendo spunto dalla lettera della disposizione, che testualmente si riferisce ad una condanna alternativamente a due prestazioni e al termine fissato dal giudice, il passaggio della facoltà di scelta si ha solo se sia stato espressamente previsto dal contratto; diversamente, il creditore dovrebbe prima rivolgersi al giudice e ottenere la condanna alternativa all'adempimento, con la fissazione di un termine per l'esercizio della scelta (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 87). Il termine per l'esercizio della scelta, con la previsione nel caso di inutile scadenza del passaggio della relativa facoltà, può essere convenuto dalle parti anche implicitamente, ma in tal caso il patto relativo al passaggio di facoltà deve essere provato; ove sia fissato il termine per l'adempimento, si può presumere che esso riguardi anche la scelta, mentre la circostanza che detto termine valga anche ai fini del passaggio del potere di scelta deve essere specificamente provata (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 87). Viceversa, la semplice previsione contrattuale di un termine per la scelta, senza che ad essa sia connessa anche la trasmissione della relativa facoltà, ovvero la semplice previsione di un termine di adempimento, presuntivamente riferibile anche alla scelta, ma senza alcuna contemplazione del passaggio della relativa facoltà, non autorizza il trasferimento di tale facoltà al creditore ove il termine scada senza esito; ai fini del passaggio, il creditore dovrà prima adire il giudice per ottenere una condanna all'esecuzione delle prestazioni alternative, con fissazione di un ulteriore termine (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 87). Nel caso in cui non si ritenga necessario il previo intervento del giudice, se la scelta spetti al debitore e non sia stato convenuto alcun termine, il creditore può fissargli in via stragiudiziale un termine e, ove l'inerzia del debitore si protragga oltre la scadenza, la facoltà di scelta passa al creditore. E ciò sulla scorta di un'applicazione analogica della previsione che regola l'ipotesi dell'inerzia del creditore (Bianca, 132). In senso diverso, altra tesi afferma invece che il creditore non può che rivolgersi al giudice e ottenere da questi la fissazione di un termine per l'esercizio della scelta da parte del debitore (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 86); il termine per la scelta decorre dal giorno della notifica del provvedimento giudiziale provvisoriamente esecutivo o passato in cosa giudicata (Rubino, in Comm. S.B., 1992, 86). Decorso il termine senza che il debitore abbia attuato la scelta, la relativa facoltà passa al creditore, e ciò accade anche quando nel termine assegnato il debitore si limiti a comunicare semplicemente la scelta, senza provvedere all'adempimento. Indipendentemente dall'esercizio della facoltà di scelta da parte del debitore, il creditore può avvalersi dei rimedi contro l'inadempimento non appena la prestazione sia esigibile e, nel caso in cui sia munito di titolo esecutivo, può agire in via esecutiva. Infatti, la prestazione può essere esigibile anche prima della scelta (Bianca 132). Benché non si sia ancora avuta la concentrazione, la mora nella scelta ben può determinare il ritardo nell'adempimento; sicché sin da quando il debitore sia costituito in mora per la scelta mediante atto giudiziale o stragiudiziale decorrono i danni relativi al ritardo nell'adempimento (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 87). Ove si ritenga che sia necessaria la fissazione di un ulteriore temine da parte del giudice per la trasmissione della facoltà di scelta, in ogni caso, la mora per la scelta decorre dalla scadenza del primo termine e, in quanto possa presumersi, fino a prova contraria, che tale temine si riferisca anche all'adempimento, da tale momento decorre anche la mora per l'adempimento, salvo, se necessario, il compimento di un apposito atto di costituzione in mora, con maturazione dei conseguenti danni (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 87). Per la mora nella scelta non occorre intimazione, in quanto ricorre un'ipotesi di mora ex re, dovendo la scelta essere comunicata al creditore (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 87).

Alla necessità del previo intervento giudiziale, qualora il passaggio della facoltà di scelta non sia contemplato nel contratto, allude la giurisprudenza (Cass. n. 5225/1983).

La decadenza del creditore

Se la scelta spetti al creditore e nondimeno questi non la eserciti nel termine convenuto, la facoltà di scelta si trasmette al debitore (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 89), senza che sia necessaria alcuna intimazione; se non è stato convenuto alcun termine, il debitore può assegnargli un termine in via stragiudiziale, scaduto inutilmente il quale il creditore decade dalla sua facoltà, che si trasferisce automaticamente al debitore (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 89); l'atto di assegnazione del termine è sufficiente per la mora. In quest'ultimo caso, il termine assegnato dal debitore è nullo ove non lasci al creditore uno spazio temporale minimo per effettuare la scelta e per trasmettere la relativa comunicazione; si applica all'uopo in via analogica la disciplina di cui all'art. 2965, in ordine alle decadenze stabilite contrattualmente, sebbene il creditore non possa contestare direttamente il termine assegnatogli, ma possa rivolgersi al giudice allo scopo di far accertare la sua nullità (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 92). In tal caso, il creditore può anche chiedere al giudice la fissazione di un termine adeguato (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 92). Si può avere mora accipiendi quando, passata la scelta al debitore, questi proceda all'offerta. Tuttavia, in ordine ai danni per la mora debendi, ossia derivanti al debitore per il ritardo con cui potrà essere compiuta la scelta, essi decorrono sin dall'assegnazione stragiudiziale del termine e possono in concreto estendersi anche ai danni che si sarebbero potuti determinare per la mora accipiendi dell'obbligazione principale, atteso che il ritardo nella scelta implica anche un ritardo nell'adempimento, di cui la scelta è presupposto (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 92). L'individuazione del termine di adempimento, che non sia stato stabilito in contratto, segue i criteri dell'art. 1183; nondimeno, nel caso in cui né la natura della prestazione né altre circostanze richiedano un termine per l'adempimento, l'adempimento può essere invocato solo successivamente alla scelta. Ove, invece, sia necessaria la fissazione giudiziale di un termine per l'adempimento, al debitore può essere imputato l'onere di prepararsi all'adempimento solo dopo la scelta (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 92). Anche quando la scelta competa al creditore, può essere fissato un termine unico per la scelta e per l'adempimento. La semplice indicazione del termine lascia desumere che esso concerna sia la scelta sia l'adempimento. Si presume che il termine per l'adempimento si riferisca anche alla scelta. Tuttavia, quando il creditore comunichi la propria scelta poco prima della scadenza del termine, il debitore non può essere considerato in mora fino a quando non trascorra il tempo minimo necessario a predisporre l'esecuzione della prestazione.

La decadenza del terzo

Qualora il terzo arbitratore non compia la scelta che gli è stata deferita nel termine assegnatogli, essa deve essere compiuta dal giudice allo scopo di evitare che il rapporto si estingua per l'impossibilità di determinarne l'oggetto. La fattispecie si riferisce a tutti i casi in cui il terzo non compia la scelta: perché non intenda accettare l'incarico, oppure perché non voglia o non possa espletarlo, dopo averlo accettato, oppure perché non sia stato nominato (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 93). Tale previsione corrisponde al principio generale sancito dall'art. 1349, comma 1, in tema di determinazione dell'oggetto del contratto. Infatti, nel caso di mancata scelta del terzo, non si determina la nullità del contratto, posto che la scelta del terzo non può mai dare luogo ad arbitrium merum ma è sempre rimessa all'arbitrium boni viri (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 94). In senso contrario altra opinione sostiene che la scelta è rimessa al mero arbitrio del terzo e che tale conclusione non contrasta con la previsione circa la possibilità che la scelta venga effettuata dal giudice, poiché si tratta della determinazione di un elemento contrattuale che non influisce sulla certezza della costituzione del vincolo (Bianca, 129). Se il termine entro il quale il terzo arbitratore deve eseguire la scelta non è fissato nel negozio costitutivo dell'obbligazione, può essere successivamente determinato da entrambe le parti o, in difetto di accordo tra le parti, dal giudice su istanza della parte interessata. Se l'obbligazione discenda da negozio unilaterale, si deve escludere che l'assegnazione del termine possa essere compiuta dal creditore (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 95). Scaduto senza esito il termine assegnato, ciascuna delle parti può chiedere unilateralmente al giudice di effettuare la scelta. Ove il terzo non compia la scelta e nessuna delle parti si attivi al riguardo, il diritto del creditore rimane soggetto alla prescrizione ordinaria, che comincia a decorrere dal giorno in cui scade il termine assegnato al terzo (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 96). In ogni caso, la norma è derogabile dalle parti nel senso che esse possono prevedere che, qualora il terzo non effettui la scelta nel termine convenuto, questa spetti ad altri (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 96).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Di Majo-Inzitari, voce Obbligazioni alternative, in Enc. dir., Milano, 1979; Girino, voce Obbligazioni alternative e facoltative, in Enc. giur., Roma, 1990; Smiroldo, voce Obbligazione alternativa e facoltativa, in Nss. D. I., Torino, 1965.

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