Codice Civile art. 1337 - Trattative e responsabilità precontrattuale.

Cesare Trapuzzano
aggiornato da Rossella Pezzella

Trattative e responsabilità precontrattuale.

[I]. Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede [1218, 1440, 1578, 1812, 1821, 2043].

Inquadramento

Nella fase delle trattative e della formazione del contratto le parti devono comportarsi secondo la regola di buona fede, ossia sono soggette ad oneri di informazione e di conoscibilità, il cui puntuale assolvimento vale per un verso a focalizzare le prestazioni che le parti reciprocamente assumono, quale contenuto degli obblighi contrattuali, e per altro verso a consentire la soddisfazione dell'interesse alla libertà negoziale delle parti, quale interesse protetto dalla disciplina della responsabilità precontrattuale (Bianca, 161). La valida conclusione del contratto non esclude in sé il diritto al risarcimento dei danni derivanti da culpa in contrahendo (Loi-Tessitore, 83; Sacco-De Nova, in Tr. Res. 1999, 364; Ravazzoni, 14; Cuffaro, 1270). Affinché la disciplina dell'art. 1337 sia applicabile è necessario che le trattative abbiano raggiunto uno stadio di avanzamento tale da giustificare l'affidamento sulla conclusione del contratto (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 118; contra Cuffaro, 1268). Il comportamento assunto da una delle parti nella fase delle trattative può altresì legittimare il recesso per giusta causa dalle trattative medesime della controparte (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 703). L'art. 1337 inerisce non solo alle trattative in senso stretto ma anche agli atti idonei a generare l'aspettativa della conclusione del contratto (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 118).

Le trattative costituiscono una fase antecedente ed eventuale rispetto alla formazione e conclusione del contratto (Cass. n. 1632/2000; Cass. n. 2521/1968) e consistono in tutte le attività di relazione opportune per verificare la convenienza della stipulazione. La norma non può essere invocata con riferimento ai rapporti intercorsi tra soggetti componenti della medesima parte contrattuale (Cass. n. 6058/1991). L'azione di risarcimento danni per lesione della libertà negoziale è esperibile allorché ricorra una violazione della regola di buona fede nelle trattative contrattuali che abbia dato luogo ad un assetto d'interessi più svantaggioso per la parte che abbia subìto le conseguenze della condotta contraria a buona fede, e ciò pur in presenza di un contratto valido (Cass. n. 5762/2016), ovvero, nell'ipotesi di invalidità dello stesso, in assenza di una sua impugnativa basata sugli ordinari rimedi contrattuali (Cass. n. 21255/2013).

La buona fede nella fase precontrattuale

L'obbligo di comportarsi secondo buona fede nella fase delle trattative e della formazione del contratto deve essere letto in senso oggettivo, ossia come obbligo di correttezza. In conseguenza, non è necessario che il comportamento delle parti sia connotato da una condizione soggettiva di mala fede, consistente nell'intenzione di arrecare pregiudizio alla rispettiva controparte, ma è sufficiente anche una condotta non caratterizzata dal proposito di nuocere, sia essa volontaria o meramente colposa, che abbia interrotto senza giusto motivo le trattative, eludendo così le aspettative della controparte che, confidando nella conclusione del contratto, sia stata indotta a sostenere spese o a rinunziare ad occasioni più favorevoli (Bianca, 161). In senso contrario altro autore nega che la responsabilità precontrattuale sia configurabile in caso di violazione colposa (Messineo, 1961, 918). Controverso in dottrina è se il dovere di buona fede si consacri nel rispetto di una serie di obblighi tipici, riconducibili ai doveri di informazione circa gli elementi necessari affinché il destinatario si formi un'esatta idea del contratto, di custodia nel caso di merci inviate in visione, di segreto (in questo senso Benatti, 42) e di chiarezza in ordine alla necessità di usare un linguaggio comprensibile (Bianca, 165), cui si aggiunge l'obbligo di compimento degli atti necessari per la validità ed efficacia del contratto (Bianca, 170); ovvero se tali obblighi non siano tipizzabili (in questo senso Ravazzoni, 145) e vi rientrino fra l'altro anche quelli di rilascio dei mezzi di prova relativi ai propri contegni rilevanti (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 673). Si segnala che la tipizzazione dei doveri precontrattuali non è comunque esaustiva (Bianca, 167). Il dovere di informazione non comprende la valutazione sulla convenienza economica dell'affare, ma riguarda essenzialmente le cause di invalidità del contratto, le cause di inadempimento, la pericolosità della prestazione, l'inutilità del contratto (Bianca, 167), salvo che un obbligo di avviso derivi dalla particolare disparità di condizioni fra le parti (Visintini, 111). Non ricade tra i doveri precontrattuali quello di proteggere l'incolumità dell'altro trattante e dei beni che ha con sé durante la fase delle trattative (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 705).

La buona fede ha rilevanza oggettiva della buona fede, quale regola di condotta, (Cass. n. 10904/2005; Cass. n. 11394/1997; Cass. n. 340/1988; Cass. n. 2765/1969). Pertanto detta responsabilità non presuppone necessariamente la malafede consistente nell'intenzione di uno dei contraenti di arrecare pregiudizio all'altro, essendo invece sufficiente anche il comportamento solo colposo della parte che, senza giustificato motivo, abbia interrotto le trattative, eludendo le aspettative della controparte che, confidando nella conclusione del contratto, sia stata indotta a sostenere spese od a rinunciare ad altre favorevoli occasioni (Cass. n. 12147/2002; Cass. n. 9157/1995). Gli arresti giurisprudenziali riconoscono altresì che i doveri precontrattuali si traducono principalmente negli obblighi di informazione e cooperazione (Cass. n. 14865/2000; Cass. n. 10014/1994; Cass. n. 5920/1985). La responsabilità precontrattuale può derivare, oltre che dalla rottura ingiustificata delle trattative (Cass. n. 18748/2019), anche dalla violazione dell'obbligo di lealtà reciproca, il quale comporta un dovere di completezza informativa circa la reale intenzione di concludere il contratto, senza che alcun mutamento delle circostanze possa risultare idoneo a legittimare la reticenza o la maliziosa omissione di informazioni rilevanti nel corso della prosecuzione delle trattative finalizzate alla stipulazione del negozio (Cass. n. 6526/2012).

L'interruzione delle trattative

Secondo la dottrina maggioritaria, le parti conservano nella fase delle trattative piena libertà circa le richieste relative al contenuto contrattuale e sono libere di recedere indipendentemente dall'estrinsecazione di un giustificato motivo, sempre tuttavia nel rispetto del dovere di buona fede, e quindi mantenendo informata la controparte circa la possibilità di conclusione del contratto (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 210; Benatti, 51). In senso contrario altra dottrina ritiene che la responsabilità precontrattuale è integrata quando l'interruzione delle trattative sia priva di ogni ragionevole giustificazione, così da sacrificare arbitrariamente il logico affidamento che la controparte abbia riposto sulla conclusione del contratto, tenuto conto del modo, della durata e dello stato delle trattative (Bianca, 173; Messineo, 1961, 919; Carresi, in Tr. C. M., 1987, 704).

Il recesso ingiustificato dalle trattative integra la responsabilità precontrattuale (Cass. n. 4382/2012). In ogni caso affinché possa insorgere responsabilità contrattuale in conseguenza del recesso dalle trattative, è necessario che le parti abbiano preso in considerazione gli elementi essenziali del contratto, in modo che possa determinarsi un fondato affidamento sulla sua conclusione (Cass. n. 5492/1982). Ossia deve trattarsi di trattative che siano in uno stadio avanzato, tale che, per serietà e concludenza, lascino presagire la stipulazione del contratto e giustifichino l'affidamento riposto dalle parti in tale conclusione (Cass. n. 11243/2003; Cass. n. 1632/2000; Cass. n. 5830/1999). Più dettagliatamente, perché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, è necessario che tra le parti siano in corso trattative; che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l'altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo; che, infine, pur nell'ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. La verifica della ricorrenza di tutti i suddetti elementi, risolvendosi in un accertamento di fatto, è demandata al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata (Cass. n. 34510/2021Cass. n. 7545/2016Cass. n. 7768/2007). Ne consegue che non ricorre responsabilità ove la rottura delle trattative e la mancata conclusione del contratto siano state in anticipo programmate, e costituiscano l'esercizio di una facoltà legittima da parte del recedente (Cass. n. 15040/2004), come accade in caso di mancata accettazione di una proposta contrattuale poziore nel tempo ed economicamente più vantaggiosa rispetto a quella diversa preferita (Cass. n. 27017/2016).

L'art. 1337 non è applicabile al contratto preliminare, la cui stipulazione supera lo stadio precontrattuale, costituendo esso un accordo perfettamente compiuto, benché proteso alla stipulazione di un ulteriore contratto, quello definitivo (Cass. n. 20989/2020).

La natura della responsabilità precontrattuale

Secondo l'opinione prevalente, la responsabilità precontrattuale ricade nel genus della responsabilità extracontrattuale, con la conseguenza che troverà applicazione la disciplina prevista per tale ultima ipotesi di responsabilità, sia in ordine alla ripartizione degli oneri probatori, sia in ordine al termine di prescrizione, che sarà quello quinquennale di cui all'art. 2947 (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 703; Bianca, 161; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 114; Sacco, in Tr. Vas., 1975, 919; Galgano, 329). Con riferimento al primo aspetto, sarà il danneggiato a dover dimostrare il fatto lesivo; non dovrà, invece, essere fornita prova anche del fatto negativo relativo alla mancanza di giusta causa (Bianca, 173). Altra parte della dottrina afferma che la culpa in contrahendo ha natura contrattuale e ciò perché gli obblighi precontrattuali desumibili dall'osservanza del dovere di correttezza hanno la medesima struttura e contenuto dei corrispondenti obblighi contrattuali riconducibili al dovere di buona fede, oltre a tendere in alcuni casi anche alla positiva realizzazione dell'altrui interesse (Benatti, 115; Messineo, in Tr. C. M., 1968, 365; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 215; Mengoni, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, 362). Ricostruzioni intermedie sostengono che la responsabilità precontrattuale sarebbe un tertium genus, non riconducibile ad alcuno dei tipi tradizionali di responsabilità civile (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 919; Visintini, 112). Su questa stessa linea altro autore evidenzia come sia riduttiva la prospettiva che confina la regola della buona fede precontrattuale alla mera previsione risarcitoria (Cuffaro, 1267). Rientra nella responsabilità precontrattuale la responsabilità da prospetto in tema di sollecito al pubblico risparmio, che grava sul soggetto che pubblica un prospetto recante informazioni false, inesatte o incomplete (Bianca, Diritto civile, La responsabilità, Milano 1994, 618).

Secondo la giurisprudenza prevalente la responsabilità precontrattuale è riconducibile alla responsabilità aquiliana (Cass. n. 27262/2023Cass. n. 21255/2013; Cass. n. 16735/2011; Cass. n. 13164/2005; Cass. n. 8723/2004; Cass. n. 15172/2003; Cass. S.U. n. 9645/2001). Ne consegue che vanno applicate le relative regole in tema di distribuzione dell'onere della prova; pertanto, qualora gli estremi del comportamento illecito siano integrati dal recesso ingiustificato di una parte, grava non su chi recede la prova che il proprio comportamento corrisponde ai canoni di buona fede e correttezza, ma incombe viceversa sull'altra parte l'onere di dimostrare che il recesso esula dai limiti della buona fede e correttezza (Cass. n. 27262/2023; Cass. n. 24738/2019 ; Cass. n. 15040/2004). Minoritaria è la tesi della responsabilità contrattuale, secondo cui la parte che agisce in giudizio per il risarcimento del danno subito ha l'onere di allegare, ed occorrendo provare, oltre al danno, l'avvenuta lesione della sua buona fede, ma non anche l'elemento soggettivo dell'autore dell'illecito, versandosi — come nel caso di responsabilità da contatto sociale, di cui costituisce una figura normativamente qualificata — in una delle ipotesi previste dall'art. 1173 , con la conseguente applicazione del termine di prescrizione ordinaria decennale (Cass. n. 14188/2016Cass. n. 27648/2011).

La S.C. riconosce natura aquiliana alla responsabilità per violazione delle regole destinate a disciplinare il prospetto informativo (Cass. n. 15707/2018). 

La delimitazione soggettiva della responsabilità precontrattuale

Affinché possa insorgere la responsabilità precontrattuale, con la conseguente rivendicazione del risarcimento dei danni che dalla violazione della clausola di buona fede siano derivati, è necessario che il soggetto sia stato parte delle trattative, mentre non assume rilievo in sé la circostanza della titolarità della situazione sostanziale sottostante. Ne discende che si considera parte delle trattative il soggetto che sia intervenuto nelle trattative, nei cui confronti il contratto da concludere sarebbe destinato a produrre effetti (Benatti, 85); viceversa, il soggetto che non abbia ricoperto neanche il ruolo di parte in senso formale, quand'anche partecipi alla formazione del contratto, come il mediatore, non risponderà a titolo di responsabilità precontrattuale, neppure nell'ipotesi di dolo o violenza morale, ma potrà rispondere a titolo di responsabilità aquiliana e la sua condotta potrà determinare l'eventuale annullamento del contratto ai sensi degli artt. 1434 e 1439, comma 2 (Benatti, 88). In senso più estensivo, altra corrente di pensiero sostiene che la responsabilità precontrattuale può riguardare anche i terzi estranei agli effetti dello stipulando contratto (Cuffaro, 1268). Per la responsabilità precontrattuale del rappresentante e/o del rappresentato dovrà farsi riferimento alle condizioni prescritte dagli artt. 1228 o 2049, in base al fatto che si ritenga che detta responsabilità sia qualificabile come contrattuale o extracontrattuale (Bianca, 163).

Anche la giurisprudenza riconosce che il terzo può essere investito da responsabilità precontrattuale. In specie, il dolo del terzo nel corso delle trattative, quando non determina l'annullabilità del contratto, genera una sua responsabilità per fatto illecito (Cass. n. 862/1952). Ancora lo svolgimento delle sole trattative in vista della conclusione di un contratto può essere oggetto di mandato con rappresentanza, in quanto la prestazione del mandatario non deve consistere necessariamente nella conclusione di negozi giuridici, ma può concretarsi anche nel compimento di atti volontari non negoziali, e le norme sulla rappresentanza sono applicabili per analogia anche agli atti giuridici leciti simili ai negozi (quali la costituzione in mora, la denunzia di vizi, le partecipazioni in genere, ecc.). Ne consegue che, allorché le trattative siano svolte da un mandatario con rappresentanza — sia pure limitata alla sola fase precontrattuale, con esclusione della stipula del contratto —, gli atti compiuti dal rappresentante sono direttamente ed automaticamente imputati al rappresentato, con conseguente riferibilità a quest'ultimo della responsabilità precontrattuale eventualmente configurabile (Cass. n. 3103/2002). Tale principio può applicarsi anche allorché l'apparente rappresentato abbia tenuto un comportamento colposo, tale da giustificare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente (Cass. n. 4299/1999).

La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione

La responsabilità precontrattuale è ammessa anche nei confronti della P.A. e segue il medesimo schema (Bianca, 181; Sacco, in Tr. Vas., 1975, 919).

La responsabilità precontrattuale della P.A. non è responsabilità da provvedimento, ma responsabilità da comportamento, per la quale non rileva la legittimità del provvedimento adottato nella procedura ad evidenza pubblica, ma la correttezza del comportamento tenuto durante le trattative e la formazione del contratto. Pertanto, la P.A. che abbia preteso l'anticipata esecuzione del contratto in attesa dell'approvazione tutoria, poi negata, risponde ex art. 1337, attesa la posizione di garanzia implicita nel suo status professionale (Cass. n. 9636/2015). Nella materia degli appalti, la responsabilità della P.A. è configurabile in tutti i casi in cui l'ente pubblico, nelle trattative con i terzi, compia azioni o incorra in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza è tenuto già nel procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, ossia nel momento in cui entra in contatto con una pluralità di offerenti, instaurando con ciascuno di essi trattative (multiple o parallele) idonee a determinare la costituzione di rapporti giuridici, nel cui ambito è tenuto al rispetto di principi generali di comportamento posti dalla legge a tutela indifferenziata degli interessi delle parti. Ne consegue che l'inosservanza di tale precetto, anche prima della conclusione della gara, determina l'insorgere della responsabilità della P.A. per violazione del dovere di correttezza, a prescindere dalla prova dell'eventuale diritto all'aggiudicazione del partecipante (Cass. n. 15260/2014; Cass. n. 477/2013; Cass. n. 4856/2007).

L'ampiezza dei danni risarcibili

Il pregiudizio riparabile è circoscritto nei limiti dell'interesse negativo, che consiste nelle conseguenze immediate e dirette della violazione del dovere di comportarsi secondo buona fede nella fase preparatoria del contratto. L'interesse negativo è rappresentato, sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative in vista della conclusione del contratto, sia dalle perdite di ulteriori occasioni per la stipulazione di un contratto altrettanto o maggiormente vantaggioso (Bianca, 179; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 116). Deve ricorrere uno stretto collegamento causale del danno precontrattuale riparabile con le trattative nonché con la prospettiva di una futura conclusione del contratto. Secondo una parte della dottrina, il risarcimento dell'interesse negativo non può superare l'ammontare del danno riparabile secondo l'interesse positivo (Visintini, 393). In termini opposti, si ritiene che in certe ipotesi il danno commisurato all'interesse negativo può essere di entità pari o superiore a quello corrispondente all'interesse positivo (Benatti, 145; Scognamiglio, 213); nella stessa prospettiva si afferma che appare del tutto ingiustificata sul piano logico una limitazione quantitativa del danno risarcibile per la responsabilità precontrattuale (Cuffaro, 1274). Qualora il contratto rimanga valido ed efficace, come nel caso di dolo incidentale, la valutazione del danno deve essere riferita alle migliori condizioni che il contraente avrebbe potuto ottenere senza l'illecita ingerenza della controparte o del terzo (Bianca, 180).

Il pregiudizio risarcibile è circoscritto al solo interesse negativo, costituito sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative ed in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di altre occasioni di stipulazione contrattuale, pregiudizio liquidabile anche in via equitativa, sulla base di criteri logici e non arbitrari (Cass. n. 15147/2022;Cass. n. 24625/2015; Cass. n. 2525/2006; Cass. n. 12313/2005; Cass. n. 3746/2005). Sicché non comprende, in particolare, il lucro cessante risarcibile se il contratto non fosse stato poi adempiuto o fosse stato risolto per colpa della controparte (Cass. n. 19883/2005). Sotto il profilo probatorio, sia la perdita dei guadagni che sarebbero conseguiti da altre occasioni contrattuali, sia la relativa valutazione comparativa devono essere sorrette da adeguate deduzioni probatorie della parte che si assume danneggiata, e non possono basarsi sulla semplice considerazione della sua qualità imprenditoriale, né può senz'altro farsi luogo alla liquidazione equitativa da parte del giudice, subordinata, anche nella materia della responsabilità precontrattuale, all'impossibilità o alla rilevante difficoltà, in concreto, dell'esatta quantificazione di un pregiudizio comunque certo nella sua esistenza (Cass. n. 19883/2005). Qualora il danno derivante da responsabilità precontrattuale derivi dalla conclusione di un contratto valido ed efficace ma sconveniente, il risarcimento deve essere ragguagliato al minore vantaggio o al maggiore aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle parti, restando irrilevante che la violazione del dovere di buona fede sia intervenuta cronologicamente a valle e non a monte della conclusione del contratto, salvo la prova di ulteriori danni che risultino collegati a tale comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto (Cass. n. 4715/2022; Cass. n. 3503/2023; ). In tema di intermediazione finanziaria, la responsabilità dell'intermediario che ometta di informarsi sulla propensione al rischio del cliente o di rappresentare a quest'ultimo i rischi dell'investimento, ovvero che compia operazioni inadeguate quando dovrebbe astenersene, ha natura contrattuale, investendo il non corretto adempimento di obblighi legali facenti parte integrante del contratto-quadro intercorrente tra le parti, sicché il danno invocato dal cliente medesimo non può essere limitato al mero interesse negativo da responsabilità precontrattuale (Cass. n. 12262/2015; contra Cass.S.U.n. 26724/2007, che discrimina tra obblighi informativi precedenti o coevi alla stipulazione del contratto-quadro, la cui violazione dà luogo a responsabilità precontrattuale, ed obblighi esecutivi, la cui violazione dà luogo a responsabilità contrattuale). In ogni caso sono riparabili i soli danni che risultino collegati al comportamento contrario a buona fede da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto (Cass. n. 24795/2008).

Bibliografia

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