Codice Civile art. 1351 - Contratto preliminare.InquadramentoIl contratto preliminare è l'accordo mediante il quale le parti si obbligano alla futura stipulazione di un distinto contratto, detto definitivo (Bianca, 181). Tale detta figura negoziale è fonte di un obbligo convenzionale a contrarre, sicché dalla conclusione del preliminare sorge un diritto alla conclusione del contratto definitivo e non direttamente alla prestazione che ne forma oggetto (Chianale, 278; Messineo, 1962, 167). Si tratta di contratto a struttura neutra e a esecuzione differita (Palermo, 28), che esaurisce la propria funzione all'atto stesso della stipula del definitivo (Chianale, 278; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 199). A fronte della tesi che identifica la causa del preliminare nella corrispondente causa del definitivo che mira a concludere (Bianca, 182), si oppone altra tesi che, prendendo spunto dal fatto che possono ricorrere al momento della conclusione del preliminare divieti temporanei di alienazione che impediscono in quel momento la conclusione del definitivo, nonché dal fatto che è ammessa la valida stipulazione di preliminari che non contengono ancora sufficienti indicazioni circa l'individuazione del bene da alienare con il definitivo, sostiene che la causa del preliminare corrisponde, sotto il profilo della causa astratta, all'assunzione del vincolo a contrarre e, sotto il profilo della causa concreta, all'obbligo di concludere lo specifico contratto definitivo cui esso accede (Palermo, 123). Il preliminare non presenta peculiarità di carattere eccezionale, con la conseguenza che sono ad esso applicabili le norme dedicate al contratto in generale, in quanto compatibili, ivi comprese le norme sull'interpretazione del contratto (Gabrielli, 229; Bianca, 190). La funzione del contratto preliminare è quella di impegnare i contraenti alla futura stipula, alle condizioni e nei termini in esso convenuti, di un successivo contratto definitivo, e la prestazione essenziale che ne forma oggetto è costituita da quel particolare facere, consistente nella stipulazione anzidetta, che deve esattamente corrispondere agli elementi predeterminati in sede di compromesso (Cass. n. 7273/2006). L'obbligo di prestazione del consenso in sede di futuro contrahere deve essere tenuto distinto dall'oggetto del futuro contratto definitivo, costituito, invece, dal bene destinato al trasferimento di proprietà (Cass. n. 7935/1997). L'alienazione del bene a terzi in violazione del preliminare, senza la sua previa trascrizione, implica responsabilità contrattuale del promittente alienante mentre il terzo risponderà a titolo di responsabilità aquiliana solo ove abbia cooperato nell'inadempimento del preliminare (Cass. n. 20251/2016), con la conseguenza che allo stesso preliminare non è applicabile l'art. 1337 (Cass. n. 20989/2020). Il risarcimento del danno verso il promissario acquirente per la mancata stipulazione del definitivo di vendita di un immobile, imputabile al promittente alienante, è pari alla differenza tra il valore commerciale del bene al momento della proposizione della domanda (momento in cui l'inadempimento normalmente diviene definitivo) ed il prezzo pattuito, tenendo conto della rivalutazione dell'importo stabilito in contratto solo nell'ipotesi in cui il prezzo sia stato già versato (Cass. n. 18498/2021; Cass. n. 26042/2020; Cass. n. 28735/2017; Cass. n. 17688/2010). Il campo applicativoIl contratto preliminare è ammissibile per qualsiasi tipo di contratto: con obbligazioni corrispettive o a carico del solo proponente, consensuale o reale, a efficacia reale o obbligatoria, bilaterale o plurilaterale, per persona da nominare e a favore di terzo (Messineo, 1962, 170). Inoltre è compatibile con le figure negoziali tipiche della vendita, locazione, mandato, appalto, lavoro, trasporto, assicurazione, società, cessione di credito, cessione di contratto (Messineo, 1962, 170). Si ritiene che il preliminare sia ammissibile anche per i contratti reali (Messineo, 1962, 171); secondo un'opinione più restrittiva il preliminare è configurabile per i soli contratti reali a titolo oneroso di mutuo e deposito, ma non per i contratti reali a titolo gratuito di comodato, mutuo e deposito (Chianale, 278); in forza di un'ulteriore opinione, presupponendo il contratto reale la traditio, la consegna del bene in realtà perfeziona il contratto reale e non un preliminare, mentre ove non si abbia consegna si avrebbe un contratto definitivo consensuale (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 681; Gabrielli-Franceschelli, 4). Non è ipotizzabile un preliminare di donazione, poiché l'obbligo di concludere la donazione si pone in antitesi con lo spirito di liberalità e con la conseguente spontaneità che connota la causa della donazione (Chianale, 285; Sacco, in Tr. Vas., 1975, 681; Scognamiglio, in Comm. S.B. 1992, 438; ma in senso contrario Gabrielli-Franceschelli, 4). Si ritiene inoltre che il contratto preliminare possa avere ad oggetto il compimento di un negozio unilaterale (Gabrielli-Franceschelli, 4; contra Mirabelli, 213; Scognamiglio, in Comm. S.B. 1992, 438). La posizione di parte di un preliminare è trasmissibile o cedibile, salvo il caso in cui la conclusione del contratto sia fondata sull'intuitus personae (Messineo, 1962, 170). Ove l'obbligo a contrarre sia a carico di una parte contrattuale complessa, tale obbligo è soggettivamente indivisibile, sicché la conclusione del definitivo non potrà che essere pretesa nei confronti di tutti gli obbligati e non solo nei confronti di alcuni di essi. Ove l'obbligo a contrarre abbia invece ad oggetto una prestazione complessa, a fronte di una parte semplice, è controverso se si tratti di obbligo oggettivamente indivisibile: qualora si aderisca alla tesi che si tratta di obbligazione oggettivamente indivisibile, nel caso di perimento parziale dell'oggetto, il definitivo non può essere concluso; diversamente, può trovare applicazione l'art. 1464 (Messineo, 1962, 171). Anche la S.C. ammette la possibilità di ricorrere al preliminare di vendita per persona da nominare (Cass. n. 9595/2015; Cass. n. 14105/2012), con facoltà di nomina del destinatario degli effetti al più sino alla domanda di esecuzione in forma specifica (Cass. n. 4169/2015; Cass. n. 6612/2012). È altresì ammessa la figura del preliminare di definitivo a favore di terzo, oltre che l'opzione di preliminare a favore di terzo (Cass. n. 25528/2015). È ammessa la cessione di preliminare di vendita immobiliare (Cass. n. 10498/2001; Cass. n. 1216/1993). Può essere validamente concluso un preliminare di vendita di cosa altrui, oltre che di cosa futura, anche nel caso di buona fede dell'altra parte, in cui il promittente alienante può adempiere la propria obbligazione procurando l'acquisto del promissario direttamente dall'effettivo proprietario; pertanto, il promissario acquirente, il quale ignori che il bene, all'atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all'obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest'ultimo a trasferirgliela (Cass. n. 28856/2021; Cass. n. 4164/2015; Cass. n. 18097/2014; Cass. n. 15639/2012). Il preliminare può contenere una caparra confirmatoria (Cass. n. 17401/2014; Cass. n. 24570/2010) o una clausola penale (Cass. n. 14764/2014). Non è configurabile un preliminare di donazione, incorrendo una simile fattispecie nel vizio di nullità, in quanto con essa si viene a costituire a carico del promittente un vincolo giuridico a donare, il quale si pone in contrasto con il principio secondo cui nella donazione l'arricchimento del beneficiario deve avvenire per spirito di liberalità, in virtù cioè di un atto di autodeterminazione del donante, assolutamente libero nella sua formazione (Cass. n. 11311/1996; Cass. n. 3315/1979; Cass. S.U., n. 4153/1975). Tuttavia, è ammesso un preliminare di negotium mixtum cum donatione, quale figura di donazione indiretta (Cass. n. 1955/2007). L'ammissibilità del preliminare di preliminare Controversa è l'ammissibilità della figura del preliminare di preliminare, ossia dell'accordo che obblighi le parti alla futura stipula di un preliminare (in senso favorevole Chianale, 285; contra Rascio, 174). La tesi favorevole giustifica la possibilità di concludere un preliminare di preliminare in ragione della piena esplicazione dell'autonomia negoziale, alla quale non possono porsi limiti ove siano perseguiti interessi in concreto meritevoli di tutela; sicché non è escluso che possa esservi un interesse specifico a stipulare un iniziale accordo obbligatorio in cui si fissano i primi punti del futuro contratto definitivo, che non è passibile ancora di esecuzione in forma specifica, cui segua la stipulazione di un successivo accordo che contenga tutti gli ulteriori elementi del futuro contratto definitivo, passibile questa volta di esecuzione in forma specifica (Chianale, 285). Nondimeno, anche il filone della dottrina che ammette tale successione dubita che il primo accordo concluso sia un vero e proprio preliminare e non piuttosto un contratto atipico a contenuto obbligatorio. La tesi contraria evidenzia che, a fronte della previa determinazione degli elementi essenziali del contratto, non vi è spazio per l'ammissibilità di figure estranee rispettivamente ad un preliminare vero e proprio ovvero ad un'intesa precontrattuale, in base al fatto che ricorra o meno la volontà di obbligarsi alla conclusione del contratto definitivo; in questa prospettiva, una mera duplicazione del preliminare sarebbe priva di giustificazione causale (Rascio, 174). La giurisprudenza di legittimità era orientata in senso negativo, ossia nel senso di ritenere che il preliminare di preliminare fosse privo di causa, non essendo meritevole di tutela l'interesse di obbligarsi ad obbligarsi, in quanto produttivo di un'inutile complicazione (Cass. n. 19557/2009; Cass. n. 8038/2009, in Not. 2010, I, 40, con note di Chianale e Laporta). Vi sono state delle aperture all'ammissibilità della figura, sebbene entro una cornice ben definita. Segnatamente, la stipulazione di un contratto preliminare di preliminare, ossia di un accordo in virtù del quale le parti si obblighino a concludere un successivo contratto che preveda anche solamente effetti obbligatori (e con l'esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento), è valido ed efficace, e dunque non è nullo per difetto di causa, ove sia configurabile un interesse delle parti meritevole di tutela ad una formazione progressiva del contratto, fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali, e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, è idonea a fondare, per la mancata conclusione del contratto stipulando, una responsabilità contrattuale da inadempimento di un'obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale (Cass. n. 26484/2019; Cass. S.U., n. 4628/2015). Così è valida la proposta di acquisto integrante preliminare di preliminare (Cass. n. 24397/2015). Il preliminare unilateraleL'accordo che realizza il preliminare può essere bilaterale, ma può anche obbligare una sola delle parti a stipulare il definitivo su richiesta dell'altra parte, la quale al contrario rimane libera di decidere se e in che misura concludere il contratto; in tal caso il preliminare sarà unilaterale (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 362; Messineo, 1962, 170). Sulla giustificazione causale di una simile pattuizione sono state poste delle riserve, ritenendosi che, in assenza di un corrispettivo per la soggezione al vincolo unilaterale, la figura potrebbe essere in astratto ricondotta alla donazione nel caso in cui ricorra uno spirito di liberalità a sostegno di tale concessione unilaterale, con la conseguenza che, in difetto della forma prescritta per tale contratto, essa sarebbe nulla, salvo che detta figura sia avvinta da altra causa, come l'interesse reclamistico (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 683). A fronte di questa impostazione, si è replicato che in realtà il profilo della gratuità o dell'onerosità non può essere ponderato con riferimento alla stipula del preliminare unilaterale, ma dovrà essere valutato con riguardo all'assetto di interessi concordato con il definitivo: solo in questo ambito potrà stabilirsi se l'effetto traslativo sia bilanciato o meno da un corrispettivo, ai fini della qualificazione del titolo oneroso o gratuito dell'operazione programmata. Ove si addivenga a tale stipulazione, il preliminare unilaterale ricalca lo schema del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente (Sacco, in Tr. Vas. 1975, 683) e non troveranno applicazione le norme sui contratti con obbligazioni corrispettive (Messineo, 1962, 170). Secondo altra impostazione, il preliminare unilaterale sarebbe riconducibile all'opzione (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 210). Si evidenzia, tuttavia, che nell'ipotesi di opzione non viene concluso un successivo contratto, ma basta che l'opzione sia esercitata, a fronte della situazione di soggezione della controparte, affinché il contratto finale sia concluso; e ciò diversamente dal preliminare unilaterale che esige la stipulazione successiva del definitivo (Bianca, 197). Il che ha dei riflessi anche sul piano attuativo: ove all'esito dell'esercizio dell'opzione la controparte si rifiuti di eseguire il contratto, il contratto è comunque già perfetto, sicché ogni questione si riversa sul rapporto, nel senso che la parte ha facoltà di invocarne l'adempimento coattivo ovvero la risoluzione; viceversa, il rifiuto di stipulare il definitivo, all'esito della conclusione di un preliminare unilaterale, legittimerà l'esercizio dell'azione di esecuzione in forma specifica (Scognamiglio, in Comm. S.B. 1992, 436). Diversamente altra dottrina assimila il preliminare unilaterale ad un'opzione di preliminare ovvero ad un preliminare di patto d'opzione, a seconda che la pattuizione si concretizzi in una promessa di accettazione o in una promessa di offerta (Gabrielli, 255). Secondo altra tesi il preliminare unilaterale non sarebbe suscettibile di esecuzione in forma specifica (Montesano, 114). Il preliminare unilaterale si distingue anche dal patto di prelazione, che costituisce un autonomo negozio con causa propria, attraverso il quale non si determina alcun obbligo a stipulare un futuro contratto, ma si costituisce un semplice diritto di preferenza nell'ipotesi in cui l'altra parte decida di concludere il contratto a cui la prelazione si riferisce (Bianca, 272); in senso contrario altra dottrina ritiene che la prelazione convenzionale sarebbe un preliminare unilaterale (Gabrielli, 317). Secondo la giurisprudenza, il preliminare unilaterale è figura ammissibile nel nostro ordinamento e con una propria autonomia; sicché si differenzia dalla proposta irrevocabile e dall'opzione: il preliminare unilaterale è un contratto in sé perfetto e autonomo, ancorché con obbligazioni a carico di una sola parte, rispetto al contratto definitivo, mentre l'opzione non è che uno degli elementi di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente da un accordo avente a oggetto l'irrevocabilità della proposta e, successivamente, dall'accettazione definitiva del promissario che, saldandosi con la proposta, perfeziona il contratto (Cass. n. 2692/1997; Cass. n. 10649/1994; Cass. n. 5236/1978); il nesso strumentale esistente tra preliminare e definitivo non ha nulla in comune con il legame strutturale che intercorre tra il momento iniziale (proposta resa vincolante per accordo tra le parti) e il momento finale (accettazione) nel fenomeno della formazione progressiva del contratto, in quanto, nell'ipotesi del preliminare unilaterale gli effetti definitivi si producono solo a seguito di un successivo incontro di dichiarazioni tra le parti contraenti, mentre nel caso dell'opzione, che contenga una proposta irrevocabile, gli effetti finali del contratto definitivo si producono in virtù della semplice dichiarazione unilaterale di accettazione della parte non obbligata (Cass. n. 5950/1986; per una rilevazione della differenza anche sul piano processuale Cass. 8564/2012); semmai tra preliminare e opzione può configurarsi un collegamento negoziale, sul presupposto che si tratti di figure diverse (Cass. n. 13164/2007). Il preliminare unilaterale si distingue anche dal patto di prelazione: infatti, la prelazione obbligatoria o convenzionale non implica l'assunzione di un obbligo a contrarre, ma importa solo un diritto di preferenza caeteris paribus del promissario qualora l'altra parte si decida a compiere l'atto a cui la prelazione si riferisce, e non consente il ricorso alla tutela di cui all'art. 2932, ma solo il risarcimento dei danni, sicché non è trascrivibile quando abbia ad oggetto beni immobili poiché non muta la sua efficacia obbligatoria (Cass. n. 15801/2024; Cass. S.U.,n. 6597/2011; Cass. n. 3124/1987; Cass. n. 4116/1986; Cass. n. 6005/1982); il contegno cui il promittente della prelazione è tenuto si sostanzia in una duplice obbligazione: l'una, avente contenuto positivo o di fare (denuntiatio), gli impone di comunicare all'altra parte il maturato proposito di addivenire al contratto secondo le condizioni (offertegli da terzi e comunque) da lui richieste, unitamente a un congruo termine entro il quale l'interpellato dovrà deliberare se, intendendo o no valersi dell'accordata preferenza, accetta o ripudia l'offerta; l'altra, avente contenuto negativo o di non fare (dovere di astensione), vieta al promittente di stipulare il contratto con soggetti diversi dal promissario senz'averlo prima informato o, avendolo informato, senza attenderne la risposta nel termine all'uopo stabilito: delle due obbligazioni, quella che assume effettiva rilevanza e il cui inadempimento può ledere il diritto del contraente preferito è soltanto la seconda (dovere di astensione), dal momento che il promittente, non libero di vendere ad altri, è libero però di non vendere a nessuno (Cass. n. 265/1975). In altri casi la S.C. ha però qualificato incidentalmente il patto di prelazione quale contratto preliminare unilaterale sottoposto a condizione sospensiva potestativa (Cass. n. 402/1982; Cass. n. 1445/1980; Cass. n. 1270/1968). Il preliminare, sia esso bilaterale o unilaterale, si distingue altresì dal contratto normativo; infatti, il contratto normativo, quale accordo con il quale si predispone, in tutto o in parte, il contenuto di eventuali futuri contratti definitivi, così che, se e quando questi verranno stipulati, le parti sono obbligate a inserirvi, e ad osservare, quel contenuto predeterminato, frutto di reciproca, precedente elaborazione, se obbliga le parti a darvi esecuzione nel modo dianzi cennato ogni qualvolta ricorra la situazione in esso prevista e disciplinata, non le obbliga tuttavia senz'altro, a differenza del contratto preliminare, a concludere i contratti definitivi ivi menzionati (Cass. n. 2096/1968; Cass. n. 126/1963). Gli elementi del contratto preliminareIl contratto preliminare, al pari degli altri contratti, deve avere tutti gli elementi essenziali richiesti dalla legge: accordo, causa, oggetto e forma nel caso in cui medesimo vincolo di forma sia preteso con riguardo al contratto definitivo. E ciò perché si tratta di contratto contenutisticamente completo e non di un mero atto preparatorio del contratto (Gabrielli, 155; Rascio, 51); nel senso però che il preliminare prepari la formazione del definitivo si è espressa altra dottrina (Santoro Passarelli, 216; Messineo, 1962, 167; Palermo, 163), pur dovendo comunque contenere tutti gli elementi del futuro contratto che mira a concludere (Chianale, 279). Non sono incompatibili con la struttura del contratto gli elementi accidentali: condizione, termine e onere (Messineo, 1962, 168). Sebbene la stipulazione del definitivo sia prestazione necessariamente differita, la fissazione del termine entro cui il definitivo deve essere concluso non è requisito essenziale del preliminare (Rascio, 148); ne consegue che, ove le parti non lo abbiano stabilito, non si potrà fare ricorso al precetto di cui all'art. 1183, comma 1, prima parte, ossia non potrà essere pretesa l'immediata stipulazione del definitivo, ma potrà essere adito il giudice affinché provveda a fissare tale termine. In specie nel preliminare devono essere indicati tutti gli elementi essenziali che dovranno connotare il definitivo (Messineo, 1962, 172; Chianale, 280). La capacità delle parti deve sussistere al momento della stipulazione del preliminare; e così le eventuali autorizzazioni o integrazioni di volontà (Chianale, 280). Quando assume il ruolo di condizione e non di requisito di validità del negozio, l'autorizzazione non è requisito necessario del preliminare, come accade nel caso di autorizzazione all'acquisto immobiliare delle persone giuridiche (Gabrielli-Franceschelli, 8). I requisiti di possibilità, liceità e determinatezza o determinabilità dell'oggetto del contratto devono essere riferiti al definitivo (Chianale, 280). Ai fini della validità del preliminare non è indispensabile la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto, risultando sufficiente l'accordo delle parti su quelli essenziali. Pertanto è sufficiente che dall'atto risulti, anche attraverso il riferimento ad elementi esterni, ma idonei a consentirne l'identificazione in modo inequivoco, che le parti abbiano inteso fare riferimento ad un bene determinato o comunque determinabile, la cui indicazione pertanto, attraverso gli ordinari elementi identificativi richiesti per il definitivo, può anche essere incompleta o mancare del tutto, purché l'intervenuta convergenza delle volontà sia anche aliunde o per relationem logicamente ricostruibile (Cass. n. 5536/2024; Cass. n. 26351/2020; Cass. n. 1626/2020; Cass. n. 11297/2018; Cass. n. 2473/2013; Cass. n. 8810/2003; Cass. n. 7935/1997; Cass. n. 6570/1991). È però nullo il preliminare il cui oggetto sia del tutto indeterminato o comunque indeterminabile (Cass. n. 26988/2013). È consentito rimettere al definitivo la determinazione di elementi accessori (Cass. n. 6570/1991). Nondimeno l'inserimento di elementi accessori deve avvenire con il consenso delle parti, sicché è legittimo il rifiuto di stipulare il definitivo contenente elementi non concordati nel preliminare (Cass. n. 1818/1984). È stato considerato valido il preliminare con il quale il rappresentante legale si obbliga a vendere il bene dell'incapace a condizione di ottenere la prescritta autorizzazione giudiziale (Cass. n. 3631/1982). È necessario che il tipo sociale sia già individuato nel preliminare di contratto di società (Cass. 3389/1985) ovvero che sia determinabile (Cass. n. 47/1981). Vi è contrasto sulle conseguenze della mancata determinazione del termine di conclusione del definitivo: secondo un primo orientamento, in caso di mancato accordo tra le parti, il termine entro cui il definitivo deve essere stipulato deve essere fissato dal giudice e nella domanda di esecuzione in forma specifica deve ritenersi implicita la richiesta di fissazione del termine (Cass. n. 14023/2014; Cass. n. 22112/2006); ciò accadrebbe anche quando la determinazione del termine sia stata rimessa ad una sola delle parti e questa non vi provveda (Cass. n. 15587/2001); secondo altro orientamento vige la regola dell'immediata esigibilità della prestazione per il caso della mancata determinazione del tempo di stipulazione del definitivo (Cass. n. 11371/2010; Cass. n. 9086/1992); in base ad un terzo divisamento l'esigibilità immediata opererà solo in difetto di un termine convenzionale o della fissazione di un termine giudiziale (Cass. n. 14463/2011; Cass. n. 1642/1989). La forma La norma esige espressamente che il contratto preliminare abbia la stessa forma prescritta per il definitivo. Si afferma in proposito che la forma prescritta per il preliminare sia per relationem. La spiegazione di tale prescrizione è stata ricondotta alla circostanza che, attraverso l'intervento mediato della sentenza costitutiva, il preliminare può dare luogo agli effetti del definitivo, eludendo la stipulazione del definitivo, sicché deve a monte rivestire lo stesso vincolo formale (Bianca, 277). In base ad altra ricostruzione la prescrizione sulla forma si giustifica piuttosto alla stregua della natura strumentale del preliminare, quale contratto perfetto da cui scaturiscono precisi obblighi, diretti alla conclusione del definitivo, sicché in vista del fine perseguito dovrà rivestire la stessa forma richiesta per il contratto definitivo che ne rappresenta la ragione giustificativa, a pena di invalidità (Palermo, 166; Rascio, 193). La previsione si riferisce alla forma ad substantiam; infatti il difetto di forma del preliminare importa la nullità del preliminare stesso. La nullità del contratto preliminare per vizio di forma può integrare un'ipotesi di responsabilità precontrattuale, con il conseguente risarcimento dei danni a carico della parte che, conoscendo o dovendo conoscere il vizio, non ne abbia avvertito la controparte (Messineo, 1962, 173). In senso diverso si è sostenuta la validità del preliminare amorfo, che tuttavia, nel caso di inadempimento all'obbligo di stipulazione del definitivo, non sarebbe assistito dalla tutela specifica di cui all'art. 2932 ma giustificherebbe esclusivamente una pretesa risarcitoria (Montesano, 100). La previsione sul vincolo di forma del preliminare è inderogabile. Si è sostenuto che il preliminare debba rivestire la stessa forma del definitivo anche quando la forma per il definitivo sia richiesta ad probationem (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 684; contra Messineo, 1962, 173; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 447). Altro autore ritiene che la prescrizione sul vincolo di forma del preliminare operi anche quando la forma richiesta per il definitivo sia frutto di un accordo tra le parti, ossia si tratti di forma convenzionale (Gabrielli-Franceschelli, 8). La forma richiesta per il definitivo a pena di nullità si estende non solo al preliminare ma anche alla risoluzione consensuale del preliminare e al recesso (Rascio, 197; contra Palermo, 175). La S.C. esclude che il vincolo di forma relativo al preliminare operi quando la forma del definitivo sia imposta in via convenzionale, sicché in tal caso il preliminare potrà essere stipulato a forma libera (Cass. n. 3980/1981, in Giust. civ., 1982, 1, I, 202, con note di Morelli e Triola). Il vincolo di forma si estende alla risoluzione consensuale del preliminare di cui sia richiesta la forma scritta (Cass. n. 18875/2024; Cass. n. 13290/2015; Cass. n. 11939/1997; Cass. n. 5454/1990; Cass. n. 7047/1983; Cass. n. 527/1967; Cass. n. 945/1961) e al recesso (Cass. n. 14730/2000; Cass. n. 5059/1986; Cass. n. 267/1976). In ragione della sostanziale equiparabilità al preliminare si è ritenuto che il vincolo di forma stabilito dall'art. 1351 si estenda al negozio fiduciario, rientrante nella categoria più generale dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta, bensì indiretta, sicché l'intestazione fiduciaria di un bene, implicante un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, soggiace alla forma scritta ove tale patto abbia ad oggetto beni immobili (Cass. n. 10163/2011; Cass. n. 7274/2005; Cass. n. 9489/2000). Il rapporto tra preliminare e definitivoLa qualificazione del contratto come preliminare o definitivo deve avvenire in ragione dell'interpretazione della volontà contrattuale. La relativa indagine, più che accentrarsi sugli aspetti formali del testo negoziale, deve mirare a stabilire se l'effetto negoziale finale sia immediato ovvero sia posposto o differito alla stipula di altro contratto (Bianca, 187). Si tratta di preliminare ad effetti anticipati quando la consegna del bene e/o il pagamento del prezzo avvengano in ragione della stipula del preliminare e prima della conclusione del definitivo, purché il definitivo non venga completamente svuotato di contenuto (Chianale, 283; Bianca, 189); pertanto è comunque necessario che l'effetto traslativo finale sia demandato al definitivo (Gabrielli, 170; contra_ Palermo, 135). In ragione della consegna anticipata del bene il promissario acquirente è un mero detentore e non un possessore, sicché non decorre il termine utile ad usucapire. Inoltre, per effetto della consegna anticipata del bene, possono essere esperite sin da tale momento le azioni edilizie a garanzia dei vizi, benché l'effetto traslativo sia demandato alla stipula del definitivo e non sia ancora certo (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 687). La regolamentazione del preliminare è superata dalla stipulazione del definitivo. Il contratto definitivo si pone come adempimento del preliminare, ovvero come atto dovuto (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 365); tuttavia conserva la sua natura di atto di autonomia negoziale delle parti (Chianale, 281). Pertanto la causa del definitivo è duplice, dovendo essere riferita sia al rapporto contrattuale sostanziale sia alla causa di adempimento del contratto preliminare (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 365; Sacco, in Tr. Vas. 1975, 687); altri attribuiscono prevalenza alla causa rappresentata dal rapporto sostanziale (Gabrielli, 214); in base ad ulteriore opinione prevarrebbe la causa solutoria (Mirabelli, in Comm. Utet,- 1984, 205). La qualificazione del contratto come preliminare o definitivo si risolve in un accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito, il quale nell'interpretazione del contratto, ove il dato letterale sia equivoco, può ricorrere al criterio di cui all'art. 1362, comma 2 (comune intenzione delle parti), assegnando rilievo anche all'avvenuta esecuzione delle prestazioni (Cass. n. 23142/2014; Cass. n. 3001/1982). Nondimeno nel contratto preliminare di vendita d'immobile, ancorché siano previsti la consegna del bene e il pagamento del prezzo prima della stipula del definitivo, non si verifica di per sé l'anticipazione di tutti gli effetti traslativi del definitivo, se il giudice del merito, ricostruendo la comune intenzione delle parti e valutando il loro comportamento anche successivo al contratto, accerti che trattasi di preliminare improprio, cioè con alcuni effetti anticipati, ma comunque senza effetto traslativo, in quanto la disponibilità del bene ha luogo nella piena consapevolezza dell'altruità della cosa (Cass. n. 12634/2011; Cass. n. 12583/1995; Cass. n. 2916/1990; Cass. n. 3931/1983). Né al predetto fine sono decisive, anche se non irrilevanti, le espressioni letterali usate dalle parti, specie quando lo scritto sia stilato da persone non esperte del diritto, che spesso adoperano le denominazioni “contratto” e “compromesso” non in funzione del contenuto dell'atto ma della solennità della sua forma; al contempo non è decisiva la previsione della riproduzione in atto pubblico della scrittura privata, che può essere stata considerata in funzione della trascrizione e non del trasferimento (Cass. n. 21650/2019 ; Cass. n. 13827/2000; Cass. n. 5962/1988; Cass. n. 3733/1985; Cass. n. 3931/1983). Il solo fatto che sia usata l'espressione “prometto di vendere”, quale intitolazione del contratto, non è incompatibile con la volontà di concludere un definitivo (Cass. n. 3058/1986; Cass. n. 2204/1984). Ove le parti abbiano già voluto il conseguimento degli effetti finali, e si obblighino solo alla stesura del contratto nelle forme dell'atto pubblico, non si è in presenza di un preliminare ma di un contratto ad efficacia traslativa immediata, in cui l'obbligo previsto concerne il solo aspetto riproduttivo; ne consegue sul piano processuale l'ammissibilità della modifica nella memoria ex art. 183 c.p.c. dell'originaria domanda formulata ex art. 2932 con quella di accertamento dell'avvenuto effetto traslativo (Cass. S.U., n. 12310/2015). Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un'anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull'esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Pertanto la relazione con la cosa da parte del promissario acquirente è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem, salva la dimostrazione di un'intervenuta interversio possessionis (Cass. n. 5211/2016; Cass. S.U., n. 7930/2008). Il promissario acquirente può esperire l'azione di accertamento dell'esistenza dei vizi, chiedendo l'eliminazione degli stessi in forma specifica ovvero per equivalente, ossia attraverso la riduzione del prezzo, contestualmente alla domanda di esecuzione in forma specifica (Cass. n. 1562/2010; Cass. n. 3383/2007; Cass. n. 12323/2001; Cass. n. 15958/2000; Cass. n. 9991/1994; Cass. S.U., n. 1720/1985; contra Cass. n. 16969/2005). Qualora le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, concludano in seguito il contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del primo, in quanto il contratto preliminare resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che i contraenti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva (Cass. n. 12090/2024; Cass. n. 30735/2017; Cass. n. 233/2007; Cass. n. 8515/2003; Cass. n. 2824/2003; Cass. n. 16952/2002; Cass. n. 13267/2001; Cass. n. 7206/1999). La presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova — la quale deve risultare da atto scritto, ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili — di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni contenute nel preliminare sopravvivono, dovendo tale prova essere data da chi chieda l'adempimento di detto distinto accordo (Cass. n. 9063/2012). In ragione della c.d. elasticità del preliminare è consentito alle parti stabilire di comune accordo condizioni diverse nel definitivo (Cass. n. 5635/2002; Cass. n. 6402/1994; Cass. n. 989/1972). L'invaliditàQuando il vizio che inficia il contratto preliminare si ripresenta nel contratto definitivo, sarà direttamente impugnabile quest'ultimo, restando preclusa, all'esito della pronuncia di invalidità del preliminare, la possibilità di chiedere l'esecuzione in forma specifica del preliminare (Gabrielli-Franceschelli, 6; Rascio, 178). In ragione del rapporto di strumentalità che lega i due contratti, tanto da ipotizzare che la loro concatenazione giustifichi l'integrazione di un procedimento negoziale, i vizi di nullità del preliminare si trasmettono al definitivo ovvero sono comuni, cosicché l'illiceità della causa o dell'oggetto di uno importa illiceità della causa o dell'oggetto dell'altro, e altrettanto dicasi per i vizi che incidono sull'annullabilità del contratto (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 439). Con riferimento al vizio di forma del preliminare che non si ripresenta nel definitivo le soluzioni offerte dipendono dalla lettura della causa che si intende dare del definitivo: ove si ritenga prevalente la causa propria del definitivo, ossia inerente al rapporto sostanziale che esso genera (causa venditionis), tale vizio non si trasmette al definitivo, che sarà pienamente valido in quanto osserva il vincolo di forma prescritto dalla legge (Gabrielli, 236; Gabrielli-Franceschelli, 6; Chianale, 281); ove si ritenga prevalente la causa solutoria (causa solutionis), il vizio di forma del preliminare si trasmette al definitivo, benché questo rispetti il vincolo di forma, che sarà dunque invalido al pari del preliminare (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 206; Rascio, 183); ove si aderisca alla tesi che il definitivo è caratterizzato da una doppia causa, ugualmente prevarrà l'invalidità del preliminare, che si comunicherà al definitivo. Così si è ritenuto che sia nullo il definitivo stipulato nell'erroneo convincimento di dover dare esecuzione ad un preliminare, in realtà nullo (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 688); secondo altra tesi tale definitivo sarebbe annullabile per errore di diritto (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 439). Ma ove l'error iuris fosse inteso restrittivamente come errore sull'esistenza o sul significato di una norma, l'erroneo convincimento sull'esistenza di un obbligo a contrarre dovrebbe essere qualificato come mero errore di fatto. Con riferimento alle cause di annullabilità, si reputa che, qualora si tratti di annullabilità per vizi del consenso che riguardano il solo definitivo, ma non il preliminare, la sussistenza di una doppia causa del definitivo, tra cui la causa solutoria, renderebbe irrilevanti tali vizi afferenti al solo definitivo, tanto più che in luogo del definitivo affetto da vizi sarebbe stato possibile produrre i medesimi effetti mediante esecuzione in forma specifica del preliminare valido, perché non affetto da vizi della volontà (Sacco-De Nova, in Tr. Res. 1999, 365; Sacco, in Tr. Vas. 1975, 689); altro autore sostiene la medesima conclusione alla condizione che il definitivo affetto dai vizi riproduca gli stessi impegni già cristallizzati nel preliminare (Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 207). La stessa soluzione è stata affermata con riferimento al vizio di incapacità legale o naturale di una delle parti che riguardi il solo definitivo, ritenendosi all'uopo determinante la sussistenza della capacità legale e della capacità naturale al tempo dell'assunzione dell'obbligo di contrarre, ossia al momento della stipula del preliminare, cosicché il definitivo sarebbe comunque valido, anche per effetto dell'applicazione analogica dell'art. 1191 (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 205); in senso contrario altri autori su tale specifico punto rilevano che il vizio di incapacità legale o naturale del contraente al momento della stipula del definitivo ne importi comunque l'annullabilità (Messineo, 1962, 187; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 441). Qualora si ritenga prevalente il profilo causale proprio del contratto definitivo, si rileva che i vizi del consenso o l'incapacità legale o naturale che riguardano il definitivo determinano l'annullabilità del contratto, salvo che non si dimostri in concreto che le cause di annullabilità non avrebbero potuto comunque dar luogo al rifiuto di stipulare il definitivo, sicché difetterebbe l'interesse ad agire della parte che chiede l'annullamento, la quale poi potrebbe essere convenuta in giudizio affinché sia ottenuta l'esecuzione in forma specifica (Gabrielli-Franceschelli, 5). Quando i vizi siano invece afferenti al preliminare, ove si ritenga che prevalga la causa propria del definitivo sulla causa solutoria, si esclude che i vizi che invalidano il preliminare abbiano influenza sul definitivo, cosicché non si potrà richiedere l'annullamento del definitivo per vizi del consenso o di incapacità all'atto della stipulazione del preliminare, né potrà essere richiesto l'annullamento del preliminare una volta stipulato il definitivo (Chianale, 282); per converso la soluzione opposta è affermata ove si reputi che la causa solutoria sia prevalente, salvo che il definitivo espressamente convalidi o confermi il contratto preliminare viziato (Mirabelli, in Comm. Utet , 1984, 207). Ove si ritenga che l'annullabilità del preliminare si comunichi al definitivo, all'esito della stipulazione di ciascuno dei due contratti decorreranno due autonomi termini di prescrizione per la proposizione dell'azione di annullamento (Rascio, 184). Altro autore osserva che chi induce a contrarre mediante violenza è improbabile che si accontenti di estorcere il consenso alla mera stipula di un preliminare, sicché non sarebbe in concreto verificabile l'ipotesi di un preliminare estorto con violenza, cui segua la stipula del definitivo; medesimo ragionamento potrebbe valere per il consenso carpito con dolo; con riguardo all'errore è probabile che perduri la medesima falsa rappresentazione presente all'atto della conclusione del preliminare sino alla stipula del definitivo, sicché il definitivo sarà autonomamente impugnabile, decorrendo il termine di prescrizione della relativa azione di annullamento dalla scoperta dell'errore (Gabrielli, 199). Non è nullo per contrarietà a norme imperative il preliminare di vendita di immobile irregolare dal punto di vista urbanistico, occorrendo fare riferimento alla persistenza dell'irregolarità al momento della produzione dell'effetto traslativo, ossia della stipula del definitivo (Cass. n. 6685/2019; Cass. n. 11653/2018; Cass. n. 21942/2017; n. Cass. n. 28456/2013 ; Cass. n. 2204/2013; Cass. n. 15734/2011; Cass. n. 13260/2009; in senso contrario Cass. n. 23591/2013). Qualora dopo la stipulazione di un preliminare di vendita di fondo agricolo questo venga incluso, in base a nuova disciplina urbanistica, in zona destinata all'edificazione, e ciò nonostante le parti provvedano alla conclusione del contratto definitivo, in conformità del preliminare, nell'erroneo convincimento della persistenza della destinazione agricola, la sopravvenienza di detta nuova disciplina è invocabile quale causa di annullamento del contratto definitivo per errore di diritto (Cass. n. 3734/1985, in Giust. civ.,- 1986, 3, I, 839, con nota di Costanza). La rescissioneAvverso il contratto preliminare può essere proposta l'azione di rescissione per stato di pericolo o per lesione, così come tali azioni possono essere avanzate verso il definitivo ove ne ricorrano i presupposti, in ragione della reciproca autonomia dei due accordi, con la conseguenza che il termine annuale per la proposizione di detta azione contro il definitivo decorre dalla stipula del definitivo stesso (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 443; contra_ Sacco, in Tr. Vas., 1975, 690). Secondo altra tesi la rescissione può essere esperita solo contro il preliminare poiché il difetto genetico parziale risale già al momento della formazione di tale autoregolamento di interessi (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 208). Ulteriore opinione afferma che le azioni di rescissione possono essere spiegate solo verso il definitivo poiché in questo momento le relative causali sono suscettibili di produrre effetti pregiudizievoli (Bianca, 188). Con riferimento alla decorrenza del termine annuale di prescrizione dell'azione di rescissione anche in giurisprudenza si sono registrati tre orientamenti: secondo il primo, qualora dopo il contratto preliminare venga stipulato il contratto definitivo, è dal momento della stipula di quest'ultimo contratto che inizia a decorrere il termine annuale di prescrizione dell'azione di rescissione, dato che solo da tale momento può verificarsi, almeno in senso giuridico, la lesione patrimoniale che giustifica l'azione di rescissione e dato che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (Cass. n. 480/1965); secondo altro orientamento il termine di prescrizione annuale comincia a decorrere sin dalla stipula del preliminare, sebbene il convenuto in giudizio per l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo può chiedere in via riconvenzionale la rescissione del contratto preliminare per lesione anche se dalla data di conclusione di questo sia già decorso il termine annuale di prescrizione, perché solo con l'azione giudiziale per l'esecuzione specifica sorge per detto convenuto in concreto la lesione (Cass. n. 15139/2000; Cass. n. 10666/1990; Cass. n. 5938/1980; Cass. n. 1526/1977, in Giust. civ., 1977, I, 1377, con nota di Costanza; Cass. n. 2151/1962); in forza di un terzo orientamento decorrono due autonomi termini di prescrizione, a fronte di due autonome azioni di rescissione, rispettivamente dalla conclusione del preliminare e dalla conclusione del definitivo, sia perché il fatto che le condizioni per proporre l'azione di rescissione sussistano fin dalla stipulazione del preliminare non esclude che le stesse possano permanere ed abbiano autonoma rilevanza nel momento della conclusione del contratto definitivo, sia perchè l'abuso dello stato di bisogno e la lesione si consumano ulteriormente in tale momento, in quanto solo con il negozio definitivo la parte danneggiata esegue la prestazione posta a suo carico (Cass. n. 2907/1980; Cass. n. 5458/1978; Cass. n. 3086/1975). La risoluzioneInoltre contro il preliminare può essere proposta l'azione di risoluzione per inadempimento, impossibilità sopravvenuta ed eccessiva onerosità. Le fattispecie dell'inadempimento, dell'impossibilità sopravvenuta e dell'eccessiva onerosità devono essere riferite alla prestazione oggetto del contratto definitivo (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 687; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 364). L'impossibilità sopravvenuta deve concernere l'unica prestazione cui le parti sono obbligate, ossia la prestazione della futura attività necessaria per la formazione del contratto definitivo. L'eccessiva onerosità invece dovrà avere ad oggetto l'avvenuto mutamento dell'equilibrio tra le prestazioni che costituiranno la materia del contratto definitivo (Rascio, 133; Sacco, in Tr. Vas., 1975, 688). Si ritiene in proposito che la possibilità di richiedere la risoluzione per eccessiva onerosità del preliminare si consuma non solo quando sia stipulato il definitivo ma anche quando siano anticipatamente eseguite le prestazioni che dovrebbero formare oggetto di quest'ultimo (Chianale, 285). Non può invece essere proposta contro il preliminare l'azione revocatoria, poiché solo il definitivo produce il trasferimento del bene e dunque la lesione del patrimonio dei creditori dell'alienante (Gabrielli, 208; Bianca, 191). La S.C. ammette che la domanda di risoluzione, per qualsiasi causa, possa essere proposta contro il preliminare in vista del futuro assetto di interessi che si potrà determinare con il definitivo (Cass. n. 30594/2017; Cass. n. 19659/2014; Cass. n. 23162/2013). Ove si tratti di preliminare di vendita di cosa gravata da garanzie reali o altri vincoli non dichiarati dal venditore e ignorati dal compratore, la domanda giudiziale di risoluzione, in deroga alla disposizione dell'art. 1453, comma 3, non ha l'effetto immediato di precludere alla parte inadempiente la possibilità di adempiere la propria obbligazione, cioè di liberare la cosa dal vincolo, sicché ove il promittente venditore liberi tempestivamente la cosa venduta dal vincolo deve ritenersi consentito al compratore di domandare l'adempimento del preliminare di vendita in luogo della risoluzione di esso (Cass. n. 16388/2015; Cass. n. 23956/2013). La pronuncia di risoluzione per inadempimento di un preliminare ha natura costitutiva, sicché nei confronti dei terzi produce effetti solo dal momento del passaggio in giudicato (Cass. n. 24958/2014). È ammessa altresì la proposizione dell'eccezione di inadempimento già all'esito della stipulazione del preliminare ove gli effetti del definitivo siano anticipati (Cass. n. 8196/1998). La risoluzione per impossibilità sopravvenuta è ipotizzabile anche per il contratto preliminare, con riferimento all'unica prestazione cui le parti risultano obbligate, ossia la prestazione della futura attività necessaria per la formazione del contratto definitivo (Cass. n. 167/1976). La clausola del preliminare di compravendita di un immobile, con la quale le parti escludano la risoluzione per colpa del promittente alienante pure in caso di insanabilità urbanistica del bene, non vale di per sé a rendere aleatorio il contratto, il cui scopo comune è in ogni caso volto al trasferimento della proprietà, precludendo comunque l'abusività della costruzione, dovuta al mancato rilascio della concessione, la stipula del definitivo per impossibilità sopravvenuta, stante il divieto normativo di commerciabilità del bene (Cass. n. 5033/2013; Cass. n. 5512/1984). La risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta è ipotizzabile anche per il contratto preliminare in relazione alle prestazioni che le parti hanno previsto quale contenuto del contratto definitivo; essa va valutata comparando il valore di entrambe al momento in cui sono sorte e a quello in cui devono eseguirsi, mentre la prescrizione della relativa azione decorre dal momento in cui si verifica la sperequazione (Cass. n. 5302/1998; Cass. n. 1559/1995; Cass. n. 4554/1989); se le obbligazioni sinallagmatiche del contratto definitivo di compravendita — pagamento del prezzo e consegna del bene — sono state anticipate al momento della stipula del contratto preliminare, non può chiedersi la risoluzione di questo per eccessiva onerosità sopravvenuta, poiché questa norma non è applicabile se l'alterazione dell'equilibrio patrimoniale delle predette prestazioni è successivo al loro adempimento (Cass. n. 5349/1997); essa non può essere invocata ed opposta dal contraente inadempiente con riferimento ad avvenimenti imprevedibili e straordinari verificatisi successivamente alla sua costituzione in mora, in quanto, essendo posto a carico della parte inadempiente il rischio della sopravvenuta impossibilità della prestazione, deve ritenersi a fortiori che sia a carico della stessa parte la sopravvenienza della eccessiva onerosità, la quale, rispetto all'ipotesi dell'impossibilità della prestazione, costituisce una situazione meno grave (Cass. n. 6582/1984). L'equa modificazione può riguardare anche il preliminare (Cass. n. 247/1992; Cass. n. 275/1984). L'azione pauliana è inammissibile contro il preliminare di vendita immobiliare, non essendo quest'ultimo atto idoneo a produrre l'effetto traslativo (Cass. n. 15215/2018). L'esecuzione in forma specificaQualora una delle parti non rispetti l'obbligo di concludere il definitivo, l'altra parte potrà agire in giudizio per chiedere l'esecuzione in forma specifica, ossia una sentenza costitutiva che produca gli effetti del contratto non concluso, ai sensi dell'art. 2932, quando ciò non sia escluso dal titolo e quando l'esecuzione specifica sia possibile. La parte che agisce in giudizio contestualmente alla domanda deve eseguire oppure offrire la controprestazione cui è tenuta e, qualora essa sia illiquida, il giudice provvederà a liquidarla, su domanda anche in via preventiva (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 366). La sentenza è vincolata al contenuto del preliminare (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 366). Il giudice adito con l'azione ex art. 2932 non deve limitarsi ad una meccanica trasposizione del preliminare, poiché é tenuto ad accertare l'effettiva volontà delle parti in ordine all'esatta identificazione dell'oggetto che, se non esattamente individuato, deve essere individuabile anche con elementi acquisiti aliunde a mezzo di atti e documenti collegati a quello oggetto di valutazione (Cass. n. 25725/2014). Nel caso in cui la prestazione sia dovuta contestualmente alla stipula del definitivo la produzione degli effetti della sentenza è sospensivamente condizionata alla corresponsione della prestazione da parte dell'attore (Cass. n. 4823/1984). Ricorre un'ipotesi di impossibilità di ottenere la sentenza costitutiva di trasferimento coattivo nel caso di preliminare di vendita di un bene immobile concluso da uno solo dei comproprietari pro indiviso, anche se limitatamente alla quota appartenente allo stipulante, non essendo consentito in via giudiziale costituire un rapporto giuridico diverso da quello voluto dalle parti con il preliminare (Cass. n. 21286/2014; Cass. n. 6308/2008). BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Chianale, voce Contratto preliminare, in Dig. civ., Torino, 1989; Gabrielli, Il contratto preliminare, Milano, 1970; Gabrielli-Franceschelli, voce Contratto preliminare, in Enc. giur., Roma, 1988; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993; Giorgianni, voce Forma degli atti (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1968; Liserre, Forma degli atti, in Enc. giur., Roma, 1989; Messineo, voce Contratto (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1961; Messineo, Contratto preliminare, contratto preparatorio e contratto di coordinamento, in Enc. dir., Milano, 1962; Montesano, Contratto preliminare e sentenza costitutiva, Napoli, 1953; Osti, voce Contratto, in Nss. D.I., Torino, 1959; Palermo, Contratto preliminare, Padova, 1991; Rascio, Il contratto preliminare, Napoli, 1967; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985. |