Codice Civile art. 1355 - Condizione meramente potestativa.

Cesare Trapuzzano

Condizione meramente potestativa.

[I]. È nulla l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell'alienante o, rispettivamente, da quella del debitore [645].

Inquadramento

La norma trova applicazione non solo quando l'assunzione di un'obbligazione sia rimessa alla mera volontà del debitore, ma anche quando l'efficacia globale di un negozio a prestazioni corrispettive dipenda unicamente dalla mera volontà della parte che ne tragga il vantaggio principale (Pelosi, 296; contra Natoli, Della condizione, in Comm. D'A.F., 1989, 443). Isolata è la tesi secondo cui la norma sarebbe applicabile esclusivamente ai contratti in cui una sola parte si obblighi senza corrispettivo, ai contratti onerosi, allorché sia condizionata una sola obbligazione e non l'intero contratto, e ai negozi unilaterali, poiché solo in questi casi l'obbligato sotto condizione non avrebbe alcun interesse circa il verificarsi degli effetti del contratto (De Martini, Rassegna di giurisprudenza sul codice civile, IV, II, Milano, 1956, 309).

La S.C. ha affermato che la disciplina dell'art. 1355 trova applicazione anche nell'ipotesi in cui l'efficacia globale di un contratto a prestazioni corrispettive dipenda esclusivamente dalla mera volontà della parte che ne tragga il vantaggio principale (Cass. n. 5099/1988).

La condizione potestativa semplice e meramente potestativa

In base alle ricostruzioni della dottrina la condizione meramente potestativa attribuisce alla parte un diretto potere sull'efficacia o sull'inefficacia del contratto mentre la condizione potestativa semplice tutela l'interesse della parte a decidere una propria azione e non l'interesse a decidere in ordine al contratto (Maiorca, 298; Bianca, 519); quale variante di tale discriminazione altro autore ha concentrato la distinzione sull'inerenza degli interessi ai quali la volontà della parte si riferisce al piano interno o esterno al contratto: nel primo caso si avrà condizione meramente potestativa, nel secondo condizione potestativa semplice (Pelosi, 288). Nella condizione potestativa la determinazione volitiva è legata a criteri obiettivi, quali possono essere le regole di comune correttezza, di correttezza professionale, di equità, ragionevolezza ecc., controllabili dall'altra parte e ai quali la parte deve adeguarsi; nella condizione meramente potestativa l'evento è un puro e semplice fatto volontario di una parte che tuttavia non deve essere in contraddizione con la dichiarazione negoziale stessa (Maiorca, 299). In ragione di altra impostazione, quando l'evento condizionante consiste in un fatto umano del tutto arbitrario che non comporta nessun impegno per il soggetto, né ha alcuna rilevanza sul piano dei suoi stessi interessi, è integrata una condizione meramente potestativa; mentre quando il fatto rientra in una scelta discrezionale del soggetto, ma oggettivamente seria, che comporta un impegno e un'incidenza effettiva sul piano dei suoi personali interessi, si ha una condizione potestativa semplice (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 763; Rescigno, 795). Un'opinione più risalente nel tempo, ormai superata, riteneva che la condizione si volam si risolvesse non in un negozio perfezionato, sottoposto per l'efficacia all'evento volontario, bensì in un negozio che si perfeziona con l'esercizio di un'opzione; sicché la menzione del debitore e dell'alienante non avrebbe dovuto essere intesa letteralmente, ma con riferimento alle parti contraenti in genere; tale figura sarebbe stata inoltre pienamente ammissibile (Villani, Condizione unilaterale e vincolo contrattuale, in Riv. dir. civ., 1975, I, 557); nella stessa prospettiva altri parlava di negozio ritardato (Bonfante, L'opzione nei contratti di vendita, in Riv. dir. comm., 1930, I, 129). Anche secondo un filone della dottrina più recente la condizione meramente potestativa non rientrerebbe nella categoria delle condizioni (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 269).

Secondo la S.C. la condizione è meramente potestativa quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l'assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica potestativa quando l'evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l'interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all'esclusivo apprezzamento dell'interessato (Cass. n. 30143/2019Cass. n. 18239/2014; Cass. n. 11774/2007; Cass. n. 728/2006; Cass. n. 8390/2000). La clausola apposta ad un preliminare di vendita, la quale preveda la risoluzione del rapporto per il caso in cui venga a mancare, entro un termine prefissato, la stipulazione per atto pubblico del contratto definitivo, costituisce non una condizione sospensiva meramente potestativa, dipendente dall'arbitrio del debitore e tale da rendere nulla l'obbligazione, ma una condizione risolutiva potestativa semplice, in quanto ricollegabile a un fatto volontario connesso a seri ed apprezzabili motivi, e pertanto è compatibile con la promessa di vendita e non ne invalida le relative obbligazioni (Cass. n. 126/1978). Invece la clausola che prevede la risoluzione del preliminare di vendita immobiliare in caso di mancata approvazione del progetto di lottizzazione deve essere qualificata come condizione risolutiva e non come condizione potestativa unilaterale, poiché non implica il riconoscimento di un diritto potestativo in capo al contraente (Cass. n. 9550/2018). É stata ravvisata  una condizione potestativa semplice nella clausola che subordinava il pagamento del compenso pattuito per la redazione del progetto di un edificio all'acquisto, da parte del committente, dell'area sulla quale avrebbe dovuto essere eseguita l'opera (Cass. n. 1747/1980). Ed ancora si ha una condizione potestativa semplice o impropria, ove sia prevista la clausola con la quale una parte (nella specie società di professionisti forensi organizzati in studio di consulenza ed assistenza legale), obbligata contro pagamento di un premio annuale a prestare all'altra assistenza e consulenza tecnica legale nelle controversie di responsabilità civile, riservi al proprio giudizio insindacabile la valutazione della procedibilità o defendibilità della causa, giacché il giudizio dell'obbligato è pur sempre in relazione ad obbiettive circostanze di fatto e ragioni di legge, la valutazione delle quali, intesa ad una giusta e ragionevole delimitazione del rischio e degli obblighi relativi, non può non obbedire anch'essa al principio della buona fede (Cass. n. 2570/1954). In caso di condizione sospensiva potestativa semplice l'adempimento della condotta determinativa del fatto è elemento costitutivo della fattispecie negoziale attributiva del diritto, con la conseguenza che l'onere di provare l'avveramento dell'evento condizionante grava su colui che intende far valere quel diritto (Cass. n. 25597/2016).

La condizione meramente potestativa sospensiva

Ove la condizione meramente potestativa sia sospensiva, la disposizione in commento prevede che l'alienazione del diritto o l'assunzione di un obbligo, rimesse alla mera volontà rispettivamente dell'alienante o del debitore, sono invalide. La giustificazione della nullità del negozio è evidente; un impegno dell'alienante o del debitore condizionato al suo mero capriccio è un non senso, è come se non esistesse, come se non fosse mai stato preso (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 763). In questa evenienza la condizione è viziata in se stessa e vizia l'intero negozio, ossia vitiatur et vitiat (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 763). In senso contrario altra tesi sostiene che la norma sancisce la nullità dell'alienazione del diritto o dell'assunzione dell'obbligo, non dell'intero contratto, che potrà eventualmente conseguire ai sensi dell'art. 1419 (Maiorca, 304). Quest'ultima delimitazione varrebbe però per la sola ipotesi in cui il medesimo contratto contenga altre disposizioni oltre all'alienazione del diritto o all'assunzione dell'obbligo.

Secondo la giurisprudenza è nulla risolvendosi in una condizione meramente potestativa, tale da far venir meno l'efficacia vincolante dell'intero contratto, la clausola del contratto di agenzia con la quale il proponente si riservi in ogni momento la possibilità, previa comunicazione, di trattare direttamente alcuni clienti (non previamente individuati), così escludendo ogni diritto dell'agente, in quanto l'applicazione di detta clausola svuoterebbe di significato il contratto, consentendo al preponente la possibilità di sottrarre all'agente un numero indefinito di clienti — anche tutti — senza riconoscergli diritto a provvigioni o tenere in alcun conto le spese sostenute e le attività svolte per organizzare una sempre più estesa rete di clienti (Cass. n. 4504/1997).

La condizione meramente potestativa risolutiva

Il legislatore non prende in considerazione l'ipotesi in cui al contratto sia apposta una condizione meramente potestativa di natura risolutiva. Dal fatto che è espressamente regolata la sola ipotesi in cui sia apposta una condizione meramente potestativa di natura sospensiva, di cui è sancita l'invalidità, si desume a contrario che la condizione meramente potestativa invalida il negozio cui inerisce soltanto quando ha effetto sospensivo, ma non anche quando ha effetto risolutivo (Falzea, 8; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 763). E ciò perché in questa evenienza il negozio produce immediatamente i suoi effetti, i quali potranno essere caducati per accordo tra le parti in ragione della mera volontà espressa da una di esse. Si sostiene al riguardo che non si rinviene una vera e propria clausola condizionale, piuttosto si riscontra una clausola con la quale è attribuita ad una delle parti una facoltà di recesso unilaterale, ammissibile sempre che non sia incompatibile con la causa del contratto (Bianca, 701; Carresi, in Tr. C. M., 1987, 268; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 237). Per un'assimilazione alla fattispecie della vendita con patto di riscatto si è espressa anche altra dottrina (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 763). Altro autore ha ritenuto che si tratti di una facoltà di scioglimento del contratto per mutuo consenso anticipato (Messineo, 178). Una diversa opinione sostiene che la condizione risolutiva meramente potestativa sarebbe nulla; l'invalidità colpisce la sola condizione e non l'intero negozio, che rimane immediatamente definitivo, ossia vitiatur sed non vitiat (Rescigno, 796; Barbero, 1103). In base ad altra opinione la clausola risolutiva meramente potestativa sarebbe affetta da invalidità che determina la nullità dell'intero negozio, ossia vitiatur et vitiat (Santoro Passarelli, 199). Ad avviso della S.C. la condizione meramente potestativa risolutiva non rientra nella previsione di nullità di cui all'art. 1355, sicché essa è pienamente valida, essendo la nullità comminata per la condizione meramente potestativa sospensiva (Cass. n. 9879/2018; Cass. n. 9840/1999; Cass.  n. 5631/1985; Cass.  n. 6107/1981). La clausola che accordi ad entrambi i contraenti di una compravendita il potere di far venir meno gli effetti del contratto non può essere ricondotta nell'ambito del patto di riscatto, contemplato dall'art. 1500 con riferimento soltanto al venditore, ma può integrare, sulla base dell'individuazione dell'effettiva volontà degli stipulanti, una condizione risolutiva potestativa (non rientrante nella previsione di nullità di cui all'art. 1355, inerente alla condizione meramente potestativa di tipo sospensivo), ovvero un patto di recesso ai sensi dell'art. 1373, considerando che il primo comma di tale ultima norma, ove esclude il recesso dopo l'esecuzione del contratto, è suscettibile di deroga convenzionale (Cass. n. 812/1992). La differenza fra il recesso dal contratto e la condizione potestativa risolutiva, la cui validità si desume dall'art. 1355, consiste nell'effetto retroattivo di quest'ultima rispetto a quello del recesso. Deve pertanto ravvisarsi l'ipotesi della condizione risolutiva potestativa solo se risulti che la caducazione dell'efficacia di un contratto sia stata accettata al momento della pattuizione da entrambe le parti con efficacia  ex tunc (Cass. n. 2504/1974). 

Bibliografia

Barbero, Condizione, in Nss. D.I., Torino, 1957; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Falzea, voce Condizione (diritto civile), in Enc. giur., Roma, 1988; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993; Maiorca, voce Condizione, in Dig. civ. 1988;Messineo, Il contratto in genere, Milano, 1968; Osti, voce Contratto, in Nss. D.I., Torino, 1959; Pelosi, La proprietà risolubile nella teoria del negozio condizionato, Milano, 1975; Rescigno, voce Condizione, in Enc. dir., Milano, 1961; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Tatarano, «Incertezza», autonomia privata e modello condizionale, Napoli, 1976.

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