Codice Civile art. 1387 - Fonti della rappresentanza.

Cesare Trapuzzano

Fonti della rappresentanza.

[I]. Il potere di rappresentanza è conferito dalla legge [48, 320, 357, 360, 424, 643; 78 c.p.c.] ovvero dall'interessato [1392].

Inquadramento

La norma individua le fonti del potere rappresentativo: la legge e la volontà dell'interessato. Secondo un primo orientamento le divergenze che ricorrono tra le due ipotesi di rappresentanza, legale o necessaria e volontaria, sono così radicali da pregiudicare l'unitarietà dell'istituto, sicché le due figure di rappresentanza costituiscono categorie giuridiche autonome (Santoro Passarelli, 275; Mosco, 11; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 357). Infatti la rappresentanza volontaria costituisce uno strumento di ampliamento della sfera di attività giuridica e soddisfa l'esigenza che un soggetto si faccia sostituire da altri nell'attività giuridica; per converso la rappresentanza legale trova fondamento nell'interesse per il quale l'ufficio di diritto privato è previsto dalla legge e si caratterizza come necessaria, essendo l'unico strumento che evita la paralisi dell'attività giuridica dell'incapace (Bianca, 80; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 560; De Nova, in Tr. Res. 1988, 406). Sicché la rappresentanza legale solamente in senso improprio può essere ricondotta all'istituto della rappresentanza, dipendendo il potere del rappresentante non già da un potere di agire derivato dal rappresentato bensì da un potere proprio dell'agente, che trova la sua fonte nella legge e in virtù del quale agisce indipendentemente dalla volontà del rappresentato. In tali ipotesi la legge tutela un interesse superiore, che solo può giustificare l'invasione dell'altrui sfera giuridica (Santoro Passarelli, 276). Nondimeno nei limiti della compatibilità sono applicabili anche alla rappresentanza legale alcune norme dedicate alla rappresentanza volontaria, come gli artt. 1399, nel senso che il contratto può essere ratificato dal vero rappresentante o dall'incapace stesso, una volta che sia cessata la sua incapacità, nonché gli artt. 1390 e 1391; sono invece inapplicabili le altre norme (De Nova, in Tr. Res. 1988, 406); per l'applicabilità anche dell'art. 1389, comma 2, si è espresso altro autore (Santoro Passarelli, 288); concordemente è stata negata l'applicabilità degli artt. 1392, 1394, 1395 (De Nova, in Tr. Res. 1988, 406; Santoro Passarelli, 288) e dell'art. 1396 (Natoli, 1977, 114). In base ad altro indirizzo le due fattispecie di rappresentanza, nonostante le rispettive differenze, rientrano comunque in un istituto unitario, del quale costituisce elemento qualificante la subordinazione della volontà del rappresentante all'interesse del rappresentato e la sostituzione nell'attività giuridica in nome altrui (Visintini, in Comm. S.B. 1993, 177; Pugliatti, 328; Scognamiglio, in Tr. G. S.-P. 1980, 66).

Le fonti del potere di rappresentanza hanno natura tassativa, sicché è inammissibile la subdelega del potere rappresentativo, sia sostanziale che processuale, da una società ad una persona fisica ad essa non legata da alcun rapporto organico, in assenza di esplicita autorizzazione in tal senso nell'originaria procura (App. Brescia 6 dicembre 1990).

Il rapporto di immedesimazione organica

Il rapporto di immedesimazione organica identifica la relazione che si instaura tra una persona giuridica e la persona fisica o le persone fisiche che agiscono per suo conto, compiendo i relativi atti giuridici; in questa prospettiva non solo gli effetti ma anche gli atti giuridici compiuti dall'organo deputato a tale attività sono imputati direttamente all'ente, poiché l'organo in realtà non è che una promanazione dell'ente stesso e non si distingue da esso. In base a questa ricostruzione tanto gli organi interni della persona giuridica quanto gli organi esterni svolgono un'attività che deve essere imputata direttamente all'ente, sicché il rapporto organico, che non si qualifica come un rapporto intersoggettivo, non dà origine allo sdoppiamento tipico della rappresentanza, per cui gli effetti dell'atto sono imputati all'ente, mentre l'atto come fattispecie all'organo (Santoro Passarelli, 273). Per converso, la persona giuridica agisce attraverso i suoi organi e risente nella sua sfera giuridica gli effetti di un'attività che è sua. Ne consegue che l'organo non assume la qualifica di rappresentante perché a differenza di quanto avviene nelle ipotesi di rappresentanza volontaria, esso non si distingue dal dominus. In conseguenza le norme in materia di rappresentanza volontaria non si applicano all'organo, se non in via residuale e nei limiti di compatibilità, salvo che l'organo non sia un vero e proprio rappresentante in virtù di procura conferita dall'ente per il compimento di uno o più atti (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 553). In senso contrario altra opinione sostiene che l'imputazione all'ente costituisce imputazione degli effetti e non delle dichiarazioni, che restano imputate alla persona fisica portatrice della qualifica soggettiva. Il potere di rappresentare gli enti compete agli organi esterni o rappresentativi, cioè a quegli organi che in virtù della disciplina dell'ente hanno il potere di compiere atti giuridici in nome e per conto dell'ente stesso. Questo rapporto non esclude anzi rende applicabili le norme dettate in materia di rappresentanza. Il rapporto di immedesimazione organica, atteso che l'amministratore è soggetto nettamente distinto dall'ente, può essere qualificato secondo lo schema della rappresentanza volontaria (Bianca, 79).

In giurisprudenza il rapporto di immedesimazione organica è considerato ben diverso da quello determinato dalla rappresentanza volontaria, che trova fondamento nell'intuitus fiduciae e nella personalità della prestazione (Cass. n. 4950/2012; Cass. n. 3079/2010). Tuttavia il rapporto organico che lega l'amministratore alla persona giuridica non esclude l'applicabilità delle norme in materia di rappresentanza negoziale, nei limiti della compatibilità. La norma che attribuisce direttamente effetto nei confronti del rappresentato al contratto che sia stato concluso in suo nome dal rappresentante si applica anche al caso di rappresentanza organica, purché vi sia la spendita del nome dell'ente (Cass. n. 3903/2000). Anche nella rappresentanza organica è escluso che un soggetto possa risentire delle conseguenze pregiudizievoli dell'operato altrui, qualora questo sia svolto fuori dei limiti consentiti (Cass. n. 7724/2000). Ed ancora anche nel rapporto di immedesimazione organica trova applicazione l'art. 1394, secondo cui il conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato, se conosciuto o conoscibile dal terzo, rende annullabile il contratto concluso dal rappresentante (Cass. n. 15981/2007; Cass. n. 19045/2005; Cass. n. 10749/1992).

La rappresentanza processuale

Le norme che regolano l'istituto della rappresentanza si riferiscono alla rappresentanza sostanziale, ossia al conferimento del potere rappresentativo in una dimensione prettamente negoziale. Dalla rappresentanza sostanziale si distingue la rappresentanza processuale, la quale individua una rappresentanza tecnica, esercitabile esclusivamente dall'avvocato iscritto nell'albo professionale, che ha per oggetto il compimento o il ricevimento di quegli atti attraverso i quali si attua il diritto di difesa, che sono definiti processuali perché attengono al processo. Dalla rappresentanza processuale si differenzia la rappresentanza sostanziale nel processo, ossia il conferimento del potere rappresentativo in ordine alla situazione sostanziale controversa, che consente al rappresentante di rilasciare procura ad litem per agire in giudizio ovvero di essere convenuto in giudizio per il rappresentato; essa opera con riferimento ai rapporti sostanziali prima ancora che sia instaurato il giudizio e nella prospettiva della gestione giudiziale della lite rimessa al rappresentante; nondimeno costituisce a tutti gli effetti un'esplicazione della rappresentanza sostanziale (Bianca, 78). Il rappresentante processuale non può quindi porre in essere atti dispositivi della pretesa controversa. Dubbio è l'inquadramento della rappresentanza processuale nella figura generale della rappresentanza. La soluzione negativa muove dall'assunto secondo cui il procuratore compie atti che la parte non potrebbe compiere. Nondimeno, secondo altra opinione comunque sul piano strutturale il conferimento del potere rappresentativo al difensore segue il modello della rappresentanza volontaria, poiché si fonda sul rilascio di una procura, con la conseguenza che devono trovare applicazione anche alla rappresentanza processuale le norme sulla rappresentanza volontaria (Bianca, 78).

Secondo la S.C. la rappresentanza processuale è conferita con l'atto di procura e ciò ne giustifica l'assimilazione con la rappresentanza volontaria (Cass. n. 11326/2004). Con riferimento alla rappresentanza sostanziale in prospettiva processuale la giurisprudenza ha puntualizzato che il potere di rappresentanza processuale, con la relativa facoltà di nomina dei difensori, può essere conferito soltanto a colui che sia investito anche di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio (Cass. n. 9893/2004; Cass. S.U., n. 4666/1998; Cass. S.U., n. 8681/1995).

La distinzione da altre figure

Non costituiscono ipotesi di rappresentanza alcune forme di cooperazione nell'attività giuridica altrui, come l'attività svolta dai lavoratori subordinati o autonomi, dove l'attività di cooperazione si manifesta nel compimento di atti materiali o che si esauriscono nella sfera giuridica dell'interessato; l'attività svolta da quei soggetti che intervengono nella fase che precede il compimento di un atto, cioè quelle ipotesi in cui la collaborazione abbia un valore meramente preparatorio (procacciatore d'affari, agente, mediatore); l'attività del pubblico ufficiale (notaio) che roga l'atto, in quanto esplica una mera funzione di accertamento, pur realizzando uno degli elementi essenziali del contratto; l'attività del curatore dell'emancipato o dell'inabilitato, la cui funzione è semplicemente quella di integrare la volontà dell'incapace nel compimento degli atti di straordinaria amministrazione (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 552). Non si rientra nella rappresentanza neppure nelle ipotesi relative al compimento di attività conservative dell'eredità, prima che il chiamato abbia accettato, in quanto in questa evenienza non è identificabile il soggetto che viene rappresentato, né nelle ipotesi di sostituzione, in cui ad un soggetto, per la tutela di un proprio diritto, è consentito esercitare quello di un altro soggetto nei confronti di un terzo (Natoli, 1987, 471).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, voce Procura (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1987; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; D'Amico, voce Rappresentanza, in Enc. giur., Roma, 1991; D'Avanzo, voce Rappresentanza, in Nss. D.I., Torino, 1967; Mosco, La rappresentanza volontaria nel diritto privato, Napoli, 1961; Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977; Natoli, voce Rappresentanza, in Enc. dir., Milano, 1987; Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Trabucchi, La rappresentanza, in Riv. dir. civ., Padova, 1978.

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