Codice Civile art. 1425 - Incapacità delle parti.

Cesare Trapuzzano

Incapacità delle parti.

[I]. Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrattare [2, 84, 85, 427, 1441 ss., 1471 nn. 2-3].

[II]. È parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall'articolo 428, il contratto stipulato da persona incapace d'intendere o di volere [1191].

Inquadramento

L'annullabilità identifica una forma di invalidità che assoggetta il contratto alla sanzione dell'inefficacia di applicazione giudiziale. Si ricade in una figura meno grave di invalidità; al riguardo si parla di invalidità relativa (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 838). Infatti diversamente dal contratto nullo il contratto annullabile produce provvisoriamente i suoi effetti, ma è suscettibile di essere reso inefficace mediante sentenza, che ha natura costitutiva (Bianca, 603; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 512). Si tratta di un rimedio giudiziale generale a tutela della parte che per incapacità o per vizio del volere non esprime un integro e consapevole consenso. Altri casi di annullabilità sono regolati specificamente in disposizioni separate. Questa categoria di invalidità tutela di regola un interesse particolare, ossia l'interesse della parte che si trova in posizione menomata a causa delle sue condizioni o della sua situazione individuale (Bianca, 603). Secondo altro autore la categoria dell'annullabilità è volta alla tutela di interessi disponibili di una parte del contratto, con la conseguenza che si ritiene opportuno far dipendere dalla sua iniziativa l'eliminazione del contratto medesimo (Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Milano, 1986, 271). Di norma spetta esclusivamente alla parte, nel cui interesse è prevista per legge, la facoltà di chiedere l'annullamento (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 839). Ciò non significa che le norme in materia di annullabilità siano almeno parzialmente derogabili o rinunciabili in via pattizia dai privati; comporta soltanto una diversità sul piano degli effetti negoziali, poiché mentre nel caso della nullità è normalmente irrilevante l'iniziativa delle parti diretta ad attribuire ugualmente efficacia all'atto di autonomia, nel caso di annullabilità la parte legittimata è normalmente arbitra della sorte degli effetti: questi ultimi infatti definitivamente si consolidano ovvero sono eliminati o comunque sono resi inoperanti, a seconda che il soggetto legittimato decida di convalidare l'atto e di dare ad esso esecuzione ovvero di chiederne l'annullamento o di rifiutarsi di eseguirlo; non è invece ammessa una rinuncia preventiva alla tutela che l'ordinamento offre inderogabilmente ai privati con la previsione dell'azione di annullamento (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 840).

Qualora la parte deduca un vizio del contratto che ne consenta soltanto l'annullamento, ma ciononostante abbia richiesto la dichiarazione di nullità, non viola il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato il giudice che pronunci l'annullamento, trattandosi di semplice adeguamento riduttivo della pronuncia al fatto accertato (Cass. n. 8366/2012; Cass. n. 15981/2007; Cass. n. 16708/2002; Cass. n. 11157/1996; Cass. n. 6139/1988; contra Cass. 8285/1999; Cass. n. 3356/1993).

L'annullabilità degli atti giuridici

La disciplina dettata per l'annullabilità si applica in linea di principio a tutti gli atti negoziali, compresi quelli unilaterali. Con riferimento agli atti giuridici in senso stretto si ritiene che l'impugnabilità possa essere ammessa, qualora tali atti siano suscettibili di cagionare effetti sfavorevoli per il loro autore o il loro destinatario; in mancanza di specifiche indicazioni legislative occorre accertare se sia da privilegiare l'esigenza di tutela dei soggetti interessati ovvero l'esigenza di certezza degli effetti giuridici dell'atto (Bianca, 605). In genere è ammessa la possibilità di impugnare gli atti giuridici in senso stretto posti in essere da un incapace legale. Secondo altra tesi tali atti, così come più in generale quelli di cui sia viziato l'elemento volitivo, non sarebbero annullabili, bensì privi di qualunque effetto, come se fossero insussistenti (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 524).

L'incapacità legale

Il contratto è annullabile ove una delle parti sia legalmente incapace di agire. Tale ipotesi di annullabilità si fonda sulla mancanza di attitudine dell'individuo alla cura dei propri interessi (Rescigno, 861). Secondo altra definizione l'incapacità di agire importa l'inidoneità del soggetto a porre in essere un'attività giuridicamente rilevante, consistente nell'acquisto e/o nell'esercizio di diritti ovvero nell'assunzione di obblighi, mediante una manifestazione di volontà considerata cosciente e consapevole dall'ordinamento giuridico (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 102); essa si differenzia dalla capacità giuridica, intesa come presupposta attitudine ad essere titolare di situazioni giuridiche soggettive e destinatario degli effetti giuridici; l'incapacità di agire si distingue in legale e naturale o di intendere e di volere; sono soggetti assolutamente incapaci legali di agire i minori e gli interdetti, giudiziali e legali; sono relativamente incapaci legali di agire gli emancipati e gli inabilitati, i quali si reputano inidonei al compimento dei soli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione. L'incapacità legale integra una situazione giuridica, diversamente dall'incapacità naturale che individua uno stato di fatto, e può discendere da un'alterazione patologica giudizialmente accertata ovvero da un'immaturità psichica legalmente presunta (Arena, 916). La capacità legale è richiesta per gli atti negoziali, bastando per gli atti non negoziali e per gli illeciti la capacità di intendere e di volere (Stanzione, 13; contra Arena, 916). Il contratto è annullabile anche quando sia stato concluso dal rappresentante dell'incapace privo delle autorizzazioni previste dalla legge (Tamponi, 39).

Secondo la ricostruzione giurisprudenziale il contratto è annullabile non soltanto nel caso in cui sia stato stipulato direttamente dall'incapace legale senza l'intervento del rappresentante legale, ma anche nell'ipotesi in cui il contratto sia stato invece concluso dal rappresentante legale, senza però le autorizzazioni prescritte dalla legge per il compimento nel nome dell'incapace di alcune categorie di atti giuridici (Cass. n. 2725/1993; Cass. n. 1140/1977).

L'incapacità naturale

Essa consiste in ogni stato psichico abnorme, pur se improvviso e transitorio e non dovuto ad una tipica infermità mentale o ad un vero e proprio processo patologico, che abolisca o scemi notevolmente le facoltà intellettive e volitive, in modo da impedire od ostacolare una seria valutazione degli atti stessi o la formazione di una volontà cosciente (Galgano, in Tr. C. M., 1988, 269). Mentre per l'annullamento degli atti unilaterali posti in essere dall'incapace di intendere e di volere è richiesto il grave pregiudizio sofferto dall'autore, per l'annullamento dei contratti deve sussistere la malafede dell'altro contraente, della quale il pregiudizio attuale o potenziale è solo un elemento rivelatore, unitamente alla qualità del contratto o ad altre circostanze. La malafede consiste nella consapevolezza che il contraente capace abbia della menomazione della sfera intellettiva o volitiva dell'altro, anche come coscienza delle condizioni sanitarie del contraente di cui si invochi l'incapacità.

La S.C. esclude la legittimazione a proporre la relativa domanda alla controparte che intenda far prevalere le proprie ragioni su quelle del presunto incapace naturale (Cass. n. 3456/2015; Cass. n. 1475/2003). L'esercizio dell'azione di annullamento del contratto per incapacità di intendere e volere di uno dei contraenti, che sia successivamente deceduto, sebbene possa compiersi da parte di uno solo dei coeredi, anche in contrasto con gli altri, implica comunque il litisconsorzio necessario di tutti (Cass. n. 25810/2013). Inoltre si evidenzia che l'onere di provare l'incapacità naturale ricade sulla parte che agisce per l'annullamento e consente di avvalersi di ogni mezzo istruttorio, compresi indizi e presunzioni (Cass. n. 4344/2000; Cass. n. 6506/1983). Ai fini dell'annullamento del contratto per incapacità di intendere e di volere non è richiesta, a differenza dell'ipotesi del comma 1, la sussistenza di un grave pregiudizio, che invece costituisce indizio rivelatore dell'essenziale requisito della mala fede dell'altro contraente; quest'ultima risulta o dal pregiudizio anche solo potenziale derivato all'incapace o dalla natura e qualità del contratto e consiste nella consapevolezza che l'altro contraente abbia avuto della menomazione della sfera intellettiva o volitiva del contraente (Cass. n. 4677/2009). Pertanto il gravissimo pregiudizio a carico dell'incapace costituisce elemento indiziario dell'ulteriore requisito della malafede dell'altro contraente, ma di per sé non è idoneo a costituirne la prova (Cass. n. 19458/2015). L'incapacità naturale consiste nella transitoria impossibilità di rendersi conto del contenuto e degli effetti dell'atto giuridico che si compie e non può essere data da dispiaceri anche gravi, quale ad es. la consapevolezza di una malattia propria, o di un prossimo familiare, salvo che essa abbia cagionato una patologica alterazione mentale (Cass. n. 4967/2005; Cass. n. 1484/1995; Cass. n. 1036/1989; Cass. n. 4955/1985). Non è necessaria la prova che il soggetto, nel momento del compimento dell'atto, versava in uno stato patologico tale da far venir meno in modo totale e assoluto le facoltà psichiche, essendo sufficiente accertare che tali facoltà erano perturbate al punto da impedire al soggetto una seria valutazione del contenuto e degli effetti del negozio, e quindi il formarsi di una volontà cosciente (Cass. n. 6598/2022; Cass. n. 4539/2002; Cass. n. 6999/2000; Cass. n. 969/1989).

Bibliografia

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