Codice Civile art. 1448 - Azione generale di rescissione per lesione.Azione generale di rescissione per lesione. [I]. Se vi è sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell'altra, e la sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno di una parte, del quale l'altra ha approfittato per trarne vantaggio [644 c.p.], la parte danneggiata può domandare la rescissione del contratto [1964, 2922 2]. [II]. L'azione non è ammissibile se la lesione non eccede la metà del valore che la prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del contratto. [III]. La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda è proposta. [IV]. Non possono essere rescissi per causa di lesione i contratti aleatori [765, 1469, 1970]. [V]. Sono salve le disposizioni relative alla rescissione della divisione [763 ss.; 166 trans.]. InquadramentoLa rescissione per lesione del contratto presuppone che vi sia una sproporzione qualificata tra le prestazioni (requisito oggettivo) e che la parte danneggiata da tale sproporzione sia indotta a stipulare il contratto in ragione di uno stato di bisogno, del quale l'altra parte ha approfittato per conseguirne un vantaggio (requisiti soggettivi). Segnatamente la sproporzione tra le prestazioni deve essere ultra dimidium, ossia deve eccedere la metà del valore della prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata. Tale misura dello squilibrio tra le prestazioni deve essere ancorata al momento di conclusione del contratto e deve persistere sino alla proposizione della domanda giudiziale di rescissione. Sicché elementi costitutivi della fattispecie sono: lo stato di bisogno, la sproporzione qualificata tra le prestazioni, l'approfittamento della controparte. Onerata della prova di tali elementi costitutivi è la parte che agisce per ottenere la declaratoria di rescissione. La rescissione del contratto non può essere rilevata d'ufficio (Bianca, 650). È controverso se la possibilità di esercitare l'azione di rescissione sia subordinata alla possibilità di ripristino della situazione preesistente (in senso favorevole Cicala, 122; in senso contrario Carresi, in Tr. C. M., 1987, 481). Secondo la S.C. l'azione generale di rescissione per lesione richiede la simultanea esistenza dei requisiti di una sproporzione ultra dimidium fra le reciproche prestazioni del contratto, di uno stato di bisogno del contraente danneggiato e di un approfittamento di esso da parte dell'altro contraente, senza che si possa compiere alcuna graduazione tra detti elementi, la cui rilevanza è pertanto paritaria (Cass. n. 5133/2007; Cass. n. 12116/2003; Cass. n. 2347/1995; Cass. n. 9374/1991; Cass. n. 531/1990). Lo stato di bisognoLa ricorrenza dello stato di bisogno non si traduce in una condizione di assoluta indigenza, ma è integrata anche quando vi sia una situazione di mera difficoltà economica, seppure contingente. La dottrina ritiene che il contratto sia rescindibile, non quando si intenda soddisfare qualsiasi esigenza di tipo economico, ma solo quando la spesa affrontata o da affrontare dal soggetto leso sia necessaria, tenuto conto dei suoi interessi e della sua posizione (Carresi, 356). Il bisogno può dipendere dalle particolari condizioni di fatto in cui versa il contraente leso al momento della stipulazione, come la sua età, le sue condizioni di salute, ecc.; tuttavia le necessità di tipo morale rilevano solo in quanto abbiano riflessi di carattere patrimoniale (Marini, 974). La causa che ha determinato lo stato di bisogno non ha importanza per la rescissione, sicché può anche provenire dallo stesso contraente leso (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 362). Non necessariamente lo stato di bisogno deve essere connesso al denaro, ma può riguardare anche un bene (Marini, 974; Carresi, 358; Mirabelli, 583). Secondo una parte della dottrina non rileva solo lo stato di bisogno del contraente, ma anche quello di un soggetto legato al contraente da vincoli particolari (Mirabelli 581; contra Carresi, 357) o più in generale di una persona diversa, purché tale stato di bisogno abbia determinato il contraente a stipulare a condizioni inique (Bianca, 648). Vi è contrasto sulla rilevanza dello stato di bisogno putativo: un primo indirizzo rileva che non vi sono ragioni insormontabili per negare detta equiparazione, potendo la controparte approfittare anche della circostanza che il contraente sia indotto a stipulare il contratto per eliminare una supposta situazione di bisogno (Marini, 974; Mirabelli, 582); in ragione di una diversa ricostruzione nel caso di prestazione di servizi il contratto basato su uno stato di bisogno supposto è nullo, mentre con riferimento ad una prestazione di beni l'erronea supposizione può costituire ragione di annullabilità, ma solo nel caso di errore indotto dai raggiri della controparte, trattandosi di errore sui motivi (Carresi, 363). Lo stato di bisogno deve essere attuale, ossia riferito al momento della conclusione del contratto (Carresi, 361). Tra lo stato di bisogno e la determinazione volitiva dell'agente deve ricorrere un nesso di causalità psicologica (Mirabelli, 583). La condizione di bisogno che ha indotto il contraente a stipulare il contratto non deve consistere necessariamente in uno stato di indigenza assoluta, ma va intesa come una situazione di difficoltà economica che incida sulla libera determinazione a contrarre e costituisca quindi il motivo dell'accettazione della sproporzione tra le prestazioni da parte del contraente danneggiato (Cass. n. 2328/2010; Cass. n. 3646/2009; Cass. n. 3388/2007; Cass. n. 10815/2004). In ordine al nesso di strumentalità, le momentanee criticità economiche devono costituire il motivo per cui è stata accettata la sproporzione tra le prestazioni (Cass. n. 15338/2018). Pertanto è sufficiente anche una temporanea mancanza di denaro liquido che abbia riflesso sulla libertà di contrattazione del soggetto, inducendolo ad accettare un corrispettivo non proporzionato alla sua prestazione (Cass. n. 36993/2022; Cass. n. 5133/2007; Cass. n. 8200/1998; Cass. n. 2166/1986). Nondimeno deve trattarsi di bisogno al quale si possa ovviare con mezzi economici, non rilevando i motivi di natura morale (Cass. n. 337/1953). La misura della sproporzione tra le prestazioni può costituire essa stessa una delle circostanze indicative dello stato di bisogno (Cass. n. 2071/1978). Secondo la S.C. lo stato di bisogno deve avere una rilevanza obiettiva, ossia deve concretarsi in una difficoltà economica, sebbene possa essere riconducibile a cause transitorie (Cass. n. 2166/1986). Altro arresto attribuisce rilievo allo stato di bisogno anche se putativo (Cass. n. 1847/1960). Nel caso di gestione del patrimonio altrui o di rappresentanza lo stato di bisogno rilevante non deve essere riferito al soggetto che amministra o al rappresentante, ma al soggetto il cui patrimonio è amministrato o al rappresentato (Cass. n. 2680/1980). Lo stato di bisogno può inerire anche all'eredità giacente (Cass. n. 2166/1986). La lesione ultra dimidiumTra le prestazioni del contratto deve sussistere una sproporzione qualificata, ossia il valore dell'una deve eccedere di più della metà il valore dell'altra. Ai fini della commisurazione di tale squilibrio occorre fare riferimento alle tariffe o criteri legali (Mirabelli, 583). Le prestazioni devono essere stimate secondo il loro stato e valore al tempo della stipulazione, tenendo conto del prezzo di mercato e non del valore eventualmente conseguibile dal bene in futuro, in ragione delle possibilità di sfruttamento o di speculazioni eccezionali; né può tenersi conto del suo valore affettivo (Carresi, 361). La sproporzione tra le prestazioni, non solo deve sussistere al momento della conclusione del contratto, ma deve altresì perdurare fino al tempo della proposizione della domanda giudiziale di rescissione. Controverse sono però le conseguenze del venir meno della lesione per effetto di eventi successivi alla conclusione del contratto: un primo indirizzo sostiene che, nel caso di successivo aumento del valore del bene ricevuto dalla parte lesa, che sia determinato da qualunque causa, compresa la svalutazione monetaria, l'azione di rescissione diverrebbe improponibile (Messineo, Dottrina generale del contratto, Milano, 1952, 456); in forza di altro orientamento la sostanziale sproporzione di valori tra le prestazioni al tempo della stipulazione del contratto, necessaria per la proposizione dell'azione, non può considerarsi cessata quando con il decorso del tempo sia mutato il solo valore della moneta (Bianca, 647; Scognamiglio, in Tr. G. S.-P., 1980, 262); in base ad una soluzione intermedia, affinché possa escludersi l'esercizio dell'azione rescissoria, deve essere intervenuto un fatto positivo, ad opera di chiunque, tale da porre la parte lesa nella medesima posizione patrimoniale che avrebbe avuto ove non avesse concluso il contratto, non bastando un'alterazione del rapporto di valori tra le prestazioni comunque determinato (Mirabelli, 583). Sicché in base a quest'ultima tesi la rivendita del bene per un corrispettivo congruo farebbe venir meno la lesione, sempre che la parte non abbia disposto o consumato il bene quando ancora il prezzo era vile (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 365). Giova tuttavia rammentare che in genere la parte che versa in stato di bisogno si disfa dei beni a prezzo irrisorio, non già li acquista per un corrispettivo esoso; il riferimento potrebbe attagliarsi all'ipotesi della permuta. Il vizio genetico che legittima la rescissione per lesione è posto a tutela dell'equilibrio tra le prestazioni, rispetto al quale rileva il valore delle stesse al momento della stipula contrattuale quale risultante da tutte le pattuizioni che concernono il prezzo (Cass. n. 16042/2016). La lesione ultra dimidium o enorme deve essere accertata in base alla valutazione economica delle prestazioni compiuta in relazione al momento della conclusione del contratto (Cass. n. 1611/1965). Il calcolo della sproporzione qualificata deve avvenire facendo riferimento ai prezzi correnti o mediamente ottenibili in una normale contrattazione (Cass. n. 1227/1979) e tenendo conto delle prestazioni accessorie e delle modalità di esecuzione del contratto (Cass. n. 753/1963). Si è negato però che in tale valutazione assumano un peso le spese notarili, di registrazione e di mediazione (Cass. n. 1131/1954). Anche il valore intrinseco del bene deve essere considerato ai fini della sproporzione, qualora il regime cui sia sottoposto in fatto ne contenga il prezzo (Cass. n. 1741/1952). Con riferimento al contratto preliminare l'accertamento della lesione deve essere effettuato in base al valore dei beni oggetto del contratto stesso al momento della sua stipulazione, a nulla rilevando che l'interesse ad agire o a resistere sia sorto solo successivamente, allorché la parte che si sia approfittata dello stato di bisogno ne abbia invocato l'esecuzione in forma specifica (Cass. n. 3176/2011). L'approfittamento dello stato di bisognoL'approfittamento dello stato di bisogno si realizza per il fatto che, in conseguenza della sproporzione delle prestazioni derivante dallo stato di bisogno di una parte, l'altra parte ne abbia tratto beneficio; pertanto la consapevolezza dello stato di bisogno dell'altra parte deve concorrere con il vantaggio (Mirabelli, 582; Bianca, 648). Tale condizione è insita nel fatto stesso del conseguimento della prestazione sproporzionata e non esige un particolare contegno subiettivo della parte che se ne avvantaggia. In base ad altro assunto l'approfittamento si realizza in conseguenza della mera conoscenza dello stato di bisogno della controparte (Carresi, 362; Marini, 975). La prova dell'approfittamento della controparte può essere data con qualsiasi mezzo istruttorio, anche di natura presuntiva, attraverso l'allegazione delle circostanze che rendevano palese lo stato di bisogno (Bianca, 648). Secondo la ricostruzione giurisprudenziale l'approfittamento dello stato di bisogno consiste nella consapevolezza che una parte abbia dello squilibrio tra le prestazioni contrattuali derivante dallo stato di bisogno altrui, di cui ha parimenti conoscenza, non essendo a tal fine sufficiente uno squilibrio solo ipotizzato da parte del contraente in posizione di vantaggio (Cass. n. 1651/2015; Cass. n. 19625/2003; Cass. n. 8519/2003); pertanto è sufficiente la mera consapevolezza di trarre vantaggi indebiti speculando sulla situazione di bisogno del contraente leso (Cass. n. 697/1970), a nulla rilevando che il contraente avvantaggiato si sia limitato ad aderire alla pressante offerta della controparte bisognosa (Cass. n. 1227/1979). Non è richiesto un proposito di danneggiare (Cass. n. 753/1963) né una specifica attività posta in essere dal contraente avvantaggiato allo scopo di promuovere o sollecitare la conclusione del contratto (Cass. n. 6204/1994). Il contratto usurarioOve si realizzi la figura del contratto usurario, per effetto dell'induzione a concludere il contratto a prestazioni squilibrate, la causa del contratto è contraria al buon costume, con la conseguenza che l'attribuzione contrattuale del vantaggio usurario è affetta da nullità, avendo la parte diritto alla ripetizione del profitto conseguito dalla controparte, indipendentemente dal rimedio della rescissione (Bianca, 649). In senso contrario altri autori rilevano che può essere considerata illecita l'attività dell'usurario, ma non la causa del contratto, con la conseguenza che il contraente nei cui confronti sia stato commesso il delitto di usura godrebbe sul piano civilistico del solo rimedio della rescissione, ove ricorra la lesione enorme, salvo giovarsi del più lungo termine di prescrizione previsto per il reato (Mirabelli, 582; Carresi, 363; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 858). All'esito dell'introduzione delle soglie antiusura, in attuazione della l. n. 108/1996, non è più richiesta per l'integrazione del reato di usuraex art. 644 c.p. la verifica dell'approfittamento dello stato di bisogno della controparte, ma il contratto sarà usurario per il solo fatto che tali soglie siano superate, non essendovi più coincidenza tra i presupposti della rescissione per lesione e quelli per l'integrazione del reato di usura. Solo in via subordinata, quando non siano superate tali soglie, potrà aversi riguardo alla sproporzione tra le prestazioni e alle difficoltà economiche o finanziarie che abbiano indotto la parte debole ad aderire a tali condizioni squilibrate. Il che dovrebbe indurre a ritenere che la nuova figura di contratto usurario ricada nella censura di nullità per violazione delle soglie o per la sussistenza della sproporzione e delle difficoltà. Qualora una parte non si limiti a trarre vantaggio, ma si attivi per indurre la parte debole a concludere il contratto, si va oltre la misura dell'approfittamento e il contratto, definito usurario, oltre che rescindibile per stato di bisogno, sarebbe nullo per illiceità della causa (Cass. n. 628/1997; Cass. n. 1956/1969; Cass. n. 4447/1957). Sicché l'elemento discriminate tra contratto usurario nullo e contratto in stato di bisogno rescindibile è secondo la giurisprudenza l'esistenza di una condotta induttiva della controparte (Cass. n. 6630/1988). Con l'avvento della legge antiusura la questione si pone per i soli contratti conclusi anteriormente all'adozione del primo decreto ministeriale attuativo della legge, in cui l'illiceità del contratto sussiste solo se ricorrano un vantaggio usurario, lo stato di bisogno del mutuatario e l'approfittamento di tale stato da parte del mutuante (Cass. n. 25182/2010; Cass. n. 8138/2009; Cass. n. 9021/1993); in mancanza di tali condizioni si ritiene possa configurarsi un'inefficacia ex nunc (Cass. n. 17150/2016). Per le fattispecie successive il solo superamento delle soglie determina la nullità del contratto. I negozi rescindibiliIl rimedio della rescissione per lesione presuppone la sproporzione tra prestazioni, con la conseguenza che si applica ai soli contratti con prestazioni corrispettive, fatta eccezione per la transazione, in cui il rischio di sproporzione è connaturato alla causa del contratto, ossia la composizione di una lite, ai sensi dell'art. 1970 (Bianca, 650). In base ad una lettura più estensiva si ritiene che la rescissione postuli esclusivamente l'onerosità del titolo e non la corrispettività (Mirabelli, 580; Scozzafava, Il problema dell'adeguatezza negli scambi e la rescissione del contratto per lesione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978, 354). Si ritiene pertanto che l'istituto trovi applicazione anche ai contratti misti, nei quali alla gratuità si associa un elemento di natura onerosa, come accade nella donazione mista, nella quale l'alienante, nell'intento di realizzare una liberalità nei confronti dell'acquirente, vende ad un prezzo inferiore al valore di mercato (Mirabelli, 581). Alcuni esponenti della dottrina hanno esteso il campo applicativo del rimedio anche ad alcune specie di contratto a titolo gratuito e segnatamente alla fideiussione gratuita (Biscontini, Onerosità, corrispettività e qualificazione dei contratti, Camerino-Napoli, 1984, 214) e alla donazione (Criscuoli, Timore riverenziale e approfittamento, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1988, 374). La rescissione può riguardare anche il contratto preliminare, poiché sin dalla sua stipulazione può risultare la sproporzione tra le prestazioni contemplate in vista della conclusione del definitivo, prestazioni che tra l'altro possono essere oggetto di esecuzione anticipata (Carresi, 364; Mirabelli, 581). La norma stabilisce espressamente che non sono rescindibili per lesione i contratti aleatori, in ragione della fisiologica riconduzione del rischio di sproporzione alla causa intrinseca del negozio (Marini, 982) ovvero al fondamento giustificativo delle reciproche promesse di eventuali attribuzioni patrimoniali (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 859). Fanno eccezione a tale regola i casi in cui la sproporzione, anziché essere il risultato dell'alea, è già presente al momento della conclusione del contratto (Bianca, 650). Per converso, in difetto di uno specifico divieto dello stesso tenore, si reputa che la rescissione del contratto concluso in stato di pericolo riguardi anche i contratti aleatori (Messineo, 925). Una disciplina speciale è prevista per la rescissione della divisione, ai sensi dell'art. 763; in tali contratti ciò che assume rilievo è la sola lesione oltre il quarto, senza che vi sia alcun riferimento all'approfittamento di uno stato di bisogno. Il rimedio della rescissione può operare anche nei contratti con comunione di scopo (Cass. n. 639/1976). Affinché l'azione di rescissione sia paralizzata, in ragione della natura aleatoria del contratto, è necessario che l'alea, intesa come rischio cui uno o più fra i contraenti ovvero tutti si espongono, investa e caratterizzi il negozio nella sua interezza e fin dalla sua formazione, cosicché per la natura stessa del negozio o per le specifiche pattuizioni stabilite dai contraenti medesimi divenga radicalmente incerto, per una o per tutte le parti, il vantaggio economico in relazione al rischio, al quale le parti stesse si espongono. Non necessita perciò per poter qualificare aleatorio un contratto l'elemento della bilateralità dell'alea, potendosi considerare aleatorio anche un contratto nel quale l'alea sia a carico esclusivo di una sola delle parti, mentre l'altra ha la possibilità di trarre dal contratto soltanto vantaggi (Cass. n. 2286/1980). Non è stato considerato aleatorio il contratto di cessione di partecipazioni sociali, quando le parti abbiano valutato le loro posizioni e il bene alienato sia rappresentativo di un diritto commisurato all'obiettiva consistenza del patrimonio della società (Trib. Milano 27 febbraio 1992). BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.1. e 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Carresi, Rescissione (diritto civile), in Enc. giur., Roma 1991; Cicala, Il negozio di cessione del contratto, Napoli, 1962, 122; Marini, voce Rescissione del contratto, in Enc. dir., Milano, 1988; Messineo, voce Contratto (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1961; Mirabelli, voce Rescissione, in Nss. D.I., Torino, 1968; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli rist. 1989. |