Codice Civile art. 1457 - Termine essenziale per una delle parti.

Cesare Trapuzzano

Termine essenziale per una delle parti.

[I]. Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell'interesse dell'altra [1256 2], questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l'esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all'altra parte entro tre giorni.

[II]. In mancanza, il contratto s'intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione [1456 2].

Inquadramento

Ulteriore ipotesi di risoluzione di diritto è rappresentata dalla figura del termine essenziale. Si definisce termine essenziale il termine di carattere perentorio, la cui inosservanza comporta l'automatica risoluzione del contratto (Bianca, 1994, 318). La norma allude alla previsione di un termine di adempimento della prestazione, che sia essenziale nell'interesse di una delle parti. La contemplazione nel contratto di un termine essenziale vale a fissare il momento in cui il creditore non ha più interesse a ottenere l'esecuzione della prestazione; in questa evenienza l'adempimento dell'obbligo è ancora possibile, ma ha perso l'utilità che gli era stata specificamente attribuita da una delle parti (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 872). La natura essenziale del termine può essere espressamente pattuita o può desumersi implicitamente dalla natura o dall'oggetto del contratto (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 872). La norma fa espresso riferimento al termine essenziale nell'interesse di una delle parti. Qualora il termine sia essenziale nell'interesse di entrambe le parti, non troverà applicazione la disciplina del termine essenziale, poiché il pari interesse della parte debitrice all'esecuzione della prestazione è incompatibile con il riconoscimento della possibilità del creditore di esigerne l'esecuzione anche dopo la scadenza del termine. Al riguardo si opera la distinzione tra termine essenziale unilaterale, al quale fa riferimento la norma, e termine essenziale bilaterale, cui non si applica la disciplina del termine essenziale come fattispecie di risoluzione automatica (Natoli, Il termine essenziale, in Riv. dir. comm., 1947, 232). L'essenzialità bilaterale costituisce un singolare fenomeno di essenzialità, diverso da quello dell'essenzialità tipica, che è fisiologico in alcune figure negoziali tipiche, come il riporto (Dalmartello, Adempimento e inadempimento nel contratto di riporto, Padova, 1958, 388). La questione riveste particolare interesse con riguardo al termine essenziale, eventualmente concordato nel reciproco interesse dalle parti di un contratto preliminare, per la stipulazione del contratto definitivo. Si premette che in questa eventualità dovrà innanzitutto essere verificato in concreto se il termine sia realmente essenziale, poiché ove non lo sia, troverà applicazione la disciplina della clausola risolutiva espressa, trattandosi di una mera modalità di adempimento dell'obbligazione con riferimento al termine. Qualora il termine fissato per la prestazione di una delle parti debba considerarsi essenziale nell'interesse sia dell'altra parte sia della parte che deve eseguirla, alla sua inosservanza conseguirà la cessazione degli effetti del negozio, in applicazione analogica della regola stabilita dall'art. 1551, comma 2, per il riporto.

L'essenzialità del termine

L'essenzialità del termine può essere oggettiva o soggettiva, in ragione della funzione della prestazione ovvero della volontà delle parti (Bianca, 1994, 319; Carresi, in Tr. C. M., 1987, 925): il termine è oggettivamente essenziale quando risulti tale in ragione della natura e dell'oggetto del negozio, con valutazione da compiere in relazione agli interessi perseguiti dalle parti; è soggettivamente essenziale quando sia stato considerato come tale dalle parti mediante espressa pattuizione ovvero tacitamente. Secondo alcuni la distinzione è priva di rilievo pratico, poiché in ogni caso l'essenzialità del termine deve essere valutata con riferimento al momento in cui fu concluso il contratto, avendo riguardo all'interesse del creditore (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 629). In sintonia con tale opinione altra ricostruzione sostiene che l'essenzialità deve essere riferita all'effettivo interesse del creditore all'assoluta puntualità della prestazione (Giorgianni, L'inadempimento, Milano, 1975, 93). Altra tesi afferma che la previsione legale riguarderebbe un termine oggettivamente necessario per il funzionamento del contratto, al quale le parti non possono derogare (Di Majo, Rilevanza del termine e poteri del giudice, Milano, 1972, 127). In base ad altra opinione, l'essenzialità del termine avrebbe sempre carattere soggettivo, poiché dovrebbe sempre essere ricondotta alla conforme volontà delle parti (Graziani, Il termine essenziale, Napoli, 1953, 313; Saracini, Il termine e le sue funzioni, Milano, 1979, 158). In ogni caso l'essenzialità del termine non può essere presunta (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 528). Ove il creditore conceda un nuovo termine al debitore, in linea di massima deve escludersi che anche tale termine sia essenziale (Bianca, 1994, 323; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 529). Ricorrono delle fattispecie negoziali tipiche in cui il termine è oggettivamente essenziale in astratto, in forza di una prevalutazione compiuta dal legislatore; ciò accade nei contratti di riporto, vendita a termine dei titoli di credito, contratti estimatori; in tali fattispecie troverà applicazione la disciplina del termine essenziale senza la necessità di un accertamento in concreto dell'essenzialità (Di Majo, cit., 205). Dal termine essenziale si distinguerebbe il termine di assoluto rispetto, che si realizzerebbe quando la prestazione tardiva sarebbe priva di qualsiasi utilità, tanto da escludere la facoltà del creditore di esigere l'adempimento dopo la scadenza (Giorgianni, cit., 93). In senso critico si rileva che anche in questa ipotesi il creditore è arbitro di decidere la sorte del contratto, poiché ragioni di natura soggettiva potrebbero comunque giustificare l'interesse all'esecuzione della prestazione oltre la scadenza del termine essenziale, sicché si applicherebbe comunque la disciplina dell'art. 1457 (Bianca, 1994, 325).

Anche secondo la S.C. l'essenzialità del termine può essere di natura soggettiva o oggettiva: il termine per l'adempimento indicato nel contratto deve ritenersi essenziale quando la sua improrogabilità risulti dalle espressioni adoperate dai contraenti anche senza l'uso di formule sacramentali ovvero dalla natura e dall'oggetto del contratto (Cass. n. 10353/2020 ; Cass. n. 8233/1997; Cass. n. 9619/1991; Cass. n. 6959/1988). In specie il termine per l'adempimento può essere ritenuto essenziale solo quando, all'esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e soprattutto della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo (Cass. n. 28/2024Cass. n. 32238/2019 ; Cass. n. 14426/2016; Cass. n. 25549/2007; Cass. n. 21587/2007; Cass. n. 5797/2005; Cass. n. 2491/1999; Cass. n. 10751/1996; Cass. n. 2347/1995). Il termine è essenziale non solo perché vi è un limite temporale all'esecuzione della prestazione, bensì quando risulta espressamente l'essenzialità del termine stesso, tale che la prestazione eseguita tardivamente risulti intrinsecamente diversa da quella pattuita (Trib. Torino 10 gennaio 1983). L'essenzialità deve essere esclusa qualora si concreti in un inadempimento definitivo e non comporti l'irrealizzabilità funzionale della prestazione (Trib. Torino 11 marzo 1980). L'espressione “entro e non oltre” integra una mera locuzione di stile e non vale a qualificare il termine come essenziale (Cass. n. 5509/2002; Cass. n. 6086/1999; Cass. n. 2263/1993; Cass. n. 11637/1991; Cass. n. 2870/1983). La proroga del termine concessa dal creditore non rappresenta comportamento incompatibile con l'intenzione di valersi del patto che ne stabilisce l'essenzialità, che rimane efficace nel suo originario contenuto in relazione al termine così modificato, salvo che non si tratti di proroga reiterata, da cui può trarsi indizio per ritenere che il termine non sia essenziale (Cass. n. 3293/1989; Cass. n. 4226/1987; Cass. n. 590/1982). Una scadenza non esattamente precisata e determinabile solo in modo approssimativo ed elastico è incompatibile con la natura essenziale del termine (Cass. n. 3823/1983; Cass. n. 5621/1979).

La gravità e l'imputabilità dell'inadempimento

La gravità dell'inadempimento dell'obbligazione nel termine stabilito è insita nella stessa essenzialità del termine (Bianca, 1994, 321). Sicché non trova applicazione la previsione dell'art. 1455 sulla non scarsa importanza dell'inadempimento (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 525; Carresi, in Tr. C. M., 1987, 925). È possibile però che circostanze sopravvenute rendano l'interesse creditorio suscettibile di essere soddisfatto anche mediante una prestazione ritardata (Bianca, 1994, 321). La valutazione di gravità è stata ritenuta irrilevante con riguardo all'essenzialità soggettiva, in cui sono le stesse parti a dare al termine un carattere di essenzialità. Nondimeno si ritiene che anche in tale ambito possano intervenire circostanze idonee a privare il termine del carattere di essenzialità (Bianca, 1994, 321). Inoltre affinché possa avere luogo la risoluzione per violazione del termine essenziale, è necessario che l'inosservanza del termine sia imputabile almeno a colpa del debitore (Di Majo, cit., 206). In senso contrario un autore nega che sia richiesta l'imputabilità dell'inadempimento conseguente alla violazione del termine essenziale, poiché l'effetto risolutivo si realizza per il solo fatto oggettivo che il creditore abbia perso interesse all'adempimento, rilevando piuttosto la colpa ai soli fini del risarcimento dei danni (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 624).

Il requisito della colpa, nell'ipotesi di mancata osservanza del termine essenziale, non opera come elemento costitutivo della fattispecie integrativa della risoluzione del contratto, ma solo come elemento eventualmente impeditivo, nel senso che, nel caso di adempimento che richiede la cooperazione di entrambi i contraenti, sorge a carico di chi si oppone alla risoluzione del contratto, nonostante la scadenza del termine, l'onere di dimostrare che soltanto per effetto del comportamento della controparte, contrario a buona fede, l'adempimento non è stato reso possibile (Cass. n. 8881/2000; Cass. n. 1020/1992).

L'effetto risolutivo

La risoluzione del contratto in ragione del termine essenziale segue automaticamente alla violazione del termine. Tuttavia lo scioglimento non costituisce una vicenda necessaria, che segue inderogabilmente all'inosservanza del termine. Ed infatti il creditore può comunicare al debitore, entro tre giorni dalla scadenza del termine essenziale, che intende comunque mantenere fermo il contratto, esigendo la prestazione. Ove il creditore non si avvalga di tale facoltà, il contratto si risolve (Bianca, 1994, 322). Tale dichiarazione, di natura negoziale, unilaterale e recettizia, deve essere ricevuta dalla controparte entro il termine legale di tre giorni, non bastando che entro tale termine sia solo emessa (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 630). La dichiarazione deve essere manifestata in modo espresso, benché non soggiaccia ad oneri di forma (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 872). Nella pendenza del termine legale di tre giorni il debitore rimane obbligato ma non può adempiere, in quanto tale termine opera a esclusivo favore del creditore; per converso il creditore entro tale termine può esigere la prestazione o può rinunziare alla risoluzione. La circostanza che il creditore si avvalga entro tale termine legale della facoltà di richiedere l'adempimento, nonostante la scadenza del termine essenziale, non esclude il diritto al risarcimento del danno derivante dal ritardo (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 631; Mosco, 191). Qualora l'obbligazione il cui adempimento è sottoposto a termine essenziale sia solidale, la dichiarazione del creditore di voler ricevere ugualmente la prestazione indirizzata ad uno dei condebitori solidali ha effetto anche rispetto agli altri (Bianca, 1994, 322). Secondo un filone della dottrina la risoluzione si determina al momento della scadenza del termine essenziale, mentre ove segua la richiesta di adempimento il contratto già estinto rivive (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 628). Siffatta soluzione è stata criticata poiché nel termine legale il debitore rimane comunque vincolato al rapporto (Bianca, 1994, 323). In base ad altro indirizzo la risoluzione si perfeziona al decorso del termine legale di tre giorni, costituendo il silenzio del creditore elemento costitutivo della fattispecie risolutiva (Smiroldo, 231). Anche questa soluzione è stata criticata poiché nessun dato normativo consente di ricondurre la maturazione dell'effetto risolutivo a un atto o un comportamento del creditore (Bianca, 1994, 323). Altra tesi afferma che, in ragione dell'integrazione di una fattispecie complessa, gli effetti che ne conseguono sono sfasati tra le parti: per il creditore il pieno effetto risolutivo si produrrebbe solo con il decorso del termine legale di tre giorni senza la richiesta di adempimento; per il debitore la risoluzione opererebbe alla scadenza del termine essenziale, precludendogli la possibilità di effettuare una valida offerta di adempimento (Dalmartello, 146). In base ad una ulteriore opinione alla scadenza del termine essenziale conseguono gli effetti della sospensione e della risoluzione del contratto mentre al creditore è conferito, non già un potere di risoluzione mediante silenzio significativo, bensì un potere di rifiuto dell'effetto risolutivo che si esercita mediante atto negoziale (Bianca, 1994, 323). Il patto o uso contrario potrebbe consentire al creditore di avvalersi di un termine più lungo di quello legale di tre giorni per recuperare il contratto ovvero potrebbe a monte escludere tale facoltà di recupero (Bianca, 1994, 324). Secondo altra tesi anche l'effetto risolutorio di diritto può essere pattiziamente derogato (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 629). La risoluzione in esito alla scadenza del termine essenziale può essere limitata dal creditore alle sole prestazioni inadempiute (Gentili, La risoluzione parziale, Napoli, 1990, 242). In dottrina si ritiene che, risolto il contratto per effetto del decorso del termine essenziale, senza che entro il termine legale il creditore abbia richiesto la prestazione, gli effetti che ne derivano sono immodificabili, cosicché non è consentito alle parti di rinunciarvi, se non provvedendo alla conclusione di un nuovo accordo (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 925).

Secondo la giurisprudenza la previsione di un termine essenziale per l'adempimento del contratto, essendo posta nell'interesse di uno o di entrambi i contraenti, non preclude alla parte interessata di rinunciare, seppur tacitamente, ad avvalersene, anche dopo la scadenza del termine, così rinunciando altresì alla dichiarazione di risoluzione contrattuale (Cass. n. 16880/2013; Cass. n. 8881/2000; Cass. n. 8733/1998).

La distinzione dalla clausola risolutiva espressa

Quando sia stata stipulata una clausola risolutiva espressa, la parte che intende avvalersene deve porre in essere un comportamento attivo, ossia deve manifestare la volontà che intende avvalersi della clausola, affinché si produca l'effetto risolutivo. Diversamente nel termine essenziale gli effetti risolutori conseguono al decorso del termine essenziale, senza che la parte sia onerata di alcun comportamento affinché l'effetto risolutivo si produca (Busnelli, 200; Smiroldo, 252; Grasso, Termine, in Enc. giur., 1994, 2). Sicché nel primo caso il debitore soggiace all'esercizio da parte del creditore della facoltà di avvalersi della clausola, fintanto che tale facoltà non cada in prescrizione; per converso nel caso del termine essenziale la sorte dell'obbligazione è decisa entro lo spatium deliberandi di tre giorni concesso al creditore che si avvantaggi del termine, e l'effetto risolutivo si verifica senza che questi debba porre in essere alcuna attività (Costanza, voce Clausola risolutiva espressa, in Enc. giur., 1988, 2). Secondo un autore il termine essenziale costituisce una species del genus clausola risolutiva espressa con riferimento alla particolare modalità dell'obbligazione rappresentata dal termine (Natoli, cit., 229). In forza dell'orientamento prevalente, di fronte ad una volontà negoziale riferita al tempo dell'adempimento, occorre accertare se i contraenti abbiano previsto la risoluzione automatica del rapporto quale ineluttabile conseguenza dell'essenzialità oggettiva o soggettiva del termine o piuttosto abbiano inteso stipulare una clausola risolutiva espressa per l'eventualità che l'obbligazione non sia adempiuta secondo la modalità di tempo stabilita: nel primo caso si applicherà la disciplina del termine essenziale, nel secondo quella della clausola risolutiva espressa (Smiroldo, 252). Sarà quindi una questione interpretativa quella di stabilire se le parti abbiano voluto rendere essenziale il termine dell'obbligazione ovvero abbiano posto in essere soltanto un patto risolutivo per inosservanza del termine, riferendosi al tempo dell'adempimento così come ad una qualsiasi modalità dell'obbligazione (Rubino, Clausola risolutiva espressa e tardivo adempimento, in Giur. comp. Cass. civ., 1948, II, 229; Andreoli, Appunti sulla clausola risolutiva espressa e sul termine essenziale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, 73). In senso contrario altro autore evidenzia che la clausola risolutiva per inosservanza del termine è essa stessa esemplificativa dell'essenzialità del termine medesimo (Natoli, cit., 230).

Anche la giurisprudenza conferma che le fattispecie previste rispettivamente dagli artt. 1456 (clausola risolutiva espressa) e 1457 (termine essenziale per una delle parti), ancorché riguardanti entrambe la risoluzione del contratto con prestazioni corrispettive, hanno propri e differenti presupposti di fatto, tra cui il diverso atteggiarsi della volontà della parte interessata al momento dell'inadempimento dell'altra, verificandosi l'effetto risolutivo nella prima con la dichiarazione dell'intenzione di avvalersi della facoltà potestativa attribuita dalla legge e nella seconda con lo spirare di tre giorni a partire dalla scadenza dei termini senza che essa abbia dichiarato all'altra di volere l'esecuzione (Cass. n. 8881/2000; Cass. n. 10102/1994). Ne consegue che, invocata in giudizio l'applicabilità di un termine essenziale relativamente ad una data prestazione, non può dedursi per la prima volta nel giudizio di legittimità la configurabilità nella relativa pattuizione di una clausola risolutiva espressa (Cass. n. 5640/1983).

Bibliografia

Auletta, La risoluzione per inadempimento, Milano, 1942; Belfiore, voce Risoluzione del contratto per inadempimento, in Enc. dir., Milano, 1988; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bianca, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Boselli, voce Eccessiva onerosità, in Nss. D.I., Torino, 1960; Busnelli, voce Clausola risolutiva espressa, in Enc. dir., Milano, 1960; Dalmartello, voce Risoluzione del contratto, in Nss. D.I., Torino, 1969; Grasso, Eccezione di inadempimento e risoluzione del contratto, Napoli, 1973; Mosco, La risoluzione del contratto per inadempimento, Napoli, 1950; Natoli, voce Diffida ad adempiere, in Enc. dir., Milano, 1964; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Smiroldo, Profili della risoluzione per inadempimento, Milano, 1982; Tartaglia, voce Onerosità eccessiva, in Enc. dir., Milano, 1980.

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