Codice Civile art. 1458 - Effetti della risoluzione.Effetti della risoluzione. [I]. La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite [1360 2]. [II]. La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita [1456], non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione [1467, 2652 n. 1; 165 trans.]. InquadramentoGli effetti della risoluzione retroagiscono tra le parti sino al momento della stipulazione del contratto risolto, salvo che non si tratti di contratti ad esecuzione continuata o periodica. In questi ultimi gli effetti risolutivi non si estendono alle prestazioni già eseguite (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 873). Precisamente la risoluzione produce due effetti tra le parti: quello liberatorio delle prestazioni ancora da eseguire, che non saranno più dovute, e quello recuperatorio delle prestazioni già eseguite, che dovranno essere restituite o rimborsate (Dalmartello, 144; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 631). Infatti la retroattività degli effetti della risoluzione implica che le attribuzioni patrimoniali già eseguite perdano il loro originario fondamento giustificativo, sicché sorge un reciproco obbligo di restituzione in ragione della domanda delle parti a ciò rivolta. L'effetto recuperatorio comporta l'applicabilità della disciplina sulla ripetizione dell'indebito (Bianca, 1994, 290, Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 514). Per l'effetto dovrà essere distinta la posizione della parte fedele dalla posizione della parte inadempiente. La restituzione ha ad oggetto le stesse cose ricevute in esecuzione del contratto risolto (Bianca, 1994, 291). In base ad un primo orientamento, ove non sia possibile la restituzione delle prestazioni ricevute, non si può chiedere la risoluzione, salvo che non sia ammissibile la prestazione dell'equivalente (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 632) o che l'impossibilità della restituzione derivi da caso fortuito (Auletta, 473). Secondo altra impostazione, in presenza dei presupposti della risoluzione, la relativa domanda può essere sempre avanzata, anche quando la restituzione non sia possibile, poiché quest'ultima non rappresenta una condizione dell'azione di risoluzione (Dalmartello, 145; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 514). La disciplina dedicata agli effetti della risoluzione si applica non solo alla risoluzione per inadempimento ma anche alle altre forme di risoluzione (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 632). La giurisprudenza chiarisce che la sentenza di risoluzione per inadempimento, con riguardo alle prestazioni da eseguire, produce un effetto liberatorio ex nunc e, rispetto alle prestazioni già eseguite, un effetto recuperatorio ex tunc, ad eccezione dei contratti ad esecuzione continuata e periodica (Cass. n. 6911/2018; Cass. n. 4442/2014; Cass. n. 4604/2008; Cass. n. 18518/2004; Cass. n. 11511/1992). Per effetto della risoluzione si verifica per ciascuno dei contraenti ed indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempienza, rilevante ad altri fini, una totale restitutio in integrum e pertanto tutti gli effetti del contratto vengono meno e con essi tutti i diritti che ne sarebbero derivati e che si considerano come mai entrati nella sfera giuridica dei contraenti stessi (Cass. n. 12468/2004; Cass. n. 7470/2001). Il principio sancito dalla norma si applica anche ove vi sia una pluralità di contratti ad esecuzione istantanea che si ricolleghino tutti ad un unico complesso rapporto (Cass. n. 5626/1984). L'effetto retroattivo si sostanzia nel fatto che la risoluzione toglie valore alla causa giustificativa delle attribuzioni patrimoniali già effettuate, mentre l'obbligo delle reciproche restituzioni nasce solo con la sentenza che le dispone all'esito della corrispondente domanda di parte, non essendo un effetto automatico della risoluzione (Cass. n. 2075/2013; Cass. n. 2439/2006; Cass. n. 20257/2005; Cass. n. 3940/1982). Gli effetti retroattivi della risoluzione tra le partiLa retroattività degli effetti della risoluzione è obbligatoria e non reale, poiché opera esclusivamente tra le parti e non nei confronti dei terzi. Infatti la norma precisa che i terzi sono tutelati anche se la risoluzione sia stata espressamente pattuita (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 873). Secondo altro orientamento si tratta di un'ipotesi di retroattività reale relativa, poiché non si estende ai terzi (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 633). Nei rapporti tra le parti, non solo devono essere restituite le prestazioni in natura ricevute al momento del perfezionamento del contratto ovvero il loro equivalente in denaro, ma sono dovuti anche gli interessi e i frutti. Devono essere anche rimborsate le somme necessarie per il ripristino dei deterioramenti subiti nonché le spese sostenute per i miglioramenti eseguiti sui beni oggetto di restituzione (Belfiore, 1329). Secondo altra tesi il diritto al rimborso riguarda le spese fatte per le riparazioni straordinarie mentre è dovuta un'indennità relativa ai miglioramenti, pari alla minor somma tra l'importo speso e il valore del miglioramento (Bianca, 1994, 295). Le spese ordinarie sono invece rimborsabili solo in presenza dell'obbligo di restituzione dei frutti (Bianca, 1994, 295). Tuttavia, ove il rimborso attenga alla parte fedele, si ritiene che esso dovrà avvenire nei limiti dell'arricchimento conseguito, in applicazione dell'art. 2037, comma 3 (Bianca, 1994, 293). La restituzione di prestazioni pecuniarie integra un debito di valuta (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 633). Anche sul punto si applicano le norme sulla ripetizione dell'indebito, con la conseguenza che gli interessi e i frutti saranno dovuti dal giorno del pagamento, ove la restituzione sia a carico del contraente inadempiente, per definizione in mala fede, e dal giorno della domanda, ove la restituzione sia a carico del contraente fedele, per definizione in buona fede (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 515). Dubbia è però l'applicabilità, tra le norme che regolano la ripetizione dell'indebito, di quelle che riguardano i rapporti con i terzi, come l'art. 2038 (Dalmartello, 147). In senso contrario si rileva che gli interessi e i frutti sono dovuti in ogni caso a decorrere dalla proposizione della domanda, poiché l'obbligo restitutorio non ha funzione risarcitoria, altrimenti la parte non inadempiente otterrebbe vantaggi superiori a quelli che avrebbe ottenuto se il contratto avesse avuto regolare esecuzione (Luminoso-Carnevali-Costanza, in Comm. S.B., 1990, 409). Anche la S.C. rileva che il venir meno ex tunc del vincolo contrattuale rende privo di causa il pagamento già eseguito in forza del contratto successivamente risolto, ma appunto per questo impone di far capo ai principi sulla ripetizione dell'indebito per qualificare giuridicamente la pretesa volta ad ottenere la restituzione di quel pagamento; e in materia di indebito oggettivo il debito dell'accipiens — a meno che questi sia in mala fede — produce interessi solo a seguito della proposizione di un'apposita domanda giudiziale (Cass. n. 17558/2006). Per l'effetto la parte cui è addebitabile l'inadempimento è tenuta a restituire le somme ricevute con gli interessi legali, dovuti come frutto civile del denaro, a decorrere dal giorno in cui le somme gli furono consegnate dall'altro contraente (Cass. n. 19659/2014). Qualora la cosa sia andata distrutta o risulti deteriorata, la parte non inadempiente ha diritto a ottenere una somma pari al più alto valore della cosa all'epoca della prestazione (Cass. n. 9579/1992). Unitamente alla cosa devono essere restituiti anche i frutti percepiti (Cass. n. 4465/1997). L'obbligo restitutorio relativo all'originaria prestazione pecuniaria, anche in favore della parte non inadempiente, ha natura di debito di valuta, come tale non soggetto a rivalutazione monetaria, se non nei termini del maggior danno — da provarsi dal creditore — rispetto a quello soddisfatto dagli interessi legali (Cass. n. 5639/2014; Cass. n. 7066/2004; Cass. n. 10373/2002; Cass. n. 8793/1999; Cass. n. 4465/1997; Cass. S.U. n. 5391/1995). Gli effetti della risoluzione nei contratti ad esecuzione continuata o periodicaLa norma esclude che gli effetti della risoluzione retroagiscano nei contratti ad esecuzione continuata o periodica. Si intende fare riferimento ai contratti in cui la continuità o periodicità non solo esiste per entrambe le parti, ma si realizza in modo che sia costantemente attuato l'equilibrio sinallagmatico tra prestazione e controprestazione (Dalmartello, 148). Ove l'una prestazione non sia proporzionale all'altra si sostiene che si debba dar luogo ad una restituzione parziale (Dalmartello, 148; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 634). Pertanto il principio della irretroattività degli effetti della risoluzione opera solo in quei contratti in cui l'esecuzione ha luogo per coppie di prestazioni, da eseguirsi contemporaneamente. Invece quando vi sia un'esecuzione continuata o periodica solo unilaterale, poiché l'altra parte ha già adempiuto anticipatamente per l'intero o è tenuta a farlo in via posticipata, torna ad applicarsi il principio di retroattività (Dalmartello, 148; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 634). Questi principi non sono applicabili ai contratti di vendita a consegne ripartite, il cui contenuto è essenzialmente unitario (De Martini, Sulla natura giuridica del contratto di vendita con esclusiva e sulle sue possibili manifestazioni concrete, in Giur. compl. Cass. civ., 1946, II, 671). In senso contrario altro autore evidenzia che anche in tale tipologia di contratti deve essere applicata analogicamente la regola di irretroattività della risoluzione, poiché, pur non essendo il frazionamento delle consegne in funzione di un interesse periodico del compratore, tuttavia ciascuna consegna vale a soddisfare pro quota e in via definitiva l'interesse del compratore (Bianca, 1994, 303). Alla luce dell'esame giurisprudenziale il principio secondo cui gli effetti retroattivi della risoluzione non operano per le prestazioni già eseguite riguarda i contratti ad esecuzione continuata o periodica, ossia soltanto quelli in cui le obbligazioni di durata sorgono per entrambe le parti e l'intera esecuzione del contratto avviene attraverso coppie di prestazioni da realizzarsi contestualmente nel tempo (Cass. n. 22521/2011; Cass. n. 7169/1995). Per prestazioni già eseguite si intende quelle con le quali il debitore abbia pienamente soddisfatto le ragioni del creditore (Cass. n. 26862/2019; Cass. n. 10383/1998; Cass. n. 2753/1989). Il fatto che nei contratti di durata l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite non significa che abbia diritto alla controprestazione la parte inadempiente, atteso che l'irretroattività della risoluzione concerne le prestazioni eseguite, non quelle ineseguite, non venendo meno l'esigenza di rispetto del sinallagma neppure nella disciplina della risoluzione (Cass. n. 22902/2012). Con riguardo alla compravendita di una determinata quantità di merce, da consegnarsi in successive partite entro determinati termini, deve ritenersi possibile la risoluzione parziale del contratto per inadempimento del venditore, che non estenda i suoi effetti alle partite già consegnate, in applicazione analogica dei principi fissati dall'art. 1458, comma 1, per il caso del contratto ad esecuzione continuata o periodica, quando risulti che ad un frazionamento della quantità corrisponde un frazionamento dell'interesse del compratore adempiente, sicché per la parte eseguita siasi verificata la soddisfazione definitiva del minore interesse del compratore, e costui ne abbia fatto domanda, qualora risulti che il compratore medesimo abbia ricevuto con la parte di merce conseguita un'utilità che, in relazione a quella originariamente perseguita con il contratto stesso, sia apprezzabile (Cass. n. 1203/1982; Cass. n. 3767/1976; Cass. n. 3/1967). Gli effetti della risoluzione nei confronti dei terziI terzi che hanno acquistato in forza del contratto poi risolto acquistano validamente anche se il loro acquisto era a titolo gratuito e anche se erano a conoscenza dell'inadempimento, in quanto il loro acquisto ha luogo a domino. Quando l'atto risolto abbia ad oggetto beni immobili o mobili registrati, opera il principio di priorità delle trascrizioni. Pertanto se la domanda di risoluzione sia stata trascritta prima della trascrizione dell'atto di acquisto in favore del terzo, la sentenza che accoglie la domanda di risoluzione prevale sull'acquisto del terzo e gli è opponibile, ai sensi dell'art. 2652, n. 1 (Dalmartello, 147). Viceversa, ove sia prioritaria la trascrizione dell'atto di acquisto, la sentenza non travolgerà l'acquisto del terzo e non gli sarà opponibile. Il principio vale anche con riguardo alla trascrizione (ovvero all'annotazione) dell'atto stragiudiziale che ha prodotto la risoluzione, come la diffida ad adempiere o la dichiarazione di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, ovvero alla trascrizione della domanda di accertamento giudiziale della sottoscrizione dell'atto stragiudiziale ovvero di accertamento giudiziale dell'avvenuta risoluzione di diritto (Dalmartello, 148). Qualora invece il contratto risolto abbia ad oggetto beni mobili non registrati, il terzo deve dimostrare che il suo acquisto ha avuto luogo prima della pronuncia della risoluzione, ossia quando il suo dante causa era ancora proprietario del bene (a domino), benché il terzo non abbia conseguito il possesso del bene né sia in buona fede. In tal caso farà salvo il suo acquisto (Dalmartello, 146). Contro tale potenziale acquisto l'originario alienante può cautelarsi solo stipulando un patto, scritto e con data certa, con cui questi si riserva la proprietà fino al pagamento del prezzo; in tal caso l'acquisto perfezionato dal terzo sarà a non domino, sicché sarà travolto dalla sentenza di accoglimento della risoluzione, salvo che il terzo dimostri di aver acquistato in buona fede il possesso del bene secondo la regola possesso vale titolo, ipotesi in cui la sentenza non sarà opponibile al terzo nonostante la clausola di riserva della proprietà (Dalmartello, 146). Secondo altra tesi l'acquisto del bene mobile a favore del terzo sarebbe comunque pregiudicato dalla sentenza di accoglimento della risoluzione giudiziale, qualora sia avvenuto successivamente alla domanda di risoluzione (Belfiore, 1333; Bianca, 1994, 301). BibliografiaAuletta, La risoluzione per inadempimento, Milano, 1942; Belfiore, voce Risoluzione del contratto per inadempimento, in Enc. dir., Milano, 1988; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bianca, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Boselli, voce Eccessiva onerosità, in Nss. D.I., Torino, 1960; Busnelli, voce Clausola risolutiva espressa, in Enc. dir., Milano, 1960; Dalmartello, voce Risoluzione del contratto, in Nss. D.I., Torino, 1969; Grasso, Eccezione di inadempimento e risoluzione del contratto, Napoli, 1973; Mosco, La risoluzione del contratto per inadempimento, Napoli, 1950; Natoli, voce Diffida ad adempiere, in Enc. dir., Milano, 1964; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Smiroldo, Profili della risoluzione per inadempimento, Milano, 1982; Tartaglia, voce Onerosità eccessiva, in Enc. dir., Milano, 1980. |