Codice Civile art. 1490 - Garanzia per i vizi della cosa venduta.Garanzia per i vizi della cosa venduta. [I]. Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi [1491] che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore [2922]. [II]. Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa [1229]. InquadramentoNel contratto di compravendita, qualora il bene in oggetto presenti dei vizi che ne determinano la diminuzione del valore in relazione alla minore utilità che dal medesimo si può trarre, il compratore esercitando l'actio quanti minoris ha diritto di chiedere una diminuzione del prezzo pattuito in una percentuale pari a quella rappresentante la menomazione che il valore effettivo della cosa consegnata subisce a causa dei vizi, così da essere posto nella situazione economica equivalente a quella in cui si sarebbe vaco se la cosa fosse stata immune da difetti (Cass. n. 12852/2008). Occorre altresì osservare che il rimedio della garanzia per vizi, apprestato dall'art. 1490 a tutela del compratore, opera anche nell'ipotesi di vendita di cosa futura (Cass. n. 5075/1983). Il vizio redibitorioCon riferimento alla tipologia di vizi idonei a legittimare l'azione, vengono in considerazione solo quelli che comportino una diminuzione apprezzabile del valore della cosa oppure che siano tali da rendere la cosa stessa inidonea all'uso cui è destinata, avendo riguardo alla sua funzione economico-sociale o alla particolare funzione prevista nel contratto. In altri termini, si hanno vizi redibitori, che danno luogo alla garanzia di cui all'art. 1490, quando la cosa venduta presenta imperfezioni concernenti il processo di produzione, di fabbricazione e di formazione che rendono la cosa inidonea all'uso al quale è destinata. Com'è noto, infatti, il vizio redibitorio, al pari della mancanza di qualità essenziali della cosa consegnata al compratore, ricorre qualora questa presenti imperfezioni concernenti il processo di produzione o di fabbricazione che la rendano inidonea all'uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (Cass. n. 5202/2007). Va evidenziato che secondo i principi pacifici nella giurisprudenza di legittimità, in tema di compravendita il vizio redibitorio (art, 1490) e la mancanza di qualità promesse o essenziali (art. 1497) pur presupponendo entrambi l'appartenenza della cosa al genere pattuito, si differenziano in quanto il primo riguarda le imperfezioni ed i difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa medesima, mentre la seconda è inerente alla natura della merce e concerne tutti quegli elementi essenziali e sostanziali che, nell'ambito del medesimo genere, influiscono sulla classificazione della cosa in una specie, piuttosto che in un'altra. Vizi redibitori e mancanza di qualità si distinguono, a loro volta, dall'ipotesi della consegna aliud pro alio, la quale ricorre quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso, o presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (c.d. inidoneità ad assolvere la funzione economico — sociale), facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto (Cass. n. 10285/2010). Si è precisato che in tema di cessione di partecipazioni sociali, la clausola di garanzia a favore del cessionario sulla condizione economica e patrimoniale della società oggetto di acquisizione non è riconducibile alle ordinarie garanzie del venditore per i vizi della cosa venduta, avendo la compravendita ad oggetto le quote di partecipazione, alle quali i vizi non possono ritenersi riferiti, ma ha natura autonoma, riconducibile ad un obbligo lato sensu assicurativo ovvero ad clausola di aggiustamento del prezzo (Cass. n. 20538/2023). Sotto altro aspetto, la vendita di prodotto difettoso e la vendita aliud pro alio si differenziano in ragione del fatto che la prima si delinea quando la cosa venduta non ha le qualità promesse, ovvero quelle essenziali per l'uso a cui è destinata, mentre invece la vendita aliud pro alio comporta la consegna di un bene completamente diverso da quello pattuito: in tal caso il compratore non è tutelato con le azioni edilizie, ma dall'ordinaria azione di risoluzione o, in alternativa, dall'azione di esatto adempimento (Trib. Rovigo, 2 ottobre 2023, n. 826). Affinché possa riscontrarsi un vizio redibitorio, ai sensi dell'art. 1490, comma 1, c.c., il difetto deve essere ponderato in funzione della sua capacità di rendere la cosa inidonea all'uso cui era destinata o di diminuirne in modo apprezzabile il valore. Con la conseguenza che, ove il difetto non renda la cosa inadatta all'uso per il quale è stata acquistata o non ne riduca in modo consistente il valore, l'actio quanti minoris ex art. 1492, comma 1, c.c., non spetta (Cass. n. 25747/2024, esclusa l'actio quanti minoris per gli acquirenti di un'automobile che lamentavano il rumore inusuale durante la frenata, non rappresentando un difetto di produzione, fabbricazione o formazione dell'auto). Impegno del venditore ad eliminare i viziIn tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, di cui all'art. 1490, qualora il venditore si impegni ad eliminare i vizi e l'impegno sia accettato dal compratore, sorge un'autonoma obbligazione di facere , che, ove non estingua per novazione la garanzia originaria, a questa si affianca, rimanendo ad essa esterna e, quindi, non alterandone la disciplina. Ne consegue che, in tale ipotesi, anche considerato il divieto dei patti modificativi della prescrizione, sancito dall'art. 2936, l'originario diritto del compratore alla riduzione del prezzo e alla risoluzione del contratto resta soggetto alla prescrizione annuale, di cui all'art. 1495, mentre l'ulteriore suo diritto all'eliminazione dei vizi ricade nella prescrizione ordinaria decennale (Cass. n. 19702/2012). In ogni caso, in tema di vendita di beni di consumo, in caso di difetto di conformità del bene la legge riconosce al consumatore due classi di rimedi subordinate ma non alternative, con la conseguenza che il consumatore che abbia dapprima richiesto al venditore la riparazione o sostituzione del bene può successivamente richiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, ove il tentativo di riparazione compiuto non si sia rivelato idoneo a porre rimedio al difetto (Cass. 25417/2022). Natura della clausola di esclusione della garanziaLa clausola contrattuale escludente la garanzia generale per i vizi della cosa venduta, ai sensi dell'art. 1490, comma 2, in quanto limitativa della responsabilità del venditore ex lege e, pertanto, vessatoria, deve essere specificamente approvata per iscritto ex art. 1341 c.c. (Cass. n. 12759/1993; Cass. n. 3418/1993). La clausola contrattuale "vista e piaciuta", che attesta la presa visione della cosa venduta da parte del compratore, esonera il venditore dalla garanzia per i vizi della cosa venduta riconoscibili con la normale diligenza e non taciuti in mala fede (Cass. n. 19061/2024). Profili processualiSecondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 2841/1974; Cass. n. 1153/1995; Cass. n. 13695/2007), in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, sull'acquirente incombe l'onere della prova, oltre che della tempestività della denuncia, anche dell'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate, e — solo in caso di assolvimento di quest'ultimo onere — al venditore spetta il contrapposto onere di offrire la prova liberatoria. Si deve, infatti, affermare in proposito (Cass. n. 914/1986) che le disposizioni degli artt. 1490 e 1492 (anche in relazione al successivo art. 1497), in tema di esercizio dell'azione redibitoria vanno interpretate con riferimento al principio generale sancito dall'art. 1455 in materia di risoluzione del contratto, con la conseguenza che il suo esercizio è legittimato soltanto da vizi concretanti un inadempimento di non scarsa importanza, i quali non sono distinti in base a ragioni strutturali ma solo in funzione della loro capacità di rendere la cosa inidonea all'uso cui era destinata o di diminuirne in modo apprezzabile il valore, secondo un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito (Cass. n. 21949/2013). Del resto, su un piano generale, si evidenzia che, in tema di azioni di garanzia per i vizi della cosa venduta, l'onere della prova dei difetti e delle eventuali conseguenze dannose, nonché dell'esistenza del nesso causale fra i primi e le seconde, fa carico al compratore che faccia valere la garanzia, mentre la prova liberatoria della mancanza di colpa incombente al venditore opera soltanto quando la controparte abbia preventivamente dimostrato l'effettiva sussistenza della sua denunciata inadempienza (Cass. n. 13695/2007; Cass. n. 8963/1998). 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