Codice Civile art. 1532 - Diritto di opzione.Diritto di opzione. [I]. Il diritto di opzione [2441] inerente ai titoli venduti a termine spetta al compratore. [II]. Il venditore, qualora il compratore gliene faccia richiesta in tempo utile, deve mettere il compratore in grado di esercitare il diritto di opzione, oppure deve esercitarlo per conto del compratore, se questi gli ha fornito i fondi necessari. [III]. In mancanza di richiesta da parte del compratore, il venditore deve curare la vendita dei diritti di opzione per conto del compratore, a mezzo di un agente di cambio o di un istituto di credito [1550; 251 trans.]. InquadramentoPoiché il diritto di opzione consiste nel diritto all'acquisto dei titoli di credito, esso spetta all'acquirente. Nel caso di vendita a termine di titoli azionari, il diritto di recesso contemplato dall'art. 2437 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 6/2003, applicabile nella specie ratione temporis) — a differenza del diritto di opzione e degli altri diritti presi in considerazione dagli artt. 1531 ss. — non passa immediatamente in capo al compratore, ma resta di spettanza del venditore fino al momento in cui, col maturare del termine, questi non abbia perso la titolarità delle azioni. Dai citati artt. 1531 ss. — destinati a risolvere specifiche situazioni di contrapposizione d'interessi tra compratore e venditore in ipotesi di vendita a termine di titoli di credito — non può infatti dedursi l'esistenza di un regola generale, in forza della quale, nel caso di vendita a termine di titoli azionari, tutti i diritti sociali si trasmettono immediatamente al compratore, con la sola eccezione del diritto di voto menzionato dal comma 2 dell'art. 1531. Né, d'altra parte, è ipotizzabile l'applicazione analogica al diritto di recesso della disciplina prevista per il diritto di opzione — che in pendenza del termine compete al compratore, ai sensi dell'art. 1532 — trattandosi di istituti di fondamento logico ben diverso: giacché l'uno — il diritto di opzione — è destinato ad assicurare a ciascun socio la possibilità di mantenere la preesistente percentuale di partecipazione in caso di aumento del capitale, e dunque esprime una esigenza di stabilità nel rapporto reciproco tra i soci; mentre l'altro — il diritto di recesso — è finalizzato a porre termine alla partecipazione sociale, consentendo al socio che dissente da determinate decisioni della maggioranza, modificative dell'assetto della società, di fuoriuscire dalla compagine societaria (Cass. n. 21641/2005). BibliografiaAngelici, Consegna e proprietà nella vendita internazionale, Milano, 1979; Auricchio, La individuazione dei beni immobili, Napoli, 1960; Bocchini, La vendita con trasporto, Napoli, 1985; Cataudella, Nullità formali e nullità sostanziali nella normativa sul condono edilizio, in Quadrimestre 1986; De Cristofaro, voce Vendita (vendita di beni di consumo), in Enc. giur. Treccani, Roma, 2004; Delfini, Autonomia privata e rischio contrattuale, Milano, 1999; De Nova, Inzitari, Tremonti, Visintini ( a cura di), Dalle res alle new properties, Roma, 1991; Di Marzio, Determinazione convenzionale del prezzo, in Cendon (a cura di), Il diritto privato nella giurisprudenza, Torino, 2007; Gelato, Il prezzo, in M. Bin (a cura di), La vendita. I La formazione del contratto. Oggetto ed effetti in generale, Padova, 1994; Luminoso, La compravendita, Torino, 2011; Mengoni, Profili di una revisione della teoria sulla garanzia per i vizi nella vendita, Studi in onore di De Gregorio, Città di Castello, 1955; Mirabelli, La vendita, il riporto, la permuta, il contratto estimatorio, la somministrazione, in Commentario agli artt. 1470-1570 del codice civile, Torino, 1988; Portale, Principio consensualistico e conferimento di beni in società, in Riv. soc. 1970; Rizzieri, La vendita obbligatoria, Milano, 2000; Rubino, La compravendita,in Trattato diritto civile e commerciale, diretto da Cicu-Messineo, XXIII, Milano, 1971; Russo, La responsabilità per inattuazione dell'effetto reale, Milano, 1965; Santini, Il commercio, Bologna, 1979. |