Codice Civile art. 1578 - Vizi della cosa locata.Vizi della cosa locata. [I]. Se al momento della consegna la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili [1490]. [II]. Il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna [1494]. InquadramentoIl conduttore ha diritto al godimento pieno di un bene integro e non difettoso, da ciò consegue che gli eventuali vizi possono legittimare la risoluzione o la riduzione del prezzo dovuto. Differenze rispetto alla disciplina generale in tema di inadempimentoTra le fattispecie che maggiormente si distinguono per importanza e portata applicativa nell'alveo della responsabilità civile del locatore, emergono tutti quei casi riguardanti i vizi e i difetti della cosa locata, tra i quali, a ragion veduta, possono più diffusamente rientrare anche le problematiche analizzate in precedenza. La disciplina dettata dall'art. 1578 infatti richiama, nell'ambito della sua operatività, tutti i vizi e difetti idonei a ridurre l'utilità del bene, ma tali comunque da non escluderla in maniera assoluta. Su questa circostanza ad esempio, la giurisprudenza ha ritenuto che la presenza di una canna fumaria non in regola con quanto previsto dalla normativa vigente e, pertanto, inadeguata all'esercizio dell'attività di ristorazione, fosse da ricomprendersi nel più ampio concetto di vizio o alterazione di cui all'art. 1578 non tale tuttavia da rendere impossibile un qualsiasi godimento, da parte del conduttore, dell'immobile. Resta fermo in ogni caso il fatto che il locatore è comunque responsabile di tutti i danni derivati dai vizi della cosa al conduttore, potendo andare esente da tale responsabilità solo nel caso in cui riesca a dimostrare di aver ignorato i predetti vizi senza colpa al momento della consegna. Innanzitutto, è opportuno chiarire fin subito che le eventuali conseguenze, previste dal codice civile a carico al locatore, non discendono in via diretta dalla disciplina generale dell'inadempimento contrattuale, perché non sono tali da imporre al locatore l'onere di eseguire determinate prestazioni. Quest'ultimo, infatti, soggiace esclusivamente ai rimedi espressi dall'articolo: la risoluzione del contratto, la riduzione del canone e, nel caso in cui si siano verificate situazioni tali da incidere negativamente sul godimento del bene, il risarcimento del danno. Pertanto, la disciplina dei vizi portati dall'immobile locato è posta del codice civile come oggetto di garanzia del locatore e non coincide con le norme generali sull'inadempimento contrattuale del debitore. L'azione di riduzione del corrispettivo della locazione, di cui all'art. 1578, ha natura di azione costitutiva, in quanto tende a determinare una modificazione del regolamento contrattuale; pertanto essa non può essere confusa con l'eccezione di inesatto adempimento di cui all'art. 1460, che tende solo a paralizzare la pretesa di adempimento della controparte (Cass. n. 14737/2005; Cass. n. 17161/2002). L'art. 1578 offre al conduttore una tutela contro i vizi della cosa locata esistenti al momento della consegna che presuppone l'accertamento giudiziale dell'inadempimento del locatore ai propri obblighi ed incide direttamente sulla fonte dell'obbligazione; al contrario, l'art. 1460 prevede una forma di autotutela che attiene alla fase esecutiva e non genetica del rapporto e consente al conduttore, in presenza di un inadempimento del locatore, di sospendere liberamente la sua prestazione, nel rispetto del canone della buona fede oggettiva, senza la necessità di adire il giudice ai sensi dell'art. 1578 (Cass. n. 16917/2019). Nozione di vizio rilevante ai fini della garanziaCostituiscono vizi della cosa locata, agli effetti dell'art. 1578 (la cui presenza non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ai sensi dell'art. 1575, ma altera l'equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sulla idoneità all'uso della cosa stessa e consentendo la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del corrispettivo, ma non la esperibilità dell'azione di esatto adempimento) quelli che investono la struttura materiale della cosa, alterandone l'integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se eliminabili e manifestassi successivamente alla conclusione del contratto di locazione. Pertanto, va escluso che possano essere ricompresi tra i vizi predetti quei guasti o deterioramenti dovuti alla naturale usura o quegli accadimenti che determinino una mera infiltrazione, nel qual caso diviene operante l'obbligo del locatore di provvedere alle necessarie riparazioni ai sensi dell'art. 1576, la cui inosservanza determina inadempimento contrattuale (Cass. n. 11198/2007). Pertanto, costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti di cui all'art. 1578, quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone l'integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale o legale; si configurano, invece, come molestie di diritto, per le quali, ai sensi dell'art. 1585, comma 1, il locatore è tenuto a garantire il conduttore, quelle che si concretano in pretese di terzi che accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore, sia contestando il potere di disposizione del locatore, sia rivendicando un diritto reale o personale che infirmi o menomi quello del conduttore; nel caso, infine, in cui il terzo non avanzi pretese di natura giuridica ma arrechi, col proprio comportamento illecito, pregiudizio al godimento del conduttore, la molestia è di fatto e il conduttore può agire direttamente contro il terzo ai sensi dell'art. 1585, comma 2, pur persistendo, al riguardo, autonoma e concorrente legittimazione ad agire in capo al locatore (Cass. n. 11514/2008; Cass. n. 1693/2010, relativa ad un caso di infiltrazioni d'acqua in un immobile concesso in locazione). Da ciò consegue che le immissioni non integrano vizi della cosa locata, in quanto non attengono né alla intrinseca struttura della medesima né all'interazione della medesima con l'ambiente che ordinariamente la circonda, ma dipendono dal fatto del terzo, sicché si pone la seguente alternativa: se intollerabili, sono interamente ascrivibili alla condotta di quest'ultimo; se tollerabili, non determinano alcun danno suscettibile di risarcimento. Né muta la conclusione a voler configurare il bene locato come non idoneo a far fronte a tali immissioni: visto che, se intollerabili, non è tenuto il locatore a prevedere o a predisporre cautele contro gli altrui fatti illeciti, mentre, se tollerabili, il loro carattere lecito esclude che quegli debba anche solo prenderle in considerazione; ed in entrambi i casi eccettuato il solo caso — che però con tutta evidenza qui non ricorre — di una esplicita garanzia del locatore del possesso del bene locato di caratteristiche intrinseche idonee a preservarne gli occupanti da peculiari e ben individuati rischi di immissioni illegittimamente cagionate da estranei al rapporto (Cass. n. 23447/2014). In tema di locazione, non possono essere ricompresi tra i vizi della cosa locata ai sensi dell'art. 1578 quei guasti o deterioramenti dovuti alla naturale usura o quegli accadimenti che determinino disagi limitati e transeunti nell'utilizzazione del bene, posto che in questo caso diviene operante l'obbligo del locatore di provvedere alle necessarie riparazioni ai sensi dell'art. 1576, la cui inosservanza determina inadempimento contrattuale. Qualora la condizione di fatiscenza dei luoghi sia stata cagionata da una serie di gravi ed evidenti difetti strutturali peggiorati nel tempo e, in alcuni casi, sopravvenuti, la responsabilità del locatore deve essere inquadrata in quella di cui al combinato disposto degli articoli 1581 e 1578 c.c. e non a quella di cui all'art. 1576 (Trib. Roma, 6 febbraio 2018, n. 3668). Nella giurisprudenza di merito si è osservato che in materia di locazione, è evidente la diversità dei rimedi che l'ordinamento appresta al conduttore, a seconda che il vizio attenga alla cosa locata o si tratti di guasti della stessa ascrivibili a difetto di manutenzione. Infatti, i vizi della cosa locata (art. 1578 c.c.) incidono sulla struttura materiale della stessa, alterandone l'integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto di locazione (art. 1581 c.c.). Tali vizi alterano l'equilibrio delle prestazioni corrispettive ed i rimedi previsti sono la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo, restando esclusa l'esperibilità dell'azione di esatto adempimento, non potendosi configurare in presenza di tali vizi intrinseci e strutturali un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ex art. 1575 c.c. Invece, guasti o deterioramenti della cosa locata, dovuti alla naturale usura, effetto del tempo ovvero ad accadimenti accidentali, che determinino disagi limitati e transeunti nell'utilizzazione del bene, possono rilevare rispetto all'obbligo di manutenzione, posto dalla legge a carico del locatore, quale proiezione nel tempo dell'obbligo di consegna in buona stato di manutenzione (art. 1575 c.c.), e rispetto all'obbligo di riparazione ex art. 1576 c.c., l'inosservanza dei quali determina l'inadempimento contrattuale (App. Napoli, 10 marzo 2023, n. 1064). I rimedi contro i vizi della cosa: riduzione del canone e risarcimento del dannoTutti questi elementi sull'identificazione dei vizi hanno una notevole incidenza su quelli che sono i rimedi e le possibili tutele risarcitorie a disposizione del conduttore. Si è visto come che la conoscenza o conoscibilità dei difetti costituisca elemento ostativo alla domanda di risoluzione del contratto e di riduzione del canone, ma anche a quella consequenziale del risarcimento del danno, con la dovuta precisazione che, mentre i primi due rimedi sono espressione della garanzia che grava sul locatore, la richiesta di risarcimento del danno è comunque solo eventuale, soggiacendo ad una condizione ulteriore. Difatti, il locatore potrebbe andare esente da responsabilità se riuscisse a dimostrare di aver ignorato senza colpa l'esistenza dei vizi da cui è poi scaturito un danno. Sull'azione di riduzione del canone, invece, la giurisprudenza (Cass. n. 10639/2012) oggi prevalente ha stabilito che la sua funzione è di ripristinare l'equilibrio contrattuale venuto meno dagli inadempimenti delle parti, cercando quindi di mantenere la giusta proporzionalità economica originariamente stabilita. In ogni caso, è stata più volte ribadita l'esclusione della facoltà per il conduttore di autoridursi il canone arbitrariamente in presenza di vizi. Il conduttore, infatti, è tenuto ad aspettare l'intervento della autorità giudiziaria, sia con riferimento all'accertamento dei difetti lamentati, sia in merito alla valutazione sulla giusta rideterminazione del corrispettivo, tenuto conto dello squilibrio contrattuale venutosi a creare tra le parti (Cass. n. 6850/2012). Ciononostante, la giurisprudenza ha anche formulato una significativa eccezione alla predetta regola, stabilendo che la sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore. Inoltre, secondo il principio inadimplenti non est adimplendum, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede (Cass. n. 18977/2016; Cass. n. 13887/2011). Pertanto, il conduttore potrà sospendere il pagamento del canone solo nel caso di indisponibilità radicale e definitiva del godimento del bene, al punto che è invece stata ritenuta come illegittima, poiché contraria a buona fede e lealtà, l'interruzione del versamento del corrispettivo a seguito di una indisponibilità sì totale, ma solo temporanea, dell'immobile (Cass. n. 2855/2005). In tema di locazione di immobili urbani per uso diverso da quello abitativo, la cosiddetta autoriduzione del canone - e cioè, il pagamento di questo in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita - costituisce fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore che provoca il venir meno dell'equilibrio sinallagmatico del negozio, anche nell'ipotesi in cui detta riduzione sia stata effettuata dal conduttore in riferimento al canone dovuto a norma dell'art. 1578, comma 1, ai fini di ripristinare l'equilibrio del contratto, turbato dall'inadempimento del locatore e consistente nei vizi della cosa locata (Cass. n. 7636/2016). Tuttavia, il rimedio della riduzione, infatti, si è visto essere strettamente correlato all'obbligo del locatore di fornire una bene non gravato, all'atto della consegna, da vizi strutturali pregiudizievoli, risultando così coerente al principio per cui, in caso di modificazione nel quantum o nella qualità dell'uso, si dovrà operare un riassetto dello squilibrio ingeneratosi nel sinallagma. Si consideri, non per nulla, che in ambito processuale, la domanda di riduzione introduce una vera e propria azione costitutiva la quale incide sul rapporto giuridico in corso e sui relativi diritti delle parti (Cass. n. 14737/2005, secondo la quale l'azione di riduzione del corrispettivo della locazione, di cui all'art. 1578, ha natura di azione costitutiva, in quanto tende a determinare una modificazione del regolamento contrattuale; pertanto essa non può essere confusa con l'eccezione di inesatto adempimento di cui all'art. 1460, che tende solo a paralizzare la pretesa di adempimento della controparte). Per queste ragioni è evidente che, una volta che il rapporto, per qualsiasi causa, si sia sciolto, il rimedio della riduzione non potrà più essere esperito, mancando l'oggetto stesso dell'intervento richiesto e, di conseguenza, un interesse attuale che sorregga la legittimazione attiva del ricorrente. La giurisprudenza, principalmente di merito, ha di fatto accolto la conclusione per la quale la domanda relativa alla riduzione del canone, proposta dopo che il rapporto locatizio sia stato risolto, è inammissibile, in quanto, nell'ipotesi di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, nonché di qualsiasi altra causa, la quale faccia venir meno il vincolo originariamente esistente, l'azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella più propriamente di ripetizione di indebito oggettivo (Trib. Trieste, 26 maggio 2009; Cass. n. 20651/2005). Parte della dottrina ritiene invece che si potrebbe agire in giudizio solo per il risarcimento di quei danni derivanti intrinsecamente dai vizi della cosa. L'esempio tipico è rappresentato dallo scioglimento dello zucchero depositato in un magazzino, causato da infiltrazioni provenienti dal tetto mal impermeabilizzato: con l'esclusione così del danno rappresentato dal mancato godimento del bene (Gabrielli-Padovini, 455). In ogni caso, trova giustificazione la rilevanza del comportamento del creditore ex art. 1227, apprezzandone la colpa nella causazione o nell'aggravio del danno, escludendo di conseguenza tutti quei pregiudizi che il conduttore avrebbe potuto evitare comportandosi diligentemente. In tale direzione si è evidenziato che in tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, il contegno del conduttore che, dopo aver denunciato i vizi del bene locato, accetti il rinnovo automatico del contratto alla prima scadenza, comporta l'implicita rinuncia a farli valere, in conseguenza della quale gli è precluso di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone o il risarcimento del danno o l'esatto adempimento, nonché di avvalersi dell'eccezione di cui all'art. 1460 c.c. (Cass. n. 21845/2023). BibliografiaBarraso-Di Marzio-Falabella, La locazione, Padova, 1988; Barraso- DI Marzio-Falabella, La locazione, contratto, obbligazione, estinzione, Torino, 2010; Bianca, Diritto civile, III, Milano, 2000; Carrato-Scarpa, Le locazioni nella pratica del contrato e del processo, Milano, 2010; Cuffaro-Calvo-Ciatti, Della locazione. Disposizioni generali. Artt. 1571-1606, Milano 2014; Gabrielli-Padovini, Le locazioni di immobili urbani, Padova, 2005; Grasselli, La locazione di immobili nel codice civile e nelle leggi speciali, Padova, 2005. |