Codice Civile art. 1723 - Revocabilità del mandato.Revocabilità del mandato. [I]. Il mandante può revocare il mandato [1725]; ma, se era stata pattuita l'irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa. [II]. Il mandato conferito anche nell'interesse del mandatario o di terzi non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca [2259 1]; non si estingue per la morte o per la sopravvenuta incapacità [1425] del mandante (1). (1) V. art. 22 3 r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669; art. 15 r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736; art. 78 r.d. 16 marzo 1942, n. 267. InquadramentoLa ratio sottesa alla norma si desume, a contrario, dal secondo comma: il mandato è, di regola, revocabile in quanto è stipulato nell'interesse del solo mandante. Se è concluso anche nell'interesse del mandatario o di terzi la revoca non è, di regola, possibile, così come la morte del mandante o la sua incapacità sopravvenuta non lo estinguono. Mandato in rem propriamSi ha mandato in rem propriam, ossia mandato conferito anche nell'interesse del mandatario, quando l'interesse di quest'ultimo sia assicurato da un rapporto sinallagmatico (fra mandante e mandatario) con contenuto bilaterale, che lo sottrae all'unilaterale disposizione del mandante stesso (Cass. n. 22529/2011). In altri termini, il mandato conferito anche nell'interesse del mandatario o di un terzo (cosiddetto mandato in rem propriam) si distingue dall'ordinario mandato in quanto è diretto al soddisfacimento di un interesse del mandatario, diverso da quello strettamente limitato all'esecuzione del mandato o, in ipotesi di mandato oneroso, al conseguimento del corrispettivo, e costituisce il negozio-mezzo per l'attuazione di uno scopo ulteriore rispetto a quello tipico del mandato, connesso alla realizzazione di un altro rapporto o di un altro negozio intercorso tra le parti e sottostante al mandato. Il detto mandato non può essere revocato da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito dalle parti, o che ricorra una giusta causa di revoca, la quale può ritenersi verificata quando sia dimostrata, nella fattispecie concreta, l'avvenuta realizzazione o l'impossibilità di realizzazione dell'interesse del mandatario, in relazione al sottostante rapporto giuridico (Cass. n. 857/1983). Peraltro, in tema di mandato in rem propriam, ossia conferito anche nell'interesse del mandatario (odi terzi), il principio di cui all'art. 1723, comma 2, — che ne prevede la non estinzione per morte o incapacità del mandante — trova applicazione in via analogica solo in caso di fallimento del mandante, e non anche del mandatario, non potendosi per tale circostanza ritenere derogata la regola generale dell'estinzione automatica, posta dall'art. 78 r.d. n. 267/1942 (per la nuova disciplina v. l’art. 183 d.lgs. n. 14/2019 “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”), nel testo, ratione temporis vigente, anteriore al d.lgs. n. 5/2006 (Cass. n. 13243/2011, la S.C. ha così affermato il principio dello scioglimento, per effetto della dichiarazione di fallimento sopravvenuta, del mandato conferito dall'acquirente di un immobile in edificio alla società venditrice, poi fallita, avente per oggetto la redazione di un regolamento di condominio con le relative tabelle millesimali di ripartizione delle spese condominiali). II mandato in rem propriam può essere revocato, qualora la revocabilità sia stata espressamente prevista, ovvero ricorra una giusta causa di revoca, ma il mandante, nel primo caso, è obbligato al rimborso delle spese, al pagamento, del compenso, nonché al risarcimento del danno che, al pari dell'ipotesi di cui all'art. 1723, comma 1, deve essere commisurato alla lesione dell'interesse del mandatario alla conservazione del rapporto, facendo applicazione dei criteri stabiliti dagli artt. 1223 e 2697, e può essere liquidato anche in via equitativa, se risulti impossibile o particolarmente difficile provarne l'ammontare, e, a questo fine, il giudice può desumere argomenti di prova anche dall'ingiustificata inottemperanza all'ordine di esibizione emesso ai sensi dell'art. 210 c.p.c.; tuttavia la mancata valorizzazione dell'inosservanza dell'ordine di esibizione non è censurabile in sede di legittimità, neppure per difetto di motivazione, in quanto siffatta inosservanza integra un comportamento dal quale il giudice del merito, nell'esercizio di un potere discrezionale, può appunto desumere argomenti di prova ex art. 116, comma 2, c.p.c. (Cass. n. 15554/2004). BibliografiaBaldi-Venezia, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, Milano, 2015; Bavetta, Mandato (negozio giuridico) (dir. priv.), in Enc. dir., XXV, Milano, 1975; Bile, Il mandato, la commissione, la spedizione, Roma, 1961; Campagna, La posizione del mandatario nel mandato ad acquistare beni mobili, in Riv. dir. civ. 1974, I, 7 ss; Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1976; Formiggini, Commissione, in Enc. dir., VII, Milano, 1960; Minervini, Commissione, in N.ss. Dig. it., III, Torino, 1967; Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977; Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; Romano, Vendita. Contratto estimatorio, Milano, 1961; Rotondi-Rotondi, L'agenzia nella giurisprudenza, Milano, 2004; Santoro-Passerelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997; Saracini-Toffoletto, Il contratto di agenzia, artt. 1742-1753, Milano, 2014. |